Commissione per le politiche di integrazione degli immigrati
SECONDO RAPPORTO SULL'INTEGRAZIONE DEGLI
IMMIGRATI IN ITALIA
INDICATORI DI INTEGRAZIONE
UN SISTEMA DI INDICATORI DI INTEGRAZIONE: UN PRIMO TENTATIVO DI COSTRUZIONE
1. Premessa
Nel predisporre e realizzare
politiche volte a favorire l'inserimento degli immigrati stranieri nella nostra
società è necessario, sia nella fase progettuale sia in quella di verifica
degli interventi adottati, poter disporre di una serie di indicatori capaci di
cogliere la condizione dei nuovi venuti nelle diverse sfere della vita sociale
e in grado di evidenziare le dimensioni maggiormente problematiche.
L'importanza della
predisposizione di un adeguato sistema informativo è ampiamente riconosciuta:
negli ultimi anni molta attenzione è stata rivolta in Europa, a livello
internazionale, alla misura dell'integrazione degli immigrati [Cagiano et al.
1992; 1994; Council of Europe 1997; Haug 2000] e diverse proposte ed
analisi sono emerse anche a livello nazionale [Colasanto e Ambrosini 1993;
Casacchia e Strozza 1995; Natale e Strozza 1997; Caritas di Roma 1999; Zincone
2000b]. Qui si intende porre le basi per la predisposizione di un sistema di
indicatori che consenta di avere, anno dopo anno, un monitoraggio sulla
situazione delle collettività immigrate nei diversi contesti territoriali
italiani. Evidentemente l'obiettivo è ambizioso e di non facile realizzazione.
Per ciascuna dimensione
saranno proposti gli indicatori che sembrerebbero, a livello teorico, i più
adeguati al «monitoraggio» dell'integrazione e quelli costruibili in base al
materiale statistico attualmente disponibile.
2. Dai modelli alle
possibili misure di integrazione
2. 1. Un richiamo
ai principali modelli
Per un'attenta individuazione delle misure e degli indicatori di integrazione occorre preliminarmente evidenziare gli aspetti caratteristici del fenomeno e richiamare brevemente i principali modelli teorici e i limiti di applicabilità riscontrati. Il termine integrazione esprime un concetto complesso il cui significato può variare nel tempo e nello spazio a seconda del paese considerato, delle circostanze storico‑politiche e della fase dell'immigrazione [Conti e Strozza 2000]. Notevoli sono le difficoltà nel fornire una formulazione univoca e puntuale del termine, anche perché ciò che sicuramente contraddistingue l'integrazione è il suo carattere dinamico: si può definire pertanto sia un processo che lo stadio raggiunto del processo stesso d'inserimento [Castles 1998].
In termini di processo,
l'integrazione è vista come un percorso che coinvolge due entità distinte,
l'individuo che cerca di inserirsi, e anche di coesistere al meglio, nel
contesto di accoglimento e la società ospitante che lo aiuta, lo lascia fare o
lo ostacola nel raggiungere il proprio scopo. Nella sua accezione di processo,
l'integrazione comprende tutte le modalità attraverso le quali l'immigrato può
essere «incorporato» nella realtà di adozione. L'inserimento può assumere,
immaginando un continuum che va dalla assimilazione al multiculturalismo
[Magura e Coleman 1994], forme e caratteristiche assai differenti.
L'assimilazione definisce un processo unidirezionale di adattamento dello straniero al nuovo ambiente sociale. Più precisamente, per Park e Burgess questa costituisce «il processo di interpenetrazione e di fusione per il quale persone o gruppi acquisiscono memorie, sentimenti e attitudini di altre persone o gruppi e, modellati dalla loro esperienza e storia, sono incorporati in una vita culturale comune» [Park e Burgess 1921, p. 360]. In altre parole, ci si aspetta che l'individuo rinunci alle proprie caratteristiche linguistiche, sociali e culturali a favore di un suo completo assorbimento nella società ospitante. Per questa via, l'immigrato si confonde con il resto della popolazione e ne acquisisce anche la «nazionalità culturale». In questo modello ed in questa logica, il ruolo dello Stato è quello di creare le condizioni giuridiche ed operative che favoriscano l'adattamento dell'individuo al nuovo ambiente sociale e non quello di riconoscere l'esistenza di diversi gruppi etnici. Un atto di questo tipo sarebbe infatti contrario all'assimilazione in quanto consentirebbe ed ufficializzerebbe l'esistenza di più appartenenze culturali. Di fatto, il tentativo da parte di alcuni governi di tradurre in realtà il modello socio‑politico si è risolto in un mancato raggiungimento dell'obiettivo. Il noto caso del «velo islamico» sollevato in Francia qualche anno fa ha dimostrato come l'identità culturale sia una realtà incancellabile.
Un secondo modello di
incorporazione degli immigrati prevede la loro più o meno ampia
marginalizzazione e/o esclusione. Le politiche che si ispirano a questo principio
riducono la partecipazione degli individui solo ad alcune, determinate, sfere
della società (che, in genere, corrispondono a quelle connesse con il mercato
del lavoro), rifiutandogli invece l'accesso alle altre dimensioni. L'esclusione
può materialmente tradursi in strumenti giuridici quali, ad esempio,
l'imposizione di onerose condizioni per l'acquisizione della cittadinanza,
oppure in atteggiamenti discriminatori che impediscono un pieno inserimento
dell'immigrato nella società ospitante.
Diverso è invece il caso in
cui l'integrazione è intesa nel senso di coesistenza tra più gruppi che
riescono a preservare le proprie tradizioni nei confronti del gruppo
maggioritario. I vari gruppi rimangono distinti tra loro e dal gruppo
maggioritario in ordine a lingua, cultura e tradizioni [Todisco 1995]. La
collettività nativa non si attende, quindi, che gli individui rinuncino alla
loro diversità ma che accettino alcuni valori chiave della società di adozione.
Il rischio connesso all'applicazione di questo modello è la costituzione di
comunità ripiegate su se stesse e non interagenti tra di loro.
L'incorporazione può infine
avvenire secondo le regole dell'integrazione. Questo modello cerca di superare
i limiti dei modelli precedentemente esposti intendendo per integrazione sia
l'integrità della persona, delle collettività coinvolte in tale
processo, sia l'interazione positiva e la pacifica convivenza tra tutte
le collettività, compresa ovviamente quella autoctona [Zincone 2000a].
Seguendo questo principio,
nel costruire le politiche di integrazione, occorre tenere conto delle esigenze
dei nazionali e delle loro insicurezze di fronte al complesso fenomeno
dell'immigrazione. E’ necessario tuttavia tenere presente che le esigenze delle
comunità immigrate sono altrettanto degne di tutela e che pertanto,
l'accoglimento delle istanze dei nazionali vadano contemperate al
riconoscimento delle diversità di tali collettività. Riconoscere e rispettare
le differenze non deve però portare alla creazione di cellule isolate: l'obiettivo
di fondo dell'integrazione è, al contrario, quello di realizzare interazioni
positive tra nazionali ed immigrati nel quadro di un dialogo che si articoli in
più dimensioni, estendendosi così a tutte le sfere del convivere, e che sia in
grado di arricchire entrambe le parti in causa [Zincone 2000a].
2.2. L'utilità
delle misure di integrazione
Il richiamo assai sintetico
ai vari modelli di integrazione consente di ricordare quante chiavi di lettura
possono essere date allo stesso termine. Tuttavia, una volta indicate le
differenze, occorre sottolineare il dato comune relativo alle dimensioni nelle
quali interviene l'integrazione.
Questo riguarda il ruolo
giuridico, sociale, culturale e, aggiungiamo noi, economico che gli immigrati
ricoprono nel contesto in cui si trovano ad agire [Council of Europe 1997]. Le
scelte effettuate dal legislatore dovrebbero favorire un'evoluzione delle
condizioni di vita dell'immigrato in ciascuna di queste sfere. Di conseguenza,
risulta evidente che il secondo carattere distintivo dell'integrazione, dopo
quello dell'essere processo, è dato dalla sua pluridimensionalità.
La complessità del fenomeno,
dal punto di vista della definizione del concetto stesso e dal numero di
aspetti interessati, ha fatto emergere la necessità di costruire misure di
sintesi atte ad evidenziare «differenze o similitudini nei comportamenti o
nelle situazioni» [Haut Conseil à l'Intégration, 1991a] che coinvolgano immigrati
e nazionali. Attraverso il ricorso a misure o indicatori statistici si cerca,
quindi, di monitorare un processo di per sé difficilmente quantificabile nel
tempo e nello spazio.
Essendo inoltre questo tipo
di calcoli suscettibili, in diversi casi, di misurare la distanza tra i gruppi
cui fanno riferimento, possono essere considerati come degli indicatori di
allerta: un eccessivo scarto tra le misure relative ai vari gruppi
potrebbe infatti indicare un rischio di non integrazione o di discriminazione (1) [Haut Conseil à l'Intégration 1991b].
Il ricorso agli indicatori
appare cruciale per misurare i cambiamenti nelle caratteristiche, nelle
propensioni e nei bisogni delle collettività immigrate, nonché per monitorare
specifici aspetti delle politiche di intervento sociale. L'attenzione va
rivolta in particolare a quelle informazioni statistiche che consentono di
misurare le condizioni sociali, e le loro modificazioni nel tempo, delle
diverse comunità straniere.
2.3. Modello di
integrazione e misura dell'integrazione
La scelta di un indicatore va
ancorata alla realtà storica nella quale si colloca lo studio: questa, infatti,
incide sia nel selezionare un indicatore tra gli altri, sia sul significato da
attribuire al risultato dell'elaborazione.
Riguardo al primo aspetto,
nel rapporto EUROSTAT del 1994 relativo alle politiche di integrazione di sette
paesi europei [Cagiano de Azevedo et al. 1994] vengono sottolineate le
differenze nelle batterie di indicatori scelte dai vari gruppi di lavoro. Ad
esempio, il rapporto relativo all'Italia non contempla, nell'ambito delle
misure relative all'alloggio, l'ipotesi di immigrati proprietari delle
abitazioni occupate che, al contrario, appare nelle analisi realizzate per gli
altri paesi. In effetti, l'elaborazione fotografa una realtà nella quale il
fenomeno allo studio era nel nostro paese meno «maturo» rispetto ai paesi di
più antica immigrazione. Nella situazione italiana dell'inizio degli anni
Novanta ed anche attuale, l'ipotesi di cui sopra assumeva scarsa rilevanza. Per
contro, solo gli esperti italiani rilevano misure relative agli immigrati
sistemati in centri di prima accoglienza a testimonianza, di nuovo, della
considerazione che viene fatta delle caratteristiche dei contesto che gli indicatori
aiutano a sintetizzare. Gli indicatori, quindi, non sono sempre fissi nel tempo
ma, in alcuni casi possono variare in base alla fase ed all'evoluzione del
processo migratorio.
Se è vero che cambia il tipo
di indicatore utilizzato in funzione della realtà e del modello sotteso, è
d'altra parte vero che alcuni indicatori vengono studiati più spesso di altri
anche se il significato loro attribuito varia a seconda della realtà di
riferimento. Proprio la procedura di costruzione potrebbe far pensare a indicatori
tarati su distinti modelli migratori. In realtà, diversi indicatori non possono
che riferirsi all'intensità o alla struttura di un fenomeno così come osservate
nella popolazione autoctona. Inoltre, è assai utile leggere la misura alla luce
della politica migratoria del paese in esame ed agli scopi che essa persegue
tarando, quindi, il risultato statistico al modello di integrazione ambito o
adottato: diverso sarà infatti il senso da attribuire ad uno stesso indicatore
quale, ad esempio, l'acquisizione della cittadinanza, in un paese che persegue
un obiettivo di assimilazione degli immigrati da uno che punta invece alla loro
marginalizzazione.
Tra gli indicatori che più
frequentemente vengono utilizzati, un posto di primaria importanza si deve
riconoscere proprio alle acquisizioni di cittadinanza attraverso cui si
raggiunge la piena parità di diritti e di doveri tra immigrati e nazionali.
Alcuni autori [Gallo, Bisogno
e Strozza 2000] hanno puntualizzato l'ambivalente ruolo di questo istituto
giuridico in ordine al percorso di integrazione: da un lato, questo può
assumere la valenza di uno strumento volto a facilitare l'integrazione
dell'immigrato nel paese ospite riconoscendogli piena cittadinanza, dall'altro,
può essere interpretato come la tappa finale di un lungo e faticoso processo.
Coleman [1994] suggerisce di
dividere i paesi europei in due gruppi in ordine alla concessione della
cittadinanza: paesi che adottano una politica «liberale» volta ad incoraggiare
gli immigrati ad acquisire una nuova cittadinanza e paesi «protezionisti» che
impongono invece severe condizioni monetarie o la verifica del grado di
integrazione raggiunto dall'interessato. Chiaramente una distinzione così netta
e precisa può riferirsi solo ad un'astrazione teorica: la situazione è più
complessa perché spesso le politiche non sono così facilmente ed univocamente
catalogabili.
Il risultato è quindi
influenzato (e si dovrà tenere conto di questo) dalle politiche adottate ma non
solo. Il valore dell'indicatore sarà anche determinato dall'orizzonte spazio‑temporale
del migrante: è ovvio che se il progetto migratorio (che, peraltro, essendo
progetto per definizione può cambiare) non contempla una permanenza a lungo
termine nel paese di accoglienza ma un rientro a breve in quello di origine, o
se il paese di accoglienza è considerato un ponte verso un altro paese,
possiamo ipotizzare che avremo un basso livello di richieste di cittadinanza a
prescindere dalla maggiore o minore apertura delle politiche di integrazione
nazionale. In altre parole, anche il ruolo svolto dal paese ospitante (di vera
attrazione o di solo passaggio), che può variare in base ad alcune
caratteristiche e all'area di origine dei migranti, può incidere sul risultato
fornito dall'indicatore.
In conclusione, il carattere
di complessità insito nella nozione di integrazione comporta necessariamente
l'impiego di vari indicatori il cui significato varia in base al «modello
migratorio» delle collettività straniere che è la sintesi tra il progetto
iniziale e la sua realizzazione effettiva nel contesto di accoglimento.
Pertanto, quella che potrebbe sembrare un'analisi puramente tecnica presuppone,
al contrario, un elevato grado di conoscenza della realtà che si cerca di
cogliere e sintetizzare attraverso il ricorso a strumenti statistici.
Sarebbe quindi fondamentale
far ricorso anche ad indicatori che esprimano le caratteristiche delle
collettività straniere e le loro intenzioni sia a stabilirsi nel paese di
accoglimento sia a intraprendere relazioni positive con la collettività
autoctona.
2.4. Modalità di
analisi e categorie considerate
Nella predisposizione degli
indicatori di integrazione un punto cruciale è rappresentato dall'esatta
definizione dei segmenti di popolazione a cui fare riferimento. Gli immigrati
stranieri, che all'inizio del processo migratorio costituiscono praticamente la
totalità del collettivo obiettivo, col passare del tempo rappresentano solo il
segmento principale a cui va affiancato quello degli immigrati naturalizzati e
quello dei figli nati nel paese di accoglimento (la cosiddetta seconda
generazione). In tal modo si determina un'articolazione della realtà tale da
rendere inadeguata l'adozione di definizioni semplici quali quella di immigrato
o quella di straniero che non sono più coincidenti e, soprattutto, colgono
soltanto una parte del collettivo d'interesse. Accanto alla popolazione
straniera sembra pertanto opportuno considerare anche quella di origine
straniera che ha acquisito la cittadinanza del paese di accoglimento, segmento
che in genere si colloca in uno stadio più avanzato del processo di
integrazione. (2) Inoltre, all'interno
dell'insieme degli stranieri va considerata non solo la componente legale
(immigrati con permesso di soggiorno valido e minori al seguito) ma anche
quella illegale (immigrati clandestini o con permesso scaduto e non rinnovato)
che, ovviamente, risulta difficilmente quantificabile. Gli illegali
rappresentano sicuramente la parte meno stabile ed integrata della popolazione
straniera; essi potranno intraprendere un effettivo percorso di integrazione
soltanto a seguito di disposizioni eccezionali di regolarizzazione che ne
consentano la transizione verso una situazione di legalità della presenza.
Pertanto, in maniera
schematica si possono individuare almeno tre segmenti di interesse che
individuano differenti bisogni e livelli di partecipazione sociale: i
naturalizzati, gli stranieri legali e quelli illegali. Per le collettività
immigrate la strutturazione interna secondo questi sub‑gruppi può risultare
anche enormemente differenziata, riflettendo fasi diverse del processo
migratorio (le collettività di più recente costituzione hanno una quota più
elevata di illegali e più contenuta di naturalizzati) e variabili propensioni
all'inserimento nella società di accoglimento.
Sarebbe sicuramente di grande
interesse poter considerare tutti e tre i segmenti in quanto ciascuno di essi
incide in modo differenziato sulla società di arrivo ed è destinatario di
specifiche politiche sociali. (3)
Spesso però i dati rilevati e/o disponibili fanno riferimento prevalentemente
al segmento centrale, quello costituito dalla popolazione straniera legale.
Appare comunque opportuno avere indicazioni più o meno attendibili sulla
consistenza dei tre gruppi che, come detto, potrebbe risultare assai differente
tra le collettività immigrate. Inoltre, appare assolutamente necessario trovare
soluzioni che consentano di costruire alcuni indicatori essenziali, superando i
problemi dovuti alla mancanza di omogeneità nella popolazione di riferimento a
numeratore e denominatore dei rapporto (alcuni casi specifici saranno
evidenziati nel par. 3).
3. Un sistema di
indicatori di integrazione
Dopo aver evidenziato alcuni
legami tra modelli ed indicatori e l'utilità di questi ultimi come segnali di
inserimento o meno degli immigrati nel contesto di accoglienza, occorre
individuare, sulla base prevalente della definizione di integrazione proposta
dalla Commissione [«integrità e interazione», cfr. Introduzione e sintesi in
Zincone 2000a], i diversi aspetti che devono entrare in gioco per la
costruzione di un adeguato sistema di misurazione del processo di integrazione
delle collettività straniere. (4) Va
subito detto che non tutte le misure che saranno proposte sono costruibili:
l'impedimento è dovuto, in alcuni casi, alla mancanza dei dati necessari, in
altri, alla mancata rispondenza dei dati alla realtà che si vuole cogliere.
La procedura seguita, che in
questo primo anno di analisi statistica ha carattere sperimentale, ha
comportato in primo luogo la determinazione di alcune dimensioni generali della
integrazione che sono state articolate al loro interno in ambiti specifici per
ciascuno dei quali sono stati definiti misure e indicatori. Le quattro
dimensioni generali individuate (prospetto 1) esprimono aspetti differenti che
entrano in gioco nel processo di integrazione:
A. le caratteristiche
demografiche, sociali e territoriali che costituiscono i requisiti di
base, in larga misura ascrivibili al capitale umano e sociale degli immigrati;
B. le relazioni con la
comunità di origine e con quella di accoglimento, nel tentativo di valutare la
propensione alla stabilizzazione e l'interazione con la popolazione nazionale;
C. l'effettivo inserimento e
la piena realizzazione nel contesto scolastico e in quello lavorativo, dal
momento che scuola e lavoro sono assi fondamentali per l'integrazione e per la
mobilità sociale;
D. le condizioni di vita e
l'attiva partecipazione alla vita di tutti i giorni che testimoniano di
un pieno e positivo processo di interazione con l'ambiente di accoglimento.
Chiaramente, ognuna di queste
dimensioni, descrivendo quadri generali, necessita della definizione di criteri
che ne esplicitano sistematicamente il senso. Di conseguenza, le quattro
dimensioni saranno divise in 12 ambiti specifici che, a loro volta, daranno
luogo a vari indicatori (prospetto 1).
