Commissione per le politiche di integrazione degli immigrati
SECONDO RAPPORTO SULL'INTEGRAZIONE DEGLI
IMMIGRATI IN ITALIA
1 ‑ L'Italia pur
essendo divenuta, ormai da circa un ventennio, un paese meta di consistenti
flussi migratori internazionali continua ad avere una nutrita comunità di
cittadini che risiedono all'estero. Le emigrazioni hanno ampiamente coinvolto
la popolazione italiana sin dalla fine dell'Ottocento. La punta massima di
espatri di nostri connazionali si è avuta nel decennio 1901‑1910 ‑
anni di esodo ‑ quando oltre 6 milioni di italiani andarono a cercare
lavoro e possibilità di sopravvivenza all'estero. In questo periodo e fino al
1920 il flusso migratorio si è rivolto principalmente verso paesi extraeuropei.
Successivamente, soprattutto nel secondo dopoguerra quando maturarono in Italia
le condizioni per nuovi massicci esodi di popolazione, è stata soprattutto l'Europa
ad accogliere i maggior flussi migratori italiani (l'80%). (1)
L'inversione di tendenza verso la riduzione dei flussi migratori dall'Italia verificatasi nel lungo periodo si è manifestata simultaneamente alla progressiva «professionalizzazione» degli stessi: si è visto aumentare infatti il numero dei tecnici e degli operai specializzati che lasciano il paese diretti all'estero; parte di questi prestano lavoro presso i cantieri italiani per lo più in Africa ed Asia, ma, soprattutto, non si può non ricordare il fenomeno che si verifica oggi in alcune città europee e americane: il forte afflusso di studenti e laureati che vanno a specializzarsi e che, in qualche misura, costituiscono poi la nuova «emigrazione» italiana, costituita soprattutto da giovani altamente specializzati.
I dati riportati nella
tabella 1, riguardanti gli italiani iscritti preso le anagrafi consolari
all'estero, delineano, quindi, il profilo di una realtà che in gran rappresenta
il frutto della storia dei flussi emigratori dall'Italia, ma dall'altra è
influenzata dal verificarsi in tempi più recenti di non trascurabili migrazioni
di persone, soprattutto giovani, altamente qualificate. Il numero complessivo
di 3.840.281 italiani iscritti presso le anagrafi consolari, in gran parte di
Germania, Svizzera e Argentina, appare molto elevato e l'importanza di tale
dato risulta fondamentale oggi all'indomani dell'approvazione in via definitiva
della normativa per l'elezione di deputati e senatori nel Parlamento italiano
da parte di italiani residenti all'estero e in vista della prima Conferenza
degli italiani nel mondo.
Proprio a seguito di queste
novità sembra opportuno sottolineare la discrepanza nelle informazioni fornite
dalle diverse fonti che non potrà non essere presa in considerazione nel
momento in cui si arriverà alla compilazione delle liste elettorali.
Se, infatti, gli italiani
residenti all'estero secondo le liste delle anagrafi consolari risultano
3.840.281 (al 1 gennaio 2000), sulla base dei dati diffusi dall'AIRE (Anagrafe
degli italiani residenti all'estero) i nostri concittadini con residenza fuori
dal paese sono 2.748.321 (al maggio 1999): le due fonti fanno, quindi,
registrare una differenza di più di un milione di unità.
Le disuguaglianze tra i dati
riportati dalle due distinte fonti appaiono ancora più evidenti considerando il
caso di singoli paesi. Per l'Argentina, ad esempio, gli italiani residenti
iscritti presso le anagrafi consolari sono più del doppio di quelli rilevati
dall'AIRE. Generalmente si può notare, comunque, che l'AIRE registra un numero
di poco maggiore di residenti all'estero nel caso dei paesi del Nord America e
dell'Australia rispetto alle autorità consolari, mentre, al contrario,
«sottovaluta» rispetto alle anagrafi consolari gli italiani residenti nei paesi
dell'America meridionale.
Tab.1 ‑ Cittadini
italiani residenti all'estero iscritti presso le anagrafi consolari e presso
l'AIRE (Anagrafe degli italiani all'Estero), primi 15 paesi (per le anagrafi
consolari).
Paesi |
Iscritti presso le anagrafi
consolari (1gennaio 2000) |
Iscritti nell'AIRE (maggio
1999) |
||
|
Valori assoluti |
Valori percentuali |
Valori assoluti |
Valori percentuali |
|
|
|
|
|
Germania |
662.799 |
17,3 |
444.107 |
16,2 |
Argentina |
547.786 |
14,3 |
240.520 |
8,8 |
Svizzera |
521.206 |
13,6 |
389.247 |
14,2 |
Francia |
373.327 |
9,7 |
347.690 |
12,7 |
Brasile |
294.494 |
7,7 |
78.497 |
2,9 |
Belgio |
281.170 |
7,3 |
201.477 |
7,3 |
Stati Uniti |
225.772 |
5,9 |
240.169 |
8,7 |
Gran Bretagna |
148.138 |
3,9 |
126.699 |
4,6 |
Canada |
131.952 |
3,4 |
188.100 |
6,8 |
Venezuela |
126.553 |
3,3 |
58.175 |
2,1 |
Australia |
120.306 |
3,1 |
124.886 |
4,5 |
Uruguay |
55.220 |
1,4 |
17.578 |
0,6 |
Sud Africa |
38.280 |
1,0 |
19.125 |
0,7 |
Cile |
34.997 |
0,9 |
12.289 |
0,4 |
Spagna |
32.116 |
0,8 |
25.786 |
0,9 |
Altri paesi |
246.165 |
6,4 |
233.976 |
8,5 |
|
|
|
|
|
Totale |
3.840.281 |
100,0 |
2.748.321 |
100,0 |
Fonte: Ministero degli Esteri,
2000 e Ministero dell'Interno‑AIRE, 2000.
2 ‑ Quanto detto fino
ad ora può essere utile per comprendere la realtà ed alcune delle
contraddizioni di un paese come il nostro caratterizzato da un lunghissimo
periodo di forti flussi emigratori troppa spesso dimenticato. Se è vero,
infatti che l'Italia è divenuto un paese di immigrazione i dati dimostrano,
comunque, che ancora oggi la popolazione straniera regolarmente presente sul
territorio italiano è considerevolmente inferiore alla popolazione italiana
emigrata, più o meno recentemente, all'estero. Al 1 gennaio 1999 la popolazione
straniera in Italia con regolare permesso di soggiorno viene, infatti, stimata
dall'Istat in 1.090.820 persone (di cui circa 223 mila provenienti da paesi a
sviluppo avanzato e 868 mila da paesi a
forte pressione migratoria)
(tab. 2). I dati testimoniano che la popolazione straniera, in possesso di un
permesso di soggiorno, fra il 1992 e il 1999 è aumentata di 442 mila unità (in
media di 63.126 all'anno)
Tab. 2 ‑ Permessi di
soggiorno concessi agli stranieri e stranieri iscritti all'anagrafe al 1
gennaio, anni 1992 ‑ 2000
Anni |
Permessi di soggiorno |
Variazioni annuali |
Iscritti all'anagrafe |
Variazioni annuali |
||
|
|
assolute |
percentuali |
|
assolute |
percentuali |
1992 |
648.935 |
‑ |
‑ |
537.062 |
‑ |
‑ |
1993 |
589.457 |
‑ 59.478 |
‑9,2 |
573.285 |
36.223 |
6,7 |
1994 |
649.102 |
59.645 |
10,1 |
629.165 |
55.880 |
9,7 |
1995 |
677.791 |
28.689 |
4,4 |
685.469 |
56.304 |
8,9 |
1996 |
729.159 ‑ |
51.368 |
7,6 |
737.793 |
52.324 |
7,6 |
1997 |
986.020 |
256.861 |
35,2 |
884.555 |
146.762 |
19,9 |
1998 |
1.022.896 |
36.876 |
3,7 |
992.566 |
108.0Il |
12,2 |
1999 |
1.090.820 |
67.994 |
6,6 |
1.116.394 |
123.828 |
12,5 |
2000 |
- |
‑ |
‑ |
1.270.553 |
154.159 |
13,8 |
|
|
|
|
|
|
|
1992‑1999 |
|
441.885 |
68,1 |
|
733.491 |
136,6 |
media annua 92‑99 |
|
63.126 |
7,7 |
|
91.686 |
11,4 |
Fonte: fino al 1997: Istat, La
presenza straniera in Italia: caratteristiche demografiche, Roma, 1999; per il
1998, 1999 e 2000: nostre elaborazioni su dati ISTAT.
Note: per il dato anagrafico
la variazione si riferisce al periodo 1992‑2000.
a un tasso medio annuo pari
al 7,7%. Se invece ci si riferisce agli iscritti all'anagrafe nel periodo 1999‑2000
(2) gli stranieri sono aumentati ben
più consistentemente. Nel periodo l'ammontare dei residenti stranieri è
aumentato 733 mila unità (in media di 91.686 all'anno) a un tasso medio annuo
pari al 11,4 %. Nel 1999 si mette, quindi, in luce un fenomeno, già
verificatosi nel biennio 1995 e 1996, che non può non colpire l'attenzione: si
registra un numero di iscritti in anagrafe maggiore al numero di permessi di
soggiorno in corso di validità (si ricorda che gli immigrati illegali non
possono essere iscritti in anagrafe). Tale situazione può essere spiegata dal
fatto che mentre i dati provenienti dal Ministero dell'Interno sui permessi di
soggiorno vengono depurati dall'Istat dei permessi scaduti e di quelli
duplicati, non viene svolta una revisione o un controllo analogo sugli iscritti
in anagrafe da parte dei singoli comuni. E' assai probabile, quindi, che molti
stranieri, non avendo alcun interesse a compiere l'adempimento amministrativo
della cancellazione, restino iscritti in anagrafe anche nel momento in cui
lasciano il nostro paese. Sarebbe davvero importante che i Comuni facessero una
verifica della popolazione straniera iscritta in anagrafe e procedessero quindi
alle cancellazioni d'ufficio degli stranieri iscritti nei registri di
popolazione, ma non più residenti in Italia.
La popolazione straniera iscritta in anagrafe, comunque, è cresciuta (sia pure in parte solo formalmente) dal 1992 al 1999 di 579 mila persone, mentre la popolazione di nazionalità italiana iscritta in anagrafe è passata da 56 milioni e 220 mila a 56 milioni e 496 mila, con un incremento quindi di 276 mila unità, ben inferiore a quello della popolazione straniera.
