Proposta

DIRETTIVA DEL CONSIGLIO

che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica

(Presentata dalla Commissione)

RELAZIONE


I. Introduzione

Obiettivo delle presente proposta è attuare il principio della parità di trattamento tra persone di razza o origine etnica diversa nell’Unione europea.

La proposta fissa un quadro minimo per l’interdizione della discriminazione basata sulla razza o l’origine etnica e un livello minimo di protezione giuridica nell’Unione europea per le persone vittime di discriminazione. Essa dà una definizione comune di discriminazione illecita e un livello minimo di riparazione giuridica nell’Unione europea.

La proposta si basa sull’articolo 13 del trattato che istituisce la Comunità europea e fa parte di un più ampio pacchetto di azioni, comprensivo di una direttiva volta a proibire la discriminazione sul mercato del lavoro a causa di razza e origine etnica, religione e convinzioni personali, handicap, età e tendenze sessuali, nonché di un programma di azione a sostegno delle iniziative condotte negli Stati membri per combattere le discriminazioni.

II. Contesto

La lotta contro il razzismo è una tematica importante per la comunità internazionale ed è stata al centro della cooperazione internazionale negli ultimi decenni.

L’esperienza di guerre e di conflitti fatta in Europa nel corso del 20° secolo - e persino in questo scorcio di secolo - ha evidenziato i pericoli del razzismo e delle drammatiche violazioni della dignità umana che ne derivano. Eppure, in questa fine di secolo la discriminazione razziale non è ancora stata sradicata dalla vita quotidiana degli europei.

È generalmente riconosciuta la fondamentale importanza di norme di legge atte a combattere il razzismo e l’intolleranza. La legge non solo protegge le vittime e dà loro mezzi per esigere una riparazione, ma dimostra anche la ferma opposizione della società al razzismo e l’effettivo impegno delle autorità a rimuovere la discriminazione. L’applicazione di norme antirazzismo può avere un effetto importante nel plasmare gli atteggiamenti.

Per tale motivo la comunità internazionale e gli Stati membri dell’Unione europea hanno rafforzato i loro strumenti giuridici contro il razzismo negli ultimi decenni. Un gran numero di testi giuridici internazionali affronta il razzismo in modo specifico o nel contesto di altri strumenti a tutela dei diritti umani.

Le istituzioni europee sin dal 1977 hanno a più riprese espresso il loro impegno a difesa dei diritti umani e delle libertà fondamentali e hanno condannato l’intolleranza, il razzismo, la xenofobia e l’antisemitismo.

Continuando i suoi sforzi nella lotta contro il razzismo e dando seguito alla comunicazione della Commissione del 13 dicembre 1995, il Consiglio e i rappresentanti dei governi degli Stati membri hanno adottato il 23 luglio 1996 una risoluzione che proclamava il 1997 Anno europeo contro il razzismo.

A seguito dell’Anno europeo e prendendo le mosse dagli insegnamenti ricavatine, la Commissione ha adottato il 25 marzo 1998 una comunicazione contenente un piano d’azione contro il razzismo. Il piano d’azione adotta un approccio ampio ponendo in luce l’importanza del mainstreaming della lotta contro il razzismo in tutte le politiche europee e ribadendo la necessità di promuovere partnership tra le istituzioni europee e tutti gli attori pertinenti a livello sia governativo che non.

In tale contesto le istituzioni europee e la società civile hanno ripetutamente invocato un’azione legislativa nel campo del razzismo.

III. Sussidiarietà e proporzionalità: necessità di un intervento europeo nel campo del razzismo

Com’è stato ribadito dal Parlamento europeo nella sua risoluzione sulla recrudescenza del razzismo e della xenofobia in Europa, datata 21 aprile 1993, il razzismo e la xenofobia sono pratiche "estremamente pericolose per quei valori democratici che costituiscono la parte essenziale del patrimonio comune degli Stati membri" .

L’impegno nei confronti dei diritti umani e delle libertà fondamentali fatto proprio dall’Unione europea è stato rafforzato dal trattato di Amsterdam. Gli articoli 6 e 7 del trattato rafforzano la protezione dei diritti umani, cui viene riconosciuta la dignità di principio fondamentale su cui è costruita l’Unione europea. L’articolo 13 prevede poteri specifici d’azione per dare efficacia alle misure volte a combattere la discriminazione. Inoltre, l’Unione si è data l’obiettivo di rimanere e svilupparsi ulteriormente come spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Il Consiglio europeo straordinario tenutosi a Tampere il 15 e 16 ottobre 1999 ha invitato la Commissione a presentare il prima possibile, per contribuire al conseguimento di tale obiettivo, proposte di attuazione dell’articolo 13 del trattato CE relativo alla lotta contro il razzismo e la xenofobia.

Esistono già diversi strumenti internazionali a sostegno della lotta contro il razzismo. Questi vanno da affermazioni generali dei diritti umani (Dichiarazione universale dei diritti umani, Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo) a testi specifici che affrontano esclusivamente i fenomeni del razzismo e della xenofobia (Convenzione internazionale sull’abolizione di ogni forma di discriminazione razziale, Convenzione OIL n. 111, nuovo progetto di protocollo della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo). Questi strumenti fissano principi generali per lottare contro la discriminazione, ma nessuno di essi predispone meccanismi diretti di ricorso che consentano agli individui di ottenere riparazione senza che vi sia un’ulteriore azione attuativa da parte degli Stati firmatari.

