Commissione per le politiche di integrazione degli immigrati

SECONDO RAPPORTO SULL'INTEGRAZIONE DEGLI IMMIGRATI IN ITALIA

 

SECONDA PARTE

INSERIMENTO ED ESCLUSIONE: UN ANNO DOPO

 

CAPITOLO 2.1

 

IL PROFILO DEMOGRAFICO

 

1 ‑ L'Italia pur essendo divenuta, ormai da circa un ventennio, un paese meta di consistenti flussi migratori internazionali continua ad avere una nutrita comunità di cittadini che risiedono all'estero. Le emigrazioni hanno ampiamente coinvolto la popolazione italiana sin dalla fine dell'Ottocento. La punta massima di espatri di nostri connazionali si è avuta nel decennio 1901‑1910 ‑ anni di esodo ‑ quando oltre 6 milioni di italiani andarono a cercare lavoro e possibilità di sopravvivenza all'estero. In questo periodo e fino al 1920 il flusso migratorio si è rivolto principalmente verso paesi extraeuropei. Successivamente, soprattutto nel secondo dopoguerra quando maturarono in Italia le condizioni per nuovi massicci esodi di popolazione, è stata soprattutto l'Europa ad accogliere i maggior flussi migratori italiani (l'80%). (1)

L'inversione di tendenza verso la riduzione dei flussi migratori dall'Italia verificatasi nel lungo periodo si è manifestata simultaneamente alla progressiva «professionalizzazione» degli stessi: si è visto aumentare infatti il numero dei tecnici e degli operai specializzati che lasciano il paese diretti all'estero; parte di questi prestano lavoro presso i cantieri italiani per lo più in Africa ed Asia, ma, soprattutto, non si può non ricordare il fenomeno che si verifica oggi in alcune città europee e americane: il forte afflusso di studenti e laureati che vanno a specializzarsi e che, in qualche misura, costituiscono poi la nuova «emigrazione» italiana, costituita soprattutto da giovani altamente specializzati.

I dati riportati nella tabella 1, riguardanti gli italiani iscritti preso le anagrafi consolari all'estero, delineano, quindi, il profilo di una realtà che in gran rappresenta il frutto della storia dei flussi emigratori dall'Italia, ma dall'altra è influenzata dal verificarsi in tempi più recenti di non trascurabili migrazioni di persone, soprattutto giovani, altamente qualificate. Il numero complessivo di 3.840.281 italiani iscritti presso le anagrafi consolari, in gran parte di Germania, Svizzera e Argentina, appare molto elevato e l'importanza di tale dato risulta fondamentale oggi all'indomani dell'approvazione in via definitiva della normativa per l'elezione di deputati e senatori nel Parlamento italiano da parte di italiani residenti all'estero e in vista della prima Conferenza degli italiani nel mondo.

Proprio a seguito di queste novità sembra opportuno sottolineare la discrepanza nelle informazioni fornite dalle diverse fonti che non potrà non essere presa in considerazione nel momento in cui si arriverà alla compilazione delle liste elettorali.

Se, infatti, gli italiani residenti all'estero secondo le liste delle anagrafi consolari risultano 3.840.281 (al 1 gennaio 2000), sulla base dei dati diffusi dall'AIRE (Anagrafe degli italiani residenti all'estero) i nostri concittadini con residenza fuori dal paese sono 2.748.321 (al maggio 1999): le due fonti fanno, quindi, registrare una differenza di più di un milione di unità.

Le disuguaglianze tra i dati riportati dalle due distinte fonti appaiono ancora più evidenti considerando il caso di singoli paesi. Per l'Argentina, ad esempio, gli italiani residenti iscritti presso le anagrafi consolari sono più del doppio di quelli rilevati dall'AIRE. Generalmente si può notare, comunque, che l'AIRE registra un numero di poco maggiore di residenti all'estero nel caso dei paesi del Nord America e dell'Australia rispetto alle autorità consolari, mentre, al contrario, «sottovaluta» rispetto alle anagrafi consolari gli italiani residenti nei paesi dell'America meridionale.

 

Tab.1 ‑ Cittadini italiani residenti all'estero iscritti presso le anagrafi consolari e presso l'AIRE (Anagrafe degli italiani all'Estero), primi 15 paesi (per le anagrafi consolari).

 

Paesi

Iscritti presso le anagrafi consolari (1gennaio 2000)

Iscritti nell'AIRE (maggio 1999)

 

Valori assoluti

Valori percentuali

Valori assoluti

Valori percentuali

 

 

 

 

 

Germania

662.799

17,3

444.107

16,2

Argentina

547.786

14,3

240.520

8,8

Svizzera

521.206

13,6

389.247

14,2

Francia

373.327

9,7

347.690

12,7

Brasile

294.494

7,7

78.497

2,9

Belgio

281.170

7,3

201.477

7,3

Stati Uniti

225.772

5,9

240.169

8,7

Gran Bretagna

148.138

3,9

126.699

4,6

Canada

131.952

3,4

188.100

6,8

Venezuela

126.553

3,3

58.175

2,1

Australia

120.306

3,1

124.886

4,5

Uruguay

55.220

1,4

17.578

0,6

Sud Africa

38.280

1,0

19.125

0,7

Cile

34.997

0,9

12.289

0,4

Spagna

32.116

0,8

25.786

0,9

Altri paesi

246.165

6,4

233.976

8,5

 

 

 

 

 

Totale

3.840.281

100,0

2.748.321

100,0

 

Fonte: Ministero degli Esteri, 2000 e Ministero dell'Interno‑AIRE, 2000.

 

2 ‑ Quanto detto fino ad ora può essere utile per comprendere la realtà ed alcune delle contraddizioni di un paese come il nostro caratterizzato da un lunghissimo periodo di forti flussi emigratori troppa spesso dimenticato. Se è vero, infatti che l'Italia è divenuto un paese di immigrazione i dati dimostrano, comunque, che ancora oggi la popolazione straniera regolarmente presente sul territorio italiano è considerevolmente inferiore alla popolazione italiana emigrata, più o meno recentemente, all'estero. Al 1 gennaio 1999 la popolazione straniera in Italia con regolare permesso di soggiorno viene, infatti, stimata dall'Istat in 1.090.820 persone (di cui circa 223 mila provenienti da paesi a sviluppo avanzato e 868 mila da paesi a

forte pressione migratoria) (tab. 2). I dati testimoniano che la popolazione straniera, in possesso di un permesso di soggiorno, fra il 1992 e il 1999 è aumentata di 442 mila unità (in media di 63.126 all'anno)

 

Tab. 2 ‑ Permessi di soggiorno concessi agli stranieri e stranieri iscritti all'anagrafe al 1 gennaio, anni 1992 ‑ 2000

 

Anni

Permessi di soggiorno

Variazioni annuali

Iscritti all'anagrafe

Variazioni annuali

 

 

assolute

percentuali

 

assolute

percentuali

1992

648.935

537.062

1993

589.457

‑ 59.478

‑9,2

573.285

36.223

6,7

1994

649.102

59.645

10,1

629.165

55.880

9,7

1995

677.791

28.689

4,4

685.469

56.304

8,9

1996

729.159 ‑

51.368

7,6

737.793

52.324

7,6

1997

986.020

256.861

35,2

884.555

146.762

19,9

1998

1.022.896

36.876

3,7

992.566

108.0Il

12,2

1999

1.090.820

67.994

6,6

1.116.394

123.828

12,5

2000

-

1.270.553

154.159

13,8

 

 

 

 

 

 

 

1992‑1999

 

441.885

68,1

 

733.491

136,6

media annua 92‑99

 

 

63.126

7,7

 

91.686

11,4

 

Fonte: fino al 1997: Istat, La presenza straniera in Italia: caratteristiche demografiche, Roma, 1999; per il 1998, 1999 e 2000: nostre elaborazioni su dati ISTAT.

Note: per il dato anagrafico la variazione si riferisce al periodo 1992‑2000.

 

a un tasso medio annuo pari al 7,7%. Se invece ci si riferisce agli iscritti all'anagrafe nel periodo 1999‑2000 (2) gli stranieri sono aumentati ben più consistentemente. Nel periodo l'ammontare dei residenti stranieri è aumentato 733 mila unità (in media di 91.686 all'anno) a un tasso medio annuo pari al 11,4 %. Nel 1999 si mette, quindi, in luce un fenomeno, già verificatosi nel biennio 1995 e 1996, che non può non colpire l'attenzione: si registra un numero di iscritti in anagrafe maggiore al numero di permessi di soggiorno in corso di validità (si ricorda che gli immigrati illegali non possono essere iscritti in anagrafe). Tale situazione può essere spiegata dal fatto che mentre i dati provenienti dal Ministero dell'Interno sui permessi di soggiorno vengono depurati dall'Istat dei permessi scaduti e di quelli duplicati, non viene svolta una revisione o un controllo analogo sugli iscritti in anagrafe da parte dei singoli comuni. E' assai probabile, quindi, che molti stranieri, non avendo alcun interesse a compiere l'adempimento amministrativo della cancellazione, restino iscritti in anagrafe anche nel momento in cui lasciano il nostro paese. Sarebbe davvero importante che i Comuni facessero una verifica della popolazione straniera iscritta in anagrafe e procedessero quindi alle cancellazioni d'ufficio degli stranieri iscritti nei registri di popolazione, ma non più residenti in Italia.

La popolazione straniera iscritta in anagrafe, comunque, è cresciuta (sia pure in parte solo formalmente) dal 1992 al 1999 di 579 mila persone, mentre la popolazione di nazionalità italiana iscritta in anagrafe è passata da 56 milioni e 220 mila a 56 milioni e 496 mila, con un incremento quindi di 276 mila unità, ben inferiore a quello della popolazione straniera.

