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da "Il
Manifesto"
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12 Gennaio 2001 Violenza razzista. In breve Ogni giorno uno straniero subisce violenze in Italia. Ma come trattano la notizia i quotidiani? Una ricerca CINZIA GUBBINI In Italia ogni venticinque ore, in pratica una volta al giorno, uno straniero è vittima di un atto di violenza. Questo è almeno il numero di casi registrati da (alcuni) giornali, mancano quelli che non sono mai stati denunciati e quelli che, seppur dichiarati, non hanno "fatto notizia". Il dato emerge dalla ricerca che annualmente il senatore verde Luigi Manconi commissiona a un gruppo di esperti della Sapienza, capitanata da Michele Sorice. Lo screening sulle pagine dei quotidiani italiani (sono 20, cercando di tener conto delle diverse inclinazioni politiche e delle diverse diffusioni sul territorio nazionale) va avanti dal 1996. Nel '97 la percentuale di violenze di chiara matrice xenofoba fu il 34,4% sul totale, nel '98 il 31,2%; quasi la stessa quella del 2000: 34,7%. "Questo non significa necessariamente che gli atti di violenza contro gli stranieri siano diminuiti - ha spiegato Manconi - ma piuttosto che, forse, questo genere di notizie viene considerato meno interessante di prima dalle redazioni. Ci stiamo abituando al razzismo e alla violenza". Cresce quindi l'indifferenza, ma con un' interessante contraddizione. La ricerca rivela infatti che nei primi nove mesi del 2000 si registra una maggiore sensibilità da parte dei giornali. Ne è una dimostrazione l'aumento delle collocazioni in prima pagina di questo genere di notizie (2% nel '97, 5,1% nel 2000), o nella prima pagina delle cronache locali (sempre intorno al 7% nel 2000). Si delinea anche un atteggiamento più prudente e meno manicheo nel resoconto dei fatti, scompaiono termini dispregiativi come vu cumprà. D'altro canto, però, diminuisce la comprensione e il sentimento di solidarietà, spopola il tono freddo e distaccato: "nel 2000 sembra prevalere una sorta di disattenzione oppure di "rimozione"", commentano i ricercatori. E per quanto riguarda la collocazione più "nobile" dei singoli fatti di cronaca, va considerato l'aumento di casi drammatici, se non altro per il loro significato sociale. Gli atti di violenza contro gli immigrati, infatti, non sono più appannaggio di gruppi marginali o ideologicamente motivati, ne diventano protagonisti, invece, "gruppi di cittadini", "persone normali". Il fenomeno, inoltre, non riguarda più soltanto le metropoli (ma Roma torna in testa), ma si infiltra anche nella provincia dal nord al sud. Altro dato da rilevare: le principali vittime di atti di violenza sono le donne (20%). Le aggressioni di gruppo contro la donna singola sono perlopiù compiute da "bravi ragazzi"; quelle individuali sono, invece, maggiormente messe in atto dai "clienti" delle prostitute, confermando il fatto che le prostitute, oltra alla violenza dello sfruttamento, sono anche oggetto di questo tipo di maltrattamento fisico e psicologico. Si riconferma infine l'escalation degli omicidi volontari: su una popolazione straniera pari al 2% le vittime straniere di omicidio volontario tra il '95 e il 2000 hanno superato costantemente il 10% del totale, raggiungendo nel '99 il 15%. Gli omicidi scaturiscono prevalentemente da scontri tra gruppi di immigrati, soprattutto in ambienti criminosi; ma non macano le vittime di atti di xenofobia (chi ricorda il nigeriano Godson, ucciso alla stazione Termini nel '99?), che chiedono attenzione. |