La carenza delle informazioni
necessarie per costruire gli indicatori relativi alla quarta dimensione e ad
una parte della terza, quella concernente la scolarità, nonché l'inadeguatezza
dei dati per collettività sull'inserimento lavorativo (secondo ambito specifico
della terza dimensione) hanno consigliato di evitare di proporre un'analisi di
sintesi che, per forza di cose, sarebbe stata limitata alle sole prime due
dimensioni, esprimendo quindi non lo stadio dell'integrazione ma i prerequisiti
e le propensioni delle collettività straniere. Di seguito verranno definiti,
distintamente per le quattro dimensioni, i principali indicatori di
integrazione, mettendo in evidenza i problemi di costruzione e i limiti del
materiale statistico attualmente disponibile. Poiché lo scopo principale è di
fornire un quadro generale sulle attuali possibilità di analisi del processo di
integrazione le tabelle e le figure proposte saranno commentate in maniera
estremamente sintetica.
A.a ‑ Di
alcuni problemi di costruzione degli indicatori
La struttura demografica,
sociale e territoriale secondo il paese di origine, in tale ottica, costituisce
il primo livello di studio dell'integrazione: l'intero processo dipende infatti
innanzitutto dalla «morfologia» della popolazione immigrata.
Prospetto 1 ‑
Dimensioni, ambiti specifici, misure e indicatori di integrazione delle
collettività straniere
DIMENSIONI |
AMBITI SPECIFICI |
MISURE E INDICATORI |
A. STRUTTURA DEMOGRAFICA,
SOCIALE E TERRITORIALE |
A.I. Struttura demografica e
comportamento riproduttivo |
A.1.1.Ammontare A. 1.2. Struttura per età A.1.3. Struttura per sesso A. 1.4. Struttura per stato
civile A. 1.5. Natalità/fecondità |
|
A.2. Struttura sociale |
A.2.1. Livello di istruzione |
|
A.3. Struttura territoriale |
A.3. 1. Distribuzione della
popolazione sul territorio |
B. RELAZIONI CON LA
COMUNITA’ DI ORIGINE E CON QUELLA DI ACCOGLIMENTO |
B.1. Relazioni con il paese
di origine |
B. 1.1. Rimesse B.3.1. Ricongiungimenti
familiari B. 1.2. Contatti con
familiari in patria |
|
B.2. Relazioni con il gruppo
etnico di origine e con gli altri
gruppi |
B.2.1. Iscritti ad
associazioni etniche B.2.2. Matrimoni tra
stranieri |
|
B.3. Relazioni con il paese
di accoglimento |
B.3.2. Uso della lingua
italiana B.3.3. Matrimoni misti B.3.4. Naturalizzazioni e
acquisizioni della cittadinanza |
C. INSERIMENTO LAVORATIVO E MOBILITA’ SOCIO‑PROFESSIONALE |
C.1. Riuscita scolastica dei
figli degli immigrati e della seconda generazione |
C. 1.1. Scolarizzazione C.1.2. Insuccessi nella
scuola dell'obbligo C.1.3. Ritardi ed abbandoni |
|
|
|
|
|
|
|
C.2. Inserimento lavorativo |
C.2.1. Tasso di attività e
partecipazione femminile C.2.2. Tasso di
disoccupazione C.2.3. Settori di
occupazione e qualifiche professionali C.2.4. Lavoratori autonomi C.2.5. Utilizzazione del
capitale umano |
D. VITA NELLA SOCIETA’ |
D.1. Alloggio |
D.1.l. Distribuzione sul
territorio urbano (concentrazione geografica e segregazione) D. 1.2. Tipo di sistemazione
abitativa D.1.3. Quota di proprietari
di abitazioni D. 1.4. Quota di senza casa D.1.5. Affollamento |
|
D.2. Consumi |
D.2.1. Quota di reddito
consumato in beni non di prima necessità |
|
D.3. Salute |
D.3.1. Condizioni di salute D.3.2. Abortività D.3.3. Mortalità |
|
D.4.. Devianza |
D. 4. 1. Intensità dei
comportamenti devianti rispetto ai nazionali |
E’ impensabile cercare di
approntare una qualsivoglia politica sociale prescindendo da una precisa
conoscenza delle caratteristiche del collettivo obiettivo. La prima dimensione
costituisce quindi una premessa a tale politica venendo infatti a definire
principalmente il complesso del capitale umano e sociale degli
immigrati.
Prima di tutto è fondamentale
conoscere la numerosità delle collettività immigrate e la loro distribuzione
territoriale per avere un'idea generale sulla consistenza e la localizzazione
degli eventuali interventi da predisporre. La articolazione dell'ammontare
totale secondo le modalità delle principali caratteristiche demografiche appare
fondamentale per valutare in modo specifico squilibri ed eventuali necessità.
In particolare, la struttura
per età dovrebbe consentire di evidenziare l'importanza assunta dalla
popolazione in età lavorativa, oltre che dalla componente giovanile e da quella
anziana, mettendo in luce la fase del processo migratorio (da un'immigrazione
per lavoro al prevalere dei ricongiungimenti familiari fino all'eventuale
invecchiamento del collettivo degli immigrati) e l'emergere di distinti e
specifici bisogni (per i più giovani di istruzione e formazione per gli anziani
di assistenza).
E’ non meno importante la
struttura per sesso che è anche un segnale dello stadio del processo migratorio
e che, in caso di forti squilibri, può essere un'indicazione delle possibili
difficoltà che gli immigrati incontrano nelle relazioni sociali.
Anche la struttura per stato
civile rivela una realtà che incide profondamente sulla sfera affettiva
dell'immigrato e quindi sui suoi atteggiamenti e comportamenti. L'esistenza o
meno di vincoli matrimoniali e la presenza o meno del coniuge in Italia
esercita notevole influenza sull'esperienza migratoria e sul vissuto del
migrante. Inoltre, è un'informazione utile per cogliere anticipatamente i
possibili comportamenti nuziali e il numero atteso di richieste di ricongiungimento
familiare.
Il comportamento riproduttivo
delle coppie immigrate risente, ovviamente, dei modelli delle comunità di
origine, anche se l'esperienza migratoria e la realtà di accoglimento possono
modificare il calendario ed il numero delle nascite per donna. In letteratura
particolare attenzione è stata rivolta proprio al processo di convergenza della
fecondità degli immigrati, soprattutto di quelli provenienti da paesi ad alta
fecondità, verso i livelli sperimentati dalla popolazione dei paese di
accoglimento.
In questo tipo di analisi
occorre considerare un possibile iniziale declino della fecondità, dovuto alle
difficoltà connesse all'emigrazione [Maffioli 1996] ed allo squilibrio nella
struttura per sesso, ed una successiva ripresa che in molti casi non raggiunge
i livelli osservati nei paesi di origine, poiché una parte della fecondità
rinviata non verrà più recuperata e/o il modello riproduttivo tenderà ad
avvicinarsi a quello della popolazione autoctona.
Pertanto, se in molti paesi
di accoglimento si assiste ad una flessione della fecondità delle popolazioni
immigrate rispetto ai livelli osservati nei paesi di origine, questa situazione
potrebbe non essere la conseguenza di un processo di convergenza dei
comportamenti dei nuovi venuti verso quelli della popolazione ospitante. Nel
primo periodo di immigrazione, infatti, la bassa fecondità potrebbe dipendere
soprattutto dalla proporzione
di bambini nati prima dell'evento migratorio e/o dalla separazione delle
coppie.(5)
Particolare attenzione viene
rivolta alla fecondità intesa anche come segnale di un più generale rapporto
degli immigrati con la società di accoglienza [Feld 1991]. infatti, è possibile
individuare nel comportamento riproduttivo una vera e propria strategia di
mobilità sociale messa in atto da gruppi minoritari economicamente e
socialmente svantaggiati: in quest'ottica, una diminuzione del tasso di
fecondità verrebbe interpretato come un fattore di promozione sociale.
Tuttavia, una comunità che avverte come ostile la società circostante potrebbe
dar luogo ad una forte fecondità come reazione sociale. Un terzo approccio
considererebbe determinante nei comportamenti riproduttivi le norme religiose o
ideologiche proprie di alcuni gruppi.
Da quanto detto è evidente,
quindi, l'importanza che assume l'analisi del livello e dell'evoluzione della
fecondità delle collettività straniere, anche se vanno superate alcune non
facili difficoltà di misura. Il calcolo dei tassi specifici di fecondità per
età e conseguentemente del tasso di fecondità totale (TFT), che esprime il
numero medio di figli per donna, non appare semplice poiché il numero di nati
vivi da riportare a numeratore comprende anche quelli da donne senza permesso
di soggiorno, ma le donne illegali che dovrebbero quindi risultare a
denominatore dei rapporto insieme a quelle legali, non essendo rilevate dalle
fonti ufficiali risultano di difficile valutazione. Per questa ragione alcuni
[Natale e Strozza 1997] hanno limitato l'attenzione alle nascite da donne straniere
residenti, altri [Maffioli 1996] hanno fatto ricorso a metodi alternativi di
stima del TFT.
Spesso si fa riferimento al
quoziente generico di natalità, numero di nascite in un anno di calendario per
ogni mille persone, che necessita di una stima complessiva degli stranieri
(legali e illegali) da porre a denominatore del rapporto. La interpretazione
del valore assunto da tale indice va però sostenuta dall'analisi di ulteriori
informazioni. (6)
Avendo inteso la prima
dimensione come il capitale umano che lo straniero porta con sé al momento del
suo arrivo in Italia, nell'ambito di questa viene inquadrato l'indicatore
relativo al titolo di studio degli immigrati (ad esempio, la quota di diplomati
e laureati tra gli ultra venticinquenni) che potrebbe giocare un ruolo
importante nell'inserimento lavorativo e, più in generale, in quello sociale
nella realtà di adozione.
Va notato però che
attualmente solo in pochi casi sono disponibili informazioni sul livello
d'istruzione le quali, quando rilevate, riguardano quasi sempre il titolo di
studio riconosciuto in Italia e non quello conseguito in patria. In pratica, la
presenza nei paesi di origine di sistemi scolastici e programmi formativi
differenti da quelli italiani comporta spesso il mancato riconoscimento del
titolo conseguito dagli immigrati e quindi uno svantaggio che alle volte è
possibile colmare soltanto attraverso l'acquisizione dei titoli di studio in
Italia.
A.b ‑ Misure
e indicatori disponibili
Tab. 1 ‑ Sulla base dei
dati sui permessi di soggiorno validi all'inizio del 1999, raccolti dal
Ministero dell'Interno e rivisti dall'Istat [2000c], è possibile, pur con
qualche limite di non poco conto, trarre interessanti informazioni sulla
dimensione e sulla struttura demografica delle comunità straniere, nonché sulla
loro distribuzione sul territorio nazionale.
Naturalmente, questi dati si
riferiscono alla sola componente legale, vale a dire a quegli stranieri
presenti sul territorio nazionale nel rispetto della normativa sul soggiorno in
Italia.
All'inizio del 1999 gli
stranieri con permesso di soggiorno sono poco meno di 1.100.000, se si tiene
conto anche dei minori al seguito si arriva ad una cifra di circa 1.250.000
stranieri legali [Gabrielli, Gallo e Strozza 2000] che costituisce quasi il
2,2% della popolazione complessiva presente in Italia. Per effetto soprattutto
della sanatoria del 1998, i permessi di soggiorno dovrebbero superare
all'inizio del 2000 la cifra di 1.300.000 unità, circa 1.500.000 dovrebbero
essere quindi gli stranieri legali compresi i minori.
La mappa della popolazione
straniera per luogo di origine si caratterizza per la sua estrema complessità:
il numero relativamente ridotto di presenze rispetto ad alcuni tradizionali
Stati europei di accoglimento (Germania, Francia e Regno Unito) si qualifica
per l'altissimo numero di collettività che lo costituiscono. Si consideri che
le dieci comunità straniere numericamente più importanti rappresentano solo
poco più della metà del totale.
Riguardo alla struttura per
sesso, le informazioni sopra riportate documentano, in generale, un forte
squilibrio tra i due generi con alcune collettività a netta prevalenza maschile
(senegalese, egiziana, tunisina, marocchina, ecc.) ed altre a chiara
predominanza femminile (brasiliana, polacca, peruviana, filippina, ecc.).
Le differenze assolute tra
l'ammontare dei maschi e delle femmine danno conto dell'importanza numerica
dello squilibrio che è, in genere, più forte per le comunità a dominanza
maschile.
La gravità di queste
discrepanze, insieme al gran numero di nazionalità presenti sul territorio,
rendono la definizione di politiche di integrazione particolarmente
problematica. Va notato comunque che con la stabilizzazione della presenza c'è
una chiara tendenza al riequilibrio della struttura per sesso [Gabrielli, Gallo
e Strozza 2000].
Pertanto, oltre all'elevato numero di collettività esiste un problema di differenze tra collettività di «antica» e di più «recente» immigrazione. A influire sulle differenze gioca un ruolo non secondario anche il diverso tasso di sviluppo socio‑economico della popolazione nei luoghi di origine che può spingere o meno l'emigrato a rimanere in Italia e a richiamare la propria famiglia.
Tab. 1 ‑ Dimensione
assoluta e struttura per sesso delle principali collettività straniere. Italia,
1‑1‑1999. Valori assoluti e percentuali
Paese di cittadinanza (a) |
Valori assoluti |
Differenza |
% |
% squilibrio |
||
|
Totale |
maschi |
femmine |
assoluta |
femmine |
tra i sessi (b) |
Marocco |
128.297 |
93.948 |
34.349 |
59.599 |
26,8 |
46,5 |
Albania |
87.595 |
55.916 |
31.679 |
24.237 |
36,2 |
27,7 |
ex‑Jugoslavia |
82.067 |
50.697 |
31.370 |
119.327 |
38,2 |
23,6 |
Filippine |
59.074 |
19.443 |
39.631 |
‑20.188 |
67,1 |
34,2 |
USA |
45.944 |
15.399 |
30.545 |
‑15.146 |
66,5 |
33,0 |
Cina |
41.237 |
22.217 |
19.020 |
3.197 |
46,1 |
7,8 |
Tunisia |
41.137 |
32.310 |
8.827 |
23.483 |
21,5 |
57,1 |
Germania |
33.836 |
13.928 |
19.908 |
‑5.980 |
58,8 |
17,7 |
Romania |
33.777 |
15.023 |
18.754 |
‑3.731 |
55,5 |
11,0 |
Senegal(c) |
31.420 |
29.305 |
2.115 |
27.190 |
6,7 |
86,5 |
Sri Lanka |
27.381 |
15.612 |
11.769 |
3.843 |
43,0 |
14,0 |
Francia |
24.762 |
9.798 |
14.964 |
‑5.166 |
60,4 |
20,9 |
Egitto |
23.811 |
18.882 |
4.929 |
13.953 |
20,7 |
58,6 |
Perù |
23.637 |
7.428 |
16.209 |
‑8.781 |
68,6 |
37,1 |
Regno Unito |
23.377 |
10.114 |
13.263 |
‑3.149 |
56,7 |
13,5 |
Polonia |
23.258 |
7.177 |
16.081 |
‑8.904 |
69,1 |
38,3 |
India |
21.974 |
13.048 |
8.926 |
4.122 |
40,6 |
18,8 |
Spagna |
17.132 |
5.534 |
11.598 |
‑6.064 |
67,7 |
35,4 |
Brasile (d) |
16.593 |
4.270 |
12.323 |
‑8.053 |
74,3 |
48,5 |
Svizzera |
16.404 |
7.196 |
9.208 |
‑2.012 |
56,1 |
12,3 |
Altro |
288.107 |
135.323 |
152.784 |
‑17.461 |
53,0 |
16,1 |
Totale |
1.090.820 |
1.582.568 |
508.252 |
74.316 |
46,6 |
6,8 |
Note:
(a) Sono riportate
le prime 20 collettività straniere ordinate in modo decrescente in base alla
numerosità dei permessi validi all'inizio del 1999.
(b) L'indice di
squilibrio per sesso, che è uguale a due volte la differenza in valore assoluto
tra il valore di equilibrio e quello della quota delle donne (2* |50‑%F|),
assume valori compresi tra 0 e 100, con i due estremi corrispondenti
rispettivamente ai casi di perfetto equilibrio e di massimo squilibrio.
(c) Comunità con la
massima eccedenza maschile.
(d) Comunità con la
massima eccedenza femminile.
Fonte: nostra elaborazione su
dati del Ministero dell'Interno rivisti dall'Istat [2000c].
Tab. 2 ‑ I permessi di
soggiorno distinti per stato civile consentono di confermare al 1999 la
prevalenza degli stranieri coniugati, emersa per la prima volta nel 1998
[Golini 2000], a dimostrazione della tendenza alla stabilizzazione della
presenza degli immigrati sul territorio italiano, rafforzata anche dal fatto
che in diversi casi (oltre il 14%) i titolari di permesso hanno almeno un
figlio minorenne al seguito (7).
Più in generale, il consolidarsi dell'immigrazione, la stabilizzazione delle presenze e l'arrivo dei congiunti determina significativi cambiamenti nella struttura demografica della popolazione straniera: gli italiani oggi non hanno di fronte solo l'immigrato giovane, celibe e lavoratore ma anche quello coniugato, non di rado con moglie, figli e genitori anziani.
Paese di cittadinanza (a) |
% per stato civile |
% con prole |
Età media (b) |
Struttura età lav. (c) |
% anziani (65+) |
||
Celibi/ nubili |
Coniugati |
Altro |
|||||
|
|
|
|
|
|
|
|
Marocco |
45,2 |
53,3 |
1,5 |
17,6 |
34,2 |
32,2 |
0,8 |
Albania |
41,5 |
56,5 |
2,0 |
20,6 |
31,8 |
20,7 |
2,0 |
ex‑Jugoslavia |
39,7 |
57,7 |
2,6 |
18,7 |
34,0 |
35,6 |
2,3 |
Filippine |
44,2 |
54,2 |
1,6 |
8,0 |
36,9 |
57,5 |
0,6 |
USA |
27,9 |
69,7 |
2,4 |
26,4 |
41,3 |
101,6 |
16,7 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Cina |
37,8 |
61,3 |
0,9 |
18,6 |
32,9 |
30,0 |
1,3 |
Tunisia |
54,7 |
44,3 |
1,0 |
14,5 |
33,4 |
17,0 |
0,3 |
Germania |
44,3 |
48,0 |
7,6 |
13,9 |
40,6 |
69,4 |
21,4 |
Romania |
41,9 |
53,5 |
4,7 |
10,1 |
31,7 |
21,4 |
2,0 |
Senegal |
40,6 |
59,1 |
0,3 |
8,3 |
35,9 |
38,0 |
0,1 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Sri Lanka |
35,1 |
64,1 |
0,8 |
10,5 |
35,0 |
40,0 |
0,5 |
Francia |
50,4 |
43,0 |
6,6 |
12,0 |
37,1 |
48,2 |
17,1 |
Egitto |
47,8 |
51,3 |
0,9 |
13,7 |
35,3 |
35,5 |
0,9 |
Perù |
62,3 |
35,8 |
1,9 |
6,1 |
34,7 |
35,5 |
1,3 |
Regno Unito |
50,1 |
44,8 |
5,1 |
12,7 |
38,7 |
161,2 |
17,7 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Polonia |
51,4 |
43,2 |
5,4 |
8,9 |
33,4 |
28,9 |
3.2 |
India |
59,6 |
39,9 |
0,5 |
12,0 |
34,8 |
36,3 |
1,7 |
Spagna |
67,0 |
30,3 |
2,7 |
5,6 |
38,4 |
41,3 |
199 |
Brasile |
54,5 |
41,9 |
3,5 |
7,4 |
35,1 |
32,5 |
3,6 |
Svizzera |
39,1 |
52,9 |
8,0 |
22,2 |
45,6 |
150,1 |
40,3 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Altro |
153,5 |
43,5 |
3,0 |
11,7 |
… |
30,5 |
5,9 |
Totale |
146,9 |
50,4 |
|
4,2 |
34,9 |
135,4 |
5,5 |
Note:
(a) Sono riportate le prime 20
collettività straniere ordinate in modo decrescente in base alla numerosità dei
permessi validi all'inizio del 1999.
(b) Calcolata sull'insieme
degli stranieri compresi tra 18 e 64 anni compiuti.
(c) Rapporto percentuale tra
stranieri di età 40‑59 anni e stranieri di età 20‑39 anni.
Fonte: nostra elaborazione su
dati del ministero dell'Interno rivisti dall'Istat [2000c].