Per i soli dati anagrafici è disponibile l'aggiornamento al 1 gennaio del 2000 che mette in luce un ulteriore incremento degli stranieri iscritti (di circa 154 mila unità) rispetto all'anno precedente. (3)

Sono numerosi i limiti che impediscono di conoscere con precisione il numero e le caratteristiche del complesso degli immigrati stranieri in Italia, soprattutto tenendo conto dell'impossibilità di avere precise informazioni sull'ammontare e i caratteri distintivi degli stranieri irregolarmente o illegalmente presenti sul territorio. Per quanto riguarda, comunque, la componente legalmente presente sul territorio italiano si può notare che al 1999 il 79,5% dei permessi di soggiorno, cioè 868 mila, sono attribuiti a stranieri provenienti da «paesi a forte pressione migratoria» (definizione adoperata dall' Istat, che qui include i paesi in via di sviluppo‑PVS e i paesi dell'Est europeo), un ammontare che può considerarsi piuttosto contenuto se confrontato in termini assoluti e relativi con quello che si riscontra negli altri grandi paesi europei di immigrazione; il 20,5 per cento degli stranieri, cioè 223 mila, proviene dai paesi a sviluppo avanzato. Nel 1992 questi ultimi erano proporzionalmente di più, il 26,8 per cento, infatti, pur essendo aumentati, negli otto anni considerati, di circa 49 mila unità, il loro peso sul complesso degli stranieri è diminuito perché l'incremento degli immigrati provenienti dai PVS è stato proporzionalmente più forte.

Nei sette anni considerati i maschi sono cresciuti in media ogni anno di 27.526 persone (ad un tasso medio annuo dell'5,9%) e le femmine invece di 35.600 (ad un tasso del 10,1 %). La presenza femminile si è andata, quindi, rafforzando, sia perché vi è un'elevata domanda di addetti ai servizi domestici e alla cura delle persone (lavori più frequentemente svolti dalle donne), sia perché risultano sempre più numerosi ricongiungimenti familiari che portano in Italia anche donne non necessariamente «lavoratrici». In particolare fra gli immigrati provenienti dai paesi a forte pressione migratoria al 1992 si avevano 204 maschi per ogni 100 femmine, mentre nel 1999 tale rapporto è sceso a 132 su 100. Le donne, comunque, continuano a rappresentare una minoranza, sia pure molto rilevante (il 47%) della popolazione immigrata.

La struttura per sesso si è globalmente equilibrata e, conseguentemente, è cresciuto il numero dei coniugati e degli stranieri con figli a carico, segnale importante questo che potrebbe testimoniare un maggiore radicamento di nuclei familiari sul territorio rispetto al passato. Considerando i dati dei permessi di soggiorno al 1 gennaio del 1992 risultava coniugata solo una quota minoritaria degli immigrati stranieri pari al 40,7%. La percentuale di persone coniugate era maggiore tra le donne (45%), mentre solo il 38% degli immigrati maschi erano sposati. Al 1 gennaio del 1999 la situazione appare notevolmente mutata. La percentuale di coniugati sul totale è del 50,4%; tra le donne la quota di persone sposate arriva al 54,2% mentre continua ad avere minore rilevanza tra gli uomini, pur facendo registrare un notevole aumento (47%). E' evidente che non tutte le persone sposate hanno il coniuge in Italia, ma è verosimile che il notevole incremento di immigrati stranieri coniugati abbia comportato un aumento delle famiglie immigrate presenti in Italia e che, in prospettiva, possa comportare un maggior numero di richieste di permessi di soggiorno per motivi familiari. Sarebbe di fondamentale importanza che i dati del Ministero dell'Interno consentissero anche l'enumerazione delle famiglie e della loro dimensione. Si deve sottolineare, comunque, che a normalizzarsi è la struttura per sesso del totale dei migranti, mentre i singoli gruppi etnici presentano, tuttora, squilibri fortissimi come mostrano i dati della tab. 3.

Ad un estremo della graduatoria si trovano gli immigrati provenienti dalla Polonia, dal Perù e dalle Filippine, comunità per le quali si hanno 45‑49 maschi per ogni 100 donne. Come è noto, le donne originarie di tali paesi trovano una collocazione lavorativa soprattutto nei servizi domestici e nel lavoro di assistenza, come infermiere, ad anziani e malati. All'altro estremo si collocano gli stranieri originari del Senegal, con 1.400 maschi ogni 100 femmine, della Tunisia e dell'Egitto, nelle cui collettività si trovano 360‑380 uomini per 100 donne. Le collettività all'interno delle quali esiste un maggiore equilibrio tra i sessi sono, invece, quella rumena e quella cinese. Lo squilibrio fra i sessi, insieme ad altri elementi di eterogeneità caratteristici dell'immigrazione in Italia, quali ad esempio l'elevato numero di nazionalità presenti nel nostro paese, sembra richiedere, inevitabilmente, politiche di integrazione più complesse ed articolate rispetto a quanto avviene in altri paesi europei dove la popolazione straniera risulta più omogenea e tale squilibrio meno intenso.

 

Tab. 3 ‑ Graduatoria della proporzione dei sessi nelle 16 più numerose comunità di stranieri presenti in Italia, permessi di soggiorno, 1 gennaio 1999

 

Paese

Percentuale di

Consistenza numerica (v.a.)

Posizione nella graduatoria generale

 

Femmine

Maschi

 

 

Polonia

69,1

30,9

23.258

16

Perù

68,6

31,4

23.637

14

Filippine

67,1

32,9

59.074

3

Stati Uniti

66,5

33.5

45.944

4

Francia

60,4

39,6

24.762

12

Germania

58,8

41,2

33.836

8

Gran Bretagna

43,3

56,7

23.377

15

Romania

55,5

44,5

33.777

9

Cina

46,1

53,9

41.237

5

Sri Lanka

43,0

57,0

27.381

11

Jugoslavia

39,9

60,1

36.099

7

Albania

36,2

63,8

87.595

2

Marocco

26,8

73,2

128.297

1

Tunisia

21,5

78.5

41.137

6

Egitto

20,7

79,3

23.811

13

Senegal

6,7

93,3

31.420

10

 

Note:

(a) l'aggregato comprende ancora una certa quota, non quantificabile, di individui degli altri Stati della

ex Jugoslavia.

Fonte: elaborazione propria su dati Istat

 

L'analisi dei motivi per la richiesta dei nuovi permessi di soggiorno, avanzata nel 1998, indica come i migranti provenienti da paesi come il Marocco, l'Albania, la Cina alimentino negli anni più recenti una immigrazione a carattere stabile molto di più di quanto avvenga per i migranti provenienti dalla Polonia o dalla Russia (tab. 4). Per le prime di queste comunità infatti il motivo prevalente è costituito dal ricongiungimento alla famiglia, mentre per le ultime sono di più le richieste per motivi di lavoro. Questi dati consentono anche di notare come siano molto pochi ‑ 22 mila su 111 mila, il 19,5 per cento ‑ le richieste di soggiorno per motivi di lavoro, contro un numero non trascurabile di richieste per motivi di studio o religiosi (15 mila, il 13,7 per cento). Evidentemente ancora adesso i meccanismi delle leggi e dei regolamenti sull'immigrazione straniera in Italia non sono tali da consentire un più nutrito arrivo e permanenza di lavoratori.

Se si guarda il dato riferito al 1999, anno per il quale non è disponibile la disaggregazione per paese di provenienza, si può notare una contrazione della quota dei permessi di soggiorno rilasciati per motivi di famiglia ed una leggera flessione della percentuale di permessi concessi per motivi di lavoro. Se si prendono in considerazione i dati assoluti si può notare, tuttavia, che il numero di permessi per motivo di lavoro rilasciati nel 1999 è superiore a quello dei nuovi permessi emessi per lo stesso motivo nel 1998 (24.188 contro 21.638) e che i permessi rilasciati per motivi familiari sono diminuiti di sole 258 unità passando da 45.496 nel 1998 a 45.238 nel 1999. La contrazione relativa che si registra è quindi, imputabile, soprattutto, all'accresciuto numero, in termini assoluti, dei nuovi permessi per «altri motivi». Si ricorda in particolare che l'Italia, a seguito della crisi in Kossovo, ha rilasciato 18.731 permessi per protezione temporanea.

 

Tab. 4 ‑ Graduatoria decrescente della percentuale, ordinata secondo i motivi di famiglia, di richieste del permesso di soggiorno dei nuovi immigrati nel 1998, per alcuni paesi o per area di provenienza

 

Paese/ Area

Percentuale (b) di richieste per

Consistenza numerica

 

famiglia

lavoro

altri motivi

 

Marocco

86,8

10,0

3,2

7.329

Albania

74,0

9,5

16,5

11.246

Cina

68,3

17,9

13,8

3.365

Romania

46,2

24,4

29,4

5.875

USA

42,8

12,2

45,0

4.685

Jugoslavia

24,3

5,1

70,6

5.700

Polonia

23,9

30,8

45,3

3.852

Russia/CSI

18,8

23,5

57,3

3.166

Germania

9,2

43,0

47,8

3.313

Iraq

0,3

0,1

99,6

2.999

 

 

 

 

 

Africa

69,0

10,3

20,7

15.635

America

42,5

10,5

47,0

15.913

Resto d'Europa

42,5

19,4

38,1

39.523

Asia

42,1

14,3

43,6

23.407

Oceania

18,4

6,1

75,5

538

Unione europea

7,9

1,9

46,4

15.942

 

 

 

 

 

Totale 1998

41,0

19,5

39,5

110.966

Totale 1999

34,6

18,5

46,9

130.745

 

Note

(a) Tra i paesi sono considerati soltanto i 10 che hanno dato luogo ai flussi più consistenti.