Per i soli dati anagrafici è
disponibile l'aggiornamento al 1 gennaio del 2000 che mette in luce un
ulteriore incremento degli stranieri iscritti (di circa 154 mila unità)
rispetto all'anno precedente. (3)
Sono numerosi i limiti che impediscono di conoscere con precisione il numero e le caratteristiche del complesso degli immigrati stranieri in Italia, soprattutto tenendo conto dell'impossibilità di avere precise informazioni sull'ammontare e i caratteri distintivi degli stranieri irregolarmente o illegalmente presenti sul territorio. Per quanto riguarda, comunque, la componente legalmente presente sul territorio italiano si può notare che al 1999 il 79,5% dei permessi di soggiorno, cioè 868 mila, sono attribuiti a stranieri provenienti da «paesi a forte pressione migratoria» (definizione adoperata dall' Istat, che qui include i paesi in via di sviluppo‑PVS e i paesi dell'Est europeo), un ammontare che può considerarsi piuttosto contenuto se confrontato in termini assoluti e relativi con quello che si riscontra negli altri grandi paesi europei di immigrazione; il 20,5 per cento degli stranieri, cioè 223 mila, proviene dai paesi a sviluppo avanzato. Nel 1992 questi ultimi erano proporzionalmente di più, il 26,8 per cento, infatti, pur essendo aumentati, negli otto anni considerati, di circa 49 mila unità, il loro peso sul complesso degli stranieri è diminuito perché l'incremento degli immigrati provenienti dai PVS è stato proporzionalmente più forte.
Nei sette anni considerati i
maschi sono cresciuti in media ogni anno di 27.526 persone (ad un tasso medio
annuo dell'5,9%) e le femmine invece di 35.600 (ad un tasso del 10,1 %). La
presenza femminile si è andata, quindi, rafforzando, sia perché vi è un'elevata
domanda di addetti ai servizi domestici e alla cura delle persone (lavori più
frequentemente svolti dalle donne), sia perché risultano sempre più numerosi
ricongiungimenti familiari che portano in Italia anche donne non
necessariamente «lavoratrici». In particolare fra gli immigrati provenienti dai
paesi a forte pressione migratoria al 1992 si avevano 204 maschi per ogni 100
femmine, mentre nel 1999 tale rapporto è sceso a 132 su 100. Le donne,
comunque, continuano a rappresentare una minoranza, sia pure molto rilevante
(il 47%) della popolazione immigrata.
La struttura per sesso si è globalmente equilibrata e, conseguentemente, è cresciuto il numero dei coniugati e degli stranieri con figli a carico, segnale importante questo che potrebbe testimoniare un maggiore radicamento di nuclei familiari sul territorio rispetto al passato. Considerando i dati dei permessi di soggiorno al 1 gennaio del 1992 risultava coniugata solo una quota minoritaria degli immigrati stranieri pari al 40,7%. La percentuale di persone coniugate era maggiore tra le donne (45%), mentre solo il 38% degli immigrati maschi erano sposati. Al 1 gennaio del 1999 la situazione appare notevolmente mutata. La percentuale di coniugati sul totale è del 50,4%; tra le donne la quota di persone sposate arriva al 54,2% mentre continua ad avere minore rilevanza tra gli uomini, pur facendo registrare un notevole aumento (47%). E' evidente che non tutte le persone sposate hanno il coniuge in Italia, ma è verosimile che il notevole incremento di immigrati stranieri coniugati abbia comportato un aumento delle famiglie immigrate presenti in Italia e che, in prospettiva, possa comportare un maggior numero di richieste di permessi di soggiorno per motivi familiari. Sarebbe di fondamentale importanza che i dati del Ministero dell'Interno consentissero anche l'enumerazione delle famiglie e della loro dimensione. Si deve sottolineare, comunque, che a normalizzarsi è la struttura per sesso del totale dei migranti, mentre i singoli gruppi etnici presentano, tuttora, squilibri fortissimi come mostrano i dati della tab. 3.
Ad un estremo della
graduatoria si trovano gli immigrati provenienti dalla Polonia, dal Perù e
dalle Filippine, comunità per le quali si hanno 45‑49 maschi per ogni 100
donne. Come è noto, le donne originarie di tali paesi trovano una collocazione
lavorativa soprattutto nei servizi domestici e nel lavoro di assistenza, come
infermiere, ad anziani e malati. All'altro estremo si collocano gli stranieri
originari del Senegal, con 1.400 maschi ogni 100 femmine, della Tunisia e
dell'Egitto, nelle cui collettività si trovano 360‑380 uomini per
100 donne. Le collettività all'interno delle quali esiste un maggiore
equilibrio tra i sessi sono, invece, quella rumena e quella cinese. Lo
squilibrio fra i sessi, insieme ad altri elementi di eterogeneità
caratteristici dell'immigrazione in Italia, quali ad esempio l'elevato numero
di nazionalità presenti nel nostro paese, sembra richiedere, inevitabilmente,
politiche di integrazione più complesse ed articolate rispetto a quanto avviene
in altri paesi europei dove la popolazione straniera risulta più omogenea e
tale squilibrio meno intenso.
Tab. 3 ‑ Graduatoria della proporzione dei sessi nelle 16 più numerose comunità di stranieri presenti in Italia, permessi di soggiorno, 1 gennaio 1999
Paese |
Percentuale di |
Consistenza numerica (v.a.) |
Posizione nella graduatoria generale |
|
|
Femmine |
Maschi |
|
|
Polonia |
69,1 |
30,9 |
23.258 |
16 |
Perù |
68,6 |
31,4 |
23.637 |
14 |
Filippine |
67,1 |
32,9 |
59.074 |
3 |
Stati Uniti |
66,5 |
33.5 |
45.944 |
4 |
Francia |
60,4 |
39,6 |
24.762 |
12 |
Germania |
58,8 |
41,2 |
33.836 |
8 |
Gran Bretagna |
43,3 |
56,7 |
23.377 |
15 |
Romania |
55,5 |
44,5 |
33.777 |
9 |
Cina |
46,1 |
53,9 |
41.237 |
5 |
Sri Lanka |
43,0 |
57,0 |
27.381 |
11 |
Jugoslavia |
39,9 |
60,1 |
36.099 |
7 |
Albania |
36,2 |
63,8 |
87.595 |
2 |
Marocco |
26,8 |
73,2 |
128.297 |
1 |
Tunisia |
21,5 |
78.5 |
41.137 |
6 |
Egitto |
20,7 |
79,3 |
23.811 |
13 |
Senegal |
6,7 |
93,3 |
31.420 |
10 |
Note:
(a) l'aggregato comprende
ancora una certa quota, non quantificabile, di individui degli altri Stati
della
ex Jugoslavia.
Fonte: elaborazione propria su
dati Istat
L'analisi dei motivi per la
richiesta dei nuovi permessi di soggiorno, avanzata nel 1998, indica come i
migranti provenienti da paesi come il Marocco, l'Albania, la Cina alimentino
negli anni più recenti una immigrazione a carattere stabile molto di più di
quanto avvenga per i migranti provenienti dalla Polonia o dalla Russia (tab.
4). Per le prime di queste comunità infatti il motivo prevalente è costituito
dal ricongiungimento alla famiglia, mentre per le ultime sono di più le
richieste per motivi di lavoro. Questi dati consentono anche di notare come
siano molto pochi ‑ 22 mila su 111 mila, il 19,5 per cento ‑ le
richieste di soggiorno per motivi di lavoro, contro un numero non trascurabile
di richieste per motivi di studio o religiosi (15 mila, il 13,7 per cento).
Evidentemente ancora adesso i meccanismi delle leggi e dei regolamenti
sull'immigrazione straniera in Italia non sono tali da consentire un più
nutrito arrivo e permanenza di lavoratori.
Se si guarda il dato riferito
al 1999, anno per il quale non è disponibile la disaggregazione per paese di
provenienza, si può notare una contrazione della quota dei permessi di
soggiorno rilasciati per motivi di famiglia ed una leggera flessione della
percentuale di permessi concessi per motivi di lavoro. Se si prendono in
considerazione i dati assoluti si può notare, tuttavia, che il numero di
permessi per motivo di lavoro rilasciati nel 1999 è superiore a quello dei
nuovi permessi emessi per lo stesso motivo nel 1998 (24.188 contro 21.638) e
che i permessi rilasciati per motivi familiari sono diminuiti di sole 258 unità
passando da 45.496 nel 1998 a 45.238 nel 1999. La contrazione relativa che si
registra è quindi, imputabile, soprattutto, all'accresciuto numero, in termini
assoluti, dei nuovi permessi per «altri motivi». Si ricorda in
particolare che l'Italia, a seguito della crisi in Kossovo, ha rilasciato
18.731 permessi per protezione temporanea.
Tab. 4 ‑ Graduatoria
decrescente della percentuale, ordinata secondo i motivi di famiglia, di
richieste del permesso di soggiorno dei nuovi immigrati nel 1998, per alcuni
paesi o per area di provenienza
Paese/ Area |
Percentuale (b)
di richieste per |
Consistenza numerica |
||
|
famiglia |
lavoro |
altri motivi |
|
Marocco |
86,8 |
10,0 |
3,2 |
7.329 |
Albania |
74,0 |
9,5 |
16,5 |
11.246 |
Cina |
68,3 |
17,9 |
13,8 |
3.365 |
Romania |
46,2 |
24,4 |
29,4 |
5.875 |
USA |
42,8 |
12,2 |
45,0 |
4.685 |
Jugoslavia |
24,3 |
5,1 |
70,6 |
5.700 |
Polonia |
23,9 |
30,8 |
45,3 |
3.852 |
Russia/CSI |
18,8 |
23,5 |
57,3 |
3.166 |
Germania |
9,2 |
43,0 |
47,8 |
3.313 |
Iraq |
0,3 |
0,1 |
99,6 |
2.999 |
|
|
|
|
|
Africa |
69,0 |
10,3 |
20,7 |
15.635 |
America |
42,5 |
10,5 |
47,0 |
15.913 |
Resto d'Europa |
42,5 |
19,4 |
38,1 |
39.523 |
Asia |
42,1 |
14,3 |
43,6 |
23.407 |
Oceania |
18,4 |
6,1 |
75,5 |
538 |
Unione europea |
7,9 |
1,9 |
46,4 |
15.942 |
|
|
|
|
|
Totale 1998 |
41,0 |
19,5 |
39,5 |
110.966 |
Totale 1999 |
34,6 |
18,5 |
46,9 |
130.745 |
Note
(a) Tra i paesi sono
considerati soltanto i 10 che hanno dato luogo ai flussi più consistenti.
(b) Le percentuali per paese e
area di provenienza si riferiscono al 1998.