In generale, la popolazione
immigrata proveniente dai paesi a forte pressione migratoria (Pfpm) si conferma
comunque nettamente più giovane di quella originaria dei PSA, con una grande
concentrazione nelle fasce di età centrali, propriamente lavorative, ed una
scarsa incidenza degli anziani. L'età media risulta essere di 34 anni anche se
il dato, elaborato sui permessi di soggiorno, non tiene conto dei minori a cui,
come è noto, non vengono rilasciati permessi di soggiorno e che risultano
invece indicati su quello del genitore.
Tab. 3 ‑
L'analisi relativa alla distribuzione territoriale delle prime dieci
collettività straniere mette in evidenza importanti difformità: mentre alcune
nazionalità si concentrano solo in poche province, in genere in quelle metropolitane,
altre invece si caratterizzano per una presenza più o meno diffusa sul
territorio. Nella prima situazione rientra senz'altro la comunità filippina che
si concentra soprattutto a Roma e Milano (più del 60% dei presenti). L'opposto
accade invece per le collettività marocchina ed albanese: nelle cinque province
dove si registra la loro presenza più consistente è insediato solo tra il 20 ed
il 25% degli stranieri appartenenti a tali nazionalità.
Tab. 4 ‑ Sia in
valore assoluto che in percentuale rispetto alla popolazione residente, Roma e
Milano risultano essere le due capitali dell'immigrazione in Italia, seguite a
grande distanza da Torino, Napoli, Firenze, Vicenza e così via. Si nota come la
presenza straniera sia concentrata nel Centro‑Nord e, in particolare,
nella ripartizione Nord‑occidentale. La maggior parte degli stranieri
tende a stabilirsi prevalentemente nelle aree più ricche del nostro Paese.
Potrebbero di conseguenza ritornare in questo contesto le considerazioni svolte
dalla Commissione lo scorso anno riguardo alle modalità di inserimento degli
stranieri nel segmentato, anche dal punto di vista territoriale, mercato dei
lavoro: gli immigrati tendono, infatti, a concentrarsi nelle regioni italiane
più prossime al pieno impiego.
Va sottolineata l'esigenza
che a livello locale le politiche di integrazione debbono tenere conto delle
specifiche caratteristiche della presenza straniera. Così mentre a Roma e a
Milano prevalgono collettività a prevalenza femminile che trovano impiego
soprattutto nell'assistenza alle famiglie, a Torino prevalgono nettamente i
marocchini, a Firenze i cinesi, a Vicenza gli ex iugoslavi. Si tratta di
collettività che per le loro caratteristiche e le loro modalità di inserimento
lavorativo necessitano di interventi specifici e differenziati.
Tab. 5 e Fig. 1
‑ I dati sulle nascite sono registrati dallo stato civile per
cittadinanza dei genitori fin dal 1984; dall'inizio degli anni novanta sono
disponibili anche quelli registrati dall'anagrafe con riguardo al sottoinsieme
dei nati da genitori entrambi stranieri di cui almeno la madre residente in
Italia. Tra il 1992 e il 1996 (8) si è
osservata una crescita abbastanza rilevante delle nascite da almeno un genitore
straniero passate da meno di 16.000 a quasi 24.000 [Istat, 2000c]. In
particolare, i nati da entrambi i genitori stranieri sono stati meno di 9.000
nel 1992 ed oltre 14.500 nel 1996, con un incremento di quasi il 70%. L'aumento
delle nascite è costante e fortissimo per le coppie dell'est europeo (+ 108%
dal 1992 al 1996) e per quelle africane (+ 73% dal 1992 al 1996). Sarebbe
interessante sapere se il figlio sia voluto o meno: se così fosse l'aumento
costituirebbe un indice di stabilità del progetto migratorio. I dati a nostra
disposizione sembrerebbero evidenziare che le coppie dell'America Latina
tendano a non avere figli in Italia. Come detto in precedenza, attualmente non
è possibile ottenere una misura del tutto attendibile della fecondità poiché le
nascite comprendono anche quelle da genitori presenti sul territorio senza
permesso di soggiorno, ma la consistenza degli stranieri irregolari è,
ovviamente, di difficile valutazione. Per il periodo 1995‑96 si è
comunque pervenuti ad una stima di prima approssimazione del TFT in Italia per
alcune collettività immigrate come media tra due valutazioni estreme, una di
minimo ed una di massimo (maggiori dettagli sulla procedura di calcolo sono
riportati nella nota alla fig. 1).
Tab. 3 ‑
Distribuzione territoriale delle prime 10 collettività di stranieri in base ai
permessi di soggiorno. Valori percentuali per le prime cinque province e per
ripartizione territoriale. Valori assoluti in migliaia. Italia, 1‑1‑1999
Marocco |
Albania |
ex Jugoslavia |
Filippine |
USA |
Cina |
Tunisia |
Germania |
Romania |
Senegal |
||||||||||
Prov./ ripart. |
% |
Prov./ ripart. |
% |
Prov./ ripart. |
% |
Prov./ ripart. |
% |
Prov./ ripart. |
% |
Prov./ ripart. |
% |
Prov./ ripart. |
% |
Prov./ ripart. |
% |
Prov./ ripart. |
% |
Prov./ ripart. |
% |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Milano |
8,5 |
Milano |
5,3 |
Vicenza |
8,8 |
Roma |
37,8 |
Napoli |
20,0 |
Milano |
18,2 |
Ragusa |
10,1 |
Milano |
14,0 |
Roma |
22,4 |
Bergamo |
10,3 |
Torino |
7,5 |
Roma |
5,0 |
Trieste |
8,4 |
Milano |
26,0 |
Roma |
16,2 |
Prato |
14,1 |
Trapani |
6,3 |
Roma |
14,0 |
Torino |
7,4 |
Milano |
9,3 |
Bergamo |
3,9 |
Bari |
4,7 |
Roma |
7,8 |
Firenze |
4,2 |
Porden. |
9,6 |
Firenze |
11,3 |
Milano |
6,0 |
Bolzano |
12,3 |
Milano |
7,0 |
Brescia |
8,2 |
Bologna |
3,8 |
Firenze |
3,8 |
Treviso |
5,1 |
Napoli |
2,9 |
Catania |
7,6 |
Roma |
10,3 |
Roma |
5,9 |
Firenze |
3,3 |
Padova |
3,3 |
Ravenna |
5,1 |
Verona |
3,6 |
Torino |
2,5 |
Milano |
4,4 |
Bologna |
2,7 |
Vicenza |
7,1 |
Torino |
4,0 |
Bologna |
3,9 |
Varese |
3,1 |
Verona |
3,1 |
Pisa |
3,8 |
altre |
72,7 |
altre |
78,7 |
altre |
65,6 |
altre |
26,5 |
altro |
39,5 |
altre |
42,1 |
altre |
67,9 |
altre |
53,3 |
altre |
56,7 |
altre |
63,2 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Tot. |
100,0 |
Tot. |
100,0 |
Tot. |
100,0 |
Tot. |
100,0 |
Tot. |
100,0 |
Tot. |
100,0 |
Tot. |
100,0 |
Tot. |
100,0 |
Tot. |
100,0 |
Tot. |
100,0 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
NO |
40,0 |
NO |
27,1 |
NO |
17,4 |
NO |
32,8 |
NO |
8,9 |
NO |
32,7 |
NO |
23,4 |
NO |
32,0 |
NO |
27,2 |
NO |
43,9 |
NE |
27,7 |
NE |
22,4 |
NE |
51,9 |
NE |
8,5 |
NE |
22,6 |
NE |
18,8 |
NE |
23,5 |
NE |
28,1 |
NE |
20,8 |
NE |
23,8 |
CE |
15,3 |
CE |
28,9 |
CE |
21,5 |
CE |
47,3 |
CE |
27,3 |
CE |
40,3 |
CE |
16,5 |
CE |
29,8 |
CE |
42,1 |
CE |
15,7 |
SU |
11,6 |
SU |
18,9 |
SU |
7,5 |
SU |
6,8 |
SU |
30,7 |
SU |
6,6 |
SU |
10,9 |
SU |
5,5 |
SU |
6,9 |
SU |
8,2 |
IS |
5,4 |
IS |
2,7 |
IS |
1,6 |
IS |
4,6 |
IS |
10,5 |
IS |
1,7 |
IS |
25,7 |
IS |
4,5 |
IS |
3,0 |
IS |
8,4 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Totale |
100,0 |
Totale |
100,0 |
Totale |
100,0 |
Totale |
100,0 |
Totale |
100,0 |
Totale |
100,0 |
Totale |
100,0 |
Totale |
100,0 |
Totale |
100,0 |
Totale |
100,0 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
v.a. |
128,3 |
v.a. |
87,6 |
v.a. |
82,1 |
v.a. |
59,1 |
v.a. |
45,9 |
v.a. |
41,2 |
v.a. |
41,1 |
v.a. |
33,8 |
v.a. |
33,8 |
v.a. |
31,4 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Nota:
(a) Per ogni collettività
straniera è riportata in corsivo la ripartizione territoriale di maggiore
presenza.
Fonte: nostra elaborazione su
dati del Ministero dell'Interno rivisti dall'Istat [2000c].
Tab. 4 ‑ Stranieri con
permesso di soggiorno nelle prime 10 province per numerosità della presenza.
Italia, 1‑1‑1999.
Valori assoluti, incidenza
percentuale sulla popolazione residente e distribuzione percentuale delle
principali cittadinanze
Province |
Stranieri |
Graduatoria % secondo i primi cinque paesi di
cittadinanza (a) |
||||||||||||
|
v.a. |
% sui resid. |
1 |
2 |
3 |
4 |
5 |
|
||||||
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Roma |
182.108 |
4,8 |
Fil |
12,3 |
Pol |
5,3 |
Rom |
4,2 |
Usa |
4,1 |
Spa |
4,1 |
altro |
70,0 |
Milano |
136.098 |
3,6 |
Fil |
11,3 |
Egi |
8,4 |
Mar |
8,0 |
Cin |
5,5 |
Per |
5,3 |
altro |
61,5 |
Torino |
37.900 |
1,7 |
Mar |
25,4 |
Rom |
6,6 |
Alb |
5,8 |
Per |
5,6 |
Cin |
4,3 |
altro |
52,3 |
Napoli |
36.229 |
1,2 |
Usa |
25,3 |
Sri |
11,3 |
Mar |
5,7 |
Alg |
5,1 |
Fil |
4,7 |
altro |
47,9 |
Firenze |
31.884 |
3,3 |
Cin |
14,6 |
Alb |
10,3 |
Fil |
7,8 |
Mar |
6,0 |
Jug |
4,0 |
altro |
57,3 |
Vicenza |
26.447 |
3,4 |
Jug |
27,4 |
Usa |
12,4 |
Mar |
10,4 |
Gha |
9,9 |
Alb |
5,0 |
altro |
34,9 |
Bologna |
24.828 |
2,7 |
Mar |
19,4 |
Tun |
6,4 |
Fil |
6,3 |
Jug |
6,2 |
Alb |
6,0 |
altro |
55,7 |
Brescia |
24.557 |
2,3 |
Mar |
15,7 |
Sen |
10,5 |
Gha |
8,0 |
Alb |
7,6 |
Jug |
6,7 |
altro |
51,5 |
Verona |
22.410 |
2,8 |
Mar |
20,6 |
Jug |
11,6 |
Gha |
8,0 |
Sri |
5,3 |
Rom |
4,7 |
altro |
49,8 |
Bergamo |
20.599 |
2,2 |
Mar |
24,2 |
Sen |
15,7 |
Alb |
8,3 |
Jug |
7,1 |
Ind |
3,3 |
altro |
41,4 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Nota:
(a) Le cittadinanze sono
indicate con una etichetta di tre lettere quasi sempre le prime tre del paese
di cittadinanza. In particolare, con «Jug» viene indicata la ex Jugoslavia e
non quella attuale.
Fonte: nostra elaborazione su
dati dei Ministero dell'Interno rivisti dall'Istat [2000c].
Tab. 5 ‑ Nati vivi da
entrambi i genitori stranieri. Italia, 1992‑1999
Anni |
Nati da popol. resid. |
Nati da popolazione presente (a) |
||||||
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
v.a. |
% sul totale nascite |
di cui: area di cittadinanza della madre |
||||
|
|
|
|
PSA (b) |
Altro Europa |
Africa |
Asia |
America Latina |
1992 |
... |
8.684 |
1,5 |
1.173 |
1.903 |
2.987 |
2.025 |
545 |
1993 |
7.000 |
9.884 |
1,8 |
1.106 |
2.199 |
3.604 |
2.308 |
624 |
1994 |
8.028 |
11.739 |
2,2 |
1.029 |
2.787 |
4.453 |
2.760 |
659 |
1995 |
9.061 |
13.096 |
2,5 |
1.150 |
3.292 |
4.927 |
2.948 |
654 |
1996 |
10.820 |
14.584 |
2,7 |
1.114 |
3.955 |
5.163 |
3.458 |
796 |
1997 |
13.569 |
|
|
|
|
|
|
|
1998 |
16.901 |
|
|
|
|
|
|
|
1999 |
21.175 |
|
|
|
|
|
|
|
Note:
(a) Sono compresi i casi in
cui uno dei due genitori è ignoto. Il totale è maggiore della somma dei valori
per area di cittadinanza della madre poiché comprende anche gli apolidi e i
casi in cui la madre è ignota.
(b) Sono compresi i paesi
dell'Ue, del Nord America e dell'Oceania.
(…) Dato non rilevato.
Fonti: Istat [1998; 1999;
2000b; 2000c].
I valori stimati, che vanno
presi con molta cautela, mostrano come per diverse comunità straniere
originarie dei Pfpm l'intensità della fecondità in Italia risulti inferiore a
quella registrata nello stesso periodo nei paesi di provenienza e, in qualche
caso, sia addirittura più bassa pure di quella della popolazione italiana. Per
una parte non trascurabile degli immigrati ciò è legato sicuramente anche alla
brevità della permanenza sul territorio italiano, che fra l'altro comporta
problemi di primo adattamento alla nuova realtà oltre che la rottura temporanea
(in qualche caso definitiva) di rapporti affettivi e la eventuale separazione
tra i coniugi. La stabilizzazione delle presenze e la composizione o
ricomposizione di nuclei familiari potrebbe determinare un certo innalzamento
della fecondità come sembrerebbe già emergere per le collettività dell'Africa
mediterranea.
Fig. 1 ‑ Un
tentativo di stima del numero medio di figli per donna (TFT) per alcune
collettività straniere. Valori nel paese di origine intorno alla metà degli
anni novanta e in Italia nel periodo 1995‑96 (a)
Nota:
(a) Il TFT è ottenuto come
somma dei tassi specifici di fecondità per classi di età moltiplicati per
l'ampiezza della classe. I tassi specifici per classi di età sono stati
ottenuti come media dei valore di minimo ricavato ponendo a numeratore solo i
nati da donne residenti in Italia e quello di massimo in cui si è posto a
numeratore del rapporto il totale dei nati (da straniere residenti e non). Il
denominatore è stato posto sempre uguale all'ammontare dei permessi di
soggiorno.
Fonti: ‑ per la
fecondità in Italia: nati vivi registrati allo stato civile [Istat 1999; 2000c]
e permessi di soggiorno del Ministero dell'Interno rivisti dall'Istat [1998;
1999]; ‑ per la fecondità nei paesi di origine: United Nations [1999].
Va notato infine che negli
ultimi anni le nascite da genitori entrambi stranieri e residenti in Italia,
che costituiscono la parte più stabile della popolazione immigrata, si sono
fortemente accresciute (tra il 1993 e il 1999 sono triplicate), superando nel
1999 i 20.000 casi: si tratta di bambini nati in Italia, che probabilmente
cresceranno e studieranno in Italia ma che potrebbero rimanere stranieri fino
al compimento del 18 anno di età. In altre parole, con l'attuale legislazione
sulla concessione della cittadinanza ci si troverà di fronte ad un numero
elevato di ragazzi cresciuti e istruiti in Italia che non godono dei diritti
connessi con la cittadinanza stessa.
La seconda dimensione
individuata nel presente lavoro cerca di chiarire i termini del rapporto tra
una comunità immigrata e tutte le altre allo scopo di coglierne il maggiore o
minore grado di apertura rispetto alla collettività italiana ed alla altre
collettività presenti in Italia. Gli indicatori, volti a misurare la forza del
legame tra gli immigrati di una certa nazionalità e la popolazione di origine
vengono assunti quali elementi del progetto migratorio.
Prima di tutto appare
essenziale cercare di misurare il legame degli immigrati con il paese di
origine attraverso notizie sui rientri periodici, sui contatti (epistolari,
telefonici ecc.) con i familiari rimasti in patria e sull'invio di
rimesse. Le prime due informazioni sono ricavabili esclusivamente attraverso la
realizzazione di indagini ad hoc, mentre il dato sui risparmi inviati in patria
dovrebbe essere rilevato anche dalle fonti amministrative, quando il
trasferimento avviene attraverso i principali canali ufficiali.
Per quanto concerne le
rimesse non facile può risultare l'interpretazione dei dati raccolti e degli
indicatori costruibili (rimesse annue pro‑capite, quota del reddito o del
risparmio inviato in patria, ecc.): se, nelle prime fasi dell'esperienza
migratoria un cospicuo ammontare di rimesse può essere indice di buon guadagno
e quindi di un riuscito inserimento lavorativo o comunque di un progetto
migratorio di successo (9), lo stesso
indicatore, se e quando riferito a gruppi da tempo insediati sul territorio,
può essere il riflesso del mantenimento di forti legami con il paese di origine
e, di conseguenza, di deboli legami con il paese di accoglimento [Haut Conseil
à l'Intégration 1991].
Dalla forza dei legami con il
paese di origine si passa ad esaminare le relazioni che gli immigrati di
ciascuna collettività instaurano nel paese di adozione. Seguendo questo
criterio, attraverso l'utilizzo di ulteriori indicatori, si cercherà di
individuare l'esistenza di una qualche forma di organizzazione interna alla
comunità e forme di interazione tra i vari gruppi etnici.
Un primo indicatore che
potrebbe rivelare la maggiore o minore chiusura di una comunità nei confronti
delle altre è dato dalla quota di iscritti ad associazioni etniche per
collettività. Se, infatti, il divenire membri di queste unioni, nella prima
fase dell'esperienza migratoria, può fornire al nuovo arrivato un valido
supporto psicologico, in quanto viene in qualche modo ricostituita su scala
ridotta la comunità d'origine, e materiale visto che gli incontri spesso si
traducono in un crocevia di informazioni utili per chi non conosce ancora la
realtà di accoglimento (10) , in un
secondo momento può invece far ravvisare un segno di chiusura e una volontà di
coesistenza all'interno della propria comunità, più che di interazione e
commistione con le altre.
Per quanto concerne le
relazioni con il paese di accoglimento va sottolineata anzitutto l'importanza
che può assumere l'informazione sui ricongiungimenti familiari. Tale evento
determina sicuramente una riduzione del legame dell'immigrato con il paese di
origine, anche se può costituire una tappa ambivalente, per quanto
fondamentale, del processo di
integrazione: se, da un lato, il ricongiungimento familiare può essere
interpretato come un segnale di stabile radicamento nel paese ospite,
dall'altro rafforza i legami di base e ripropone valori e tradizioni del paese
di origine in quello di adozione [Natale 1995]. E' certo che la ricostituzione
dei nuclei familiari fa degli immigrati dei portatori di nuove istanze in
termini, in particolare, di bisogni abitativi, sanitari e culturali: si passa
quindi dalle esigenze del singolo individuo a quelle di un nucleo familiare.
Prerequisito per la nascita di una qualsiasi interazione è la possibilità materiale di comunicazione. Questo è il motivo per il quale in molti studi sugli indicatori dell'integrazione appare l'uso della lingua del paese ospite. L'Haut Conseil à l'Intégration francese propone più specificatamente, di misurare tale indicatore non in riferimento alla popolazione di bambini immigrati e scolarizzati in Francia ma a quella dei loro genitori anche perché, d'altra parte, l'utilizzo della lingua da parte dei genitori favorisce l'integrazione degli stessi figli.