Gli Stati membri hanno a loro volta introdotto tutta una serie di misure che propugnano il diritto delle persone a non essere discriminate a causa della razza o dell’origine etnica. Tutti gli Stati membri hanno introdotto leggi per combattere la violenza razzista e l’incitamento all’odio razziale, in particolare a seguito dell’azione comune contro il razzismo e la xenofobia del 15 luglio 1996. Alcuni Stati membri hanno anche introdotto nelle loro costituzioni clausole di non discriminazione che possono o meno conferire alle singole persone un diritto di riparazione. Un gran numero di Stati membri ha inoltre varato legislazioni specifiche, corroborate dall’accesso delle vittime ai tribunali per ottenere riparazione, onde bandire la discriminazione razziale in alcuni aspetti dell’occupazione, mentre altri, come l’Irlanda, i Paesi Bassi e il Regno Unito, hanno dato copertura giudiziaria ad altri ambiti della vita quotidiana quali l’accesso ai beni e ai servizi e l’istruzione.

Il divieto della discriminazione per motivi di razza e origine etnica vige in tutti gli Stati membri ma il campo d’applicazione, i contenuti e la sanzionabilità di tale divieto variano notevolmente. Tuttavia, l’esistenza di poteri formali e la dimostrata volontà di azione politica non sono sufficienti in sé a giustificare un intervento normativo della Comunità. Il protocollo aggiunto al trattato di Amsterdam sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità (1997) giustifica l’azione comunitaria nei casi in cui:

"l’azione a livello comunitario produrrebbe evidenti vantaggi per la sua dimensione o i suoi effetti rispetto all’azione a livello di Stati membri".

L’adozione di una direttiva della Comunità costituirebbe una chiara presa di posizione politica contro la discriminazione. Essa garantirebbe a tutti i cittadini una tutela comune contro la discriminazione razziale nell’intera Unione, rafforzando e integrando i meccanismi di tutela già presenti negli Stati membri, sia ampliando il campo di applicazione materiale degli stessi sia aprendo o allargando la strada del ricorso legale. Ne risulterebbero un rafforzamento dei valori di libertà, democrazia, rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali e Stato di diritto sui quali l’Unione si fonda e un contributo allo sviluppo dell’Unione in direzione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Si otterrebbe anche un rafforzamento della coesione economica e sociale, garantendo a tutti gli abitanti degli Stati membri il godimento di un livello fondamentale di tutela contro la discriminazione, con analoghi diritti da far valere, pur in considerazione della diversità culturale degli Stati membri.

La direttiva corroborerà inoltre gli sforzi degli Stati membri per raggiungere altri obiettivi fissati a livello europeo, in particolare nel contesto della strategia coordinata per l’occupazione (in particolare l’Orientamento 9) e nello sviluppo di un ampio accesso a un’istruzione e una formazione di qualità.

Inoltre, la direttiva costituirà una solida base per l’ampliamento dell’Unione europea, che deve essere fondato sul pieno ed effettivo rispetto dei diritti umani. Il processo di ampliamento darà accesso all’UE a nuove e diverse culture e minoranze etniche. Per evitare tensioni sociali sia negli Stati membri attuali che in quelli nuovi, e per creare una Comunità basata sul comune rispetto e la tolleranza della diversità razziale ed etnica, è essenziale porre in atto un quadro comune europeo di lotta contro il razzismo.

IV. L’approccio della Commissione all’azione comunitaria

Nel proporre una direttiva per combattere la discriminazione a causa della razza e dell’origine etnica, la Commissione ha tenuto conto dell’esperienza a livello nazionale e internazionale e dei pareri emersi nel corso delle varie consultazioni da essa effettuate. Il Parlamento europeo, nella sua risoluzione del 29 gennaio 1998, ha affermato che la direttiva dovrebbe coprire "i settori dell’occupazione, dell’istruzione, della sanità, della sicurezza sociale, della casa e dei servizi pubblici e privati".

La Commissione è d’accordo che occorre una copertura ampia per recare un serio contributo alla lotta contro il razzismo e la xenofobia in Europa. L’Unione europea ha riconosciuto, tra l’altro nel contesto della strategia coordinata per l’occupazione, che la partecipazione alla vita economica è spesso un requisito fondamentale per un’efficace integrazione sociale in senso lato. Analogamente, i sistemi di protezione sociale svolgono un ruolo fondamentale nell’assicurare la coesione sociale e nel mantenere la stabilità politica e il progresso economico nell’Unione. La discriminazione nell’accesso ai benefici e ad altre forme di sostegno erogati dai sistemi di protezione sociale contribuiscono e aggravano l’emarginazione degli appartenenti alle minoranze etniche e degli immigranti. Lo stesso vale per i vantaggi sociali, che sono spesso discrezionali, con un carattere o una finalità analoghi a quelli della protezione sociale.