Fonte: elaborazione propria su
dati Caritas, 1999 e 2000
3 ‑ Per quanto concerne
i flussi di ingresso nel nostro paese, interessanti indicazioni indirette di
massima emergono anche dai dati riportati nella tabella 5, che comprende i
visti di ingresso in Italia distintamente per motivo e sede consolare in cui è
stata avanzata la richiesta. La messa a disposizione per la prima volta di tali
informazioni segna un indubbio passo avanti per l'apporto conoscitivo che esse
rappresentano, consentendo di comprendere meglio le caratteristiche di coloro
che si propongono di entrare in Italia. Le statistiche sui visti sembrano
essere infatti largamente utilizzabili nel quadro della valutazione dei flussi
migratori, dal momento che la assoluta maggioranza dei visti viene concessa a
cittadini di paesi ad alta pressione migratoria, essendo invece ridottissimi
quelli concessi a cittadini di paesi economicamente sviluppati e, ovviamente,
nulli quelli relativi a cittadini appartenenti all'Unione Europea.
Tab. 5 ‑ Graduatoria
decrescente dei visti di ingresso in Italia ripartiti per motivo e per servizio
consolare in cui è stata
effettuata la richiesta, 1999
MOTIVI DEI VISTI DI INGRESSO
RILASCIATI PER L'ITALIA
Totale motivi |
Turismo |
Affari |
Transito |
||||
Mosca |
115.261 |
Mosca |
92.204 |
Mosca |
14.225 |
Zurigo |
30.110 |
San Pietroburgo |
13.450 |
San Pietroburgo |
7.825 |
San Pietroburgo |
1.414 |
San Gallo |
7.479 |
|
|
|
|
|
|
Basilea |
6.262 |
Bucarest |
47.577 |
Minsk |
27.832 |
Bucarest |
10.289 |
Berna |
4.563 |
|
|
|
|
|
|
Losanna |
2.589 |
Zurigo |
34.269 |
Taipei |
25.685 |
Pechino |
9.583 |
Coira |
401 |
Lugano |
13.553 |
|
|
Shangai |
4.061 |
|
|
San Gallo |
8.557 |
Kiev |
22.529 |
|
|
Manila |
3.294 |
|
|
|
|
Istanbul |
9.394 |
|
|
Tirana |
33.490 |
Bucarest |
18.007 |
Smirne |
2.681 |
Sofia |
2.109 |
Kiev |
33.388 |
Lugano |
13.326 |
Belgrado |
4.748 |
Sarajevo |
1.909 |
|
|
Zurigo |
3.534 |
Bar |
2.355 |
|
|
Minsk |
32.153 |
|
|
|
|
Bombai |
1.753 |
|
|
Istanbul |
9.779 |
Sarajevo |
4.741 |
|
|
Taipei |
27.435 |
|
|
|
|
Bar |
1.260 |
|
|
Bombai |
9.465 |
Kiev |
4.537 |
Belgrado |
284 |
Istanbul |
20.460 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Sarajevo |
9.412 |
Tripoli |
4.180 |
Kiev |
1.152 |
Sarajevo |
19.318 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Tripoli |
8.313 |
Beirut |
4.173 |
Tunisi |
1.051 |
Bombai |
17.388 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Bangkok |
7.342 |
Tirana |
3.871 |
Bucarest |
964 |
Belgrado |
15.867 |
|
|
|
|
|
|
Bar |
7.726 |
Tirana |
6.605 |
Il Cairo |
3.781 |
Jakarta |
876 |
|
|
|
|
Alessandria |
1.784 |
|
|
Pechino |
15.037 |
Belgrado |
6.439 |
|
|
Tirana |
839 |
Shangai |
7.757 |
Bar |
2.994 |
Bombai |
3.707 |
|
|
|
|
|
|
New Delhi |
1.961 |
Pechino |
751 |
Tripoli |
14.552 |
New York |
6.396 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Skopie |
3.684 |
Skopie |
673 |
Casablanca |
12.552 |
Johannesburg |
5.022 |
|
|
|
|
|
|
Cape Town |
3.057 |
Algeri |
3.679 |
Miami |
542 |
Sofia |
12.297 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Jakarta |
4.989 |
Tunisi |
3.098 |
Mosca |
500 |
Tunisi |
11.862 |
|
|
|
|
San Pietroburgo |
466 |
|
|
Beirut |
4.466 |
Sofia |
3.030 |
|
|
Skopie |
11,649 |
|
|
|
|
Tripoli |
406 |
|
|
Londra |
4.463 |
Teheran |
2.730 |
|
|
Beirut |
10.253 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Budapest |
4.141 |
Damasco |
2.624 |
Damasco |
366 |
Budapest |
10.204 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Tunisi |
3.731 |
Minsk |
1.792 |
Amman |
355 |
New Delhi |
9.623 |
|
|
|
|
|
|
|
|
L'Avana |
3.221 |
Johannesburg |
1.692 |
Budapest |
321 |
Manila |
9.237 |
|
|
|
|
|
|
|
|
New Delhi |
3.091 |
Riad |
1.636 |
Istanbul |
307 |
Bangkok |
9.160 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Riad |
3.036 |
Dubai |
1.611 |
L'Avana |
288 |
L'Avana |
8.872 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Lima |
2.847 |
Amman |
1.594 |
Beirut |
287 |
Algeri |
7.572 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Teheran |
2.359 |
Lagos |
1.512 |
Algeri |
280 |
Jakarta |
7.532 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Sofia |
2.292 |
|
|
|
|
Totale generale |
834.776 |
Totale generale |
389.170 |
Totale generale |
145.866 |
Totale generale |
79.084 |
Fonte: elaborazioni su dati
dei Ministero degli Esteri
Tab. 5 (segue) ‑
Graduatoria decrescente dei visti di ingresso in Italia ripartiti per motivo e
per servizio consolare in cui è stata effettuata la richiesta, 1999
MOTIVI DEI VISTI DI INGRESSO
RILASCIATI PER L'ITALIA
Ricongiungimento fam. |
Lavoro subordinato |
Studio |
Invito |
||||
Casablanca |
8.248 |
Varsavia |
5.611 |
Bucarest |
2.177 |
Bucarest |
3.868 |
Rabat |
1.605 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Bratislava |
5.446 |
New York |
1.663 |
Tirana |
3.230 |
Tirana |
7.628 |
|
|
Filadelfia |
1.032 |
|
|
|
|
Praga |
4.189 |
Chicago |
1.020 |
Sofia |
2.199 |
Colombo |
2.489 |
|
|
San Francisco |
890 |
|
|
|
|
Bucarest |
3.293 |
Houston |
628 |
Kiev |
1.925 |
Skopje |
2.323 |
|
|
Boston |
623 |
|
|
|
|
Budapest |
1.948 |
Detroit |
570 |
Minsk |
1.325 |
Shangai |
2.322 |
|
|
Los Angeles |
553 |
|
|
Pechino |
278 |
Mosca |
1.350 |
Washington |
321 |
Pechino |
1.306 |
|
|
San Pietroburgo |
143 |
Miami |
386 |
|
|
Bucarest |
2.059 |
|
|
|
|
San Pietroburgo |
884 |
|
|
Belgrado |
1.313 |
|
|
Mosca |
476 |
New Delhi |
2.022 |
|
|
Tirana |
1.504 |
|
|
|
|
Tirana |
1.227 |
|
|
Sarajevo |
823 |
Tunisi |
1.697 |
|
|
Tokyo |
1.495 |
|
|
|
|
Fiume |
1.190 |
|
|
Belgrado |
630 |
Lima |
1.573 |
Zagabria |
381 |
Mosca |
1.396 |
|
|
|
|
Capodistria |
275 |
|
|
Skopje |
454 |
Manila |
1.391 |
Lubiana |
158 |
Pechino |
674 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Tunisi |
443 |
Dacca |
1.091 |
Casablanca |
1.168 |
Seoul |
629 |
|
|
|
|
Rabat |
231 |
|
|
New Delhi |
404 |
Islamabad |
1.004 |
|
|
Istanbul |
498 |
Bombai |
190 |
|
|
Manila |
1.007 |
|
|
|
|
Belgrado |
860 |
|
|
Città del Messico |
462 |
Budapest |
356 |
|
|
Skopje |
986 |
|
|
|
|
Accra |
820 |
|
|
Budapest |
459 |
Jakarta |
332 |
|
|
Shangai |
491 |
|
|
|
|
Santo Domingo |
798 |
|
|
Varsavia |
459 |
Casablanca |
323 |
|
|
Sarajevo |
464 |
|
|
|
|
Abidjan |
703 |
Spalato |
255 |
Osaka |
458 |
Teheran |
299 |
Dakar |
485 |
Lima |
366 |
L'Avana |
386 |
Beirut |
294 |
Il Cairo |
428 |
New Delhi |
325 |
Bratislava |
378 |
Algeri |
288 |
Alessandria |
363 |
Bombai |
143 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Belgrado |
366 |
Riga |
268 |
Lagos |
377 |
Kiev |
230 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Belo Horizonte |
352 |
Nairobi |
266 |
Sarajevo |
349 |
Colombo |
218 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Bombai |
309 |
Damasco |
244 |
Varsavia |
245 |
Jakarta |
198 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Tunisi |
309 |
Amman |
243 |
Algeri |
207 |
Tunisi |
189 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Beirut |
298 |
Gerusalemme |
242 |
Sofia |
194 |
Santo Domingo |
150 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Tripoli |
282 |
Islamabad |
167 |
Kiev |
166 |
L'Avana |
139 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Gerusalemme |
271 |
Kampala |
157 |
L'Avana |
166 |
Durban |
134 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Almaty |
155 |
Mosca |
166 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Manila |
154 |
AddisAbeba |
156 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Manchester |
130 |
Totale generale |
44.674 |
Totale generale |
35.903 |
Totale generale |
31.611 |
Totale generale |
24.569 |
Fonte: elaborazioni su dati
del Ministero degli Esteri
Sono 834.776 i visti concessi
nel 1999 dalle nostre autorità consolari; (4)
un numero elevato, ma da considerare ridotto rispetto a quello dei visti
concessi dalla Germania sono stati 2.264.131 e quelli concessi dalla Francia
1.940.000. Le cifre riportate nella tabella 5 consentono una serie di
interessanti considerazioni:
- nella graduatoria del totale dei visti rilasciati, qualunque sia il motivo, deve essere notato che nelle prime due posizioni si trovano Mosca (115 mila) e Bucarest (48 mila), capitali di paesi importanti come bacino di flussi di persone dirette verso l'Italia e importanti anche come paesi da cui hanno origine rilevanti flussi migratori;
- quando si riguardino i singoli motivi, è da notare l'elevato numero di visti per turismo rilasciati da consolati con sede in paesi ad alta pressione migratoria. Sono numerosissime le persone che si propongono di arrivare in Italia come turisti dalla Russia, dalla Bielorussia, da Taiwan, dall'Ucraina e dalla Romania. Altre zone come il Nord Africa, restano nelle posizioni basse della graduatoria: tra le prime trenta sedi consolari per visti turistici compaiono Tripoli e Tunisi, ma con un numero di richieste notevolmente più contenuto (Tripoli ha rilasciato 8.313 visti, mentre, ad esempio, Minsk ne ha rilasciati 27.832);
- nella graduatoria dei visti
rilasciati per affari di nuovo nelle prime due posizioni si trovano Mosca (14
mila) e Bucarest (10 mila). Molto alto anche il numero di visti rilasciato dal
consolato di Bar (più di 2 mila), e non soltanto per questo motivo;
- è da sottolineare
l'elevatissimo numero di visti rilasciati per transito; (5)
- i visti rilasciati per ricongiungimento familiare e per lavoro subordinato si riferiscono a veri e propri flussi migratori. Nel caso dei ricongiungimenti compaiono al primo posto della graduatoria le sedi consolari del Marocco (il che conferma i dati dei permessi di soggiorno rilasciati per ricongiungimento familiare), e molte altre sedi che si trovano in paesi che sono tradizionalmente bacino di emigrazione verso l'Italia (Albania, Sri Lanka, Macedonia e Cina). Dal punto di vista delle politiche da attivare in Italia per l'integrazione degli immigrati, va sottolineata la circostanza che il numero di visti per ricongiungimento familiare rilasciati dalla Tunisia è sostanzialmente equivalente a quello dei visti rilasciati dal Perù;
- nel quadro
dell'assestamento delle politiche migratorie, per i visti per lavoro
subordinato va sottolineato come ‑ partendo da Varsavia, Bratislava e
Praga ‑ ai primi nove posti della graduatoria compaiano solo paesi
dell'Est Europeo, compresa la Russia;
- per quanto riguarda i visti
richiesti per motivi di studio il numero è relativamente limitato, e quindi dal
punto di vista dei flussi migratori si può ritenere che l'ammontare di
eventuali pseudo‑studenti sia meno rilevante di quello di eventuali
pseudo‑turisti. Non trascurabile è il numero degli studenti rumeni e
albanesi.