Un ulteriore indice in questo
specifico ambito è dato dai matrimoni in cui almeno uno dei due sposi è
straniero. Il monitoraggio sulla nuzialità degli stranieri (al pari del
ricongiungimento) testimonia del raggiungimento di una tappa fondamentale nel
processo di stabilizzazione del cittadino immigrato. Nel loro studio Natale e
Strozza [1997] focalizzano l'attenzione solo su una particolare categoria di
matrimoni misti: quelli in cui in cui uno dei due sposi è italiano e l'altro
straniero. Infatti, il matrimoni tra due stranieri di nazionalità diversa,
anche se è un segnale di apertura verso altre collettività, non dovrebbe
produrre, in linea di massima, un miglior inserimento dei coniugi nella società
italiana. In effetti, il matrimonio misto si caratterizza per le reazioni
sociali di cui è portatore coinvolgendo non solo i due individui ma le due
intere collettività da cui essi provengono [Alotta 1998]. A livello empirico va
sottolineato che la quota di matrimoni misti potrebbe, per una serie di
ragioni, sovrastimare l'importanza effettiva di tale fenomeno. Sfuggono,
infatti, alla rilevazione statistica i matrimoni celebrati fuori dall'Italia e
quelli per i quali la legge italiana non prevede l'automatica registrazione
allo stato civile che sono, in genere, unioni tra connazionali (unioni
omogame). Inoltre, incidono negativamente sull'affidabilità del risultato anche
i cosiddetti «matrimoni di comodo», quelle unioni cioè che sono strumentali al
rinnovo del permesso di soggiorno o all'ottenimento della cittadinanza da parte
del coniuge straniero. Pertanto, alcune collettività potrebbero sperimentare
nel paese di accoglimento pochissimi matrimoni, ma quasi tutti con partner
autoctono. Per questa ragione l'indicatore forse maggiormente adatto a misurare
l'intensità effettiva della commistione con la popolazione nazionale è il tasso
di nuzialità mista che esprime il numero di unioni miste ogni 1000 stranieri
presenti legalmente sul territorio.
Infine, l'ultimo indicatore
nel quadro del rapporto tra comunità straniera e paese di accoglienza concerne
l'ottenimento della cittadinanza italiana da parte degli immigrati. Come notano
Bisogno e Gallo [2000], l'acquisizione della cittadinanza per naturalizzazione
può essere intesa in due modi: da una parte come strumento capace di facilitare
il percorso di integrazione, dall'altra come coronamento, tappa ultima dello
stesso processo in quanto attraverso tale istituto si raggiunge la piena parità
di diritti e di doveri con gli italiani. (11)
Va tenuto presente però che le coppie miste potrebbero risultare meno stabili
di quelle italiane per la difficoltà di far coesistere nella vita quotidiana le
differenze culturali esistenti tra i due partner.
Tabb. 6 e 7 ‑ Le informazioni sulle rimesse seppur fondamentali si rivelano estremamente lacunose. La difficoltà è data dal fatto che non tutti gli immigrati si servono dei canali ufficiali per l'invio dei risparmi in patria ed inoltre i dati registrati dell'Ufficio italiani cambi (Uic) riguardano i soli trasferimenti che passano attraverso il sistema bancario. Pertanto i dati attualmente disponibili riescono a cogliere solo una parte, variabile da collettività a collettività, della reale entità dei trasferimenti monetari.
Secondo i dati forniti da
questa istituzione l'invio pro‑capite medio di rimesse da parte di
immigrati provenienti dai paesi in via di sviluppo tra il 1997 ed il 1999
oscilla dalle 600 alle 900 mila lire annuali. L'ammontare pro‑capite non
troppo elevato delle rimesse registrate dall'Uic è un segnale di come gli
extracomunitari utilizzino solo in parte il sistema bancario per l'invio dei
propri risparmi nel paese di origine.
Questa situazione emerge
chiaramente dai dati di un'indagine svolta nel 1998 su alcune collettività
dell'Europa dell'Est e del Nord Africa [Natale e Strozza 2000]. Gli
intervistati che hanno dichiarato di inviare denaro in patria, pur con non
trascurabili differenze per collettività, solo in minima parte fanno ricorso al
sistema bancario o comunque ai canali ufficiali. (12)
Al di là quindi della mancanza di dati che siano effettivamente completi e robusti ci si deve chiedere perché esista una situazione del genere. Dai risultati di due indagini su immigrazione e servizi di credito è emerso da un lato un diffuso disinteresse degli istituti bancari per i problemi collegati alle esigenze specifiche degli stranieri [Golini, Racioppi e Pozzuoli 1996] e dall'altro anche la presenza di alcuni ostacoli all'accesso degli immigrati ai principali servizi bancari [Mazzonis e Naletto 2000]. L'invio di rimesse all'estero è un servizio di fatto riservato prevalentemente alla propria clientela, anche se formalmente accessibile a tutti, e dai costi abbastanza alti. E' per questo che gli immigrati, quando possono, utilizzano altri canali per inviare i loro risparmi nel paese di origine [Mazzonis e Naletto 2000]. Solo di recente alcune banche hanno attivato alcuni servizi rivolti espressamente agli immigrati.
Tab. 6 ‑
Rimesse registrate per paese di destinazione. Italia, 1997‑1999. Valori
correnti in lire, ammontare totale in milioni e ammontare pro‑capite in
migliaia
Paese di destinazione |
Ammontare totale (in milioni
di lire) |
Ammontare medio pro capite (in migliaia di lire) (a) |
||||
|
1997 |
1998 |
1999 |
1997 |
1998 |
1999 |
|
|
|
|
|
|
|
Filippine |
190.019 |
268.199 |
327.132 |
3.381 |
4.680 |
5.538 |
Stati Uniti |
87.231 |
108.457 |
139.292 |
1.944 |
2.429 |
3.032 |
Regno Unito |
26.827 |
40.870 |
85.957 |
1.236 |
1.806 |
3.677 |
Germania |
29.593 |
43.195 |
55.979 |
962 |
1.331 |
1.654 |
Cina |
15.318 |
25.370 |
48.536 |
485_ |
718 |
11.177 |
|
|
|
|
|
|
|
Francia |
23.893 |
32.666 |
47.398 |
1.078 |
1.388 |
1.914 |
Svizzera |
27.407 |
57.865 |
41.960 |
1.726 |
3.587 |
2.558 |
Belgio |
7.060 |
8.727 |
36.817 |
1.786 |
2.102 |
8.450 |
Paesi Bassi |
1.855 |
3.820 |
22.432 |
315 |
622 |
3.503 |
Canada |
14.623 |
18.401 |
22.137 |
5.810 |
7.311 |
8.795 |
|
|
|
|
|
|
|
Marocco |
36.853 |
30.468 |
21.015 |
320 |
249 |
164 |
Spagna |
4.988 |
8.503 |
20.502 |
322 |
521 |
1.197 |
Australia |
8.479 |
12.650 |
12.900 |
4.596 |
6.856 |
6.992 |
Egitto |
2.750 |
4.088 |
6.788 |
117 |
173 |
285 |
Senegal |
3.574 |
3.889 |
6.113 |
113 |
121 |
195 |
|
|
|
|
|
|
|
Altro |
85.530 |
93.416 |
93.118 |
152 |
161 |
148 |
|
|
|
|
|
|
|
Totale |
566.000 |
760.584 |
988.076 |
574 |
744 |
906 |
Note:
(a) Graduatoria dei primi 15
paesi di destinazione delle rimesse degli immigrati inviate nel 1999.
(b) Valori ottenuti dividendo
l'ammontare complessivo delle rimesse per il numero di permessi di soggiorno.
Fonte: nostra
elaborazione su dati dell'Ufficio italiano cambi.
Tab. 7 ‑
Stranieri che, in una indagine del 1998, hanno dichiarato di inviare rimesse
per modalità prevalente di invio. Valori percentuali.
Paese di cittadinanza |
Numero |
% per modalità prevalente di invio delle rimesse |
|||||
|
casi |
Vaglia postale |
Tramite banche |
Parenti e connaz. |
Personalmente |
Altro |
Totale |
Albania |
99 |
11,1 |
10,1 |
61,6 |
17,2 |
0,0 |
100,0 |
ex Jugoslavia |
79 |
19,0 |
6,3 |
31,6 |
31,6 |
11,4 |
100,0 |
Polonia |
185 |
20,5 |
7,6 |
43,8 |
20,5 |
7,6 |
100,0 |
Romania |
72 |
23,6 |
9,7 |
62,5 |
1,4 |
2,8 |
100,0 |
Marocco |
235 |
58,3 |
3,8 |
14,9 |
20,9 |
2,1 |
100,0 |
Fonte: Indagine su
«Lavoro, reddito e rimesse di alcune collettività straniere in Italia»,
Dipartimento Scienze Demografiche [Natale e Strozza 2000].
Tabb. 8 e 9 ‑ All'inizio del 1999 i permessi per motivi di famiglia rappresentano quasi un quarto del totale, raggiungendo quote particolarmente elevate in alcune collettività. Ancora più interessante è notare come nel periodo 1997‑98 più del 40% dei nuovi permessi siano stati rilasciati per motivi di famiglia, quota che diventa quasi del 55% tra le donne. Tra le collettività a netta prevalenza maschile l'immigrazione femminile è quasi completamente ascrivibile ai ricongiungimenti familiari. La quota elevata anche tra i maschi di nuovi permessi per ricongiungimento è in parte ascrivibile a quelli rilasciati ai minori (all'inizio del 1999 dei 43.000 permessi relativi a minori di 18 anni ben 30.000, circa il 70%, sono per motivi familiari).
Tab. 8 ‑
Stock di permessi di soggiorno per motivi di famiglia all'1‑1‑1999
e flusso dei nuovi permessi per motivi di famiglia nel 1997‑98
distintamente per le principali collettività straniere. Valori assoluti,
percentuali e tassi per 1000 permessi per motivi di lavoro
Paese di cittadinanza (a) |
Permessi per motivi di famiglia all'1‑1‑1999 |
% per motivi di famiglia tra i nuovi permessi del
1997‑98 |
Tasso di ingr. per mot. fam. |
|||
|
v.a. |
% sul tot. permessi |
maschi |
femmine |
Totale |
1997‑98 (b) |
|
|
|
|
|
|
|
Marocco |
31.593 |
24,6 |
66,1 |
91,4 |
84,8 |
62,6 |
USA |
28.623 |
62,3 |
26,0 |
62,9 |
48,5 |
294,9 |
Albania |
26.770 |
30,6 |
35,4 |
81,1 |
64,3 |
135,1 |
ex Jugoslavia |
14.977 |
18,2 |
16,4 |
59,6 |
38,1 |
47,4 |
Cina |
11.893 |
28,8 |
60,2 |
76,8 |
693 |
93,7 |
|
|
|
|
|
|
|
Romania |
10.630 |
31,5 |
21,8 |
56,7 |
46,1 |
144,4 |
Tunisia |
9.194 |
22,3 |
57,9 |
93,9 |
84,4 |
40,0 |
Brasile |
7.522 |
45,3 |
15,7 |
48,5 |
38,4 |
175,8 |
Sri Lanka |
7.089 |
25,9 |
72,7 |
83,0 |
79,5 |
95,4 |
Germania |
6.911 |
20,4 |
45 |
15,3 |
10,5 |
29,8 |
|
|
|
|
|
|
|
Polonia |
6.732 |
28,9 |
15,0 |
45,5 |
38,1 |
80,8 |
Francia |
5.938 |
24,0 |
4,0 |
18,0 |
11,5 |
30,6 |
Filippine |
5.600 |
9,5 |
60,6 |
30,8 |
41,9 |
20,1 |
Regno Unito |
5.342 |
22,9 |
3,8 |
13,5 |
9,1 |
20,6 |
Egitto |
5.294 |
22,2 |
37,5 |
91,9 |
75,0 |
36,9 |
|
|
|
|
|
|
|
India |
4.434 |
20,2 |
34,5 |
56,2 |
47,8 |
96,5 |
Perù |
4.338 |
18,4 |
71,2 |
54,8 |
61,3 |
46,6 |
Spagna |
3.806 |
22,2 |
2,9 |
16,6 |
11,9 |
46,4 |
Svizzera |
3.312 |
20,2 |
10,4 |
26,6 |
20,1 |
32.5 |
Argentina |
2.591 |
45,3 |
30,3 |
53,3 |
43,8 |
149,6 |
|
|
|
|
|
|
|
Altro |
68.909 |
22,0 |
15,3 |
40,3 |
30,8 |
57,5 |
|
|
|
|
|
|
|
Totale |
271.498 |
24,9 |
25,5 |
54,1 |
43,4 |
67,5 |
Note:
(a) Sono riportate le prime 20
collettività straniere ordinate in modo decrescente in base alla numerosità dei
permessi per motivi di famiglia all'inizio del 1999.
(b) Stima sulla
base dei nuovi permessi per motivi di famiglia nel 1997‑98 per 1000
permessi per motivi di lavoro all'1‑1‑1998. Fonte: nostra
elaborazione su dati del Ministero dell'Interno revisionati dall'Istat.
La crescente importanza assunta
dai permessi per motivi di famiglia sembra confermare le tesi di Böhning (1974)
relative ai diversi protagonisti del processo migratorio a seconda del suo
stadio di «maturità»: ad un prima fase costituita da giovani lavoratori maschi
generalmente celibi (ora anche frequentemente giovani donne), subentra
successivamente un'immigrazione diversa nella quale le mogli o i mariti dei
lavoratori coniugati raggiungono il coniuge e cambiano, di conseguenza, le
istanze della popolazione immigrata.
Tab. 9 ‑ Visti di
ingresso per ricongiungimento familiare rilasciati a cittadini extracomunitari.
Italia, 1998 e 1999. Valori assoluti e percentuali
Paese di cittadinanza (a) |
Anni |
% per cittadinanza |
||
|
1998 |
1999 |
1998 |
1999 |
Marocco |
8.510 |
9.977 |
17,6 |
22,3 |
Albania |
8.925 |
7.370 |
18,4 |
16,5 |
Cina |
6.238 |
2.620 |
12,9 |
5,9 |
ex Jugoslavia |
3.574 |
4.182 |
7,4 |
9,4 |
Sri Lanka |
3.131 |
2.494 |
6,5 |
5,6 |
|
|
|
|
|
Romania |
2.183 |
2.062 |
4,5 |
4,6 |
India |
1.829 |
2.142 |
3,8 |
4,8 |
Tunisia |
1.707 |
1.689 |
3,5 |
3,8 |
Filippine |
1.969 |
1.397 |
4,1 |
3,1 |
Perù |
1.571 |
1.576 |
3,2 |
3,5 |
|
|
|
|
|
Pakistan |
910 |
1.028 |
1,9 |
2,3 |
Bangladesh |
742 |
1.092 |
1,5 |
2,4 |
Egitto |
844 |
786 |
1,7 |
1,8 |
Rep. Dominicana |
655 |
799 |
1,4 |
1,8 |
Ghana |
532 |
810 |
1,1 |
1,8 |
|
|
|
|
|
Somalia |
921 |
304 |
1,9 |
0,7 |
Costa d'Avorio |
329 |
442 |
0,7 |
1,0 |
Senegal |
385 |
367 |
0,8 |
0,8 |
Nigeria |
289 |
354 |
0,6 |
0,8 |
Polonia |
310 |
242 |
0,6 |
0,5 |
|
|
|
|
|
Altro |
2.930 |
2.934 |
6,0 |
6,6 |
|
|
|
|
|
Totale |
48.484 |
44.667 |
100,0 |
100,0 |
Nota:
(a) Sono riportate
le prime 20 collettività straniere ordinate in modo decrescente in base alla
numerosità dei visti per ricongiungimento familiare rilasciate nel biennio 1998‑99.
Fonte: nostra
elaborazione su dati dei Ministero degli Affari Esteri.
I valori del tasso di
ingresso per motivi familiari mostrano come le collettività che hanno
registrato il maggior ricorso all'immigrazione di tipo familiare sono state,
tra i Pfpm, quella argentina e quella brasiliana seguite da quella romena e
albanese. Non viene quindi rispettata la graduatoria dello squilibrio tra i
sessi a testimonianza dell'esistenza di modelli migratori diversi per le varie
collettività. Si può supporre
comunque che questo
indicatore esprima una tendenza alla stabilizzazione della presenza in Italia.
I visti concessi per
ricongiungimento familiare nel periodo 1998‑99 mostrano una graduatoria
per nazionalità parzialmente differente rispetto a quella dei nuovi permessi
per motivi di famiglia a causa, almeno in parte, di situazioni differenti e su
differenti possibilità concrete di ingresso regolare sul territorio nazionale.
Tab. 10 ‑ Sulla
conoscenza della lingua italiana da parte degli stranieri ‑
elemento fondamentale per il loro inserimento e per una più positiva
interazione tanto con la collettività autoctona quanto con le altre comunità
straniere ‑ non esistono indagini correnti (sic) ed esaustive. Sono state
compiute soltanto indagini parziali e locali che danno luogo a risultati non
sempre comparabili. Dall'indagine svolta nel 1998, di cui si è detto in
precedenza, è possibile trarre utili notizie sulla conoscenza della lingua
italiana in base alla autovalutazione degli stranieri intervistati. Le
informazioni raccolte sono state sintetizzate nella tabella seguente. (13)
La capacità di comprendere e
di esprimersi nella lingua del paese di accoglimento è un elemento della
massima importanza, se si considera che la non comprensione della lingua
costituisce una barriera oggettiva all'integrazione funzionale e, viceversa, la
sua conoscenza è uno strumento fondamentale per compiere un ulteriore passo
verso la piena integrazione, non solo per gli immigrati adulti ma anche per i
loro figli. In generale, emerge un'autovalutazione di conoscenza sufficiente,
anche se per alcune nazionalità è elevata la quota di quelli che conoscono poco
o per niente l'italiano.
Tab. 10 ‑
Autovalutazione del livello di conoscenza dell'italiano da parte degli
stranieri intervistati in una indagine del 1998 in alcune aree dell'Italia.
Paese di cittadinanza |
Num. casi |
% per grado conoscenza italiano |
Indice sintetico (a) |
|||
|
|
nullo o scarso |
sufficiente |
buono |
val. medio |
s.q.m. |
|
|
|
|
|
|
|
Albania |
279 |
17,2 |
57,3 |
25,4 |
0,60 |
0,23 |
ex‑Jugoslavia |
264 |
9,1 |
52,3 |
38,6 |
0,68 |
0,22 |
Polonia |
410 |
21,2 |
55,1 |
23,7 |
0,58 |
0,23 |
Romania |
202 |
31,5 |
52,7 |
15,8 |
0,53 |
0,23 |
Marocco |
765 |
34,0 |
51,5 |
14,5 |
0,51 |
0,24 |
Nota:
(a) L'indice varia tra zero ed
uno con i due estremi che esprimono rispettivamente nessuna conoscenza e
perfetta conoscenza dell'italiano.
Fonte: Indagine su «Lavoro,
reddito e rimesse di alcune collettività straniere in Italia», Dipartimento
Scienze Demografiche [Natale e Strozza 2000].
Tab. 11 ‑ Analizzando i
dati di stato civile sui matrimoni di stranieri in Italia nel 1994‑95 si
osserva come, tranne poche eccezioni, siano nettamente prevalenti le unioni
miste: su 23.346 matrimoni con almeno uno dei due sposi straniero ben 20.266
sono quelli in cui uno dei due partner è italiano (circa l'87%).
E' interessante notare come
il numero di matrimoni misti presenti notevoli differenze di genere: mentre
nella comunità marocchina riguardano quasi esclusivamente la componente
maschile, in quella romena, brasiliana e polacca interessano soprattutto quella
femminile. In termini di tasso grezzo di nuzialità mista va notato come le
donne dell'ex Urss, dell'Europa dell'Est e dell'America Latina presentino
valori particolarmente elevati.