(b) Le percentuali per paese e area di provenienza si riferiscono al 1998.

Fonte: elaborazione propria su dati Caritas, 1999 e 2000

 

3 ‑ Per quanto concerne i flussi di ingresso nel nostro paese, interessanti indicazioni indirette di massima emergono anche dai dati riportati nella tabella 5, che comprende i visti di ingresso in Italia distintamente per motivo e sede consolare in cui è stata avanzata la richiesta. La messa a disposizione per la prima volta di tali informazioni segna un indubbio passo avanti per l'apporto conoscitivo che esse rappresentano, consentendo di comprendere meglio le caratteristiche di coloro che si propongono di entrare in Italia. Le statistiche sui visti sembrano essere infatti largamente utilizzabili nel quadro della valutazione dei flussi migratori, dal momento che la assoluta maggioranza dei visti viene concessa a cittadini di paesi ad alta pressione migratoria, essendo invece ridottissimi quelli concessi a cittadini di paesi economicamente sviluppati e, ovviamente, nulli quelli relativi a cittadini appartenenti all'Unione Europea.

 

 

Tab. 5 ‑ Graduatoria decrescente dei visti di ingresso in Italia ripartiti per motivo e per servizio

consolare in cui è stata effettuata la richiesta, 1999

 

MOTIVI DEI VISTI DI INGRESSO RILASCIATI PER L'ITALIA

 

Totale motivi

Turismo

Affari

Transito

Mosca

115.261

Mosca

92.204

Mosca

14.225

Zurigo

30.110

San Pietroburgo

13.450

San Pietroburgo

7.825

San Pietroburgo

1.414

San Gallo

7.479

 

 

 

 

 

 

Basilea

6.262

Bucarest

47.577

Minsk

27.832

Bucarest

10.289

Berna

4.563

 

 

 

 

 

 

Losanna

2.589

Zurigo

34.269

Taipei

25.685

Pechino

9.583

Coira

401

Lugano

13.553

 

 

Shangai

4.061

 

 

San Gallo

8.557

Kiev

22.529

 

 

Manila

3.294

 

 

 

 

Istanbul

9.394

 

 

Tirana

33.490

Bucarest

18.007

Smirne

2.681

Sofia

2.109

Kiev

33.388

Lugano

13.326

Belgrado

4.748

Sarajevo

1.909

 

 

Zurigo

3.534

Bar

2.355

 

 

Minsk

32.153

 

 

 

 

Bombai

1.753

 

 

Istanbul

9.779

Sarajevo

4.741

 

 

Taipei

27.435

 

 

 

 

Bar

1.260

 

 

Bombai

9.465

Kiev

4.537

Belgrado

284

Istanbul

20.460

 

 

 

 

 

 

 

 

Sarajevo

9.412

Tripoli

4.180

Kiev

1.152

Sarajevo

19.318

 

 

 

 

 

 

 

 

Tripoli

8.313

Beirut

4.173

Tunisi

1.051

Bombai

17.388

 

 

 

 

 

 

 

 

Bangkok

7.342

Tirana

3.871

Bucarest

964

Belgrado

15.867

 

 

 

 

 

 

Bar

7.726

Tirana

6.605

Il Cairo

3.781

Jakarta

876

 

 

 

 

Alessandria

1.784

 

 

Pechino

15.037

Belgrado

6.439

 

 

Tirana

839

Shangai

7.757

Bar

2.994

Bombai

3.707

 

 

 

 

 

 

New Delhi

1.961

Pechino

751

Tripoli

14.552

New York

6.396

 

 

 

 

 

 

 

 

Skopie

3.684

Skopie

673

Casablanca

12.552

Johannesburg

5.022

 

 

 

 

 

 

Cape Town

3.057

Algeri

3.679

Miami

542

Sofia

12.297

 

 

 

 

 

 

 

 

Jakarta

4.989

Tunisi

3.098

Mosca

500

Tunisi

11.862

 

 

 

 

San Pietroburgo

466

 

 

Beirut

4.466

Sofia

3.030

 

 

Skopie

11,649

 

 

 

 

Tripoli

406

 

 

Londra

4.463

Teheran

2.730

 

 

Beirut

10.253

 

 

 

 

 

 

 

 

Budapest

4.141

Damasco

2.624

Damasco

366

Budapest

10.204

 

 

 

 

 

 

 

 

Tunisi

3.731

Minsk

1.792

Amman

355

New Delhi

9.623

 

 

 

 

 

 

 

 

L'Avana

3.221

Johannesburg

1.692

Budapest

321

Manila

9.237

 

 

 

 

 

 

 

 

New Delhi

3.091

Riad

1.636

Istanbul

307

Bangkok

9.160

 

 

 

 

 

 

 

 

Riad

3.036

Dubai

1.611

L'Avana

288

L'Avana

8.872

 

 

 

 

 

 

 

 

Lima

2.847

Amman

1.594

Beirut

287

Algeri

7.572

 

 

 

 

 

 

 

 

Teheran

2.359

Lagos

1.512

Algeri

280

Jakarta

7.532

 

 

 

 

 

 

 

 

Sofia

2.292

 

 

 

 

Totale generale

834.776

Totale generale

389.170

Totale generale

145.866

Totale generale

79.084

 

Fonte: elaborazioni su dati dei Ministero degli Esteri

 

Tab. 5 (segue) ‑ Graduatoria decrescente dei visti di ingresso in Italia ripartiti per motivo e per servizio consolare in cui è stata effettuata la richiesta, 1999

 

MOTIVI DEI VISTI DI INGRESSO RILASCIATI PER L'ITALIA

 

Ricongiungimento fam.

Lavoro subordinato

Studio

Invito

Casablanca

8.248

Varsavia

5.611

Bucarest

2.177

Bucarest

3.868

Rabat

1.605

 

 

 

 

 

 

 

 

Bratislava

5.446

New York

1.663

Tirana

3.230

Tirana

7.628

 

 

Filadelfia

1.032

 

 

 

 

Praga

4.189

Chicago

1.020

Sofia

2.199

Colombo

2.489

 

 

San Francisco

890

 

 

 

 

Bucarest

3.293

Houston

628

Kiev

1.925

Skopje

2.323

 

 

Boston

623

 

 

 

 

Budapest

1.948

Detroit

570

Minsk

1.325

Shangai

2.322

 

 

Los Angeles

553

 

 

Pechino

278

Mosca

1.350

Washington

321

Pechino

1.306

 

 

San Pietroburgo

143

Miami

386

 

 

Bucarest

2.059

 

 

 

 

San Pietroburgo

884

 

 

Belgrado

1.313

 

 

Mosca

476

New Delhi

2.022

 

 

Tirana

1.504

 

 

 

 

Tirana

1.227

 

 

Sarajevo

823

Tunisi

1.697

 

 

Tokyo

1.495

 

 

 

 

Fiume

1.190

 

 

Belgrado

630

Lima

1.573

Zagabria

381

Mosca

1.396

 

 

 

 

Capodistria

275

 

 

Skopje

454

Manila

1.391

Lubiana

158

Pechino

674

 

 

 

 

 

 

 

 

Tunisi

443

Dacca

1.091

Casablanca

1.168

Seoul

629

 

 

 

 

Rabat

231

 

 

New Delhi

404

Islamabad

1.004

 

 

Istanbul

498

Bombai

190

 

 

Manila

1.007

 

 

 

 

Belgrado

860

 

 

Città del Messico

462

Budapest

356

 

 

Skopje

986

 

 

 

 

Accra

820

 

 

Budapest

459

Jakarta

332

 

 

Shangai

491

 

 

 

 

Santo Domingo

798

 

 

Varsavia

459

Casablanca

323

 

 

Sarajevo

464

 

 

 

 

Abidjan

703 

Spalato

255

Osaka

458

Teheran

299

Dakar

485

Lima

366

L'Avana

386

Beirut

294

Il Cairo

428

New Delhi

325

Bratislava

378

Algeri

288

Alessandria

363

Bombai

143

 

 

 

 

 

 

 

 

Belgrado

366

Riga

268

Lagos

377

Kiev

230

 

 

 

 

 

 

 

 

Belo Horizonte

352

Nairobi

266

Sarajevo

349

Colombo

218

 

 

 

 

 

 

 

 

Bombai

309

Damasco

244

Varsavia

245

Jakarta

198

 

 

 

 

 

 

 

 

Tunisi

309

Amman

243

Algeri

207

Tunisi

189

 

 

 

 

 

 

 

 

Beirut

298

Gerusalemme

242

Sofia

194

Santo Domingo

150

 

 

 

 

 

 

 

 

Tripoli

282

Islamabad

167

Kiev

166

L'Avana

139

 

 

 

 

 

 

 

 

Gerusalemme

271

Kampala

157

L'Avana

166

Durban

134

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Almaty

155

Mosca

166

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Manila

154

AddisAbeba

156

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Manchester

130

Totale generale

44.674

Totale generale

35.903

Totale generale

31.611

Totale generale

24.569

 

Fonte: elaborazioni su dati del Ministero degli Esteri

 

Sono 834.776 i visti concessi nel 1999 dalle nostre autorità consolari; (4) un numero elevato, ma da considerare ridotto rispetto a quello dei visti concessi dalla Germania sono stati 2.264.131 e quelli concessi dalla Francia 1.940.000. Le cifre riportate nella tabella 5 consentono una serie di interessanti considerazioni:

- nella graduatoria del totale dei visti rilasciati, qualunque sia il motivo, deve essere notato che nelle prime due posizioni si trovano Mosca (115 mila) e Bucarest (48 mila), capitali di paesi importanti come bacino di flussi di persone dirette verso l'Italia e importanti anche come paesi da cui hanno origine rilevanti flussi migratori;