Si sottolinea ancora una
volta la grande utilità, anche ai fini dell'analisi dei flussi migratori, di
questo tipo di dati. Certamente ci si potrà giovare di essi pure negli anni a
venire.
4 ‑ Chiaramente gli
elementi distintivi dei flussi immigratori che pian piano si stanno
sedimentando sul nostro territorio determinano ampiamente le caratteristiche
del complesso «puzzle» della popolazione straniera in Italia, sia per quanto
riguarda, come visto, la composizione di genere, sia per quanto concerne la
struttura per età. Riguardo tale aspetto la popolazione immigrata nel nostro
paese presenta caratteri che confermano quanto emerso da tutte le rilevazioni
statistiche tanto italiane quanto straniere, sul tema: grande concentrazione
nelle età centrali, più propriamente lavorative, e ridotta presenza di vecchi e
di giovanissimi. Quasi il 40% di coloro che sono in possesso di un permesso di
soggiorno sono concentrati in soli dieci anni di età, dai 25 ai 35 anni (mentre
la corrispondente fascia di età rappresenta il 16% della popolazione italiana);
al contrario la popolazione con 60 anni o più conta fra gli immigrati poco più
del 7% (mentre nella popolazione italiana conta per il 23%) (Tab. 6).
Tab. 6 ‑ Percentuale, sul totale di titolari di permesso di soggiorno di due grandi classi di età e proporzione percentuale, sulla corrispondente popolazione anagrafica, della popolazione straniera di età 25‑34 anni. Ripartizioni, 1999
Ripartizione |
Stranieri di età … sul totale degli stranieri |
Stranieri i 25‑34 anni |
||
|
25‑34 |
60 e + |
Valori assoluti |
per 100 residenti |
Nord‑Ovest |
40,1 |
7,0 |
135.842 |
5,5 |
Nord-est |
40,1 |
5,4 |
98.790 |
5,7 |
Centro |
36,4 |
10,1 |
121.745 |
7.0 |
Lazio |
34,9 |
13,3 |
70.177 |
8,2 |
Sud |
38,3 |
5,6 |
43.802 |
1,9 |
Isole |
38,2 |
3,7 |
21.776 |
2,1 |
Italia |
38.7 |
7,3 |
421.955 |
4,6 |
Fonte: elaborazione propria su
dati Istat
Si deve sottolineare che le percentuali riferite agli immigrati sono approssimative dal momento che risentono della larga sottostima degli immigrati minorenni. Nelle statistiche sui permessi di soggiorno fra i minorenni sono per lo più inclusi soltanto quelli che arrivano nel nostro paese individualmente, ad esempio per affidamento o adozione, o quelli che si ricongiungono ai genitori già immigrati; ne restano perciò esclusi (nel senso che non vengono contabilizzati) gran parte dei minori e precisamente quelli che non ricevono un proprio permesso di soggiorno, ma che compaiono in quello di almeno un genitore. Il numero di minorenni non specificamente considerati è grandissimo, se si pensa che al 1999 sono 43.783 quelli conteggiati dall'ISTAT sulla base dei permessi di soggiorno e 186.890 in base alle iscrizioni anagrafiche. Nel 2000 il numero di minori iscritti in anagrafe appare notevolmente cresciuto raggiungendo le 229.849 unità.
Assume, comunque, grande
rilevanza il fatto che al 1999 siano 422 mila i titolari di permessi di
soggiorno con un'età compresa fra i 25 e i 35 anni; le persone straniere in
tale classe di età rappresentano, quindi, il 4,6% se rapportate al totale della
popolazione italiana appartenente alla stessa classe di età; una proporzione di
gran lunga più elevata di quella relativa alla popolazione complessiva, ma pur
sempre relativamente bassa rispetto a quella che si osserva in altri paesi
stranieri. La giovane struttura per età della popolazione straniera fa sì che
dal punto di vista economico non vi sia dubbio che gli immigrati contribuiscano
in misura importante alla produzione di beni e servizi, specie in aree e/o
settori dove scarseggia la manodopera italiana giovane; è interessante notare
la grande variabilità territoriale di questo importante segmento di
popolazione, che. nel Centro‑Nord d'Italia conta per il 5‑7% della
corrispondente popolazione italiana, e arriva a una punta dei 8,2% circa nel
Lazio, mentre nel Mezzogiorno si aggira intorno al 2%.
Dal punto di vista
demografico, invece, essi garantiscono alla popolazione italiana, un incremento
naturale positivo (con ogni probabilità in futuro tale apporto assumerà
maggiore importanza) e contribuiscono nel breve‑medio periodo a
ringiovanire la struttura per età del nostro paese; nel giro di qualche
decennio, tuttavia, daranno anche un contributo al suo già accentuato processo
di invecchiamento, in base all'ovvia considerazione che mentre un neonato
arriva nelle età «60 o più» nell'arco di 60 anni, a un immigrato di 30 anni
questo succede nel giro di soli 30 anni, sicché a una ondata di immigrati
corrisponde, coeteris paribus, a distanza di soli circa 30 anni una
ondata di persone anziane e vecchie.
Il processo di invecchiamento
della popolazione immigrata è, comunque, già in atto come è dimostrato
chiaramente da alcune cifre che compaiono nelle ultime due colonne della tab.
7: tra il 1992 e il 1999 ‑ fra coloro che sono immigrati in Italia dai
paesi ad alta pressione demografica (si ricorda che comprendono tutti i paesi
in via di sviluppo e i paesi dell'Est europeo) ‑ l'incremento più forte,
tra la popolazione maggiorenne, si è avuto per le classi d'età dai 45 ai 49
anni che presentano una percentuale di crescita del 198% contro un valore medio
pari al 83%. Colpisce, comunque, la straordinaria crescita della popolazione
straniera minorenne, accentuatasi proprio negli ultimi anni; anche se il peso
percentuale di tale classe di età sul totale dei permessi resta contenuto, nel
periodo 1992 ‑ 1999 si è registrato un incremento nel numero dei minori
stranieri del 211%.
La tab. 6 mette chiaramente
in luce come il Lazio sia una regione nella quale la proporzione di immigrati
ultrasessantenni è già molto elevata e, comunque, di gran lunga superiore a
quella media nazionale, l'8,2% contro il 4,6%. Tale situazione è riconducibile
al fatto che nel Lazio si concentra la maggior parte della popolazione
straniera che proviene da paesi a sviluppo avanzato (fra l'altro tutte le
persone in servizio nelle ambasciate presso lo stato italiano, presso la Fao e
presso la Santa Sede), la quale è straordinariamente più «vecchia» di quanto lo
sia la popolazione straniera che proviene dai paesi a forte pressione
migratoria (tab. 7). Il contributo diretto, tanto dal punto di vista economico
quanto da quello demografico, degli stranieri provenienti dai PSA è certamente
ridotto considerando che la percentuale di coloro che si trovano in età 25‑34
anni è pari a soltanto al 25%, contro il 42% di coloro che provengono dai paesi
a forte pressione migratoria.
Se si presta attenzione alle
tendenze della popolazione dei paesi aderenti all'OCSE, cioè di quelli più
industrializzati, si vede come negli ultimi 30‑40 anni vi sia stata una
forte diminuzione dei suoi tassi di crescita. Il forte incremento nei flussi
migratori diretti verso l'Unione europea, specie fra il 1989 e il 1992, non ha
rovesciato il declino demografico.
