da "Il Manifesto"

27 Gennaio 2001

Panikkar,tra oriente e occidente

FILIPPO GENTILONI

Raimon Panikkar, uno dei maggiori studiosi di filosofia e teologia, è notissimo nel mondo, anche se non abbastanza conosciuto in Italia. Uomo di frontiera, ormai ottantenne, nato a Barcellona da madre spagnola, cattolica, e da padre indiano, induista, dopo aver studiato chimica, filosofia, teologia, era diventato sacerdote cattolico, approfondendo i rapporti fra le varie religioni, soprattutto fra induismo e cristianesimo. Per decenni ha abitato i confini fra l'oriente e l'occidente, pubblicando una trentina di opere tutte preoccupate di oltrepassare i limiti di una sola fede e di una sola cultura. Molte le traduzioni in italiano, soprattutto grazie alla Cittadella di Assisi e al Centro Studi Ecumenico Giovanni XXIII di Sotto il Monte. Alcuni titoli, fra i più significativi: Il Cristo sconosciuto dell'induismo ('76), La Torre di Babele e La nuova innocenza ('90). Panikkar vive ora ritirato nelle montagne della Catalogna, dove ha fondato il centro studi "Vivarium" che riunisce personalità di varie parti del mondo, per far sì che i problemi più urgenti della nostra epoca non siano affrontati con gli strumenti di una sola cultura. In un recente volume (Jaca Book) sono riuniti molti studi che Panikkar aveva pubblicato nel corso di decenni, a cominciare da alcuni preziosi testi editi negli anni '60 per l'Istituto di Studi Filosofici di Roma, diretto allora da Enrico Castelli. Il titolo è significativo: Mito, fede ed ermeneutica. Il triplice velo della realtà. Panikkar cerca di andare al di là del dialogo interreligioso, per attingere proprio quella realtà che i veli coprono e insieme scoprono. "Seguendo l'ispirazione di un genio mistico, Meister Eckhart, che si lasciò ispirare da Tommaso d'Aquino, diremo che la stessa realtà è un mito coperto da veli e che la vera rivelazione non consiste nel togliere bensì nel riconoscere i veli come tali". In tutte le culture, dunque, da Oriente a Occidente, il mito rappresenta un velo necessario alla fede, ma mito e fede richiedono lo svelamento dell'ermeneutica. "Sembra che l'Occidente consideri la condizione umana come una costante ricerca volta a scoprire che cosa sia l'Essere: l'uomo è un essere che domanda. Invece l'Oriente, fin dalla non meno straordinaria affermazione del Buddha, cui fanno eco le Upanishad, il Tao e altre tradizioni successive, sembra vedere la condizione umana come la fiducia ontologica in una realtà che non ha alcuna via di accesso: l'uomo è reale quando prende parte a quella realtà che non lascia spazio all'alienazione prodotta dal semplice atto di porre domande. L'uomo realizza la condizione che gli è propria quando tutte le parole sono state pronunciate ed egli rientra nel Silenzio". Un atteggiamento che anche la tradizione cristiana conosce - si pensi alla "teologia negativa" - anche se spesso la dimentica. In questi giorni si è molto parlato delle folle accorse in India alle sorgenti del Gange, in cerca di purificazione. Si possono leggere le belle pagine che Panikkar ha scritto sul pellegrinaggio spirituale Alle sorgenti del Gange (Cens, 1994). Un altro libro è dedicato "A tutti coloro che soffrono il cambio di pelle del serpente storico del cristianesimo". Per questo "cambio di pelle" Panikkar continua a operare e a scrivere, anche se l'interesse che i suoi scritti suscitano fra i cristiani sono ben lontani dal riscuotere i favori della Congregazione per la Dottrina della Fede.