Tab. 11 ‑
Matrimoni in totale e matrimoni misti (a) di stranieri distintamente per sesso
e principali cittadinanze. Valori assoluti, percentuali e tassi di nuzialità
mista. Italia, 1994‑95
Paesi di cittadinanza |
Matrimoni (a) |
Matrimoni misti (b) |
% matrimoni misti |
Tassi di nuzialità mista (c) |
||||
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
M |
F |
M |
F |
M |
F |
M |
F |
USA |
866 |
817 |
380 |
348 |
43,9 |
42,6 |
13,1 |
66,0 |
Germania |
1.138 |
1.370 |
415 |
631 |
36,5 |
46,1 |
17 |
186 |
Francia |
285 |
482 |
262 |
436 |
91,9 |
90,5 |
17,4 |
18,1 |
Regno Unito |
448 |
455 |
323 |
328 |
72,1 |
72,1 |
197 |
14,4 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
ex URSS |
57 |
988 |
55 |
977 |
96,5 |
98,9 |
15,1 |
98,3 |
Romania |
142 |
1.395 |
117 |
1.361 |
82,4 |
976 |
16,3 |
807 |
Polonia |
73 |
1.191 |
58 |
1.132 |
79,5 |
95,0 |
6,5 |
71,6 |
ex Jugoslavia |
321 |
617 |
179 |
468 |
55,8 |
75,9 |
‑1,8 |
93 |
Albania |
282 |
408 |
241 |
366 |
85,5 |
89,7 |
6 |
25,6 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Marocco |
1.105 |
439 |
1.055 |
401 |
95,5 |
91,3 |
9,0 |
137 |
Tunisia |
572 |
82 |
509 |
67 |
.89,0 |
81,7 |
10,9 |
7,7 |
Brasile |
164 |
1.370 |
135 |
1.337 |
82,3 |
97,6 |
19,7 |
74,7 |
Rep. Domin. |
46 |
872 |
36 |
859 |
78,3 |
98,5 |
30,0 |
84,6 |
Perù |
143 |
480 |
54 |
372 |
37,8 |
77,5 |
13,9 |
39,0 |
Filippine |
105 |
313 |
5 |
202 |
4,8 |
64,5 |
0,3 |
4,4 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Altro |
3.480 |
5.920 |
2.323 |
4.834 |
66,8 |
81,7 |
7,9 |
18,4 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Totale (c) |
9.227 |
17.199 |
6.147 |
14.119 |
66,6 |
82,1 |
8,5 |
22,4 |
Note:
(a) Distintamente per sesso il
totale dei matrimoni comprende quelli con connazionali, con italiani e con
altri stranieri.
(b) Sono considerati matrimoni
misti soltanto quelli con italiani.
(c) Numero medio annuo di
matrimoni misti per 1000 stranieri con permesso di soggiorno.
(c) Nel periodo 1994‑95
il numero dei matrimoni con almeno uno degli sposi straniero è uguale a 23.346
(11.017 nel 1994 e 12.329 nel 1995). Tale valore si ottiene sommando al numero
di matrimoni misti (20.266 = 6.147 + 14.119) quello dei matrimoni tra stranieri
(3.080 = 9.227 ‑ 6.147 = 17.199 ‑ 14.119).
Fonte: nostra
elaborazione su dati dell'Istat [1999].
Tab. 12 ‑ In base ai
dati del Ministero dell'Interno gli stranieri che nel corso degli anni novanta
hanno acquisito la cittadinanza per matrimonio o per naturalizzazione ordinaria
sono più di 50.000. L'ammontare dei naturalizzati alla fine del 1998 è
sicuramente maggiore di tale cifra sia perché non sono considerati gli
stranieri che hanno acquisito la cittadinanza negli anni precedenti il 1991,
sia perché non vengono contabilizzate le altre modalità di acquisizione.
Concentrando l'attenzione sui dati relativi al periodo 1997‑98 emerge una
realtà attesa: in nove casi su dieci l'acquisizione della cittadinanza avviene
per matrimonio. In effetti, in un paese come il nostro dove vige il principio
dello jus sanguinis, sebbene il matrimonio sia solo una delle due principali
modalità per diventare cittadino italiano è di fatto quasi l'unica
effettivamente percorribile (assorbendo quasi il 90% dei casi): questo è dato
dalla rigidità dei criteri richiesti per l'acquisizione tramite
naturalizzazione ordinaria (dieci anni di residenza continuativa in Italia per
i cittadini extracomunitari).
Tab. 12 ‑
Acquisizioni della cittadinanza italiana per le principali cittadinanze.
Italia, 1991‑98. Valori assoluti, percentuali e tassi di naturalizzazione
per 1000 stranieri legali arrivati da almeno 10 anni
Paesi di cittadinanza |
Acquisizioni 1991‑98 |
Acquisizioni 1997‑98 |
|||||
|
v.a. |
% sul tot. stranieri legali (a) |
Naturalizzazione ordinaria |
per matrimonio |
Totale |
% per matrimonio |
Tasso di naturalizzazione (b) |
|
|
|
|
|
|
|
|
Svizzera |
4.153 |
20,2 |
28 |
1.483 |
1.511 |
98,1 |
1,3 |
Romania |
3.988 |
10,6 |
74 |
1.530 |
1.604 |
95,4 |
47,9 |
ex Jugoslavia |
2.852 |
3,4 |
226 |
781 |
1.007 |
77,6 |
14,7 |
Rep. Dominic. |
2.660 |
21,7 |
9 |
1.051 |
1.060 |
99,2 |
|
Argentina |
2.656 |
31,7 |
40 |
574 |
614 |
93,5 |
13,0 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Marocco |
2.568 |
2,0 |
36 |
1.108 |
1.144 |
96,9 |
0,9 |
Polonia |
2.294 |
9,0 |
37 |
743 |
780 |
95,3 |
6,5 |
Russia |
2.200 |
17,8 |
8 |
681 |
689 |
988 |
17,2 |
Brasile |
1.669 |
9,1 |
22 |
629 |
651 |
|
|
Egitto |
1.657 |
6,5 |
133 |
326 |
459 |
71,0 |
11,1 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Filippine |
1.380 |
2,3 |
34 |
347 |
381 |
91,1 |
1,2 |
Albania |
1.151 |
1,3 |
166 |
621 |
787 |
78,9 |
222,5 |
Tunisia |
1.068 |
2,5 |
19 |
413 |
432 |
95,6 |
1,3 |
Iran |
1.022 |
14,7_ |
146 |
241 |
387 |
62,3 |
17,6 |
Perù |
1.009 |
|
14 |
401 |
415 |
96,6 |
7,3 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Altro |
20.730 |
3,8 |
1.015 |
5.674 |
6.689 |
84,8 |
3,8 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Totale |
53.057 |
4,6 |
2.007 |
16.603 |
18.610 |
89,2 |
4,7 |
Note:
(a) Percentuale di persone di
origine straniera che ha acquisito la cittadinanza tra il 1991 e il 1998 sul
totale degli stranieri legali all'inizio del 1999 e dei naturalizzati.
(b) Naturalizzazioni ordinarie
per 1000 stranieri legali arrivati in Italia da almeno 10 anni.
Fonte: nostra
elaborazione su dati del Ministero dell'Interno [Istat, 1998; Caritas, 1999;
Bisogno, Gallo e Strozza 2000].
A causa della severità dei requisiti richiesti, la graduatoria delle nazionalità per numero di conferimenti della cittadinanza dipende essenzialmente dalla maggiore propensione di alcune collettività a contrarre matrimonio con cittadini italiani [Caritas di Roma 20001. Pertanto, elevato risulta l'ammontare di acquisizioni della cittadinanza italiana da parte di Svizzeri, Romeni e Dominicani, quasi completamente determinato dai matrimoni misti (14) (rappresentano più del 95%), mentre relativamente scarse sono le acquisizioni per gli Egiziani che, pur costituendo un aggregato di più «antica» immigrazione, hanno una più bassa propensione ai matrimoni con italiani. Il tasso di naturalizzazione ordinaria dovrebbe esprimere la propensione a diventare cittadini italiani da parte degli immigrati delle diverse collettività che hanno le condizioni per ottenerla (presenti in Italia, come si diceva, da almeno un decennio). Tale indicatore sarà utilizzabile soprattutto nei prossimi anni. Infatti, attualmente i valori osservati risentono del numero ridotto di casi sia a numeratore che, per alcune collettività di più recente immigrazione, anche a denominatore. E' questo, ad esempio, il caso degli Albanesi che fino al 1990 erano una collettività di dimensione assolutamente trascurabile.
All'analisi della terza
dimensione dell'integrazione, bisogna premettere che se la prima indica il
capitale umano che l'immigrato porta in Italia dal suo paese di origine, questa
penultima area di interesse riguarda l'inserimento nella società di
accoglimento. Se, di conseguenza, la prima dimensione tiene conto del livello
di istruzione della prima generazione arrivata in Italia, in questo secondo
contesto troverà spazio l'inserimento scolastico dei bambini immigrati al
seguito dei genitori e della seconda generazione (figli nati in Italia). In
quest'ambito, si potrà definire alto il livello di integrazione di un gruppo di
immigrati solo se il suo livello di istruzione e di qualificazione
professionale verranno ad allinearsi con quelli dei nazionali.
L'istruzione è una variabile
chiave dell'integrazione. Come è già stato notato da questa stessa Commissione
[Zincone 2000b], la maggiore preoccupazione riguarda il ritardo scolastico
rispetto all'età anagrafica degli alunni e gli abbandoni. I ragazzi rimangono
spesso «intrappolati» tra la scarsa padronanza della lingua italiana e la
progressiva perdita dell'uso della lingua di origine.
Date le premesse, ci si rende
facilmente conto che la riuscita scolastica dipende, in larga misura,
dall'importanza (quantitativa e qualitativa) della scolarizzazione in età
giovanile. Gli indicatori corrispondenti a questo settore andranno quindi dal
tasso di scolarizzazione materna, elementare fino alla percentuale di iscritti
all'università. Notiamo infine che l'inserimento nella scuola da parte dei
bambini può dipendere dall'inserimento lavorativo da parte dei padri.
In un paese come il nostro
dove l'immigrazione è ancora, in prevalenza, legata a motivi economici,
l'integrazione nel mondo del lavoro assume rilievo assolutamente prioritario.
Integrazione qui significa, secondo la definizione del Consiglio d'Europa,
l'assenza di differenze tra gruppi comparabili di lavoratori nazionali e ed
immigrati. L'inserimento appare inoltre importante visto che l'integrazione dovrebbe
avvenire non solo nel lavoro ma anche attraverso il lavoro. (15)
Un primo segnale di allerta
può derivare dalla disoccupazione che, specie se di lungo periodo, può
comportare un elevato rischio di marginalizzazione. Pertanto il tasso di
disoccupazione andrebbe confrontato con quello riscontrato per i lavoratori
nazionali, possibilmente a parità di caratteristiche. (16)
Altri fattori quali il lavoro « in nero» turbano l'affidabilità delle statistiche.
Il tasso infatti potrebbe risultare sovrastimato o per la sottostima della
popolazione attiva (a causa della presenza dei lavoratori clandestini) oppure
dalla sovrastima del numero di disoccupati (dovuta all'esistenza di chi lavora ‑
in nero ‑ ma che, ufficialmente, risulta disoccupato).
Infine il monitoraggio del
tasso di disoccupazione non significa, necessariamente, seguire l'evoluzione di
una stessa popolazione di riferimento. Lo scollamento è dovuto al continuo
ricambio della popolazione attiva sia per i flussi di persone in entrata ed in
uscita dal paese, sia per i flussi giuridici legati alle acquisizioni di
nazionalità italiana. In sintesi, il tasso di disoccupazione da conto di una
realtà solo approssimata e in continua evoluzione.
Importante appare anche la
partecipazione femminile al mercato del lavoro che, quando inferiore a quella
delle donne italiane potrebbe essere un segnale di esclusione e segregazione,
quando molto superiore potrebbe indicare una immigrazione quasi esclusivamente
per lavoro che non riesce a valorizzare le altre dimensioni della vita
individuale e familiare, specie quando si tratta di donne che hanno lasciato
marito e figli nel paese di origine.
Ulteriore indicatore estremamente significativo è fondato sulla percentuale di lavoratori autonomi sul totale di lavoratori immigrati. La sua importanza deriva dalla constatazione che la decisione di intraprendere un'attività autonoma presuppone una buona conoscenza del mercato del lavoro che, a sua volta, risulta da un elevato livello di familiarità con le regole della pubblica amministrazione. Inoltre, lo svolgimento di attività lavorative autonome e di attività imprenditoriali può essere un chiaro segnale di successo del processo migratorio e di mobilità sociale ascendente nel contesto di accoglimento.
Anche la percentuale di
occupati in professioni medio‑alte può costituire un indicatore del
riuscito inserimento lavorativo e della possibilità di mobilità socioprofessionale.
Questo indice costituisce, infatti, un segnale di integrazione non solo per
l'individuo che se ne renda protagonista ma per l'intero suo gruppo di
appartenenza. L'importanza di questa affermazione risulta ancora più evidente
se si tiene conto che diverse collettività straniere sperimentano la
segregazione occupazionale, trovando collocazione solo in determinati segmenti
del mercato del lavoro (generalmente si tratta di impieghi che non richiedono o
richiedono solo un basso livello di qualificazione). L'indicatore proposto
richiede un monitoraggio continuo: se, infatti, nel primissimo periodo di
immigrazione, occupare le fasce basse del mercato occupazionale può considerasi
«normale», il persistere di tale situazione potrebbe segnalare situazioni di
segregazione e/o di discriminazione nei confronti degli stranieri.
Inoltre, qualora gli
immigrati occupati in attività a bassissimo contenuto professionale abbiano, al
contrario, conoscenze e capacità tali da poter essere impiegati in attività
maggiormente qualificate, si determinerà una perdita non solo per l'immigrato
ma anche una perdita secca per il sistema produttivo italiano: questo tipo di
situazione viene sintetizzata dall'indice di utilizzazione del capitale umano
definito come la quota di stranieri occupati in posizioni congrue rispetto al
loro titolo di studio posseduto [Natale e Strozza 1997].
Tabb. 13, 14 e 15 ‑ Un
segno dei forti cambiamenti che si vanno registrando nella popolazione
immigrata in Italia è costituito dal forte aumento degli alunni stranieri
iscritti alle scuole italiane: si è passati da circa 6.000 unità agli inizi
degli anni ottanta al netto superamento della soglia delle 100.000 nell'anno
scolastico 1999‑2000. I dati del Ministero della Pubblica Istruzione
[2000] mostrano come l'incremento assoluto più forte sia stato registrato nella
seconda metà degli anni novanta: tra l'a.s. 1994‑95 e l'a.s. 1999‑2000
il numero di alunni stranieri iscritti nelle scuole italiane è aumentato di ben
80.000 unità, triplicando la loro consistenza. Occorre, inoltre sottolineare
che l'aumento va verificandosi anche per le scuole medie e per quelle superiori
[Ministero della Pubblica Istruzione 2000].
Tab. 13 ‑ Alunni
stranieri per ordine e tipologia di scuola. Anni scolastici 1994‑95 e
1999‑2000
Ordine scuola |
Totale alunni stranieri |
% sul totale degli alunni |
Num. Indice |
||
|
1994 ‑ 1995 |
1999 ‑ 2000 |
1994 ‑ 1995 |
1999 ‑ 2000 |
1994 ‑ 1995=100 |
Materna |
4.223 |
24.103 |
1,52 |
1,69 |
571 |
Elementare |
20.135 |
52.973 |
1,91 |
2,03 |
263 |
Media |
9.089 |
28.891 |
0,47 |
1,68 |
318 |
Superiore |
6.060 |
13.712 |
0,22 |
0,58 |
226 |
|
|
|
|
|
|
Totale |
39.507 |
119.679 |
0,44 |
1,47 |
303 |
Fonti: Istat, Statistiche
della scuola, anno scolastico 1994‑95, 1996; Ministero della Pubblica
Istruzione, 2000.
Questa situazione può essere la conseguenza dell'effetto congiunto di più fattori di cui i più significativi sono la regolarizzazione del 1995‑96, e i conseguenti ricongiungimenti familiari, nonché l'aumento delle nascite degli immigrati.
Tab. 14 ‑
Alunni stranieri per ordine di scuola e cittadinanza. Anno scolastico 1999‑2000.
Valori assoluti e numero di alunni per ogni 100 stranieri maggiorenni (a)
Paese di cittadinanza (b) |
Alunni stranieri per ordine di scuola |
Stranieri 18 e + anni |
Alunni per 100 stranieri 18+ anni |
||||
|
Materna |
Elementare |
Media |
Superiore |
Totale |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Albania |
4.142 |
9.853 |
4.726 |
2.138 |
20.859 |
82.977 |
25,1 |
Marocco |
5.125 |
8.583 |
5.351 |
1.646 |
20.705 |
121.799 |
17,0 |
ex Jugoslavia |
2.403 |
7.915 |
3.544 |
1.257 |
15.119 |
77.017 |
19,6 |
Cina |
901 |
3.501 |
3.097 |
708 |
8.207 |
37.760 |
21,7 |
Romania |
532 |
2.172 |
972 |
461 |
4.137 |
32.129 |
12,9 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Perù |
401 |
1.420 |
1.082 |
916 |
3.819 |
22.348 |
17,1 |
Filippine |
937 |
1.358 |
606 |
254 |
3.155 |
57.870 |
5,5 |
Tunisia |
1.171 |
1.090 |
364 |
167 |
2.792 |
39.411 |
7,1 |
India |
642 |
1.140 |
489 |
140 |
2.411 |
20.536 |
11,7 |
Egitto |
768 |
1.016 |
312 |
194 |
2.290 |
23.547 |
9,7 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Polonia |
317 |
885 |
507 |
391 |
2.100 |
22.616 |
9,3 |
Ghana |
646 |
923 |
347 |
117 |
2.033 |
14.670 |
13,9 |
Brasile |
232 |
782 |
488 |
321 |
1.823 |
15.650 |
11,6 |
Ecuador |
256 |
741 |
444 |
179 |
1.620 |
4.584 |
35,3 |
Russia |
148 |
614 |
298 |
260 |
1.320 |
8.314 |
15,9 |
Altro |
5.482 |
10.980 |
6.264 |
4.563 |
27.289 |
465.809 |
5,9 |
Totale |
24.103 |
52.973 |
28.891 |
13.712 |
119.679 |
1.047.037 |
11,4 |
Note:
(a) L'ultima colonna riporta
la percentuale degli stranieri sulla popolazione residente ottenuta rapportando
il numero di permessi di soggiorno rilasciati a maggiorenni al numero totale di
maggiorenni residenti in Italia al 1998.
(b) Sono riportate le prime 15
collettività straniere ordinate in modo decrescente in base alla numerosità
degli iscritti nell'anno scolastico 1999‑2000.
Fonte: nostra
elaborazione su dati dei Ministero della Pubblica Istruzione [2000].
Il crescente numero di alunni
stranieri si combina, così come per la presenza straniera complessiva, con un
ampio ventaglio di cittadinanze coinvolte (che nelle grandi città può superare
anche il numero di cento): questa circostanza rende senz'altro più problematica
la messa a punto di politiche di istruzione efficaci nel segno
dell'integrazione come integrità ed interazione. La graduatoria degli alunni
stranieri per cittadinanza mette in evidenza alcune differenze rispetto alla
graduatoria dei permessi di soggiorno, a testimonianza della presenza di
modelli migratori differenti e di una diversa importanza della componente illegale.
In particolare, risultano rovesciate le prime due posizioni con gli alunni
albanesi più numerosi di quelli marocchini e la collettività filippina,
quarta per consistenza complessiva, che slitta al settimo posto per numero di
iscritti nelle scuole italiane. In quadro completo, e assai variegato, dei
rapporto fra alunni e adulti nelle varie collettività figura chiaramente
nei dati dell'ultima colonna della tab. 14.
Il costante aumento assoluto
e relativo dei bambini e dei ragazzi stranieri nel sistema scolastico italiano,
se esaminato all'interno del quadro legislativo vigente relativamente ai loro
diritti, fa emergere una situazione socialmente delicata, dal momento che viene
riconosciuto anche ai figli di immigrati irregolari il diritto a ricevere l'istruzione
scolastica, mentre resta precaria la loro situazione dal punto di vista
familiare per il persistere della situazione di irregolarità dei genitori.