Tab. 7 ‑ Titolari di permesso di soggiorno per classi di età e area di provenienza (paesi a sviluppo avanzato ‑ PSA e paesi a forte pressione migratoria ‑ PFPM), 1999 e variazione per classi di età degli stranieri provenienti dai PFPM fra il 1992 e il 1999
Classi di età |
Valori assoluti |
Valori percentuali |
Variazione Pfpm 1992 - 1999 |
|||||
|
Psa |
Pfpm |
Totale |
Psa |
Pfpm |
Totale |
V.A. |
% |
Fino 17 anni |
3.465 |
40.318 |
43.783 |
1,6 |
4,6 |
4,0 |
27.356 |
211,0 |
18‑24 |
19.056 |
106.917 |
125.973 |
18,5 |
12,3 |
11,5 |
22.232 |
26,3 |
25‑29 |
25.993 |
169.470 |
195.463 |
11,6 |
19,5 |
17,9 |
39.616 |
30,5 |
30‑34 |
30.712 |
195.780 |
226.492 |
13,8 |
22,6 |
20,8 |
92.373 |
89,3 |
35‑39 |
26.077 |
145.971 |
172.048 |
11,7 |
16,8 |
15,8 |
82.005 |
128,2 |
40‑44 |
18.404 |
93.471 |
111.875 |
8,2 |
10,8 |
10,3 |
59.715 |
176,9 |
45‑49 |
15.490 |
50.833 |
66.323 |
6,9 |
5,9 |
6,1 |
33.756 |
197,7 |
50‑54 |
15.059 |
25.681 |
40.740 |
6,7 |
3,0 |
3,7 |
15.062 |
141,8 |
55‑59 |
13.985 |
14.611 |
28.596 |
6,3 |
1,7 |
2,6 |
8.198 |
127,8 |
60 e più |
54.895 |
24.632 |
79.527 |
24,6 |
2,8 |
7,3 |
12.424 |
101,8 |
Totale |
223.136 |
867.684 |
1.090.820 |
100 |
100 |
100 |
392.737 |
82,7 |
Fonte: elaborazione propria su
dati Istat
5 ‑ Come mostra il
Rapporto Sopemi 1999, all'inizio degli anni '60 la quota dell'incremento
naturale nella crescita demografica totale era maggiore di quella
dell'immigrazione netta, mentre dal 1967 in poi le migrazioni nette sono
cresciute, mentre l'incremento naturale declinava con continuità; tra il 1987 e
il 1991 il contributo dell'immigrazione è cresciuto con il crescere dei flussi
di immigrati, ma poi la tendenza è stata rovesciata. Comunque, considerata
l'Unione europea nel suo complesso, il contributo dell'immigrazione alla
crescita demografica rimane più importante di quello dell'incremento naturale
(nonostante che quest'ultimo sia a sua volta alimentato più o meno largamente
dagli immigrati di più lunga data) e tale contributo è destinato in futuro ad aumentare
in considerazione della bassissima fecondità europea. I dati della tab. 8 sono
al riguardo particolarmente significativi: l'Austria ha il più basso tasso di
incremento naturale (1,1 per mille), ma anche l'Italia e la Spagna (1,2 per
mille) mostrano tassi di crescita della popolazione molto contenuti. Il nostro
paese presenta, invece, con Germania (il paese con la più consistente crescita
migratoria in assoluto) e Gran Bretagna, il più elevato incremento migratorio
in termini assoluti (tab. 8).
Gli immigrati contribuiscono
allo sviluppo demografico di un paese non soltanto attraverso il movimento
migratorio, ma anche attraverso il movimento naturale a cui essi stessi danno
luogo. Non è semplice stabilire quale e di quali proporzioni sia questo contributo,
che varia sensibilmente a seconda delle diverse definizioni e categorie
tipologiche adottate. Se infatti si prendono in considerazione i nati del 1995
(ultimo anno per il quale siano disponibili dati disaggregati) si trova che i
nati in Italia da entrambi i genitori stranieri sono 13.096, mentre se si
considerano tutti quelli con almeno un genitore straniero, allora il totale
sale a 21.499, cioè il 4,1% di tutti i nati vivi in Italia.
Notizie per alcuni versi più
accurate si hanno prendendo in considerazione non la popolazione straniera
quale risulta dai permessi di soggiorno, ma quella iscritta all'anagrafe, che è
più stabile ed anche per questo può presentare un diverso atteggiamento nei
confronti della procreazione.
Tab. 8 ‑ Incremento
naturale, migratorio e totale in valore assoluto e per 1.000 abitanti nei paesi
dell'Unione europea, 1999
Paesi |
Incremento assoluto (in migliaia) |
Incremento per 1.000 abitanti |
||||
|
Naturale |
Migratorio |
Totale |
Naturale |
Migratorio |
Totale |
Austria |
‑ 0,1 |
9,0 |
9,0 |
‑ 0,0 |
1,1 |
1,1 |
Belgio (b) |
9,2 |
16,0 |
25,2 |
0,9 |
1,6 |
2,5 |
Danimarca |
7,0 |
9,4 |
16,4 |
1,3 |
1,8 |
3,1 |
Finlandia |
8,2 |
3,4 |
11,7 |
1,6 |
0,7 |
2,3 |
Francia (b) |
202,5 |
50,0 |
252,5 |
3,5 |
0,9 |
4,3 |
Germania (a) |
‑ 77,1 |
204,8 |
127,7 |
‑ 0,9 |
2,5 |
1,6 |
Gran Bretagna (a) (b) |
70,7 |
161,5 |
232,3 |
1,2 |
2,7 |
3,9 |
Grecia (a) |
‑ 1,0 |
25,0 |
24,0 |
‑ 0,1 |
2,4 |
2,3 |
Irlanda |
21,7 |
18,5 |
40,2 |
5,8 |
4,9 |
10,7 |
Italia |
‑ 33,8 |
101,2 |
67,3 |
‑ 0,6 |
1,8 |
1,2 |
Lussemburgo |
1,8 |
4,7 |
6,5 |
4,1 |
10,9 |
15,0 |
Paesi Bassi |
60,0 |
43,8 |
103,7 |
3,8 |
2,8 |
6,6 |
Portogallo (b) |
7,4 |
10,7 |
18,1 |
0,7 |
1,1 |
1,8 |
Spagna (b) |
7,8 |
39,6 |
47,4 |
0,2 |
1,0 |
1,2 |
Svezia |
‑ 6,6 |
13,7 |
7,1 |
‑ 0,7 |
1,5 |
‑ 0,8 |
Unione econ. e mon. (c) |
207,5 |
501,8 |
709,4 |
0,7 |
1,7 |
2,4 |
Unione Europea (c) |
277,7 |
711,4 |
989,2 |
0,7 |
1,9 |
2,6 |
Note:
(a) dati provvisori;
(b) stime nazionali;
(c) stime Eurostat
Fonte: Eurostat, Statistics in
focus. Population and social conditions, Therne 3 ‑ 10/2000, Luxembourg,
1999
Dalla tab. 9 si nota immediatamente che nel tempo, senza dubbio, è cresciuto il numero degli stranieri iscritti nelle anagrafi italiane, ma ancora più consistentemente è cresciuto il numero di eventi demografici naturali riguardanti immigrati registrati dagli uffici anagrafici. Se dal 1993 al 2000 la popolazione straniera iscritta in anagrafe è aumentata del 49% , infatti, i morti stranieri nello stesso periodo sono cresciuti del 64% e i nati stranieri sono aumentati del 203%.
Il tasso di natalità della
popolazione anagrafica degli stranieri è stato nel 1999 di 17,7 per mille
residenti, molto più alto di quello degli italiani (9,1 per mille), ma non particolarmente
elevato se valutato rispetto a quello rilevato in alcuni dei paesi di
provenienza degli immigrati e rispetto alla struttura per età eccezionalmente
giovane. Il tasso di mortalità riferito agli stranieri, invece, è risultato
pari all'1,6 per mille (contro il 10 per mille degli italiani).
Gli stranieri iscritti in anagrafe hanno quindi dato luogo nel 1999 in valore assoluto ad un saldo naturale (nascite meno morti) pari a +19.236. Tale contributo positivo ha avuto una notevole rilevanza nel bilanciare il saldo naturale negativo degli italiani pari a ‑53.077, così che per il complesso dei residenti registrati presso le anagrafi italiane si è avuto un saldo pari a ‑33.841. Certamente questo apporto, come si è detto, è destinato a crescere non poco in futuro. Ci si può attendere, infatti, che migliorando le condizioni di integrazione, come si auspica, saranno più rapidi e frequenti i ricongiungimenti familiari che contribuiranno anche a ridurre gli attuali fortissimi squilibri nella struttura per sesso delle varie etnie. Segnali dell'attuarsi di tale tendenza si possono evincere ad esempio dalla tab. 9. Il peso delle nascite di stranieri residenti nel 1999, pur essendo ancora assai ridotto, è molto cresciuto rispetto al 1993 ed è tanto maggiore quanto più ci si riferisce a comunità ampie e più stabili come sono quelle che risiedono nel Centro‑Nord d'Italia (e in particolare nel Nordest; tab. 10).
6 (6)
‑ Un'evoluzione demografica del tutto nuova e importante si avrà nei prossimi
anni in Italia. Per la prima volta in epoca moderna e contemporanea diminuirà
la popolazione in età lavorativa, qui individuata in quella di età compresa fra
i 20 e i 59 anni. Nei prossimi 20 anni, fra il 2000 e il 2020, secondo le più
recenti proiezioni delle Nazioni Unite nel complesso del paese la diminuzione
potrebbe risultare pari a 4 milioni e mezzo di persone (tab. 8), un calo che
sarà particolarmente intenso nel Centro‑Nord.
Particolarmente importante e
significativo è l'andamento della popolazione in età da 20 a 39 anni, perché
riguarda la parte più dinamica delle forze di lavoro e quella che teoricamente
sul mercato del lavoro è più esposta alla possibile «concorrenza» degli
immigrati stranieri. La diminuzione attesa per l'Italia è di 6 milioni a un
tasso medio annuo eccezionalmente elevato, pari al 2,1 per cento. E' l'effetto
di un calo delle nascite prolungato e intenso, di una fecondità che si mantiene
straordinariamente bassa, intorno a 1,2 figli per donna, ormai, da molti anni.
Si è già avuto modo di
segnalare in altra sede che le tendenze demografiche della popolazione più
giovane in età lavorativa ‑ del tutto attendibili facendo esse
riferimento a persone già tutte nate ‑ potranno contribuire:
a) al riassorbimento più o
meno pieno della disoccupazione giovanile, effetto questo che dovrebbe essere
assai sensibile nel nostro paese dove il calo della popolazione giovane in età
lavorativa è molto intenso rispetto agli altri paesi europei;
b) alla creazione nel mercato
del lavoro di possibili squilibri quantitativi, anche forti, fra domanda e
offerta. Tali squilibri si affiancheranno per la prima volta agli squilibri
qualitativi e agli squilibri territoriali ormai largamente presenti già da
molti anni nel paese e ai quali, per un verso, si devono i consistenti flussi
immigratori degli ultimi
anni. L'immigrazione dall'estero potrebbe così aumentare per soddisfare una
domanda di lavoro fortemente squilibrata rispetto alla offerta e che in ogni
caso non è del tutto riequilibrabile attraverso migrazioni interne sud-nord;
c) a un intenso incremento
della offerta di lavoro e della occupazione femminile, che ancora oggi si trova
a livelli molto bassi rispetto ad altri paesi europei e presenta larghi
squilibri territoriali. Se questo dovesse accadere, allora anche per questa via
la domanda di lavoratori stranieri potrebbe aumentare. C'è infatti da
considerare che il lavoro domestico e di cura, tradizionalmente affidato alle
donne, è una delle attività lavorative più frequenti per gli immigrati stranieri
in Italia e che proprio la loro presenza, di diritto o di fatto, ha consentito
il sempre maggiore inserimento della donna nei processi produttivi.