- quando si riguardino i singoli motivi, è da notare l'elevato numero di visti per turismo rilasciati da consolati con sede in paesi ad alta pressione migratoria. Sono numerosissime le persone che si propongono di arrivare in Italia come turisti dalla Russia, dalla Bielorussia, da Taiwan, dall'Ucraina e dalla Romania. Altre zone come il Nord Africa, restano nelle posizioni basse della graduatoria: tra le prime trenta sedi consolari per visti turistici compaiono Tripoli e Tunisi, ma con un numero di richieste notevolmente più contenuto (Tripoli ha rilasciato 8.313 visti, mentre, ad esempio, Minsk ne ha rilasciati 27.832);

- nella graduatoria dei visti rilasciati per affari di nuovo nelle prime due posizioni si trovano Mosca (14 mila) e Bucarest (10 mila). Molto alto anche il numero di visti rilasciato dal consolato di Bar (più di 2 mila), e non soltanto per questo motivo;

- è da sottolineare l'elevatissimo numero di visti rilasciati per transito; (5)

- i visti rilasciati per ricongiungimento familiare e per lavoro subordinato si riferiscono a veri e propri flussi migratori. Nel caso dei ricongiungimenti compaiono al primo posto della graduatoria le sedi consolari del Marocco (il che conferma i dati dei permessi di soggiorno rilasciati per ricongiungimento familiare), e molte altre sedi che si trovano in paesi che sono tradizionalmente bacino di emigrazione verso l'Italia (Albania, Sri Lanka, Macedonia e Cina). Dal punto di vista delle politiche da attivare in Italia per l'integrazione degli immigrati, va sottolineata la circostanza che il numero di visti per ricongiungimento familiare rilasciati dalla Tunisia è sostanzialmente equivalente a quello dei visti rilasciati dal Perù;

- nel quadro dell'assestamento delle politiche migratorie, per i visti per lavoro subordinato va sottolineato come ‑ partendo da Varsavia, Bratislava e Praga ‑ ai primi nove posti della graduatoria compaiano solo paesi dell'Est Europeo, compresa la Russia;

- per quanto riguarda i visti richiesti per motivi di studio il numero è relativamente limitato, e quindi dal punto di vista dei flussi migratori si può ritenere che l'ammontare di eventuali pseudo‑studenti sia meno rilevante di quello di eventuali pseudo‑turisti. Non trascurabile è il numero degli studenti rumeni e albanesi.

Si sottolinea ancora una volta la grande utilità, anche ai fini dell'analisi dei flussi migratori, di questo tipo di dati. Certamente ci si potrà giovare di essi pure negli anni a venire.

 

4 ‑ Chiaramente gli elementi distintivi dei flussi immigratori che pian piano si stanno sedimentando sul nostro territorio determinano ampiamente le caratteristiche del complesso «puzzle» della popolazione straniera in Italia, sia per quanto riguarda, come visto, la composizione di genere, sia per quanto concerne la struttura per età. Riguardo tale aspetto la popolazione immigrata nel nostro paese presenta caratteri che confermano quanto emerso da tutte le rilevazioni statistiche tanto italiane quanto straniere, sul tema: grande concentrazione nelle età centrali, più propriamente lavorative, e ridotta presenza di vecchi e di giovanissimi. Quasi il 40% di coloro che sono in possesso di un permesso di soggiorno sono concentrati in soli dieci anni di età, dai 25 ai 35 anni (mentre la corrispondente fascia di età rappresenta il 16% della popolazione italiana); al contrario la popolazione con 60 anni o più conta fra gli immigrati poco più del 7% (mentre nella popolazione italiana conta per il 23%) (Tab. 6).

 

Tab. 6 ‑ Percentuale, sul totale di titolari di permesso di soggiorno di due grandi classi di età e proporzione percentuale, sulla corrispondente popolazione anagrafica, della popolazione straniera di età 25‑34 anni. Ripartizioni, 1999

 

Ripartizione

Stranieri di età … sul totale degli stranieri

Stranieri i 25‑34 anni

 

 

25‑34

60 e +

Valori assoluti

per 100 residenti

Nord‑Ovest

40,1

7,0

135.842

5,5

Nord-est

40,1

5,4

98.790

5,7

Centro

36,4

10,1

121.745

7.0

Lazio

34,9

13,3

70.177

8,2

Sud

38,3

5,6

43.802

1,9

Isole

38,2

3,7

21.776

2,1

Italia

38.7

7,3

421.955

4,6

 

Fonte: elaborazione propria su dati Istat

 

Si deve sottolineare che le percentuali riferite agli immigrati sono approssimative dal momento che risentono della larga sottostima degli immigrati minorenni. Nelle statistiche sui permessi di soggiorno fra i minorenni sono per lo più inclusi soltanto quelli che arrivano nel nostro paese individualmente, ad esempio per affidamento o adozione, o quelli che si ricongiungono ai genitori già immigrati; ne restano perciò esclusi (nel senso che non vengono contabilizzati) gran parte dei minori e precisamente quelli che non ricevono un proprio permesso di soggiorno, ma che compaiono in quello di almeno un genitore. Il numero di minorenni non specificamente considerati è grandissimo, se si pensa che al 1999 sono 43.783 quelli conteggiati dall'ISTAT sulla base dei permessi di soggiorno e 186.890 in base alle iscrizioni anagrafiche. Nel 2000 il numero di minori iscritti in anagrafe appare notevolmente cresciuto raggiungendo le 229.849 unità.

Assume, comunque, grande rilevanza il fatto che al 1999 siano 422 mila i titolari di permessi di soggiorno con un'età compresa fra i 25 e i 35 anni; le persone straniere in tale classe di età rappresentano, quindi, il 4,6% se rapportate al totale della popolazione italiana appartenente alla stessa classe di età; una proporzione di gran lunga più elevata di quella relativa alla popolazione complessiva, ma pur sempre relativamente bassa rispetto a quella che si osserva in altri paesi stranieri. La giovane struttura per età della popolazione straniera fa sì che dal punto di vista economico non vi sia dubbio che gli immigrati contribuiscano in misura importante alla produzione di beni e servizi, specie in aree e/o settori dove scarseggia la manodopera italiana giovane; è interessante notare la grande variabilità territoriale di questo importante segmento di popolazione, che. nel Centro‑Nord d'Italia conta per il 5‑7% della corrispondente popolazione italiana, e arriva a una punta dei 8,2% circa nel Lazio, mentre nel Mezzogiorno si aggira intorno al 2%.

Dal punto di vista demografico, invece, essi garantiscono alla popolazione italiana, un incremento naturale positivo (con ogni probabilità in futuro tale apporto assumerà maggiore importanza) e contribuiscono nel breve‑medio periodo a ringiovanire la struttura per età del nostro paese; nel giro di qualche decennio, tuttavia, daranno anche un contributo al suo già accentuato processo di invecchiamento, in base all'ovvia considerazione che mentre un neonato arriva nelle età «60 o più» nell'arco di 60 anni, a un immigrato di 30 anni questo succede nel giro di soli 30 anni, sicché a una ondata di immigrati corrisponde, coeteris paribus, a distanza di soli circa 30 anni una ondata di persone anziane e vecchie.

Il processo di invecchiamento della popolazione immigrata è, comunque, già in atto come è dimostrato chiaramente da alcune cifre che compaiono nelle ultime due colonne della tab. 7: tra il 1992 e il 1999 ‑ fra coloro che sono immigrati in Italia dai paesi ad alta pressione demografica (si ricorda che comprendono tutti i paesi in via di sviluppo e i paesi dell'Est europeo) ‑ l'incremento più forte, tra la popolazione maggiorenne, si è avuto per le classi d'età dai 45 ai 49 anni che presentano una percentuale di crescita del 198% contro un valore medio pari al 83%. Colpisce, comunque, la straordinaria crescita della popolazione straniera minorenne, accentuatasi proprio negli ultimi anni; anche se il peso percentuale di tale classe di età sul totale dei permessi resta contenuto, nel periodo 1992 ‑ 1999 si è registrato un incremento nel numero dei minori stranieri del 211%.

La tab. 6 mette chiaramente in luce come il Lazio sia una regione nella quale la proporzione di immigrati ultrasessantenni è già molto elevata e, comunque, di gran lunga superiore a quella media nazionale, l'8,2% contro il 4,6%. Tale situazione è riconducibile al fatto che nel Lazio si concentra la maggior parte della popolazione straniera che proviene da paesi a sviluppo avanzato (fra l'altro tutte le persone in servizio nelle ambasciate presso lo stato italiano, presso la Fao e presso la Santa Sede), la quale è straordinariamente più «vecchia» di quanto lo sia la popolazione straniera che proviene dai paesi a forte pressione migratoria (tab. 7). Il contributo diretto, tanto dal punto di vista economico quanto da quello demografico, degli stranieri provenienti dai PSA è certamente ridotto considerando che la percentuale di coloro che si trovano in età 25‑34 anni è pari a soltanto al 25%, contro il 42% di coloro che provengono dai paesi a forte pressione migratoria.

Se si presta attenzione alle tendenze della popolazione dei paesi aderenti all'OCSE, cioè di quelli più industrializzati, si vede come negli ultimi 30‑40 anni vi sia stata una forte diminuzione dei suoi tassi di crescita. Il forte incremento nei flussi migratori diretti verso l'Unione europea, specie fra il 1989 e il 1992, non ha rovesciato il declino demografico.

 

Tab. 7 ‑ Titolari di permesso di soggiorno per classi di età e area di provenienza (paesi a sviluppo avanzato ‑ PSA e paesi a forte pressione migratoria ‑ PFPM), 1999 e variazione per classi di età degli stranieri provenienti dai PFPM fra il 1992 e il 1999

 

Classi di età

Valori assoluti

Valori percentuali

Variazione Pfpm 1992 - 1999

 

Psa

Pfpm

Totale

Psa

Pfpm

Totale

V.A.