Tab. 15 ‑
Alunni stranieri per ordine di scuola e cittadinanza. Anno scolastico 1999‑2000.
Incidenza percentuale degli alunni stranieri sul totale della popolazione
scolastica (italiana e straniera)
Paese di cittadinanza (a) |
% sul totale della popolazione scolastica in Italia |
||||
|
Materna |
Elementare |
Media |
Superiore |
Totale |
Albania |
0,29 |
0,38 |
0,27 |
0,09 |
0,26 |
Marocco |
0,36 |
0,33 |
0,31 |
0,07 |
0,25 |
ex Jugoslavia |
0,17 |
0,30 |
0,21 |
0,05 |
0,19 |
Cina |
0,06 |
0,13 |
0,18 |
0,03 |
0,10 |
Romania |
0,04 |
0,08 |
0,06 |
0,02 |
0,05 |
|
|
|
|
|
|
Perù |
0,03 |
0,05 |
0,06 |
0,04 |
0,05 |
Filippine |
0,07 |
0,05 |
0,04 |
0,01 |
0,04 |
Tunisia |
0,08 |
0,04 |
0,02 |
0,01 |
0,03 |
India |
0,05 |
0,04 |
0,03 |
0,01 |
0,03 |
Egitto
|
0,05
|
0,04
|
0,02
|
0,01
|
0,03
|
|
|
|
|
|
|
Polonia |
0,02 |
0,03 |
0,03 |
0,02 |
0,03 |
Ghana |
0,05 |
0,04 |
0,02 |
0,00 |
0,02 |
Brasile |
0,02 |
0,03 |
0,03 |
0,01 |
0,02 |
Ecuador |
0,02 |
0,03 |
0,03 |
0,01 |
0,02 |
Russia |
0,01 |
0,02 |
0,02 |
0,01 |
0,02 |
|
|
|
|
|
|
Altro |
0,38 |
0,42 |
0,36 |
0,19 |
0,34 |
Totale |
1,69 |
2,03 |
1,68 |
0,58 |
1,47 |
Nota: (a) Sono riportate le
prime 15 collettività straniere ordinate in modo decrescente in base alla
numerosità degli alunni iscritti nell'anno scolastico 1999‑2000
Fonte: nostra elaborazione su
dati dei Ministero della Pubblica Istruzione [2000].
Tab. 16 ‑ Anche in un
paese di recente immigrazione come il nostro, l'inserimento nel mondo del
lavoro risulta essere un aspetto fondamentale dell'integrazione. Purtroppo le
numerose rilevazioni disponibili non consentono di determinare con un buon
grado di attendibilità la dimensione della forza lavoro straniera distinta
quantomeno nella componente occupata (alle dipendenze e in modo autonomo) e in
quella in cerca di lavoro. Ciò dipende dal carattere amministrativo di alcune
rilevazioni e dalla contenuta numerosità degli stranieri rilevati in alcune
specifiche indagini campionari come quella sulle forze di lavoro. (17) Per tutte queste ragioni e per l'ampia
analisi che all'occupazione viene dedicata nell'apposito capitolo, in questa
sede ci si limita a pochissime osservazioni.
Le informazioni per
nazionalità qui riportate sono ricavabili dalle notizie raccolte per gli
stranieri con permesso di soggiorno. La valenza di questi dati è puramente
indicativa e di larga massima. Emergono comunque elementi di un certo
interesse. E' possibile infatti individuare tra le collettività dei Pfpm:
- quelle più inserite nel
mondo del lavoro (filippina, ex iugoslava e cinese);
- quelle che hanno una più
elevata partecipazione al lavoro anche tra la componente femminile (filippina e
peruviana);
‑ quelle a più ampia
vocazione imprenditoriale o di lavoro autonomo (cinese, senegalese, egiziana e
marocchina);
‑ quelle che
presentando una maggior quota di iscritti al collocamento, dimostrano avere
maggiori problemi nella ricerca di un impiego (algerina, nigeriana, senegalese
e marocchina).
Tab. 16 ‑ Stranieri con
permesso per motivi di lavoro per le principali collettività. Italia, 1‑1‑1999.
Valori assoluti e percentuali
Paesi di cittadinanza (a) |
Permessi di soggiorno per motivi di lavoro |
% permessi per motivi lavoro |
% iscr. colloc. |
% lav. auton. |
||||
|
M |
F |
Totale |
M |
F |
Totale |
(b) |
(c) |
Marocco |
85.608 |
10.248 |
95.856 |
91,1 |
29,8 |
74,7 |
26,8 |
11,0 |
Ex Jugoslavia |
41.861 |
15.438 |
57.299 |
82,6 |
49,2 |
69,8 |
8,6 |
6,5 |
Albania |
47.085 |
7.737 |
54.822 |
84,2 |
24,4 |
62,6 |
13,0 |
4,1 |
Filippine |
16.507 |
32.911 |
49.418 |
84,9 |
83,0 |
83,7 |
3,9 |
0,9 |
Tunisia |
29.289 |
2.263 |
31.552 |
90,6 |
25,6 |
76,7 |
25,4 |
3,4 |
Senegal |
28.882 |
662 |
29.544 |
98,6 |
31,3 |
94,0 |
30,0 |
14,5 |
Cina |
18.033 |
10.666 |
28.699 |
81,2 |
56,1 |
69,6 |
6,9 |
32,1 |
Sri Lanka |
13.666 |
6.177 |
19.843 |
87,5 |
52,5 |
72,5 |
10,4 |
1,7 |
Romania |
11.845 |
7.342 |
19.187 |
78,8 |
39,1 |
56,8 |
12,4 |
6,6 |
Perù |
5.562 |
12.688 |
18.250 |
74,9 |
78,3 |
77,2 |
9,6 |
5,2 |
Egitto |
17.471 |
546 |
18.017 |
92,5 |
11,1 |
75,7 |
10,7 |
12,0 |
Germania |
6.937 |
6.584 |
13.521 |
49,8 |
|
40,0 |
5,7 |
17,1 |
Ghana |
9.094 |
3.591 |
12.685 |
94,3 |
64,0 |
83,2 |
12,5 |
1,9 |
Polonia |
4.397 |
7.691 |
12.088 |
61,3 |
47,8 |
52,0 |
18,1 |
4,4 |
Regno Unito |
6.244 |
5.751 |
11.995 |
61,7 |
43,4 |
51,3 |
5,8 |
13,7 |
Francia |
6.061 |
5.579 |
11.640 |
61,9 |
37,3 |
47,0 |
6,8 |
12,6 |
India |
10.126 |
892 |
11.018 |
77,6 |
10,0 |
50,1 |
10,6 |
3,3 |
Nigeria |
5.100 |
5.189 |
10.289 |
87,2 |
72,5 |
79,1 |
30,7 |
10,3 |
Algeria |
9.182 |
393 |
9.575 |
93,7 |
32,5 |
87,0 |
42,0 |
6,7 |
Pakistan |
8.734 |
84 |
8.818 |
93,1 |
5,9 |
81,6 |
19,6 |
6,3 |
Totale |
451.666 |
208.964 |
660.630 |
77,5 |
41,1 |
60,6 |
15,4 |
9,3 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Note:
(a) Sono riportate le prime 20
collettività straniere ordinate in modo decrescente in base alla numerosità dei
permessi per motivi di lavoro validi all'inizio dei 1999.
(b) Percentuale permessi per
iscrizione al collocamento sul totale dei permessi per motivi di lavoro.
(c) Percentuale permessi per
lavoro autonomo sul totale dei permessi per lavoro autonomo e per lavoro
subordinato.
Fonte: nostra elaborazione su
dati del Ministero dell'Interno rivisti dall'Istat [2000c].
D ‑ Vita
nella società
D. a ‑ Di
alcuni problemi di costruzione degli indicatori
L'inserimento lavorativo,
come è stato ricordato in precedenza, rappresenta una condizione necessaria ma
non sufficiente ad assicurare l'integrazione degli immigrati nella società
italiana. La vita nella società costituisce la quarta dimensione individuata
nella quale rivestono un ruolo particolarmente importante i dati
relativi all'insediamento abitativo.
Preliminarmente, occorre valutare la concentrazione residenziale degli immigrati nelle nostre città. Anche quest'indice però può avere un'interpretazione ambivalente: da una parte, se rilevata durante il primo periodo di arrivo in Italia può essere considerata un segno positivo in quanto il nuovo arrivato viene sostenuto da una rete comunitaria preesistente che costituisce, quindi, una risorsa; se registrata invece in relazione ad una comunità stabilmente e lungamente insediata può essere il segno di segregazione territoriale. D'altra parte, però, non sempre la concentrazione dipende dalla segregazione. Questa può infatti trovare origine dalle dinamiche del mercato immobiliare: ciò significa che gli immigrati potrebbero insediarsi semplicemente dove il mercato delle abitazioni si rende loro accessibile. In quest'ultimo caso la sistemazione abitativa è condizionata dalla disponibilità economica e quindi possono non essere gli italiani a segregare ma è anche il successo lavorativo di una collettività che determina le sue possibilità di accesso ad abitazioni migliori. Altro discorso è invece se la concentrazione è dovuta, di fatto, ad una sorta di offerta ad hoc per gli immigrati, sia in ordine ai quartieri che per le caratteristiche degli alloggi.
Se quest'ultima situazione
verrebbe effettivamente a configurare una segregazione a danno degli immigrati,
è anche vero che, a volte, sono proprio questi ultimi a volersi
«autosegregare», cercando cioè di ricreare la comunità all'interno di un paese
straniero e proponendo, quindi, un modello di semplice coesistenza con le altre
collettività.
Nell'ambito dell'alloggio,
sembra inoltre di particolare importanza lo studio dei due opposti poli di uno
stesso continuum che parte dalla percentuale di immigrati proprietari di
abitazioni ed arriva alla percentuale di quelli senza fissa dimora (esclusione
abitativa). E' da tenere presente che la precarietà abitativa impedisce quasi
sempre il ricongiungimento familiare, fattore importante di integrazione
[Natale e Strozza 1997].
Legato al problema delle
condizioni abitative è la misura dell'affollamento. La presenza di più di due
stranieri per vano può essere considerato, al pari di quanto assunto per gli
italiani, una misura di sovraffollamento e quindi di difficili condizioni di
alloggio.
Un'ulteriore area di
interesse nell'ambito della vita nella società è dettata dai consumi. La
struttura di questi fornisce indicazioni sulle attitudini degli immigrati
rispetto a spese che non siano quelle strutturalmente necessarie. In
quest'ottica, indicatori potrebbero essere tanto l'equipaggiamento in
elettrodomestici di cui si dotano gli immigrati, quanto le spese che si
collocano fuori dall'area domestica quali, ad esempio, quelle per l'acquisto e
il mantenimento di un'autovettura.
Indubbiamente rilevante per
la realizzazione di percorsi di integrazione e di un positivo inserimento
sociale degli immigrati è la loro possibilità di tutelare la propria salute e
di ridurre al minimo incidenza e prevalenza di morbosità, condizione tra
l'altro indispensabile per esercitare le proprie potenzialità lavorative,
oltreché formative e relazionali. Ciò richiama alle generali condizioni di vita
proprie degli immigrati (lavoro, casa, alimentazione, clima, comportamenti a
rischio, ecc.) e alle opportunità di assistenza offerte dal servizio sanitario
pubblico (notevolmente ampliate dalle disposizioni sanitarie contenute nel
testo unico sulla immigrazione).
Al riguardo un primo
indicatore è fornito dalla percentuale annua di stranieri maggiorenni iscritti
al Servizio sanitario nazionale (Ssn) sul totale degli aventi diritto ed
obbligo. (18) Il monitoraggio temporale
della quota di iscritti fornisce quindi una informazione preziosa anche per
valutare lo stato complessivo dell'integrazione sociale. Una seconda classe di
indicatori fa riferimento ai ricoveri ospedalieri (da distinguere rispetto ai
singoli individui ricoverati, per via della possibilità di ricoveri ripetuti)
effettuati ogni anno su soggetti stranieri. Questi dati possono essere
largamente disaggregati, consentendo una comparazione rispetto alla domanda
assistenziale della popolazione italiana e dunque una valutazione rispetto alla
maggiore o minore esposizione a rischi per la salute. Una terza possibile
classe di indicatori fa riferimento al nuovo «Certificato di assistenza al
parto» e alle notizie in esso contenute.
Oltre alla morbosità aspetto
ulteriore da considerare è quello riguardante la mortalità in generale e quella
infantile in particolare. Al riguardo va notato però che il numero esiguo dei
decessi dovuto all'ammontare contenuto di esposti (immigrati in totale o nati
stranieri) e alla favorevole struttura per età (la popolazione straniera è a
tuttora molto giovane) rendono attualmente molto difficoltoso costruire dei
tassi di mortalità distintamente per nazionalità.
Un ulteriore elemento del
contesto della vita sociale degli extracomunitari rileva la loro devianza.
Questo, se ricondotto ai comportamenti criminali, può risultare interessante
vista l'equazione che a volte viene fatta tra immigrati e delinquenza. Inoltre,
come ricordano vari autori [Baldacci e Natale 1995; Barbagli 1998] molte sono
le teorie che ipotizzano uno stretto legame inverso tra integrazione socioeconomica
e devianza: secondo tali ipotesi, maggiore è l'inserimento degli immigrati
a livello sociale ed economico, minore è la loro propensione a comportamenti
devianti. Naturalmente la costruzione di tassi di denuncia, incarcerazione e di
condanna risulta problematica poiché una parte consistente degli stranieri
interessati da comportamenti devianti è in condizione di irregolarità ed è
quindi difficile tenerne conto nel denominatore dei rapporti. Inoltre,
l'eventuale più frequente adozione di misure cautelari nei confronti degli
immigrati potrebbe dipendere dalle loro instabili condizioni di vita (ad
esempio, anche in caso di reati minori per gli stranieri senza fissa dimora
scatta automaticamente l'arresto cautelare). Infine, va tenuto presente che,
così come i comportamenti devianti dei nuovi venuti costituiscono un elemento
che lede la sicurezza della società nel suo complesso, le azioni criminali nei
confronti degli stranieri rappresentano un chiaro elemento che mette a
repentaglio le condizioni di vita delle collettività immigrate.
Tab. 17 ‑ La
disponibilità di alloggi per gli immigrati assume sempre maggior significato
visti i contorni di stabilità che va acquisendo l'immigrazione in Italia: tale caratterizzazione
è chiaramente dimostrata dall'aumento del numero dei ricongiungimenti
familiari, dei matrimoni e delle nascite da genitori stranieri. Malgrado
l'importanza della informazione sul tipo di sistemazione abitati e sulle
condizioni di alloggio, non esistono, al pari di quanto riscontrato per la
conoscenza della lingua italiana, rilevazioni complete e periodiche ma solo
indagini ad hoc concernenti specifiche collettività immigrate e particolari
ambiti territoriali. I risultati di una delle ultime indagini sono riportati
nella tabella seguente.
Naturalmente, cambiano i
livelli sopportabili di disagio in base alla situazione familiare. Se avere un
riparo purché sia è una condizione sopportabile per il singolo, la stessa può
diventare uno stato insostenibile per un'intera famiglia ed anche per un single
con il protrarsi del soggiorno nel paese di accoglimento.
I dati riportati mostrano
situazioni abitative anche notevolmente differenti tra collettività e per una
stessa collettività in aree differenti di insediamento. In particolare, va
notato come i marocchini vivano situazioni diverse da regione a regione: mentre
in Veneto più bassa è l'esclusione abitativa e migliori sono le condizioni di
alloggio (più contenuto è il valore dell'indice medio di affollamento), in
Campania la situazione appare abbastanza critica con circa il 30% di immigrati
che vivono in sistemazioni di fortuna e in media due dimoranti per vano tra
quelli che hanno una condizione abitativa meno precaria.
Tab. 17 ‑
Condizione abitativa degli stranieri intervistati in un'indagine del 1998 in
alcune aree dell'Italia. Valori percentuali ed indice di affollamento
Paese di cittadinanza |
Num. casi |
% per condizione abitativa (a) |
Indice affoll. (b) |
||||||
|
|
Casa priv. in famigl. |
Casa priv. in coabit. |
Luogo di lavoro |
Strutt. accoglienza |
Sistem. fortuita |
Tot. |
Casa privata |
Casa priv. in coabit. |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Albania |
279 |
56,3 |
21,9 |
5,7 |
5,0 |
11,1 |
100,0 |
1,47 |
1,51 |
ex‑Jugoslavia |
261 |
59,4 |
19,5 |
7,7 |
1,9 |
11,5 |
100,0 |
1,24 |
1,30 |
Polonia |
409 |
35,7 |
30,1 |
26,7 |
1,5 |
6,1 |
100,0 |
1,50 |
1,71 |
Romania |
201 |
24,4 |
46,3 |
4,5 |
7,5 |
17,4 |
100,0 |
1,95 |
2,08 |
Marocco |
757 |
41,2 |
30,8 |
3,2 |
5,5 |
19,3 |
100,0 |
1,53 |
1,69 |
di cui: |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
‑ Veneto |
319 |
52,0 |
24,5 |
3,4 |
8,5 |
11,6 |
100,0 |
1,24 |
1,10 |
‑ Roma |
184 |
47,3 |
29,9 |
3,3 |
2,7 |
16,8 |
100,0 |
1,67 |
1,97 |
‑ Campania |
255 |
23,1 |
39,2 |
3,1 |
3,9 |
30,6 |
100,0 |
1,84 |
1,99 |
Note:
(a)
Le modalità considerate sono state ottenute per aggregazione di tipologie
abitative più analitiche. Casa privata in famiglia comprende casa di proprietà
e casa in affitto da solo o con parenti; casa privata in coabitazione comprende
casa in affitto con altri immigrati o con italiani (escluso parenti) e ospite
da amici e conoscenti; struttura di accoglienza comprende anche in albergo a
pagamento da enti pubblici.
(b) Numero medio di
persone per vano.
Fonte:
Indagine su «Lavoro, reddito e rimesse di alcune collettività straniere in
Italia», Dipartimento Scienze Demografiche [Natale e Strozza 2000].
Tab. 18 ‑ I dati del Ministero della Sanità mostrano come quasi un quarto dei ricoveri degli stranieri provenienti dai Pfpm sono relativi a marocchini e albanesi. Il numero è rilevante (circa 45.000 su 189.000) e certamente ci si gioverebbe di dati più analitici riguardo alla patologia e alla distribuzione territoriale di tali ricoveri. Se i dati della tab. 18 potessero essere interpretati come tassi di incidenza di malattia, va notato come le comunità più «sane» ‑ o che comunque fanno meno ricorso alle strutture sanitarie italiane ‑ sono quelle delle Filippine e della Cina, con un tasso di 8,5 ‑ 9,8 ricoveri per ogni 100 stranieri; le comunità meno «sane» ‑ o che comunque fanno più ricorso alle strutture sanitarie italiane ‑ sono quelle del Brasile e della Nigeria, con un tasso di 23,1 ‑ 22,7. Sono quindi molto forti le differenze nell'utilizzo delle strutture sanitarie ed è certo questo un aspetto da approfondire.
Tab. 18 ‑
Prime 15 collettività straniere originarie dai Pfpm per numero di ricoveri.
Italia, 1998. Valori assoluti, percentuali e stime dei tassi per 100 stranieri
Paese di provenienza |
Ricoveri |
Ricoveri per 100 stranieri |
|
|
v.a. |
% |
|
|
|
|
|
Marocco |
25.565 |
13,5 |
16,9 |
Albania |
19.516 |
10,3 |
15,4 |
Jugoslavia |
13.990 |
7,4 |
15.4 |
Romania |
8.839 |
4,7 |
15,4 |
Tunisia |
8.625 |
4,6 |
18,3 |
|
|
|
|
Egitto |
6.129 |
3,2 |
20,7 |
Polonia |
5.955 |
3,1 |
19.9 |
Cina |
5.948 |
3,1 |
9,8 |
Nigeria |
5.587 |
3,0 |
22,7 |
Perù |
5.228 |
2,8 |
20,0 |
|
|
|
|
Filippine |
5.212 |
2,8 |
8,5 |
Senegal |
4.852 |
2,6 |
11,5 |
Brasile |
4.280 |
2,3 |
23,1 |
Ghana |
4.135 |
2,2 |
19,2 |
Sri Lanka |
3.407 |
1,8 |
11,6 |
|
|
|
|
Altro |
62.121 |
32,8 |
17,2 |
Totale |
189.389 |
100,0 |
16,1 |
Nota:
(a) Sono stati esclusi i
cittadini stranieri provenienti dall'Europa occidentale, dal Nord‑America,
dall'Oceania e dal Giappone.
