il manifesto - 31 Maggio 2002
«Ve le do io le impronte»
Massimo Moratti contro la Bossi-Fini. Fiona May: «Illiberale»
«Perché loro sì e io no? A quel punto sarebbe giusto che tutti noi, in Italia, rilasciassimo le nostre impronte digitali. Io sono disposto a farlo per impedire che, dentro la mia azienda, possano crearsi discriminazioni». Parola di Massimo Moratti. Al presidente dell'Inter, infatti, non va proprio a genio la legge Bossi-Fini sull'immigrazione. E non tanto per il fatto che contingenta gli ingressi dei giocatori extracomunitari, soprattutto per una questione di principio. Rispondendo alla domanda di un giornalista, Moratti ieri ha dunque contestato l'idea di obbligare i cittadini extracomunitari a rilasciare le proprie impronte digitali per poter lavorare e soggiornare in Italia regolarmente. Per Moratti «è una questione di rispetto: l'Inter ha avuto, ha e avrà tantissimi lavoratori dipendenti, calciatori, tecnici, dirigenti, impiegati e collaboratori extracomunitari. Provengono dagli Stati uniti, dalla Colombia, dall'Uruguay, dal Paraguay, dalla Croazia, dalla Sierra Leone, dalla Svizzera, dalla Turchia, dal Brasile, dall'Argentina, dalla Slovacchia, dalle Filippine. Io, come presidente, non sono diverso rispetto a loro: se questa legge venisse approvata mi sentirei davvero in difficoltà».

E anche la campionessa di salto in lungo Fiona May, pur non nascondendo le sue simpatie per il pugno di ferro contro l'immigrazione clandestina, contesta alla radice la norma sulle impronte digitali. «Chi ha le carte in regola ed è arrivato per studiare e lavorare non deve essere obbligato a lasciare le sue impronte digitali. E' una pratica che va contro la libertà degli individui», dice la saltatrice anglo-italiana. Che però si ferma qui, e poi osserva: «Qui in Italia siamo indietro di almeno 15 anni rispetto a altri grandi paesi europei come Inghilterra e Francia. E guardando all'Inghilterra mi piace il modo in cui Tony Blair sta affrontando il nodo immigrazione clandestina».