%

Fino 17 anni

3.465

40.318

43.783

1,6

4,6

4,0

27.356

211,0

18‑24

19.056

106.917

125.973

18,5

12,3

11,5

22.232

26,3

25‑29

25.993

169.470

195.463

11,6

19,5

17,9

39.616

30,5

30‑34

30.712

195.780

226.492

13,8

22,6

20,8

92.373

89,3

35‑39

26.077

145.971

172.048

11,7

16,8

15,8

82.005

128,2

40‑44

18.404

93.471

111.875

8,2

10,8

10,3

59.715

176,9

45‑49

15.490

50.833

66.323

6,9

5,9

6,1

33.756

197,7

50‑54

15.059

25.681

40.740

6,7

3,0

3,7

15.062

141,8

55‑59

13.985

14.611

28.596

6,3

1,7

2,6

8.198

127,8

60 e più

54.895

24.632

79.527

24,6

2,8

7,3

12.424

101,8

Totale

223.136

867.684

1.090.820

100

100

100

392.737

82,7

 

Fonte: elaborazione propria su dati Istat

 

5 ‑ Come mostra il Rapporto Sopemi 1999, all'inizio degli anni '60 la quota dell'incremento naturale nella crescita demografica totale era maggiore di quella dell'immigrazione netta, mentre dal 1967 in poi le migrazioni nette sono cresciute, mentre l'incremento naturale declinava con continuità; tra il 1987 e il 1991 il con­tributo dell'immigrazione è cresciuto con il crescere dei flussi di immigrati, ma poi la tendenza è stata rovesciata. Comunque, considerata l'Unione europea nel suo complesso, il contributo dell'immigrazione alla crescita demografica rimane più importante di quello dell'incremento naturale (nonostante che quest'ultimo sia a sua volta alimentato più o meno largamente dagli immigrati di più lunga data) e tale contributo è destinato in futuro ad aumentare in considerazione della bassissima fecondità europea. I dati della tab. 8 sono al riguardo particolarmente significativi: l'Austria ha il più basso tasso di incremento naturale (1,1 per mille), ma anche l'Italia e la Spagna (1,2 per mille) mostrano tassi di crescita della popolazione molto contenuti. Il nostro paese presenta, invece, con Germania (il paese con la più consistente crescita migratoria in assoluto) e Gran Bretagna, il più elevato incremento migratorio in termini assoluti (tab. 8).

Gli immigrati contribuiscono allo sviluppo demografico di un paese non soltanto attraverso il movimento migratorio, ma anche attraverso il movimento naturale a cui essi stessi danno luogo. Non è semplice stabilire quale e di quali proporzioni sia questo contributo, che varia sensibilmente a seconda delle diverse definizioni e categorie tipologiche adottate. Se infatti si prendono in considerazione i nati del 1995 (ultimo anno per il quale siano disponibili dati disaggregati) si trova che i nati in Italia da entrambi i genitori stranieri sono 13.096, mentre se si considerano tutti quelli con almeno un genitore straniero, allora il totale sale a 21.499, cioè il 4,1% di tutti i nati vivi in Italia.

Notizie per alcuni versi più accurate si hanno prendendo in considerazione non la popolazione straniera quale risulta dai permessi di soggiorno, ma quella iscritta all'anagrafe, che è più stabile ed anche per questo può presentare un diverso atteggiamento nei confronti della procreazione.

 

Tab. 8 ‑ Incremento naturale, migratorio e totale in valore assoluto e per 1.000 abitanti nei paesi dell'Unione europea, 1999

 

Paesi

Incremento assoluto (in migliaia)

Incremento per 1.000 abitanti

 

Naturale

Migratorio

Totale

Naturale

Migratorio

Totale

Austria

‑ 0,1

9,0

9,0

‑ 0,0

1,1

1,1

Belgio (b)

9,2

16,0

25,2

0,9

1,6

2,5

Danimarca

7,0

9,4

16,4

1,3

1,8

3,1

Finlandia

8,2

3,4

11,7

1,6

0,7

2,3

Francia (b)

202,5

50,0

252,5

3,5

0,9

4,3

Germania (a)

‑ 77,1

204,8

127,7

‑ 0,9

2,5

1,6

Gran Bretagna (a) (b)

70,7

161,5

232,3

1,2

2,7

3,9

Grecia (a)

‑ 1,0

25,0

24,0

‑ 0,1

2,4

2,3

Irlanda

21,7

18,5

40,2

5,8

4,9

10,7

Italia

‑ 33,8

101,2

67,3

‑ 0,6

1,8

1,2

Lussemburgo

1,8

4,7

6,5

4,1

10,9

15,0

Paesi Bassi

60,0

43,8

103,7

3,8

2,8

6,6

Portogallo (b)

7,4

10,7

18,1

0,7

1,1

1,8

Spagna (b)

7,8

39,6

47,4

0,2

1,0

1,2

Svezia

‑ 6,6

13,7

7,1

‑ 0,7

1,5

‑ 0,8

Unione econ. e mon. (c)

207,5

501,8

709,4

0,7

1,7

2,4

Unione Europea (c)

277,7

711,4

989,2

0,7

1,9

2,6

 

Note:

(a) dati provvisori;

(b) stime nazionali;

(c) stime Eurostat

Fonte: Eurostat, Statistics in focus. Population and social conditions, Therne 3 ‑ 10/2000, Luxembourg, 1999

 

Dalla tab. 9 si nota immediatamente che nel tempo, senza dubbio, è cresciuto il numero degli stranieri iscritti nelle anagrafi italiane, ma ancora più consistentemente è cresciuto il numero di eventi demografici naturali riguardanti immigrati registrati dagli uffici anagrafici. Se dal 1993 al 2000 la popolazione straniera iscritta in anagrafe è aumentata del 49% , infatti, i morti stranieri nello stesso periodo sono cresciuti del 64% e i nati stranieri sono aumentati del 203%.

Il tasso di natalità della popolazione anagrafica degli stranieri è stato nel 1999 di 17,7 per mille residenti, molto più alto di quello degli italiani (9,1 per mille), ma non particolarmente elevato se valutato rispetto a quello rilevato in alcuni dei paesi di provenienza degli immigrati e rispetto alla struttura per età eccezionalmente giovane. Il tasso di mortalità riferito agli stranieri, invece, è risultato pari all'1,6 per mille (contro il 10 per mille degli italiani).

Gli stranieri iscritti in anagrafe hanno quindi dato luogo nel 1999 in valore assoluto ad un saldo naturale (nascite meno morti) pari a +19.236. Tale contributo positivo ha avuto una notevole rilevanza nel bilanciare il saldo naturale negativo degli italiani pari a ‑53.077, così che per il complesso dei residenti registrati presso le anagrafi italiane si è avuto un saldo pari a ‑33.841. Certamente questo apporto, come si è detto, è destinato a crescere non poco in futuro. Ci si può attendere, infatti, che migliorando le condizioni di integrazione, come si auspica, saranno più rapidi e frequenti i ricongiungimenti familiari che contribuiranno anche a ridurre gli attuali fortissimi squilibri nella struttura per sesso delle varie etnie. Segnali dell'attuarsi di tale tendenza si possono evincere ad esempio dalla tab. 9. Il peso delle nascite di stranieri residenti nel 1999, pur essendo ancora assai ridotto, è molto cresciuto rispetto al 1993 ed è tanto maggiore quanto più ci si riferisce a comunità ampie e più stabili come sono quelle che risiedono nel Centro‑Nord d'Italia (e in particolare nel Nord­est; tab. 10).

6 (6) ‑ Un'evoluzione demografica del tutto nuova e importante si avrà nei prossimi anni in Italia. Per la prima volta in epoca moderna e contemporanea diminuirà la popolazione in età lavorativa, qui individuata in quella di età compresa fra i 20 e i 59 anni. Nei prossimi 20 anni, fra il 2000 e il 2020, secondo le più recenti proiezioni delle Nazioni Unite nel complesso del paese la diminuzione potrebbe risultare pari a 4 milioni e mezzo di persone (tab. 8), un calo che sarà particolarmente intenso nel Centro‑Nord.

Particolarmente importante e significativo è l'andamento della popolazione in età da 20 a 39 anni, perché riguarda la parte più dinamica delle forze di lavoro e quella che teoricamente sul mercato del lavoro è più esposta alla possibile «concorrenza» degli immigrati stranieri. La diminuzione attesa per l'Italia è di 6 milioni a un tasso medio annuo eccezionalmente elevato, pari al 2,1 per cento. E' l'effetto di un calo delle nascite prolungato e intenso, di una fecondità che si mantiene straordinariamente bassa, intorno a 1,2 figli per donna, ormai, da molti anni.

Si è già avuto modo di segnalare in altra sede che le tendenze demografiche della popolazione più giovane in età lavorativa ‑ del tutto attendibili facendo esse riferimento a persone già tutte nate ‑ potranno contribuire:

a) al riassorbimento più o meno pieno della disoccupazione giovanile, effetto questo che dovrebbe essere assai sensibile nel nostro paese dove il calo della popolazione giovane in età lavorativa è molto intenso rispetto agli altri paesi europei;

b) alla creazione nel mercato del lavoro di possibili squilibri quantitativi, anche forti, fra domanda e offerta. Tali squilibri si affiancheranno per la prima volta agli squilibri qualitativi e agli squilibri territoriali ormai largamente presenti già da molti anni nel paese e ai quali, per un verso, si devono i consistenti flussi

immigratori degli ultimi anni. L'immigrazione dall'estero potrebbe così aumentare per soddisfare una domanda di lavoro fortemente squilibrata rispetto alla offerta e che in ogni caso non è del tutto riequilibrabile attraverso migrazioni interne sud­-nord;

c) a un intenso incremento della offerta di lavoro e della occupazione femminile, che ancora oggi si trova a livelli molto bassi rispetto ad altri paesi europei e presenta larghi squilibri territoriali. Se questo dovesse accadere, allora anche per questa via la domanda di lavoratori stranieri potrebbe aumentare. C'è infatti da considerare che il lavoro domestico e di cura, tradizionalmente affidato alle donne, è una delle attività lavorative più frequenti per gli immigrati stranieri in Italia e che proprio la loro presenza, di diritto o di fatto, ha consentito il sempre maggiore inserimento della donna nei processi produttivi.