Fonte: dati del Ministero
della Sanità, Ufficio di Statistica, 2000
Le donne nate all'estero che
hanno effettuato in Italia una interruzione volontarie di gravidanza (IVG) sono
passate da 4.510 del 1980 a 20.480 del 1998; (19)
la loro proporzione sul totale delle donne che ha effettuato IVG è cresciuta da
poco più del 2 al 15%. Dal 1995 sono disponibili anche i dati sulle IVG per
cittadinanza: limitando l'attenzione alle donne straniere residenti si ottiene
per il 1998 un tasso di abortività per 1000 donne residenti pari a 32,5, più di
tre volte superiore a quello delle italiane. Ma è fra le giovani che si
riscontrano le differenze più forti: fra le ragazze di 18‑24 anni il
tasso di abortività per 1000 è pari a 11,5 per le italiane e a 55,0 per le
straniere. Tassi così differenziati rivelano in maniera evidente la necessità
di politiche di supporto e informazione verso le donne straniere, in
particolare le giovanissime [Boccuzzo e Buratta 2001].
Tab. 19 ‑ Dai dati sui
denunciati e sugli entrati in carcere (dallo stato di libertà) nel biennio 1998‑99
si evince chiaramente come la criminalità straniera sia ascrivibile
prevalentemente ad alcune specifiche nazionalità. Per l'esattezza le prime sei
collettività ordinate in base al numero di incarcerati nel biennio assorbono
circa i tre quarti delle procedure giudiziarie attivate. Si tratta delle
collettività maggiormente presenti sul territorio alle quali si aggrega quella
algerina.
La costruzione dei tassi di denuncia e di arresto è assai problematica e statisticamente poco affidabile; pertanto è difficile valutare la propensione a delinquere delle diverse collettività. Comunque, una indicazione grezza e di prima approssimazione può essere ricavata dal confronto della struttura per nazionalità del totale della presenza straniera con quella delle denunce o degli arresti di stranieri.
I dati sulle presenze negli
istituti di previdenza e pena mostrano come la popolazione
carceraria sia costituita per oltre un quarto da cittadini stranieri: tale
quota è di certo molto alta, ma va considerato, fra l'altro, che la mancanza di
una fissa dimora impedisce a molti stranieri di poter usufruire della libertà
vigilata e prolunga il loro periodo di detenzione.
Resta comunque il fatto che
tra i detenuti stranieri è altissima la quota di quelli provenienti dall'Africa
mediterranea. Non solo infatti, la comunità marocchina è al primo posto per
presenza nelle carceri ma, sommando i tre paesi del Maghreb (che compaiono
nella tab. 19), si trova che costituiscono quasi la metà (il 47%) della
popolazione carceraria straniera. In effetti, proprio per i maghrebini si
osservano rapporti tra quota di presenti nelle carceri e quota di presenti sul
territorio particolarmente elevati (indicati nella tab. 19 con due o tre
asterischi), valori che vengono raggiunti anche dai cileni e dai colombiani, la
cui consistenza numerica è però molto ridotta.
4. Alcuni
indicatori per aree territoriali
Nei primi tre paragrafi si è
compiuto un lungo percorso nel tentativo di dare indicazioni quantitative sulla
integrazione degli immigrati e sui loro rapporti con la popolazione italiana.
In questo paragrafo, invece, ci si propone di dare un'immagine di sintesi della
immigrazione dal punto di vista dell'area di insediamento, il che significa
mettere in evidenza ammontare e struttura della popolazione straniera in ambito
territoriale: questo contribuisce a mettere in evidenza la domanda di beni e
servizi da parte degli stranieri e l'ambiente umano con il quale la popolazione
italiana si trova a convivere.
L'analisi è condotta a
livello di ripartizione, perché si è cercato di trovare una dimensione
territoriale che desse una qualche garanzia di robustezza riguardo alle
statistiche adoperate. Naturalmente, questo costituisce il limite dell'analisi
stessa perché gli indicatori utilizzati, riguardando il complesso degli
stranieri, sono la media ponderata di valori diversi per collettività, in
alcuni casi anche notevolmente diversi.
Ci si limita di seguito a
qualche breve osservazione.
Tab. 19 ‑
Numero medio annuo di denunciati e di arrestati nel periodo 1998‑99 e di
detenuti al 31/12/ 1999. Italia, valori assoluti e percentuali
Paese di cittadinanza (a) |
Stima stranieri al 1999 (b) |
Numero medio annuo 1998‑99 |
Detenuti al 31.12.1999 |
|
|
|
Denunciati |
Arrestati |
|
|
Valori assoluti |
|||
Marocco |
150.766 |
17.315 |
6.195 |
3.095 |
ex Jugoslavia |
90.921 |
11.531 |
4.126 |
1.231 |
Albania |
127.049 |
14.748 |
2.822 |
2.104 |
Tunisia |
47.070 |
5.024 |
2.691 |
2.146 |
Romania |
57.233 |
7.836 |
2.574 |
529 |
Algeria |
15.969 |
4.088 |
2.477 |
1.179 |
Senegal |
42.246 |
3.207 |
541 |
174 |
Nigeria |
24.649 |
3.860 |
453 |
362 |
Perù |
26.057 |
958 |
381 |
95 |
Polonia |
29.872 |
984 |
369 |
113 |
Colombia |
8.817 |
461 |
363 |
489 |
Cile |
3.201 |
351 |
314 |
123 |
Francia |
24.762 |
671 |
226 |
104 |
Egitto |
29.647 |
1.078 |
218 |
152 |
Cina |
60.358 |
2.371 |
204 |
124 |
Altro |
660.436 |
16.709 |
3.503 |
2.030 |
Totale |
1.399.053 |
91.189 |
27.453 |
14.050 |
|
Valori percentuali (c) |
|||
Marocco |
10,8 |
19,0 |
22,6 |
22,0** |
ex Jugoslavia |
6,5 |
12,6 |
15,0 |
8,8 |
Albania |
9,1 |
16,2 |
10,3 |
15,0* |
Tunisia |
3,4 |
5,5 |
9,8 |
15,3*** |
Romania |
4,1 |
8,6 |
9,4 |
3,8 |
Algeria |
1,1 |
4,5 |
9,0 |
8,4*** |
Senegal |
3,0 |
3,5 |
2,0 |
1,2 |
Nigeria |
1,8 |
4,2 |
1,7 |
2,6 |
Perù |
1,9 |
1,1 |
1,4 |
0,7 |
Polonia |
2,1 |
Li |
1,3 |
0,8 |
Colombia |
0,6 |
0,5 |
1,3 |
3,5*** |
Cile |
0,2 |
0,4 |
1,1 |
0,9*** |
Francia |
1,8 |
0,7 |
0,8 |
0,7 |
Egitto |
2,1 |
1,2 |
0,8 |
1,1 |
Cina |
4,3 |
2,6 |
0,7 |
0,9 |
Altro |
47,2 |
18,3 |
12,8 |
14,4 |
Totale |
100,0 |
100,0 |
100,0 |
100,0 |
Note: (a) Sono riportate le
prime 15 collettività straniere ordinate in modo decrescente in base alla
numerosità media annua degli arresti del 1998‑99. (b) Agli stranieri con
permesso di soggiorno all'I‑11999 sono state aggiunte le prenotazioni
per la sanatoria dei 1998 tratte dalla Caritas di Roma [19991. (e) Accanto ai
valori percentuali dell'ultima colonna vengono riportati uno, due o tre
asterischi a seconda che il rapporto tra la quota di stranieri detenuti e la
quota di stranieri presenti in Italia (regolari o in attesa di
regolarizzazione) risulti rispettivamente compreso tra 1,50 e 1,99, tra 2,00 e
2,99, oppure uguale o maggiore di 3,00.
Fonte: nostra elaborazione su
dati dei ministero dell'Interno e del ministero di Grazia e Giustizia.
- esistono non piccole differenze nella dimensione relativa e nella struttura della popolazione straniera insediata nelle varie ripartizioni. Ad esempio, gli stranieri costruiscono il 3% della popolazione complessiva nell'Italia centrale e solo lo 0,8% nelle due ripartizioni meridionali; la percentuale di donne è massima (50%) nell'Italia centrale e minima nell'Italia del nord est (43,5%); la proporzione maggiore di anziani si trova nel centro (7,2%, per effetto della forte popolazione proveniente dai paesi sviluppati che abita a Roma, soprattutto per motivi diplomatici e religiosi), mentre quella minore si trova nelle isole (2,4%);
- per quanto riguarda
l'Italia del nord est, mette conto di essere sottolineato che ha la più bassa
quota di richieste di regolarizzazioni e la più bassa proporzione di persone
soggiornanti da più di dieci anni: tutto questo potrebbe significare
un'immigrazione più giovane ma, nello stesso tempo, più «stabile» come si può
evincere anche dall'elevata percentuale di coniugati, dalla più elevata
proporzione di minorenni, dal più elevato tasso di natalità, dal più elevato
tasso di naturalizzazione;
- all'opposto è il caso
dell'Italia del sud che sembra essere caratterizzata da una più alta quota di
immigrazione irregolare, come potrebbe lasciar intendere il più forte tasso di
richieste di regolarizzazione e la bassissima quota di popolazione straniera
regolare sul totale della popolazione. Nella stessa direzione può essere letto
il più basso tasso di natalità e un bassissimo tasso di naturalizzazione;
pochissimi sono i minorenni. Per qualche aspetto, nella valutazione delle
caratteristiche della popolazione straniera di questa circoscrizione forte peso
hanno quelle del tutto peculiari della popolazione statunitense, legata
prevalentemente alla presenza sul territorio di basi militari;
‑ dal punto di vista
della domanda sanitaria, va notato che il Mezzogiorno presenta la minore
frequenza di ricoveri non solo in termini assoluti ma anche in termini
relativi; ma al contrario, insieme con il Nord, ha una alta frequenza relativa
di ricoveri di stranieri non residenti (il che potrebbe essere considerato un
indizio di una maggiore presenza di immigrati irregolari). Maggiore è il carico
che grava sulle strutture dell'Italia settentrionale e ancora più elevato, in
termini relativo, è il carico sulle strutture dell'Italia centrale;
- di grande interesse
risultano i dati sui flussi migratori interni della popolazione straniera
residente. Nord ovest e Nord est, insieme, hanno nel 1998 un saldo migratorio
interno positivo di poco meno di 10.000 stranieri, il centro ha un saldo
migratorio più o meno nullo, mentre le due ripartizioni meridionali hanno un
saldo negativo pari a 4.400
stranieri. (20) Non meno significativi
sono i saldi migratori per ogni 1.000 stranieri residenti: +13,4 per il Nord
ovest; +24,1 per il Nord est; ‑1,5 per il Centro; ‑22,3 per il Sud;
‑28,0 per le Isole;
- anche se i dati presentano
incongruenze, è netta e certa l'indicazione che da essi si ricava, trattandosi
di stranieri iscritti all'anagrafe e quindi regolari e relativamente stabili, e
cioè che vi è un forte flusso migratorio Sud‑Nord, frutto delle forti
differenze nelle situazioni economiche e nelle opportunità di lavoro;
- straordinariamente ridotto
è il numero di stranieri cancellati dalle anagrafi delle due ripartizioni
meridionali (al contrario di quanto accade ad esempio nella ripartizione del
nord ovest) verso l'estero, il che potrebbe stare a significare un buon numero
di mancate cancellazioni e di una ridotta sorveglianza delle anagrafi; ne è
precisa testimonianza il fatto che la popolazione straniera iscritta in
anagrafe nelle isole è del 13% superiore al totale della popolazione cui è stato
concesso un permesso di soggiorno.
Certamente un'analisi così
strutturata avrebbe valenza politica assai maggiore se potesse essere condotta
a livello provinciale e a livello di grande comune. Aiuterebbe infatti a
evidenziare elementi positivi o eventualmente negativi del rapporto fra
popolazione immigrata e popolazione autoctona e potrebbe quindi dare più
precise indicazioni di policy agli operatori locali, che sono quelli più
direttamente coinvolti nella gestione corrente del fenomeno migratorio.
5. In prospettiva
Al termine di questo primo
esame delle possibilità di predisposizione di un sistema di indicatori che
consenta di monitorare le caratteristiche e le condizioni di inserimento nella
società italiana delle collettività immigrate, sembra opportuno svolgere alcune
considerazioni miranti a favorire il perseguimento dell'obiettivo prefissato.
Allo stato attuale, la
difficoltà di pervenire ad un adeguato insieme di indicatori di integrazione è
dovuta alla mancanza di alcune informazioni essenziali, come quelle sui
consumi, o alla loro disponibilità solo in alcune occasioni, come nel caso
delle notizie sul titolo di studio conseguito e sulla sistemazione abitativa,
rilevate al censimento demografico. Inoltre, alcune informazioni pur
disponibili risultano inattendibili poiché registrate da fonti di tipo
amministrativo che riescono a cogliere solo parzialmente il fenomeno. E' questo
il caso, ad esempio, delle rimesse che l'Ufficio italiano cambi registra solo
per la parte che passa attraverso il sistema bancario, quota che varia da una
collettività all'altra anche in base alla diffusione della rete bancaria nel
paese di origine e alla presenza nel paese di accoglimento di filiali di una
banca nazionale. Per l'acquisizione di queste ed altre informazioni è
auspicabile la realizzazione di un'indagine campionaria periodica sulla
popolazione straniera e su quella di origine straniera che consenta di
raccogliere notizie anche di tipo qualitativo sulle principali collettività
immigrate.
Per altri aspetti come quelli
sulla scolarità e la riuscita scolastica, la formazione professionale,
l'inserimento e la mobilità lavorativa è auspicabile che i dati raccolti dagli
enti preposti alle diverse rilevazioni vengano valorizzati attraverso la
revisione delle procedure adottate, delle variabili considerate e/o delle
informazioni diffuse. Considerando gli aspetti della salute, il monitoraggio di
alcuni indicatori (in particolare per bambini, giovani donne e lavoratori),
ricavabili da informazioni di tipo ospedaliero ed extra ospedaliero, si
configura quale preziosa opportunità di verifica del livello di benessere degli
stranieri.
Tab. 20 ‑
Misure ed indicatori sugli stranieri con permesso di soggiorno o iscritti nelle
anagrafi comunali prevalentemente al 1998. Valori assoluti (in migliaia),
percentuali e tassi per 1000 stranieri
Misure e indicatori |
Italia |
Ripartizioni territoriali |
||||
|
|
Nord‑ Ovest |
Nord‑Est |
Centro |
Sud |
Isole |
Dati che si riferiscono ai permessi di soggiorno |
|
|
|
|
|
|
‑ Stranieri con perm.
di sogg. all'1‑1‑1999 (in migliaia) |
1.091 |
339 |
247 |
334 |
114 |
57 |
‑ Incidenza %
stranieri sulla popolazione residente |
1,9 |
2,2 |
2,3 |
3,0 |
0,8 |
0,8 |
‑ Numero istanze di
regolarizzazione nel 1998 (in migliaia) |
243 |
80 |
36 |
77 |
36 |
13 |
‑ Istanze
regolarizzazione nel 1998 per 100 perm. di sogg. |
22,3 |
23,6 |
14,7 |
23,1 |
31,9 |
22,2 |
‑ % stranieri presenti
da almeno 10 anni |
22,4 |
21,7 |
18,3 |
26,2 |
21,2 |
23,9 |
‑ % donne straniere |
46,6 |
45,5 |
43,5 |
50,0 |
47,5 |
44,4 |
‑ Età media (tra 18 e
64 anni compiuti) |
35,0 |
34,7 |
34,2 |
35,7 |
35,1 |
35,3 |
‑ Stranieri 40‑60
anni per 100 stranieri 20‑40 anni |
35,4 |
32,8 |
31,7 |
39,7 |
38,1 |
38,9 |
‑ % stranieri di 65
anni e più |
5,5 |
5,6 |
4,0 |
7,5 |
3,8 |
2,5 |
‑ % stranieri
coniugati |
50,4 |
52,3 |
54,9 |
42,5 |
54,7 |
58,0 |
‑ % permessi per
motivi di famiglia |
24,9 |
25,3 |
27,4 |
19,3 |
32,6 |
28,9 |
‑ % permessi per
motivi di lavoro |
60,6 |
64,5 |
62,2 |
56,7 |
56,3 |
61,1 |
‑ Rimesse annue medie
pro capite 1997‑98 (.000 £ correnti) |
648 |
437 |
443 |
1.008 |
612 |
704 |
‑ % matrimoni misti
tra i maschi stranieri nel 1994‑95 |
66,6 |
75,2 |
52,9 |
58,7 |
84,5 |
80,1 |
‑ % matrimoni misti
tra le femmine straniere nel 1994‑95 |
82,1 |
86,7 |
74,8 |
80,1 |
90,6 |
85,8 |
‑ Tasso nuzialità
mista maschi stranieri (per 1000 perm.) |
8,5 |
9,3 |
7,4 |
6,2 |
14,8 |
10,3 |
‑ Tasso di nuzialità
mista donne straniere (per 1000 perm.) |
22,4 |
24,9 |
27,0 |
17,8 |
24,6 |
18,9 |
‑ Ricoveri
ospedalieri, 1998, tot. stranieri (in migliaia) (a) |
202 |
112 |
69 |
21 |
|
|
‑ % ricoveri stranieri
non resid. sul totale ricoveri stranieri |
26,5 |
30,0 |
19,4 |
30,9 |
|
|
‑ Ricoveri totale
stranieri per 100 ricoveri in totale |
1,7 |
1,9 |
3,0 |
0,5 |
|
|
Dati che si riferiscono agli stranieri iscritti alle
anagrafi |
|
|
|
|
|
|
Ammontare iscritti in
anagrafe all'1‑1‑1999 (in migliaia) |
1.116 |
366 |
237 |
329 |
111 |
73 |
Iscritti in anagrafe per 100
stranieri con perm. sogg. (b) |
88,8 |
92,7 |
81,3 |
86,5 |
87,8 |
112,9 |
- % minori di 18 anni |
16,7 |
17,9 |
19,5 |
14,8 |
13,5 |
15,6 |
- % iscritti nei comuni
capoluogo |
48,2 |
48,8 |
37,4 |
61,0 |
31,7 |
48,5 |
Ammontare nascite nel 1998
(in migliaia) |
16,9 |
6,6 |
4,3 |
4,0 |
1,2 |
0,8 |
Ammontare morti nel 1998 (in
migliaia) |
1,8 |
0,6 |
0,5 |
0,4 |
0,2 |
0,1 |
Saldo naturale nel 1998 (in
migliaia) |
15,1 |
6,0 |
3,9 |
3,6 |
1,1 |
0,7 |
Saldo migratorio interno nel
1998 (in migliaia) (c) |
5,1 |
4,6 |
5,3 |
‑ 0,4 |
‑ 2,4 |
‑ 2,0 |
Saldo migratorio con
l'estero nel 1998 (in migliaia) |
124,2 |
46,6 |
26,8 |
33,4 |
12,7 |
4,7 |
Acquisizioni cittadinanza
italiana nel 1998 (in migliaia) |
10,8 |
3,7 |
2,9 |
2,8 |
0,9 |
0,5 |
Saldo totale nel 1998 (d) |
124,7 |
49,8 |
30,9 |
32,1 |
9,9 |
2,0 |
- Tasso di natalità 1998
(nati per 1000 residenti) |
16,0 |
19,2 |
19,7 |
12,7 |
11,5 |
10,6 |
- Tasso di mortalità 1988
(decessi per 1000 residenti) |
1,7 |
1,8 |
2,1 |
1,4 |
1,6 |
1,2 |
- Tasso di incremento
naturale 1998 |
14,4 |
17,4 |
17,6 |
11,4 |
10,0 |
9,4 |
- Saldo migratorio interno
per 1000 stranieri residenti |
4,8 |
13,4 |
24,1 |
‑1,5 |
‑22,3 |
‑28,0 |
- Saldo migratorio con
l'estero per 1000 stranieri residenti |
117,8 |
136,5 |
121,3 |
106,7 |
119,8 |
64,6 |
- Tasso di naturalizzazione
1998 (per 1000 residenti) |
10,9 |
11,8 |
14,0 |
9,3 |
9,1 |
6,6 |
- Tasso di incremento totale
1998 (per 1000 residenti) (d) |
118,3 |
145,8 |
139,7 |
102,5 |
93,3 |
27,9 |
Note:
(a) Sono considerati soltanto
i ricoveri per malattie acute.