Tab.9 ‑ Bilancio
demografico riguardanti eventi naturali della popolazione straniera residente
in Italia
|
Popolazione al 1 gennaio |
Valori assoluti |
Per 1000 residenti stranieri |
Variazioni annuali % |
|||||
|
|
nati |
morti |
saldo |
nati |
morti |
nati |
morti |
saldo |
1993 |
573.258 |
7.000 |
1.182 |
5.818 |
11,6 |
2,0 |
‑ |
‑ |
‑ |
1994 |
629.165 |
8.028 |
1.298 |
6.730 |
12,2 |
2,0 |
14,7 |
9,8 |
15,7 |
1995 |
685.469 |
9.061 |
1.278 |
7.783 |
12,7 |
1,8 |
12,9 |
‑1,5 |
15,6 |
1996 |
737.793 |
10820 |
1.451 |
9.369 |
13,3 |
1,8 |
19,4 |
13,5 |
20,4 |
1997 |
884.555 |
13.569 |
1.553 |
12.016 |
14,5 |
1,7 |
25,4 |
7,0 |
28,3 |
1998 |
991.678 |
16.901 |
1.761 |
15.140 |
16,0 |
1,7 |
24,6 |
13,4 |
26,0 |
1999 |
1.116.394 |
21.175 |
1.939 |
19.236 |
17,7 |
1,6 |
25,31 |
10,1 |
27,1 |
2000 |
1.270.553 |
|
|
|
|
|
|
|
|
1993 - 1999 |
|
|
|
|
|
|
94,7 |
202,5 |
64,0 |
Fonte: elaborazioni su dati
ISTAT
Tab. 10 ‑ Percentuale di
nati vivi da stranieri residenti sul totale dei nati. Circoscrizioni, 1993,
1996 e 1999
Circoscrizioni |
1993 |
1996 |
1999 |
Nord‑ovest |
2,0 |
3,1 |
6,3 |
Nord‑est |
1,7 |
3,2 |
5,9 |
Centro |
2,2 |
3,0 |
5,2 |
Sud |
0,3 |
0,5 |
1,0 |
Isole |
0,8 |
1,0 |
1,4 |
Italia |
1,3 |
2,0 |
3,9 |
Fonte: elaborazione propria su
dati Istat
L'immigrazione finora ha
dimostrato di essere del tutto conveniente per il nostro paese dal punto di
vista economico. Nel prossimo futuro l'immigrazione straniera dovrebbe
risultare ancora più conveniente per effetto dei citati possibili squilibri
quantitativi del mercato del lavoro. In queste condizioni per i nuovi flussi
migratori potrebbe essere più idoneo fissare delle quote di ingresso, senza
tentare più di ricercare un puntuale, difficilissimo e in ogni caso instabile
(per via della mobilità territoriale e/o professionale del migrante) incontro
fra domanda e offerta di lavoro per uno specifico lavoro rimasto scoperto.
Le migrazioni volontarie di
natura economica sono largamente determinate dal differenziale di pressione
demografico‑economica che esiste fra i possibili paesi di origine e
quelli possibili di destinazione. Tanto maggiore è lo squilibrio fra la
crescita demografica ed economica di paesi diversi e tanto maggiori sono i
differenziali nel tenore di vita e nei salari fra i due paesi, tanto maggiore
sarà la pressione migratoria che si verrà a creare. La pressione così intesa
definisce il contesto generale nel quale si trova, nel paese d'origine, la
singola persona che è poi quella che deve prendere dapprima coscienza della sua
condizione, attuale e sperata, nel luogo d'origine e in secondo luogo la
decisione di emigrare, sempre che vi sia la possibilità, giuridica o di fatto,
di lasciar il paese di origine e quella, giuridica o di fatto, di entrare nel
paese di destinazione.
Queste considerazioni valgono
tanto più quanto più un paese è «esposto» nelle sue frontiere. Con l'entrata in
vigore dell'accordo di Schengen, con il previsto allargamento dell'Unione
europea a Est, con una possibile forte crescita economica e il previsto declino
demografico dei paesi in transizione, il più esposto paese di frontiera per le
migrazioni dell'Unione europea è l'Italia. Il «muro» è ormai costituito dal
Mediterraneo, che si ritrova a separare paesi a elevato benessere economico e
con regimi democratici da paesi con forme più o meno gravi e diffuse di
malessere economico e in alcuni casi con carenza di democrazia. E in questo
quadro vere e proprie regioni di frontiera sono diventate ‑ come è da
tempo tragicamente evidente Puglia, Sicilia e Calabria e, più recentemente, il
Friuli‑Venezia Giulia.
Se si riguardano le tendenze
demografiche generali ‑ o, più in particolare, quelle della popolazione
giovane in età lavorativa, di 20‑39 anni che sono le età di gran lunga
più esposte al rischio di emigrazione ‑ dalle regioni del mondo che più
direttamente gravitano sull'Unione europea e sull'Italia (tab. 11), ci si deve
attendere un non trascurabile aumento della pressione migratoria e da qui un
proseguimento dei flussi di immigrazione negli anni a venire.
Alcune tendenze demografiche
dei prossimi due decenni della popolazione in età lavorativa più giovane sono
particolarmente significative:
a) l'Italia avrà, lo si è già
visto, un calo davvero sensibile a un tasso medio annuo ‑ ‑ 2,1 per cento ‑ molto forte; un
po' meno forte, ma comunque intenso saranno quello della Spagna e della
Germania. Una tendenza simile si avrà non solo per l'Unione europea nel suo
complesso, ma anche per le sub regioni dell'Europa settentrionale, di quella
occidentale e in particolare di quella meridionale;
b) anche in Europa orientale
si registrerà un calo non trascurabile della popolazione giovane in età
lavorativa (‑ 9,4 milioni, pari all'11 per cento di variazione totale).
Se gli investimenti stranieri dovessero mantenersi alti e le condizioni
economiche dovessero migliorare velocemente, i paesi di tale area potrebbero
non solo non alimentare una forte emigrazione verso l'Occidente, ma finanche
trovarsi di fronte a carenza di forza lavoro;
c) Nord Africa e Asia occidentale (Medio Oriente) vedranno rallentare vistosamente il ritmo di crescita della giovane popolazione in età lavorativa che le ha caratterizzate nei passati 20 anni: da tassi del 2,9 ‑ 3,3 per cento all'anno passeranno a tassi dell'1,8 ‑ 1,9. Ma la crescita in termini assoluti resterà la stessa; i paesi di queste due aree hanno avuta una crescita di 52 milioni di giovani nei 20 anni passati e ne avranno una di 50 milioni nei prossimi 20 anni; l'Africa subsahariana (Africa centrale, orientale e occidentale nella tab. 11) continuerà a registrare una crescita eccezionalmente rapida, ma ancora più intensa: tassi del 3,0 ‑ 3,1 si sono avuti negli ultimi 20 anni e tassi del 2,9 ‑ 3,5 per cento si avranno nei prossimi 20. Ma l'incremento assoluto di popolazione in giovane età lavorativa quasi si raddoppia, essendo stato di 70 milioni nell'ultimo ventennio ed essendo di 128 milioni nel prossimo;
d) nel resto del mondo tutti
i tassi di crescita del prossimo ventennio saranno di gran lunga più ridotti di
quelli del ventennio precedente e anche l'intensità tende a decrescere
fortemente. Da segnalare la forte riduzione (oltre 9 milioni) che subirà la
giovane popolazione in età lavorativa del Giappone, i cui comportamenti
demografici sono del tutto simili a quelli europei.
Sembrano non esserci dubbi
che almeno negli ultimi anni di questo secolo e nei primi decenni del prossimo
per la giovane popolazione in età lavorativa i differenziali di variazione
demografica fra Italia e Unione europea da un lato e i paesi in via di sviluppo
(che più direttamente gravano su di esse) dall'altro saranno fra i più alti mai
registrati nella storia dell'umanità.
Se poi si mettono in conto
anche gli aspetti socio‑economici, allora i differenziali diventano
fortissimi e lasciano intendere come la pressione migratoria potrebbe crescere
intensamente nei prossimi decenni. Infatti, in presenza di tali differenziali
demografici, soltanto la riduzione dei differenziali economico‑sociali
tra paesi di origine e di destinazione dovrebbe consentire in futuro il
contenimento delle correnti migratorie di massa. Per di più permane nei paesi
africani un sistema produttivo caratterizzato dalla presenza di un ampio
settore primario che assorbe dal 40 all'80 per cento degli occupati.