 

Tab.9 ‑ Bilancio demografico riguardanti eventi naturali della popolazione straniera residente in Italia

 

 

Popolazione al 1 gennaio

Valori assoluti

Per 1000 residenti stranieri

Variazioni annuali %

 

 

nati

morti

saldo

nati

morti

nati

morti

saldo

1993

573.258

7.000

1.182

5.818

11,6

2,0

1994

629.165

8.028

1.298

6.730

12,2

2,0

14,7

9,8

15,7

1995

685.469

9.061

1.278

7.783

12,7

1,8

12,9

‑1,5

15,6

1996

737.793

10820

1.451

9.369

13,3

1,8

19,4

13,5

20,4

1997

884.555

13.569

1.553

12.016

14,5

1,7

25,4

7,0

28,3

1998

991.678

16.901

1.761

15.140

16,0

1,7

24,6

13,4

26,0

1999

1.116.394

21.175

1.939

19.236

17,7

1,6

25,31

10,1

27,1

2000

1.270.553

 

 

 

 

 

 

 

 

1993 - 1999

 

 

 

 

 

 

94,7

202,5

64,0

 

Fonte: elaborazioni su dati ISTAT

 

Tab. 10 ‑ Percentuale di nati vivi da stranieri residenti sul totale dei nati. Circoscrizioni, 1993, 1996 e 1999

 

Circoscrizioni

1993

1996

1999

Nord‑ovest

2,0

3,1

6,3

Nord‑est

1,7

3,2

5,9

Centro

2,2

3,0

5,2

Sud

0,3

0,5

1,0

Isole

0,8

1,0

1,4

Italia

1,3

2,0

3,9

 

Fonte: elaborazione propria su dati Istat

 

L'immigrazione finora ha dimostrato di essere del tutto conveniente per il nostro paese dal punto di vista economico. Nel prossimo futuro l'immigrazione straniera dovrebbe risultare ancora più conveniente per effetto dei citati possibili squilibri quantitativi del mercato del lavoro. In queste condizioni per i nuovi flussi migratori potrebbe essere più idoneo fissare delle quote di ingresso, senza tentare più di ricercare un puntuale, difficilissimo e in ogni caso instabile (per via della mobilità territoriale e/o professionale del migrante) incontro fra domanda e offerta di lavoro per uno specifico lavoro rimasto scoperto.

Le migrazioni volontarie di natura economica sono largamente determinate dal differenziale di pressione demografico‑economica che esiste fra i possibili paesi di origine e quelli possibili di destinazione. Tanto maggiore è lo squilibrio fra la crescita demografica ed economica di paesi diversi e tanto maggiori sono i differenziali nel tenore di vita e nei salari fra i due paesi, tanto maggiore sarà la pressione migratoria che si verrà a creare. La pressione così intesa definisce il contesto generale nel quale si trova, nel paese d'origine, la singola persona che è poi quella che deve prendere dapprima coscienza della sua condizione, attuale e sperata, nel luogo d'origine e in secondo luogo la decisione di emigrare, sempre che vi sia la possibilità, giuridica o di fatto, di lasciar il paese di origine e quella, giuridica o di fatto, di entrare nel paese di destinazione.

Queste considerazioni valgono tanto più quanto più un paese è «esposto» nelle sue frontiere. Con l'entrata in vigore dell'accordo di Schengen, con il previsto allargamento dell'Unione europea a Est, con una possibile forte crescita economica e il previsto declino demografico dei paesi in transizione, il più esposto paese di frontiera per le migrazioni dell'Unione europea è l'Italia. Il «muro» è ormai costituito dal Mediterraneo, che si ritrova a separare paesi a elevato benessere economico e con regimi democratici da paesi con forme più o meno gravi e diffuse di malessere economico e in alcuni casi con carenza di democrazia. E in questo quadro vere e proprie regioni di frontiera sono diventate ‑ come è da tempo tragicamente evidente Puglia, Sicilia e Calabria e, più recentemente, il Friuli‑Venezia Giulia.

Se si riguardano le tendenze demografiche generali ‑ o, più in particolare, quelle della popolazione giovane in età lavorativa, di 20‑39 anni che sono le età di gran lunga più esposte al rischio di emigrazione ‑ dalle regioni del mondo che più direttamente gravitano sull'Unione europea e sull'Italia (tab. 11), ci si deve attendere un non trascurabile aumento della pressione migratoria e da qui un proseguimento dei flussi di immigrazione negli anni a venire.

Alcune tendenze demografiche dei prossimi due decenni della popolazione in età lavorativa più giovane sono particolarmente significative:

a) l'Italia avrà, lo si è già visto, un calo davvero sensibile a un tasso medio annuo ‑  ‑ 2,1 per cento ‑ molto forte; un po' meno forte, ma comunque intenso saranno quello della Spagna e della Germania. Una tendenza simile si avrà non solo per l'Unione europea nel suo complesso, ma anche per le sub regioni dell'Europa settentrionale, di quella occidentale e in particolare di quella meridionale;

b) anche in Europa orientale si registrerà un calo non trascurabile della popolazione giovane in età lavorativa (‑ 9,4 milioni, pari all'11 per cento di variazione totale). Se gli investimenti stranieri dovessero mantenersi alti e le condizioni economiche dovessero migliorare velocemente, i paesi di tale area potrebbero non solo non alimentare una forte emigrazione verso l'Occidente, ma finanche trovarsi di fronte a carenza di forza lavoro;

c) Nord Africa e Asia occidentale (Medio Oriente) vedranno rallentare vistosamente il ritmo di crescita della giovane popolazione in età lavorativa che le ha caratterizzate nei passati 20 anni: da tassi del 2,9 ‑ 3,3 per cento all'anno passeranno a tassi dell'1,8 ‑ 1,9. Ma la crescita in termini assoluti resterà la stessa; i paesi di queste due aree hanno avuta una crescita di 52 milioni di giovani nei 20 anni passati e ne avranno una di 50 milioni nei prossimi 20 anni; l'Africa sub­sahariana (Africa centrale, orientale e occidentale nella tab. 11) continuerà a registrare una crescita eccezionalmente rapida, ma ancora più intensa: tassi del 3,0 ‑ 3,1 si sono avuti negli ultimi 20 anni e tassi del 2,9 ‑ 3,5 per cento si avranno nei prossimi 20. Ma l'incremento assoluto di popolazione in giovane età lavorativa quasi si raddoppia, essendo stato di 70 milioni nell'ultimo ventennio ed essendo di 128 milioni nel prossimo;

d) nel resto del mondo tutti i tassi di crescita del prossimo ventennio saranno di gran lunga più ridotti di quelli del ventennio precedente e anche l'intensità tende a decrescere fortemente. Da segnalare la forte riduzione (oltre 9 milioni) che subirà la giovane popolazione in età lavorativa del Giappone, i cui comportamenti demografici sono del tutto simili a quelli europei.

Sembrano non esserci dubbi che almeno negli ultimi anni di questo secolo e nei primi decenni del prossimo per la giovane popolazione in età lavorativa i differenziali di variazione demografica fra Italia e Unione europea da un lato e i paesi in via di sviluppo (che più direttamente gravano su di esse) dall'altro saranno fra i più alti mai registrati nella storia dell'umanità.

Se poi si mettono in conto anche gli aspetti socio‑economici, allora i differenziali diventano fortissimi e lasciano intendere come la pressione migratoria potrebbe crescere intensamente nei prossimi decenni. Infatti, in presenza di tali differenziali demografici, soltanto la riduzione dei differenziali economico‑sociali tra paesi di origine e di destinazione dovrebbe consentire in futuro il contenimento delle correnti migratorie di massa. Per di più permane nei paesi africani un sistema produttivo caratterizzato dalla presenza di un ampio settore primario che assorbe dal 40 all'80 per cento degli occupati.

 

Tab. 11 ‑ Popolazione in età lavorativa, da 20 a 39 anni e da 20 a 59 anni, e sue variazioni per l'Italia e per alcune grandi aree geografiche, 1980 ‑ 2000 e 2000 ‑ 2020 (Le definizioni delle regioni sono quelle adottate dall'Onu)

 

 

Pop. al 2000

Variazioni assolute

Variazioni percentuali

Tasso medio annuo di variazione

 

Popolazione di 20 ‑ 39 anni

Europa  sett.

26.262

794

‑ 2.467

3,1

‑ 9,4

0,2

‑ 0,5

Europa occid.

52.856

3.707

‑ 8.544

7,5

‑ 16,2

0,4

‑ 0,9

Europa merid.

44.030

5.914

‑ 12.807

15,5

‑ 29,1

0,7

‑ 1,7

Italia

17.065

1.710

‑ 5.985

11,1

‑ 35,1

0,5

‑ 2,1

Nord ‑ America

88.596

5.900

6.082

7,1

6,9

0,3

0,3

Oceania

9.126

2.212

1.478

32,0

16,2

1,4

0,8

Giappone

35.279

‑ 1.632

‑ 9.221

‑ 4,4

‑ 26,1

‑ 0,2

‑ 1,5

Europa orient.

