Discriminazioni legali
P.H.
Sono chiamati gli «Omi», in
particolare nella regione Bocche del Rodano, dove l'agricoltura ricorre
alla manodopera straniera da decenni e dove risultavano circa la metà
dei 10.403 di questi contratti molto particolari, esistenti in Francia nel
2001. Omi? Niente a che vedere, certamente, con Omertà, Miseria,
Ingiustizia... ma, molto semplicemente, Ufficio delle migrazioni internazionali,
cui il datore di lavoro desideroso di assumere uno stagionale all'estero
deve rivolgersi, dopo aver richiesto un'autorizzazione presso la Direzione
dipartimentale del lavoro e dell'occupazione (Ddte). Il produttore, per
lo più di frutta e verdura, deve avere in precedenza presentato un'offerta
di lavoro all'Agenzia nazionale per l'occupazione (Anpe), per verificare
che è rimasta senza risposta. Poi - potere discrezionale gravido
di conseguenze - designa con richiesta nominativa colui che intende far
entrare in Francia. Munito di un contratto di sei mesi, prolungabile di
altri due, il lavoratore ha alla scadenza dieci giorni per rientrare nel
paese d'origine: Marocco, Tunisia o Polonia, soli stati con i quali la Francia
ha concluso degli accordi bilaterali (1).
Denis Natanélic (2),
presente a La Crau da quindici anni, fa una rapida storia di questi contratti:
«fino al 1981, il loro numero non ha fatto che crescere. Dopo l'elezione
di François Mitterrand, molti di questi stagionali hanno ottenuto
un permesso di soggiorno e scelto un altro progetto di vita. Hanno trovato
una casa e fatto venire la famiglia. Divenuti ormai meno disponibili per
il padrone, vivendo sotto lo sguardo della propria famiglia, non erano più
pronti ad accettare tutto. Allora hanno finito sovente per essere licenziati,
disoccupati o con l'Rmi...» (salario minimo di inserzione, che lo
stato paga a chi non ha un lavoro e ha più di 25 anni, ndt). È
stato così che i residenti permanenti sono stati sostituiti da contratti
Omi. «Nel 1995 - prosegue - a causa della crescita della disoccupazione,
un accordo-quadro imposto dalla stato autorizza solo più il rinnovo
di contratti Omi già esistenti. Il loro numero è diminuito
da 3.420 nel 1998 a 2.858 nel 2000» (3).
Ma non era stata calcolata la pressione esercitata dalla lobby dei datori
di lavoro, orchestrata dalla Federazione dipartimentale dei sindacati degli
imprenditori agricoli (Fnsea). Nel 2001, lo stato fa marcia indietro, l'accordo
del 1995 viene dimenticato e i nuovi contratti Omi esplodono di nuovo: ne
verranno firmati 1.500, anche perché alcuni agricoltori approfiteranno
della situazione per sbarazzarsi di lavoratori usurati dal lavoro.
Veri «contratti a durata determinata al ribasso», come li definisce
la carta del Collettivo di difesa dei lavoratori stranieri in agricoltura
(4), i contratti Omi relegano
il lavoratore in una zona di sotto-diritto: nessuna indennità per
la precarietà, nessuna priorità alla riassunzione, ecco come
è stato ridotto il diritto del lavoro. Non c'è la protezione
sociale annuale poiché la copertura sociale scompare alla fine del
contratto, nessun diritto al sussidio di disoccupazione o all'Rmi, anche
se hanno pagato i contributi all'ente preposto (Assedic), difficoltà
per ottenere la pensione se sono stati rimandati nel paese d'origine: ecco
come è stato ridotto il diritto sociale. Per quanto riguarda poi
il diritto al permesso di soggiorno, si tratta di una conchiglia vuota:
né ricongiungimento familiare, poiché l'anno di residenza
non è mai completo, né possibilità di avere un permesso
di soggiorno poiché la presenza in Francia non è continuativa...
A queste discriminazioni legalizzate si aggiungono, presso certi datori
di lavoro, pratiche illegali: obbligo per il candidato (al primo contratto
o per il rinnovo) di pagare una sorta di «tassa clandestina»
che può arrivare fino a 7.600 euro (per essere sulla lista); non
rispetto dei contratti collettivi e assenza di condizioni di lavoro decenti.
Il ricatto sul non rinnovo del contratto è la chiave di volta di
questo sistema. Lavorando in una situazione di vero e proprio subappalto
rispetto alla grande distribuzione che li strangola tramite le centrali
di acquisto, alcuni agricoltori agiscono così sulla sola variabile
di aggiustamento che sia a loro portata; cioè il costo della manodopera,
super-sfruttandola. I poteri pubblici, dal canto loro, coprono questa forma
di schiavitù legalizzata.
Sopravvivenza arcaica? È da vedere. All'ora del liberismo selvaggio,
questi «contratti Omi» potrebbero servire da modello per l'Europa
intera in agricoltura, ma anche nell'edilizia, nella ristorazione, nella
confezione...
note:
(1) Alcune convenzioni sono state
firmate tra l'Ufficio delle migrazioni internazionali e ogni paese: nel
giugno ed agosto 1963 per il Marocco e la Tunisia, rispettivamente completate
nel 1987 e nel 1988; nel maggio 1992 per la Polonia.
(2) Animatore di Mafadji-Pays
d'Arles, associazione di cooperazione che raggruppa gli abitanti di questo
villaggio, i maliani di un pensionato per immigrati di Rosny-sous-Bois e
degli abitanti della regione di Arles. Maison des associations, 3, boulevard
Lices, 13200 Arles.
(3) Cifre dell'Ispettorato del
lavoro, dell'occupazione e della politica sociale agricola (Itepsa).
(4) Per mettersi in contatto con
il collettivo: Codetras, Bp 87, 13303 Marsiglia Cedex 3; codetras@space.asso.fr
(Traduzione di A. M. M.) |