Tab. 11 ‑ Popolazione in
età lavorativa, da 20 a 39 anni e da 20 a 59 anni, e sue variazioni per
l'Italia e per alcune grandi aree geografiche, 1980 ‑ 2000 e 2000 ‑
2020 (Le definizioni delle regioni sono quelle adottate dall'Onu)
|
Pop. al 2000 |
Variazioni assolute |
Variazioni percentuali |
Tasso medio annuo di variazione |
|||
|
Popolazione di 20 ‑ 39 anni |
||||||
Europa sett. |
26.262 |
794 |
‑ 2.467 |
3,1 |
‑ 9,4 |
0,2 |
‑ 0,5 |
Europa occid. |
52.856 |
3.707 |
‑ 8.544 |
7,5 |
‑ 16,2 |
0,4 |
‑ 0,9 |
Europa merid. |
44.030 |
5.914 |
‑ 12.807 |
15,5 |
‑ 29,1 |
0,7 |
‑ 1,7 |
Italia |
17.065 |
1.710 |
‑ 5.985 |
11,1 |
‑ 35,1 |
0,5 |
‑ 2,1 |
Nord ‑ America |
88.596 |
5.900 |
6.082 |
7,1 |
6,9 |
0,3 |
0,3 |
Oceania |
9.126 |
2.212 |
1.478 |
32,0 |
16,2 |
1,4 |
0,8 |
Giappone |
35.279 |
‑ 1.632 |
‑ 9.221 |
‑ 4,4 |
‑ 26,1 |
‑ 0,2 |
‑ 1,5 |
Europa orient. |
88.987 |
1.560 |
‑ 9.418 |
1,8 |
‑ 10,6 |
0,1 |
‑ 0,6 |
Africa orient. |
68.735 |
30.798 |
54.850 |
81,2 |
79,8 |
3,0 |
3,0 |
Africa centrale |
24.859 |
11.044 |
25.020 |
79,9 |
100,6 |
3,0 |
3,5 |
Africa settent. |
54.224 |
23.858 |
24.114 |
78,6 |
44,5 |
2,9 |
1,9 |
Africa occid. |
61.952 |
28.218 |
47.774 |
83,6 |
77,1 |
3,1 |
2,9 |
Africa merid. |
14.894 |
5.699 |
4.278 |
62,0 |
28,7 |
2,4 |
1,3 |
Asia orient. (senza Giapp.) |
1.178.013 |
454.721 |
199.698 |
62,9 |
17,0 |
2,5 |
0,8 |
Asia centro ‑ merid. |
463.296 |
185.847 |
184.504 |
67,0 |
39,8 |
2,6 |
1,7 |
Asia orient. merid. |
175.490 |
73.993 |
33.317 |
72,9 |
19,0 |
2,8 |
0,9 |
Asia occid. |
58.899 |
28.108 |
25.489 |
91,3 |
43,3 |
3,3 |
1,8 |
Caraibi |
12.483 |
4.256 |
1.104 |
51,7 |
8,8 |
2,1 |
0,4 |
America centrale |
44.102 |
20.202 |
12.244 |
84,5 |
27,8 |
3,1 |
1,2 |
Sud America |
113.321 |
42.374 |
23.172 |
59,7 |
20,4 |
2,4 |
0,9 |
Asia orient. |
1.213.292 |
453.089 |
190.477 |
59,6 |
15,7 |
2,4 |
0,7 |
|
Popolazione di 20 ‑ 59 anni |
||||||
Europa settent. |
51.273 |
5.207 |
‑ 1730 |
11,3 |
‑ 3,4 |
0,5 |
‑ 0,2 |
Europa occid. |
101.723 |
11.011 |
‑ 4.878 |
12,1 |
‑ 4,8 |
0,6 |
‑ 0,2 |
Europa merid. |
81.122 |
9.372 |
‑ 6.980 |
13,1 |
‑ 8,6 |
0,6 |
‑ 0,4 |
Italia |
32.313 |
2.606 |
- 4.525 |
8,8 |
‑ 14,0 |
0,4 |
- 0,8 |
Nord-America |
171.518 |
36.748 |
13.565 |
27,3 |
7,9 |
1,2 |
0,4 |
Oceania |
16.259 |
4.971 |
3.651 |
44,0 |
22,5 |
1,8 |
1,0 |
Giappone |
71.189 |
5.180 |
‑ 10.725 |
7,8 |
‑ 15,1 |
0,4 |
‑ 0,8 |
Europa orient. |
169.478 |
5.826 |
‑ 6.372 |
3,6 |
‑ 3,8 |
0,2 |
‑ 0,2 |
Africa orient. |
96.976 |
41.277 |
76.472 |
74,1 |
78,9 |
2,8 |
2,9 |
Africa centr. |
36.136 |
15.197 |
33.866 |
72,6 |
93,7 |
2,1 |
3,4 |
Africa settent. |
81.588 |
36.293 |
47.460 |
80,1 |
58,2 |
3,0 |
2,3 |
Africa occid. |
88.954 |
38.444 |
71.033 |
76,1 |
79,9 |
2,9 |
3,0 |
Africa merid. |
22.534 |
8.800 |
5.820 |
64,1 |
25,8 |
2,5 |
1,2 |
Asia orient. (senza Giapp.) |
1.844.715 |
722.844 |
641.481 |
64,4 |
34,8 |
2,4 |
1,5 |
Asia centro merid. |
712.316 |
283.228 |
363.407 |
66,0 |
51,0 |
2,6 |
2,1 |
Asia orient. merid. |
264.928 |
111.417 |
107.071 |
72,6 |
40,4 |
2,8 |
1,7 |
Asia occid. |
89.446 |
41.782 |
51.644 |
87,7 |
57,7 |
3,2 |
2,3 |
Caraibi |
19.660 |
6.967 |
5.222 |
54,9 |
26,6 |
2,2 |
1,2 |
America centrale |
64.989 |
30.147 |
32.110 |
86,5 |
49,4 |
3,2 |
2,0 |
Sud America |
177.558 |
70.272 |
64.645 |
65,5 |
36,4 |
2,6 |
1,6 |
Asia orient. |
1.915.904 |
728.024 |
630.756 |
61,3 |
32,9 |
2,4 |
1,4 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Fonte: Elaborazione su dati Onu, The sex and age distribution of the
World population. The 1998 revision, New York, 1999
In presenza di un settore
primario tanto largo e importante, l'ammodernamento dell'agricoltura, pure
necessario, potrebbe portare a consistenti espulsioni di manodopera dal settore
e quindi a una offerta di lavoro addizionale rispetto a quella già così forte
di origine demografica. In una speculazione sul possibile futuro migratorio
pare esserci ogni evidenza che i flussi Sud‑Nord, in particolare quelli
diretti verso la Ue e l'Italia continueranno. Questa conclusione si basa su
quattro considerazioni principali:
1) alla luce degli andamenti
passati sembra esservi la impossibilità per i paesi del Sud di creare tanti
posti di lavoro quanto ne richiederebbe l'attesa crescita di popolazione in età
lavorativa e di forze di lavoro, crescita enorme in cifra assoluta o che si ha
con ritmi difficilmente fronteggiabili. Sembra quindi esservi la impossibilità
di saldare gli squilibri quantitativi nei loro mercati di lavoro e di ridurre
il «welfare gap» tra i paesi del Sud e quelli dell'Europa comunitaria;
2) gli squilibri
quantitativi, qualitativi e territoriali nei mercati di lavoro italiano (ed
europeo) dovrebbero persistere per decenni a venire, anche perché le leve
sempre più ridotte di giovani, con crescente livello di istruzione e sostenuti
dalla collettività e/o dalle famiglie continueranno a rifiutare i lavori poco
graditi o poco pagati o che comportano spostamenti territoriali ritenuti non
accettabili;
3) si può immaginare che
l'innalzamento del tasso di scolarità e del grado di istruzione, in particolare
fra le donne, nei paesi di origine possa generare maggiori aspettative di
realizzazione personale che potrebbero tradursi in una maggiore spinta
all'emigrazione;
4) la ulteriore, crescente,
fortissima urbanizzazione del Sud del mondo (ad esempio, fra il 1995 e il 2015
fonti Onu valutano che Il Cairo passerebbe da 9,7 a 14,4 milioni; Addis Abeba
da 2,4 a 6,6 milioni) potrebbe portare a un peggioramento delle condizioni di
vita delle popolazioni urbane, le più esposte all'emigrazione verso l'estero.
Ci si può quindi
ragionevolmente aspettare che:
1) nel breve‑medio
periodo di 5‑10 anni continui in Italia l'immigrazione dagli attuali
paesi di origine, con particolare riferimento all'area mediterranea;
2) nel secondo decennio del
prossimo secolo, superata la soglia di sviluppo minimo al di sotto della quale
non si prende nemmeno in considerazione l'emigrazione come scelta di
sopravvivenza, cresca la pressione migratoria da parte delle popolazioni
dell'Africa sub‑sahariana.
In queste condizioni, con pressione migratoria crescente e con flussi migratori continui e in larga misura incontenibili, risulta di gran lunga più opportuno gestire il fenomeno dell'immigrazione che non subirla. Gestire il fenomeno non solo, come prevede la legge, stabilendo delle quote, ma anche regolando al meglio tutto il mercato del lavoro italiano, con particolare riferimento al lavoro stagionale, dal momento che l'economia sommersa e il diffuso lavoro nero spingono più che mai i datori di lavoro a valersi di immigrati irregolari, che sono i lavoratori più flessibili e più economici presenti sul mercato, e spingono i potenziali emigranti dei paesi di origine a tentare l'avventura dell'arrivo e della presenza irregolare.
Se si deve quindi immaginare ‑
per motivi di convenienza e per motivi di necessità, oltre che per effetto dei
ricongiungimenti familiari ‑ il persistere di flussi migratori diretti
verso l'Italia, si deve allora valutare quanto larga possa essere la quota di
immigrati da immettere ogni anno nel paese. Si è già detto come negli ultimi
anni si sia venuta accumulando una popolazione straniera a un ritmo di circa 60‑65
mila immigrati l'anno, popolazione che, lo si è richiamato, a sua volta ha
avuto un suo proprio incremento naturale.
Tab. 12 ‑ Proiezioni del futuro ammontare della popolazione straniera in Italia, in base alle ipotesi, Alta o Bassa, di stock e di flusso, 2007 e 2017
|
Stock iniziale 1 gen. 1997 |
Ammontare al 2007 |
Ammontare al 2017 |
||
|
|
Flussi futuri |
|||
|
|
A‑80 mila |
B‑50 mila |
A‑80 mila |
B‑50 mila |
A |
‑ 1.381 |
2.456 |
2.293 |
3.535 |
3.011 |
|
2,4 |
4,2 |
4,0 |
6,2 |
5,3 |
B |
‑ 1.086 |
2.025 |
1.861 |
3.078 |
2.554 |
|
1,9 |
3,5 |
3,2 |
5,4 |
4,5 |
N.B. in corsivo la percentuale
di popolazione straniera sul totale della popolazione complessiva
Fonte: Golini A. e De Simoni
A., Tre scenari per il futuro sviluppo della popolazione delle regioni italiane
al 2047, inedito
Tab. 13 ‑ Proiezioni per
l'Italia della popolazione per classi di età e cittadinanza al 1 gennaio degli
anni indicati (valori assoluti in migliaia)
Ipotesi AA
|
Popolazione al |
Variazioni |
Tassi % medi annui |
||||
|
1997 |
2007 |
2017 |
1997‑07 |
2007‑17 |
1997‑07 |
2007‑17 |
|
0 ‑ 19 anni |
||||||
Italiani |
11.666 |
10.314 |
8.812 |
‑ 1.352 |
‑ 1.502 |
‑ 1,2 |
‑ 1,6 |
Stranieri |
214 |
487 |
739 |
273 |
252 |
8,2 |
4,2 |
Totale |
11.880 |
10.801 |
9.551 |
‑ 1.079 |
‑ 1.250 |
‑ 1,0 |
‑ 1,2 |
% stranieri |
1,8 |
4,5 |
7,7 |
|
|
|
|
|
20 ‑ 39 anni |
||||||
Italiani |
17.200 |
14.823 |
11.567 |
‑ 2.377 |
‑ 3.256 |
‑ 1,5 |
‑ 2,5 |
Stranieri |
780 |
985 |
1.106 |
205 |
121 |
2,3 |
1,2 |
Totale |
17.980 |
15.808 |
12.673 |
‑ 2.172 |
‑ 3.135 |
‑ 1,3 |
‑ 2,2 |
% stranieri |
4,3 |
6,2 |
8,7 |
|
|
|
|
|
40 ‑ 59 anni |
||||||
Italiani |
14.530 |
15.774 |
16.775 |
1.244 |
1.001 |
0,8 |
0,6 |
Stranieri |
343 |
856 |
1.309 |
513 |
453 |
9,1 |
4,2 |
Totale |
14.873 |
16.630 |
18.084 |
1.757 |
1.454 |
1,1 |
0,8 |
% stranieri |
2,3 |
5,1 |
7,2 |
|
|
|
|
|
60 + anni |
||||||
13.080 |
14.907 |
16.495 |
1.827 |
1.588 |
1,3 |
1,0 |
|
43 |
129 |
381 |
86 |
252 |
11,0 |
10,8 |
|
13.123 |
15.036 |
16.876 |
1.913 |
1.840 |
1,4 |
1,2 |
|
0,3 |
0,9 |
2,3 |
|
|
|
|
|
|
Totale |
||||||
Italiani |
56.475 |
55.818 |
53.649 |
- 658 |
‑ 2.169 |
‑ 0,1 |
- 0,4 |
Stranieri |
1.381 |
2.457 |
3.535 |
1.077 |
1.078 |
5,8 |
3,6 |
Totale |
57.856 |
58.275 |
57.184 |
419 |
‑ 1.091 |
0,1 |
0,2 |
% stranieri |
2,4 |
4,2 |
6,2 |
|
|
|
|
Fonte: Golini A. e De Simoni
A., Tre scenari per il futuro sviluppo della popolazione delle regioni italiane
al 2047, inedito
Alla luce della esperienza
passata e degli attesi futuri squilibri demografici ed economici fra i
possibili paesi d'origine e l'Italia, si può ritenere ragionevole per i
prossimi anni una forchetta che abbia come minimo un flusso di 50 mila
immigrati netti l'anno e come massimo un flusso di 80 mila. (7) Nella presente situazione di stock di
immigrati (compresi gli irregolari: 1 milione 381 mila, che qui viene
considerata ipotesi A alta, o 1 milione 86 mila, ipotesi B bassa) e di prospettiva
di flussi (a regime, flusso di 80 mila immigrati l'anno, ipotesi A alta, o 50
mila, ipotesi B bassa) può diventare allora utile effettuare un esercizio per
valutare a quanto potrebbe ammontare, a distanza di 10 e di 20 anni, la
popolazione straniera in Italia.