88.987

1.560

‑ 9.418

1,8

‑ 10,6

0,1

‑ 0,6

Africa orient.

68.735

30.798

54.850

81,2

79,8

3,0

3,0

Africa centrale

24.859

11.044

25.020

79,9

100,6

3,0

3,5

Africa settent.

54.224

23.858

24.114

78,6

44,5

2,9

1,9

Africa occid.

61.952

28.218

47.774

83,6

77,1

3,1

2,9

Africa merid.

14.894

5.699

4.278

62,0

28,7

2,4

1,3

Asia orient. (senza Giapp.)

1.178.013

454.721

199.698

62,9

17,0

2,5

0,8

Asia centro ‑ merid.

463.296

185.847

184.504

67,0

39,8

2,6

1,7

Asia orient. merid.

175.490

73.993

33.317

72,9

19,0

2,8

0,9

Asia occid.

58.899

28.108

25.489

91,3

43,3

3,3

1,8

Caraibi

12.483

4.256

1.104

51,7

8,8

2,1

0,4

America centrale

44.102

20.202

12.244

84,5

27,8

3,1

1,2

Sud America

113.321

42.374

23.172

59,7

20,4

2,4

0,9

Asia orient.

1.213.292

453.089

190.477

59,6

15,7

2,4

0,7

 

Popolazione di 20 ‑ 59 anni

Europa settent.

51.273

5.207

‑ 1730

11,3

‑ 3,4

0,5

‑ 0,2

Europa occid.

101.723

11.011

‑ 4.878

12,1

‑ 4,8

0,6

‑ 0,2

Europa merid.

81.122

9.372

‑ 6.980

13,1

‑ 8,6

0,6

‑ 0,4

Italia

32.313

2.606

- 4.525

8,8

‑ 14,0

0,4

- 0,8

Nord-America

171.518

36.748

13.565

27,3

7,9

1,2

0,4

Oceania

16.259

4.971

3.651

44,0

22,5

1,8

1,0

Giappone

71.189

5.180

‑ 10.725

7,8

‑ 15,1

0,4

‑ 0,8

Europa orient.

169.478

5.826

‑ 6.372

3,6

‑ 3,8

0,2

‑ 0,2

Africa orient.

96.976

41.277

76.472

74,1

78,9

2,8

2,9

Africa centr.

36.136

15.197

33.866

72,6

93,7

2,1

3,4

Africa settent.

81.588

36.293

47.460

80,1

58,2

3,0

2,3

Africa occid.

88.954

38.444

71.033

76,1

79,9

2,9

3,0

Africa merid.

22.534

8.800

5.820

64,1

25,8

2,5

1,2

Asia orient. (senza Giapp.)

1.844.715

722.844

641.481

64,4

34,8

2,4

1,5

Asia centro­ merid.

712.316

283.228

363.407

66,0

51,0

2,6

2,1

Asia orient.­ merid.

264.928

111.417

107.071

72,6

40,4

2,8

1,7

Asia occid.

89.446

41.782

51.644

87,7

57,7

3,2

2,3

Caraibi

19.660

6.967

5.222

54,9

26,6

2,2

1,2

America centrale

64.989

30.147

32.110

86,5

49,4

3,2

2,0

Sud America

177.558

70.272

64.645

65,5

36,4

2,6

1,6

Asia orient.

1.915.904

728.024

630.756

61,3

32,9

2,4

1,4

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonte: Elaborazione su dati Onu, The sex and age distribution of the World population. The 1998 revision, New York, 1999

 

In presenza di un settore primario tanto largo e importante, l'ammodernamento dell'agricoltura, pure necessario, potrebbe portare a consistenti espulsioni di manodopera dal settore e quindi a una offerta di lavoro addizionale rispetto a quella già così forte di origine demografica. In una speculazione sul possibile futuro migratorio pare esserci ogni evidenza che i flussi Sud‑Nord, in particolare quelli diretti verso la Ue e l'Italia continueranno. Questa conclusione si basa su quattro considerazioni principali:

1) alla luce degli andamenti passati sembra esservi la impossibilità per i paesi del Sud di creare tanti posti di lavoro quanto ne richiederebbe l'attesa crescita di popolazione in età lavorativa e di forze di lavoro, crescita enorme in cifra assoluta o che si ha con ritmi difficilmente fronteggiabili. Sembra quindi esservi la impossibilità di saldare gli squilibri quantitativi nei loro mercati di lavoro e di ridurre il «welfare gap» tra i paesi del Sud e quelli dell'Europa comunitaria;

2) gli squilibri quantitativi, qualitativi e territoriali nei mercati di lavoro italiano (ed europeo) dovrebbero persistere per decenni a venire, anche perché le leve sempre più ridotte di giovani, con crescente livello di istruzione e sostenuti dalla collettività e/o dalle famiglie continueranno a rifiutare i lavori poco graditi o poco pagati o che comportano spostamenti territoriali ritenuti non accettabili;

3) si può immaginare che l'innalzamento del tasso di scolarità e del grado di istruzione, in particolare fra le donne, nei paesi di origine possa generare maggiori aspettative di realizzazione personale che potrebbero tradursi in una maggiore spinta all'emigrazione;

4) la ulteriore, crescente, fortissima urbanizzazione del Sud del mondo (ad esempio, fra il 1995 e il 2015 fonti Onu valutano che Il Cairo passerebbe da 9,7 a 14,4 milioni; Addis Abeba da 2,4 a 6,6 milioni) potrebbe portare a un peggioramento delle condizioni di vita delle popolazioni urbane, le più esposte all'emigrazione verso l'estero.

Ci si può quindi ragionevolmente aspettare che:

1) nel breve‑medio periodo di 5‑10 anni continui in Italia l'immigrazione dagli attuali paesi di origine, con particolare riferimento all'area mediterranea;

2) nel secondo decennio del prossimo secolo, superata la soglia di sviluppo minimo al di sotto della quale non si prende nemmeno in considerazione l'emigrazione come scelta di sopravvivenza, cresca la pressione migratoria da parte delle popolazioni dell'Africa sub‑sahariana.

In queste condizioni, con pressione migratoria crescente e con flussi migratori continui e in larga misura incontenibili, risulta di gran lunga più opportuno gestire il fenomeno dell'immigrazione che non subirla. Gestire il fenomeno non solo, come prevede la legge, stabilendo delle quote, ma anche regolando al meglio tutto il mercato del lavoro italiano, con particolare riferimento al lavoro stagionale, dal momento che l'economia sommersa e il diffuso lavoro nero spingono più che mai i datori di lavoro a valersi di immigrati irregolari, che sono i lavoratori più flessibili e più economici presenti sul mercato, e spingono i potenziali emigranti dei paesi di origine a tentare l'avventura dell'arrivo e della presenza irregolare.

Se si deve quindi immaginare ‑ per motivi di convenienza e per motivi di necessità, oltre che per effetto dei ricongiungimenti familiari ‑ il persistere di flussi migratori diretti verso l'Italia, si deve allora valutare quanto larga possa essere la quota di immigrati da immettere ogni anno nel paese. Si è già detto come negli ultimi anni si sia venuta accumulando una popolazione straniera a un ritmo di circa 60‑65 mila immigrati l'anno, popolazione che, lo si è richiamato, a sua volta ha avuto un suo proprio incremento naturale.

 

Tab. 12 ‑ Proiezioni del futuro ammontare della popolazione straniera in Italia, in base alle ipotesi, Alta o Bassa, di stock e di flusso, 2007 e 2017

                                                                                                               

 

Stock iniziale 1 gen. 1997

Ammontare al 2007

Ammontare al 2017

 

 

Flussi futuri

 

 

A‑80 mila

B‑50 mila

A‑80 mila

B‑50 mila

A

‑ 1.381

2.456

2.293

3.535

3.011

 

2,4

4,2

4,0

6,2

5,3

B

‑ 1.086

2.025

1.861

3.078

2.554

 

1,9

3,5

3,2

5,4

4,5

 

N.B. in corsivo la percentuale di popolazione straniera sul totale della popolazione complessiva

Fonte: Golini A. e De Simoni A., Tre scenari per il futuro sviluppo della popolazione delle regioni italiane al 2047, inedito

 

Tab. 13 ‑ Proiezioni per l'Italia della popolazione per classi di età e cittadinanza al 1 gennaio degli anni indicati (valori assoluti in migliaia)

Ipotesi AA

 

 

Popolazione al

Variazioni

Tassi % medi annui

 

1997

2007

2017

1997‑07

2007‑17

1997‑07

2007‑17

 

0 ‑ 19 anni

Italiani

11.666

10.314

8.812

‑ 1.352

‑ 1.502

‑ 1,2

‑ 1,6

Stranieri

214

487

739

273

252

8,2

4,2

Totale

11.880

10.801

9.551

‑ 1.079

‑ 1.250

‑ 1,0

‑ 1,2

% stranieri

1,8

4,5

7,7

 

 

 

 

 

20 ‑ 39 anni

Italiani

17.200

14.823

11.567

‑ 2.377

‑ 3.256

‑ 1,5

‑ 2,5

Stranieri

780

985

1.106

205

121

2,3

1,2

Totale

17.980

15.808

12.673

‑ 2.172

‑ 3.135

‑ 1,3

‑ 2,2

% stranieri

4,3

6,2

8,7

 

 

 

 

 

40 ‑ 59 anni

Italiani

14.530

15.774

16.775

1.244

1.001

0,8

0,6

Stranieri

343

856

1.309

513

453

9,1

4,2

Totale

14.873

16.630

18.084

1.757

1.454

1,1

0,8

% stranieri

2,3

5,1

7,2

 

 

 

 

 

60 + anni

13.080

14.907

16.495

1.827

1.588

1,3

1,0

 

43

129

381

86

252

11,0

10,8

 

13.123

15.036

16.876

1.913

1.840

1,4

1,2

 

0,3

0,9

2,3

 

 

 

 

 

 

Totale

Italiani

56.475

55.818

53.649

- 658

‑ 2.169

‑ 0,1

- 0,4

Stranieri

1.381

2.457

3.535

1.077

1.078

5,8

3,6

Totale

57.856

58.275

57.184

419

‑ 1.091

0,1

0,2

% stranieri

2,4

4,2

6,2

 

 

 

 

                                               

Fonte: Golini A. e De Simoni A., Tre scenari per il futuro sviluppo della popolazione delle regioni italiane al 2047, inedito

 

Alla luce della esperienza passata e degli attesi futuri squilibri demografici ed economici fra i possibili paesi d'origine e l'Italia, si può ritenere ragionevole per i prossimi anni una forchetta che abbia come minimo un flusso di 50 mila immigrati netti l'anno e come massimo un flusso di 80 mila. (7) Nella presente situazione di stock di immigrati (compresi gli irregolari: 1 milione 381 mila, che qui viene considerata ipotesi A alta, o 1 milione 86 mila, ipotesi B bassa) e di prospettiva di flussi (a regime, flusso di 80 mila immigrati l'anno, ipotesi A alta, o 50 mila, ipotesi B bassa) può diventare allora utile effettuare un esercizio per valutare a quanto potrebbe ammontare, a distanza di 10 e di 20 anni, la popolazione straniera in Italia.