(b) Sono considerati solo gli
stranieri maggiorenni sia tra gli iscritti in anagrafe sia tra i titolari di
permesso di soggiorno.
(c) Il saldo migratorio per
l'interno a livello nazionale è diverso da zero a causa di sfasamenti temporali
negli atti amministrativi
o di rettifiche conseguenti a
verifiche post‑censuarie o ad accertamenti [Istat 2000c].
(d) Sono considerate anche le
«altre iscrizioni», le «cancellazioni per irreperibilità» e le «altre
cancellazioni».
Fonte: nostra elaborazione su
dati dei Ministero dell'Interno, delle Anagrafi comunali e dello stato civile
[Istat 1998; 1999; 2000a; 2000c], del Ministero della Sanità e dell'Ufficio
italiano cambi.
Accanto ai problemi connessi alla indisponibilità e all'inadeguatezza di alcune informazioni va considerato quello relativo alla difficoltà di pervenire ad indicatori coerenti quando il numeratore e il denominatore del rapporto si riferiscono a collettivi differenti. Tale problematica risulta particolarmente rilevante nella costruzione dei rapporti di derivazione (tassi di fecondità, criminalità, ecc.), in cui gli eventi a numeratore si riferiscono in genere non solo alla popolazione straniera legale ma anche a quella illegale che non è ovviamente rilevata dalle fonti ufficiali e quindi risulta difficile stimare un denominatore coerente con il numeratore. La possibilità di distinguere gli eventi a numeratore in base alla popolazione di riferimento (stranieri residenti, legali o irregolari) potrebbe consentire di superare questo tipo di difficoltà.
Problemi non meno importanti
sono emersi nella fase di comparazione dei valori degli indicatori relativi
alle differenti collettività immigrate. Non è detto che valori simili indichino
un uguale percorso e soprattutto uno stesso stadio di inserimento poiché le
situazioni osservate vanno, in alcuni casi, relativizzate al contesto di
origine e ai differenti modelli migratori. Il riferimento prevalente alla
popolazione straniera legale potrebbe far emergere situazioni che potrebbero
essere completamente stravolte se fosse possibile inserire nell'analisi anche
la componente illegale.
Inoltre, l'adozione di un
approccio di analisi trasversale consente molto meno di quello longitudinale
(che segue nel tempo le varie coorti di immigrati) di cogliere compiutamente e
correttamente il processo di inserimento.
Pur dovendo tenere conto di
tutte queste difficoltà, sembra possibile pervenire in futuro alla
predisposizione di un sistema di indicatori per collettività immigrata e area
di insediamento (ripartizioni territoriali) aggiornabile di anno in anno.
Agenzia romana per la
preparazione al Giubileo
2000 Migrazioni: scenari per
il XXI secolo, Dossier di ricerca, voll. I e II, Roma.
Alotta, S.
1998 Matrimoni misti e
reazioni sociali, in «Affari sociali internazionali», n. 3, pp. 181‑191.
Baldacci, E. e Natale, L.
1995 Devianza e integrazione
degli immigrati stranieri: una verifica empirica, in SIS, Continuità e
discontinuità nei processi demografici, Convegno 20‑21aprile 1995,
Università degli studi della Calabria, Arcavacata di Rende, Rubbettino, pp. 545‑552.
Barbagli, M.
1998 Immigrazione e
criminalità in Italia, Bologna, Il Mulino.
Baubdck, R.
1994 The integration of immigrants, in Conseil de l'Europe, Rapport de la
7éme réunion du Groupe mixte de spécialistes sur les migrations, la démographie
et l'emploi, Strasbourg.
Bertani, M., Gualtieri, G. e
Strozza, S.
1997 Inserimento lavorativo e
abitativo degli immigrati stranieri: il contributo conoscitivo delle indagini
sul campo, in Giorgi P. e Strozza S. (a cura di), Studi di popolazione. Temi di
ricerca nuova, Roma, Dipartimento di Scienze Demografiche, Università di Roma
«La Sapienza», pp. 315‑340.
Bisogno, E. e Gallo, G.
2000 L'acquisto della
cittadinanza, strumento o risultato di un processo di integrazione: un
confronto tra alcuni paesi europei nei primi anni Novanta, in «Studi
Emigrazioni», XXXVII, n. 137, pp. 145‑173.
Bisogno, E., Gallo, G. e
Strozza, S.
2001 L'acquisto di
cittadinanza in alcuni Paesi europei: gli aspetti normativi, la comparabilità
dei dati e i livelli di naturalizzazione, in Di Comite L., Paterno A. (a cura
di), Popolazione, sviluppo e ambiente, Quaderno n. 20, Dipartimento per lo
studio delle società mediterranee, Bari, Cacucci Editore, pp. 9‑48.
Boccuzzo, G. e Buratta, V.
2001 Evolution and epidemiology of induced abortion in Italy, in
«Journal of Modem Italian Studies», n. 1.
Cagiano de Azevedo, R.,
Cantore, A., Di Prospero, R. e Sannino, B.
1994 Immigrants integration
policies in seven European countries, Università degli studi di Roma «La
Sapienza», Rome.
Cagiano de Azevedo, R., Di
Prospero, R. e Di Santo, P. (a cura di)
1992 Measuring Migrants Integration, European Seminar, Rome.
Carchedi, F. (a cura di)
1999 La risorsa inaspettata
Lavoro e formazione degli immigrati nell'Europa mediterranea, Roma, Ediesse.
Caritas di Roma
1999 Immigrazione. Dossier
statistico 1999, Roma, Anterem.
2000 Immigrazione. Dossier
statistico 2000, Roma, Anterem.
Caritas di Roma e Bureau International du Travail
2000 Maghreb. Démographie, développement et migrations, Anterem, Roma. Casacchia, O. e Strozza, S.
1995 Il livello di
integrazione socio‑economica degli immigrati stranieri: un quadro di
riferimento, in SIS, Continuità e discontinuità nei processi demografici,
Convegno 20‑21 aprile 1995, Università degli studi della
Calabria, Arcavacata di
Rende, Rubbettino, pp. 553‑560.
Castles, S.
1998 The process of integration of migrant communities, in UN ‑
Department of economic and social affairs, Population division, Population
distribution and migration, New York, pp. 247‑265.
Colasanto, M. e Ambrosini, M.
(a cura di)
1993 L'integrazione
invisibile. L'immigrazione in Italia tra cittadinanza economica e marginalità
sociale, Milano, Vita e Pensiero.
Coleman D.
1994 International migrants in Europe: adjustment and integration
processes and policies, in Macura, M., Coleman, D., International migration:
regional processes and responses, UN Economic commission for Europe, UN
Population fund, economic studies n. 7, New York and Geneva, pp. 41‑76.
Conti, C. e Strozza, S.
2000 Immigrati in Campania:
tra sopravvivenza e integrazione, in Pane A. e Strozza S. (a cura di), Gli
immigrati in Campania. Un'integrazione difficile tra illegalità e precarietà
diffusa, Torino, L'Harmattan Italia, pp. 191‑236.
Council of Europe
1997 Measurement and indicators of integration, Community relations,
Council of Europe Publishing, Strasbourg Cedex.
Doomernik, J.
1998 The effectiveness of integration policies towards immigrants and
their descendants in France, Germany and the Netherlands, in «International
Migration Papers», n. 27, ILO, Geneva.
Feld, S.
1991 Convergences et divergences démo‑sociales des populations
immigrées. Evolution de la fecondité et de l'emploi en Belgique, GRESS,
Document de travail n. 10, Université de Liège, Décembre.
Frey, L. e Tagliaferri, T.
1996 Immigrazione e mercati
del lavoro in Italia, in «Rivista Italiana di Economia, Demografia e
Statistica», vol. L, n. 2, pp. 191‑209.
Gabrielli, D., Gallo, G. e
Strozza, S.
2000 Gli immigrati stranieri
in Campania: dalla dimensione europea a quella regionale, in Pane A. e Strozza
S. (a cura di), Gli immigrati in Campania. Un'integrazione difficile tra
illegalità e precarietà diffusa, Torino, L'Harmattan Italia, pp. 15‑50.
Golini, A.
2000 L'emigrazione italiana
all'estero e la demografia della immigrazione straniera in Italia, in Zincone,
G. (a cura di), Primo rapporto sull'integrazione degli immigrati in Italia,
Bologna, Il Mulino, pp. 121‑156.
Golini, A., Racioppi, F. e
Pozzuoli, S.
1996 Dinamica demografica e
pianificazione delle aziende di credito. Un'indagine tra le banche italiane,
Materiali di studi e ricerche (Nuova serie), n. 11, Dipartimento di Scienze
Demografiche, Roma.
Haug, W.
2000 National and immigrant minorities: problems of measurement and
definition, in «Genus», vol. LVI, n. 1‑2, pp. 133‑147.
Haut Conseil à l'Intégration
1991a La connaissance de
l'immigration et de l'intégration, La documentation française, Paris.
1991b Pour un modèle français d'intégration, La documentation française,
Paris.
Istat
1998 La presenza straniera in
Italia negli anni '90, Informazioni n. 61, Roma.
1999 La presenza straniera in
Italia: caratteristiche demografiche, Informazioni n. 6, Roma.
2000 La presenza straniera in
Italia: caratteristiche demografiche, Informazioni n. 7, Roma.
2000b La popolazione
straniera residente in Italia al 1 gennaio 2000, in «Statistiche in breve» del
11 luglio 2000.
2000c La presenza straniera
in Italia: caratteristiche demografiche, Informazioni, Roma (in corso di
stampa).
Maffioli, D.
1996 La fecondità degli
immigrati in Italia: le informazioni disponibili e la loro utilizzazione, in Di
Cornite, L., Cardamone, A. (a cura di), Crescita demografica e migrazioni
internazionali nel bacino Mediterraneo, Quaderni n. 11, Dipartimento per lo
studio delle società mediterranee, Bari, Cacucci Editore, pp. 167‑202.
Ministero della Pubblica
Istruzione
2000 Alunni con cittadinanza
non italiana. Scuole statali e non statali. Anno scolastico 1999/2000, Roma,
ottobre.
Ministero dell'Interno
2000 Migrazioni e sicurezza
in Italia, in Agenzia romana per la preparazione al Giubileo, Migrazioni:
scenari per il XXI secolo, Dossier di ricerca, vol. 11, Roma, pp. 1063‑1214.
Natale, M.
1995 Introduzione alla
sessione specializzata su: «Migrazioni in Italia: integrazione socio‑economica
e seconda generazione», in SIS, Continuità e discontinuità nei processi
demografici, Convegno 20‑21 aprile 1995, Arcavacata di Rende, Rubbettino,
pp. 515‑ 520.
Natale, M. e Strozza, S.
1997 Gli immigrati stranieri
in Italia. Quanti sono, chi sono, come vivono?, Bari, Cacucci Editore.
2000 Lavoro, reddito e
rimesse degli immigrati stranieri in Italia: finalità, progettazione e
realizzazione di un'indagine sul campo, in Acocella N. e Sonnino E. (a cura
di), Movimenti di persone e movimenti di capitali in Europa, Roma, in corso di
stampa.
Mazzonis, M. e Naletto, G.
2000 Migrazioni e banche.
Facilitare l'accesso dei migranti ai servizi bancari, Working Paper, Roma,
Lunaria Orilus.
Park, R. E., Burgess, E. W.
1921 Introduction to the science of sociology (1970), Chicago University
Press, Chicago.
Simoncelli, R.
1998 Organizzazione dello
spazio e popolazione, Roma, Kappa.
Strozza, S. e Conti, C.
1999 Caratteristiche e
tendenze dell'inserimento lavorativo degli immigrati nel Lazio durante gli anni
Novanta, in Zanfrini L. (a cura di), Immigrati mercati del lavoro e
programmazione dei flussi di ingresso, Quaderni I.S.M.U., n. 1, pp. 83‑120.
Todisco, E. (a cura di)
1995 Immigrazione: dai
bisogni ai diritti, dall'emarginazione alla integrazione, Università degli
Studi «La Sapienza», Facoltà di Economia, Sede di Latina.
United Nations
1999 Demographic Yearbook, New York
United Nations Secretariat
1995 The international migration of women: an overview, in Department
for economic and social information and policy analysis, International
migration policies and the status of female migrants, Proceedings of the United
Nations Expert group on the status of female migrants, San Miniato, 28‑31
marzo.
Zincone, G.
2000a Introduzione e sintesi.
Un modello di integrazione ragionevole, in Zincone, G. (a cura di), Primo
rapporto sull'integrazione degli immigrati in Italia, Bologna, Il Mulino, pp.
13‑120.
Zincone, G. (a cura di)
2000b Primo rapporto
sull'integrazione degli immigrati in Italia, Bologna, Il Mulino.
Note:
1) Infine,
il tentativo di ordinare e successivamente confrontare realtà cosi complesse
risulta essere tanto più interessante se si considera il passaggio dell'intera
materia immigrazione dal Terzo pilastro dell'Unione europea (pilastro
intergovernativo) al Primo (pilastro comunitario) attraverso la stesura del
nuovo titolo Vi dei Trattato istitutivo della Comunità europea intitolato
«Visti, asilo, immigrazione ed altre politiche connesse con la libera
circolazione delle persone».
2) La
rilevabilità della popolazione di origine straniera si presenta complessa sia per motivi tecnici, sia
per motivi politici. Andrebbe
infatti chiesto ad ogni persona la cittadinanza che aveva nel paese di origine
o, per i minori nati nel
paese di destinazione, la cittadinanza dei genitori. Sotto il profilo politico
diventa
però sempre più difficile
porre questo tipo di domande che i cittadini rifiutano sottolineando
l'«invasione
statistica» e il pericolo di
schedatura; d'altra parte queste ultime preoccupazioni, pure in qualche misura
condivisibili, sono in
contraddizione con il desiderio/esigenza di ogni minoranza di vedere
riconosciute le proprie specificità.
3) Va
tenuto presente che anche agli stranieri illegali vanno garantiti alcuni
diritti fondamentali tra quelli inclusi nella carta dei diritti dell'uomo.
Esiste inoltre tutta un'area «grigia» costituita da quegli stranieri che
sperimentano, in alcuni casi più volte, transizioni dallo stato di regolarità a
quello di
4) Viene
quindi di seguito adottato un approccio macro basato su dati aggregati. Ciò
permette di individuare la situazione media di ciascuna collettività immigrata
come risultante di percorsi individuali ( livello micro ) più o meno diversi
e/o distanti tra loro.
5) Per
un'analisi puntuale sarebbe quindi necessario conoscere lo stato civile e
l'esistenza di figli a carico al momento dell'arrivo in Italia per poi
monitorare la stessa coorte lungo tutto il periodo di osservazione.
6) Non
avrebbe senso, infatti, parlare della sola natalità della popolazione immigrata
in Italia in assenza di un'equilibrata distribuzione tra i sessi, anche a
livello territoriale. La distribuzione per sesso è infatti una variabile
fondamentale non solo a livello nazionale ma anche e soprattutto a livello
locale: poco importa, ai fini dell'instaurazione di un sistema di relazioni se
esiste un equilibrio a livello generale se poi questo si traduce, a livello di
singole unità territoriali, in una concentrazione di un sesso in un'area
geografica e dell'altro in un'altra.
7) Anche se tale informazione va assunta
con una certa cautela poiché il dato diffuso presenta alcuni problemi di non
poco conto. Infatti, gli stessi minori potrebbero essere indicati anche in più
di un permesso (ad esempio, nel caso di coppie immigrate con figli minorenni)
e, in alcuni casi, potrebbe essere permesso (ad
esempio, nel caso di coppie immigrate con figli minorenni) e, in alcuni casi,
potrebbe essere segnalata la presenza di minori anche quando questi sono
rimasti in patria o si trovano in un altro paese. Inoltre. non è possibile
determinare il numero di figli minorenni al seguito poiché l'informazione
disponibile riguarda soltanto la presenza o meno di minori senza l'indicazione
del numero.
8) A
partire dal 1997, il nuovo sistema di rilevazione delle nascite prevede la
registrazione anagrafica della cittadinanza dei genitori.
9) Non è,
forse, nemmeno il caso di notare che si tratta di una schematizzazione e che,
come tale, non sempre coglie tutti i casi possibili. Così, ad esempio, per
molte nigeriane che sono arrivate in Italia attraverso canali illegali di
immigrazione l'elevato ammontare di rimesse, lungi dall'essere un segnale di
integrazione, serve ad estinguere il debito contratto in patria con le
organizzazioni che ne gestiscono la tratta.
10)
Inoltre, le associazioni di immigrati possono divenire il tramite per la
manifestazione di bisogni specifici delle collettività straniere.
11) Ancora
più interessante ai fini del presente studio risulterebbe il dato relativo alla
volontà di ricorrere all'istituto della naturalizzazione e, quindi, alle
richieste inoltrate in questo senso: tuttavia si tratta di una statistica
difficilmente recuperabile pur se estremamente utile. Questa infatti verrebbe a
sintetizzare sia la volontà degli immigrati di raggiungere un'importante tappa
del processo di integrazione sia le difficoltà (normative e monetarie) poste
dalla nostra legislazione al riconoscimento dell'avvenuto processo di
integrazione.
12) Almeno
in parte questo risultato è dovuto anche alla vicinanza geografica tra l'Italia
e il paese di origine degli immigrati intervistati. Inoltre, va tenuto presente
che le informazioni statistiche utilizzate si differenziano da quelle ufficiali
sia per il tipo di rilevazione (indagine campionaria a risposta diretta) sia
per l'universo di riferimento (stranieri regolari e irregolari).
13) Per
un'analitica trattazione della procedura di calcolo si rinvia a Bertani,
Gualtieri e Strozza [1997].
14) Nel
caso degli Svizzeri, che sono gli stranieri che fanno registrare il numero più
elevato di naturalizzazioni, potrebbe trattarsi, almeno in parte, di persone di
origine italiana.
15) Il
condizionale è d'obbligo visto che non sempre all'inserimento lavorativo ne
corrisponde uno a livello sociale e, in particolare, abitativo.
16) Anche questo indicatore va però letto tenendo conto delle incertezze cui può dare luogo. Innanzi tutto gli immigrati potrebbero essere esposti al rischio disoccupazione qualora presentassero quelle stesse caratteristiche che analogamente presentate da cittadini italiani, incontrerebbero scarsità di domanda di lavoro. In questo caso, la ragione del non trovare lavoro andrebbe attribuita alla segmentazione dei mercato del lavoro italiano non alla nazionalità del lavoratore.
17) Per considerazioni più analitiche si rinvia ad alcuni articoli specifici [Frey e Tagliaferri 1996; Strozza e Conti 1999].
18) Le
disposizioni sanitarie contenute nel Testo Unico ‑ D.Lgs. 286/98 (che ha
recepito la Legge 40/98) prevedono infatti (art. 34, comma 1) che tutti i
soggetti in possesso della gran parte delle tipologie dei permessi di soggiorno
di validità superiore ai 6 mesi, ed i loro familiari a carico regolarmente
soggiornanti, ricevano una copertura sanitaria pubblica alla pari dei cittadini
italiani.
19) E' da tener presente però che di 20.480 donne nate all'estero, 6.572 sono di cittadinanza italiana.
20) A
livello nazionale il saldo migratorio interno è diverso da zero a causa di
sfasamenti temporali negli atti amministrativi o di rettifiche conseguenti a
verifiche post‑censuarie o ad accertamenti [Istat 2000c].