In base a queste ipotesi la
popolazione straniera al 2007 potrebbe ammontare a una cifra compresa fra 1,9 e
2,5 milioni di persone, con una percentuale sul totale della popolazione
oscillante fra 3,2 e 4,2. Al 2017 invece l'ammontare potrebbe ascendere a un
valore compreso fra 2,6 e 3,5 milioni di persone, con una percentuale sul
totale oscillante fra 4,5 e 6,2 (tab. 12).
Alla luce delle esperienze di
altri paesi europei si tratterebbe di dimensioni del tutto accettabili,
considerando che già al 1995 in Francia gli stranieri costituivano il 6,3 per
cento del totale della popolazione e in Germania l'8,8. Il processo di
integrazione riguarderebbe in Italia una proporzione assai più ridotta di
immigrati, il che significa, fra l'altro, avere molto maggior tempo e molta
maggiore gradualità nello stabilire una coesistenza corretta e fruttuosa fra
popolazione autoctona e popolazione immigrata.
Certamente importante, ai
fini del processo di integrazione risulta essere la struttura per età della
popolazione immigrata. Se si prende come riferimento la sola ipotesi «AA» (più
elevato stock iniziale e più intenso flusso immigratorio), che negli scenari
disegnati è quella che fornisce il valore massimo, allora si nota (tab. 13):
1) che gli immigrati con meno di 20 anni dovrebbero più che raddoppiare nel giro dei primi 10 anni, da 214 mila a 487 mila, mentre in seguito il ritmo di crescita dovrebbe essere meno intenso. I problemi più importanti per il sistema scolastico si avrebbero quindi nel primo decennio;
2) che gli immigrati in età
lavorativa, da 20 a 59 anni, dovrebbero incrementarsi di gran lunga più
velocemente per la componente 40‑59 anni che non per quella 20-39;
questo soprattutto per l'effetto della struttura dello stock esistente, che
sopravanzerebbe l'effetto dell'arrivo di nuovi flussi. In ogni caso quindi i
flussi sarebbero in grado di compensare solo assai parzialmente il forte calo
della popolazione italiana in età 20‑39 anni, a meno che non si abbiano
flussi straordinariamente intensi;
3) che piccolo in cifra assoluta, ma intensissimo come velocità (tasso medio annuo di accrescimento pari all'11 per cento) sarebbe l'aumento della popolazione immigrata con 60 anni e più fra il 1997 e il 2017. Questo a ulteriore dimostrazione che l'immigrazione straniera ‑ pur necessaria e conveniente per il paese ‑ non può risolvere né il problema del l'invecchiamento della popolazione italiana, né contribuire sensibilmente a mitigare gli squilibri previsti per il sistema pensionistico.
La situazione dell'immigrazione straniera in Italia e la sua dinamica impongono che si perfezioni il sistema informativo, che pure molti progressi ha fatto negli ultimi tempi. Ci si riferisce, ad esempio, a una più accurata rilevazione dei flussi migratori tanto in entrata, quanto in uscita, a una riformulazione dei permessi di soggiorno, ove vengano evidenziati i minori, e i legami familiari; ci si riferisce, ancora, a una più accurata tenuta delle anagrafi, ove vengano cancellati gli stranieri che sono ritornati nel proprio paese senza cancellarsi dai registri di popolazione.
Ma più in generale è
necessario che le statistiche che riguardano gli stranieri formino un sistema
integrato, il che significa in primo luogo individuazione completa delle
esigenze e delle carenze informative, standardizzazione di concetti,
definizioni e rilevazioni, collegamento fra le varie fonti, tempestiva e
completa disponibilità dei dati raccolti.
Riferimenti
bibliografici
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201 L'Emigrazione tra Italia
e Germania, Ed. Piero Lacaita, Roma.
Bacchetta P. e Cagiano de
Azevedo R.
198 Le Comunità italiane
all'estero, Torino, G. Giappichelli.
Caritas di Roma
207 Immigrazione. Dossier
statistico 1999, Roma, Anterem.
Eurostat
207 Statistics in focus.
Population and social conditions, Luxembourg, «Theme», n. 3, dicembre.
2000 Statistics infocus.
Population and social conditions, Theme 3 ‑ 10/2000, Luxembourg, 1999
Fondazione Brodolini,
191 Gli italiani fuori di
Italia, a cura di Bezza, B. ed. Quaderni di Affari Sociali Internazionali,
Milano, Franco Angeli.
Golini, A. e De Simoni, A.
207 Tre scenari per il futuro
sviluppo della popolazione delle regioni italiane al 2047, inedito.
Istat
207 La presenza straniera in
Italia: caratteristiche demografiche, Roma.
La popolazione straniera
residente in Italia al 1 gennaio 2000, Statistiche in breve, 2000.
Ministero degli Affari Esteri
Il Ministero degli Affari
Esteri in cifre, Roma, 2000.
Livi Bacci, M.
198 Migrazione Nord‑Sud.
Approccio comparato dell'esperienza europea e nord‑americana, in Atti
della Conferenza internazionale sulle migrazioni (Roma, 13‑16 marzo
1991).
Onu
207 The sex and age distribution of the World population. The 1998
revision, New York.
SOPEMI
207 Trends in International
Migration. Annual Report. 1999 Edition, Parigi, Oecd.
Note:
1) E' noto
che dal 1876 al 1987 sono espatriati quasi ventisette milioni di italiani, più
della metà verso paesi europei (oltre 14 milioni), il 44% verso le Americhe (6
milioni al Nord, 5 milioni al Sud). Nel solo secondo dopoguerra tra il 1946 ed
il 1976 espatriarono circa 7 milioni di italiani.
2) Già il decreto‑legge n. 416 del 30 dicembre 1989 prevedeva al comma 1 dell'art. 6, per lo straniero in possesso del permesso di soggiorno, il diritto all'iscrizione anagrafica presso il comune di residenza.
3) Secondo
i dati del Ministero dell'Interno non revisionati dall'ISTAT sono 1.251.994 gli
stranieri regolarmente soggiornanti nel nostro paese [Caritas, 2000]. Secondo
la Caritas tale dato deve essere aumentato del 19% per arrivare all'effettiva
dimensione della popolazione straniera immigrata in Italia che
corrisponderebbe, quindi, a circa 1.490.000 unità [Caritas, 2000].
4)
L'assenza nelle graduatorie della tab. 5 di sedi consolari situate in paesi a
sviluppo avanzato dipende in larga parte dal fatto che per i cittadini
provenienti da tali paesi, anche esterni all'Unione Europea, per transito o
breve soggiorno per alcuni motivi (generalmente «affari», «turismo» e «missione»)
non esiste l'obbligo di richiedere il visto per accedere al territorio
italiano. L'esigenza di una progressiva armonizzazione delle diverse politiche
nazionali dei visti ha condotto, in sede di Unione Europea, all'adozione del
Regolamento n. 2317/95 del Consiglio della UE del 25 settembre 1995, in vigore
dal 3.3.1996, che determina «l'Elenco comune dei Paesi terzi i cui cittadini
devono essere in possesso di un visto per l'attraversamento delle frontiere
esterne degli Stati membri».
5) Tale
tipo di visto consente il transito (non superiore a 5 giorni) allo straniero
attraverso il territorio delle Parti contraenti nel corso di un viaggio da uno
Stato terzo ad un altro Stato terzo. Il visto di transito è concesso a
condizione che allo straniero sia garantito l'ingresso nello Stato terzo di
destinazione e che il tragitto debba ragionevolmente portarlo a transitare sul
territorio delle altre Parti contraenti. La concessione di visti di transito è
sempre subordinata alla verifica della sussistenza dei requisiti minimi
richiesti in generale per il rilascio di un visto turistico di pochi giorni, in
particolare per quanto attiene alla regolarità del soggiorno dello straniero
nel suo Paese, alle sue condizioni socio‑economiche, alla coerenza delle
motivazioni addotte in ordine alla sua destinazione finale ed alla effettiva
necessità o convenienza di transitare attraverso lo spazio Schengen, nonché
alla sua disponibilità di mezzi sufficienti a coprire le spese del suo breve
soggiorno all'interno dello spazio Schengen.
6) Non
avendo a disposizione nuovi dati e elaborazioni, questo paragrafo riproduce
quello analogo del Rapporto dello scorso anno.
7) Ci si
riferisce qui, come del resto è in parte avvenuto per il paragrafo 11.7, a
quanto elaborato per il documento programmatico sull'immigrazione straniera
pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 15 settembre 1998.