In base a queste ipotesi la popolazione straniera al 2007 potrebbe ammontare a una cifra compresa fra 1,9 e 2,5 milioni di persone, con una percentuale sul totale della popolazione oscillante fra 3,2 e 4,2. Al 2017 invece l'ammontare potrebbe ascendere a un valore compreso fra 2,6 e 3,5 milioni di persone, con una percentuale sul totale oscillante fra 4,5 e 6,2 (tab. 12).

 

Alla luce delle esperienze di altri paesi europei si tratterebbe di dimensioni del tutto accettabili, considerando che già al 1995 in Francia gli stranieri costituivano il 6,3 per cento del totale della popolazione e in Germania l'8,8. Il processo di integrazione riguarderebbe in Italia una proporzione assai più ridotta di immigrati, il che significa, fra l'altro, avere molto maggior tempo e molta maggiore gradualità nello stabilire una coesistenza corretta e fruttuosa fra popolazione autoctona e popolazione immigrata.

Certamente importante, ai fini del processo di integrazione risulta essere la struttura per età della popolazione immigrata. Se si prende come riferimento la sola ipotesi «AA» (più elevato stock iniziale e più intenso flusso immigratorio), che negli scenari disegnati è quella che fornisce il valore massimo, allora si nota (tab. 13):

1) che gli immigrati con meno di 20 anni dovrebbero più che raddoppiare nel giro dei primi 10 anni, da 214 mila a 487 mila, mentre in seguito il ritmo di crescita dovrebbe essere meno intenso. I problemi più importanti per il sistema scolastico si avrebbero quindi nel primo decennio;

2) che gli immigrati in età lavorativa, da 20 a 59 anni, dovrebbero incrementarsi di gran lunga più velocemente per la componente 40‑59 anni che non per quella 20­-39; questo soprattutto per l'effetto della struttura dello stock esistente, che sopravanzerebbe l'effetto dell'arrivo di nuovi flussi. In ogni caso quindi i flussi sarebbero in grado di compensare solo assai parzialmente il forte calo della popolazione italiana in età 20‑39 anni, a meno che non si abbiano flussi straordinariamente intensi;

3) che piccolo in cifra assoluta, ma intensissimo come velocità (tasso medio annuo di accrescimento pari all'11 per cento) sarebbe l'aumento della popolazione immigrata con 60 anni e più fra il 1997 e il 2017. Questo a ulteriore dimostrazione che l'immigrazione straniera ‑ pur necessaria e conveniente per il paese ‑ non può risolvere né il problema del l'invecchiamento della popolazione italiana, né contribuire sensibilmente a mitigare gli squilibri previsti per il sistema pensionistico.

La situazione dell'immigrazione straniera in Italia e la sua dinamica impongono che si perfezioni il sistema informativo, che pure molti progressi ha fatto negli ultimi tempi. Ci si riferisce, ad esempio, a una più accurata rilevazione dei flussi migratori tanto in entrata, quanto in uscita, a una riformulazione dei permessi di soggiorno, ove vengano evidenziati i minori, e i legami familiari; ci si riferisce, ancora, a una più accurata tenuta delle anagrafi, ove vengano cancellati gli stranieri che sono ritornati nel proprio paese senza cancellarsi dai registri di popolazione.

Ma più in generale è necessario che le statistiche che riguardano gli stranieri formino un sistema integrato, il che significa in primo luogo individuazione completa delle esigenze e delle carenze informative, standardizzazione di concetti, definizioni e rilevazioni, collegamento fra le varie fonti, tempestiva e completa disponibilità dei dati raccolti.

 

Riferimenti bibliografici

 

Petersen, J. (a cura di)

201 L'Emigrazione tra Italia e Germania, Ed. Piero Lacaita, Roma.

 

Bacchetta P. e Cagiano de Azevedo R.

198 Le Comunità italiane all'estero, Torino, G. Giappichelli.

 

Caritas di Roma

207 Immigrazione. Dossier statistico 1999, Roma, Anterem.

 

Eurostat

207 Statistics in focus. Population and social conditions, Luxembourg, «Theme», n. 3, dicembre.

2000 Statistics infocus. Population and social conditions, Theme 3 ‑ 10/2000, Luxembourg, 1999

 

Fondazione Brodolini,

191 Gli italiani fuori di Italia, a cura di Bezza, B. ed. Quaderni di Affari Sociali Internazionali, Milano, Franco Angeli.

 

Golini, A. e De Simoni, A.

207 Tre scenari per il futuro sviluppo della popolazione delle regioni italiane al 2047, inedito.

 

Istat

207 La presenza straniera in Italia: caratteristiche demografiche, Roma.

La popolazione straniera residente in Italia al 1 gennaio 2000, Statistiche in breve, 2000.

 

Ministero degli Affari Esteri

Il Ministero degli Affari Esteri in cifre, Roma, 2000.

 

Livi Bacci, M.

198 Migrazione Nord‑Sud. Approccio comparato dell'esperienza europea e nord‑americana, in Atti della Conferenza internazionale sulle migrazioni (Roma, 13‑16 marzo 1991).

 

Onu

207 The sex and age distribution of the World population. The 1998 revision, New York.

 

SOPEMI

207 Trends in International Migration. Annual Report. 1999 Edition, Parigi, Oecd.

 

Note:

 

1) E' noto che dal 1876 al 1987 sono espatriati quasi ventisette milioni di italiani, più della metà verso paesi europei (oltre 14 milioni), il 44% verso le Americhe (6 milioni al Nord, 5 milioni al Sud). Nel solo secondo dopoguerra tra il 1946 ed il 1976 espatriarono circa 7 milioni di italiani.

 

2) Già il decreto‑legge n. 416 del 30 dicembre 1989 prevedeva al comma 1 dell'art. 6, per lo straniero in possesso del permesso di soggiorno, il diritto all'iscrizione anagrafica presso il comune di residenza.

 

3) Secondo i dati del Ministero dell'Interno non revisionati dall'ISTAT sono 1.251.994 gli stranieri regolarmente soggiornanti nel nostro paese [Caritas, 2000]. Secondo la Caritas tale dato deve essere aumentato del 19% per arrivare all'effettiva dimensione della popolazione straniera immigrata in Italia che corrisponderebbe, quindi, a circa 1.490.000 unità [Caritas, 2000].

 

4) L'assenza nelle graduatorie della tab. 5 di sedi consolari situate in paesi a sviluppo avanzato dipende in larga parte dal fatto che per i cittadini provenienti da tali paesi, anche esterni all'Unione Europea, per transito o breve soggiorno per alcuni motivi (generalmente «affari», «turismo» e «missione») non esiste l'obbligo di richiedere il visto per accedere al territorio italiano. L'esigenza di una progressiva armonizzazione delle diverse politiche nazionali dei visti ha condotto, in sede di Unione Europea, all'adozione del Regolamento n. 2317/95 del Consiglio della UE del 25 settembre 1995, in vigore dal 3.3.1996, che determina «l'Elenco comune dei Paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso di un visto per l'attraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri».

 

5) Tale tipo di visto consente il transito (non superiore a 5 giorni) allo straniero attraverso il territorio delle Parti contraenti nel corso di un viaggio da uno Stato terzo ad un altro Stato terzo. Il visto di transito è concesso a condizione che allo straniero sia garantito l'ingresso nello Stato terzo di destinazione e che il tragitto debba ragionevolmente portarlo a transitare sul territorio delle altre Parti contraenti. La concessione di visti di transito è sempre subordinata alla verifica della sussistenza dei requisiti minimi richiesti in generale per il rilascio di un visto turistico di pochi giorni, in particolare per quanto attiene alla regolarità del soggiorno dello straniero nel suo Paese, alle sue condizioni socio‑economiche, alla coerenza delle motivazioni addotte in ordine alla sua destinazione finale ed alla effettiva necessità o convenienza di transitare attraverso lo spazio Schengen, nonché alla sua disponibilità di mezzi sufficienti a coprire le spese del suo breve soggiorno all'interno dello spazio Schengen.

 

6) Non avendo a disposizione nuovi dati e elaborazioni, questo paragrafo riproduce quello analogo del Rapporto dello scorso anno.

 

7) Ci si riferisce qui, come del resto è in parte avvenuto per il paragrafo 11.7, a quanto elaborato per il documento programmatico sull'immigrazione straniera pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 15 settembre 1998.