Altri ambiti sono legati in modo più indiretto al mondo del lavoro, ma contribuiscono comunque in modo significativo all’integrazione socioeconomica. Un’istruzione di alta qualità è ad esempio un requisito essenziale per un’efficace integrazione nella società. Pertanto occorre dare il giusto peso alla parità di trattamento nelle procedure di selezione, tenendo conto dei diversi contesti culturali di provenienza.

Anche la discriminazione nell’accesso a beni e servizi limita l’integrazione socioeconomica, soprattutto per quanto concerne l’accesso ai servizi finanziari, ma non solo a quelli. Le decisioni in merito a prestiti da concedere alle piccole imprese, ad esempio, o a ipoteche da concedere a privati, basate o influenzate dall’origine etnica o razziale vera o presunta dei richiedenti, non sono solo contrarie ai principi fondamentali dei diritti umani, ma costituiscono anche, nella pratica, un forte freno alla capacità di ampi settori della società di provvedere a sé stessi e agli altri. Analogamente, l’esclusione di determinate persone dall’accesso a beni o servizi di loro scelta nuoce se non altro alla loro autostima e, nel peggiore dei casi, ne consolida l’emarginazione sociale.

La Comunità è fortemente impegnata in difesa dei diritti umani delle donne e delle ragazze quale parte inalienabile, integrale e indivisibile dei diritti umani. Essa riconosce che la discriminazione a causa della razza o dell’origine etnica può colpire le donne e gli uomini in misura differente. Le ineguaglianze strutturali legate al sesso e ai ruoli di genere di donne e uomini sono spesso aggravate in relazione a questa duplice discriminazione. Conformemente al principio fissato negli articoli 2 e 3 del trattato, l’uguaglianza tra le donne e gli uomini è un obiettivo esplicito della CE e la Comunità deve tendere, in tutte le sue attività, a eliminare le ineguaglianze di genere e a promuovere la parità. Il principio dell’integrazione orizzontale (mainstreaming) della dimensione di genere dovrebbe quindi essere applicato alla direttiva, per assicurare che si tenga nella debita considerazione la dimensione di genere all’atto della sua esecuzione.

La Commissione ha perciò proposto una direttiva di ampia portata, pur entro i limiti dei poteri conferiti alla Comunità dal trattato. La Commissione ritiene però anche che sia necessario lasciare agli Stati membri uno spazio di manovra nell’applicare la normativa comunitaria, in modo da tener conto delle particolari circostanze derivanti dalla loro storia e tradizioni. La proposta di direttiva quindi fissa solo obiettivi ampi, in modo da assicurare che la discriminazione sia proibita e che le vittime di discriminazione abbiano un minimo titolo a esigere riparazione. Unitamente alle proposte di direttiva che vietano la discriminazione per altri motivi nell’ambito dell’occupazione e al programma d’azione a sostegno dello sviluppo di misure pratiche per combattere la discriminazione, la direttiva specifica sulla discriminazione a causa della razza e dell’origine etnica costituirà un importante passo avanti sulla via di un quadro ampio e completo per l’attuazione del principio della parità di trattamento nella vita economica e sociale.

V. Commento all’articolato

La proposta di direttiva comprende quattro capi: disposizioni generali (Capo I), ricorso legale e disposizioni esecutive (Capo II), organismi indipendenti per la promozione della parità di trattamento (Capo III), disposizioni finali (Capo IV).

Capo I: Disposizioni generali

Concerne lo scopo della direttiva e il concetto di discriminazione.

Articolo 1: Oggetto

L’articolo 1 delinea l’obiettivo principale della direttiva che consiste nel rispetto del principio della parità di trattamento in tutti gli Stati membri dell’Unione europea. Va sottolineato che la direttiva non vieta le differenze di trattamento basate sulla nazionalità, poiché di questo aspetto si occupano altri articoli del trattato (in particolare gli articoli 12 e 39) e il diritto derivato in vigore.

Articolo 2: Nozione di discriminazione

La definizione del principio della parità di trattamento contenuto in questo articolo è in linea con la definizione data dalla direttiva 76/207/CEE del 9 febbraio 1976 (direttiva sulla parità di trattamento), la direttiva 97/80/CE del 15 dicembre 1997 (onere della prova) e con la giurisprudenza della Corte in materia di discriminazione indiretta nei campi della parità di trattamento per le donne e gli uomini e della libera circolazione dei lavoratori. La nozione di discriminazione indiretta dovrebbe andare di pari passo con le norme generali relative all’onere della prova di cui all’articolo 8. Il principio della parità di trattamento deve essere applicato indipendentemente dal fatto che l’origine razziale o etnica sia reale o presunta.

Il paragrafo 3 definisce la nozione di molestia. Tale condotta può assumere varie forme, da quelle verbali e gestuali fino alla produzione, esibizione o circolazione di testi scritti, immagini o altro materiale e, per rientrare nel campo di applicazione della direttiva, deve trattarsi di un comportamento di natura grave, tale da creare un ambiente di lavoro sgradevole od ostile. Le molestie a sfondo razziale o etnico minano alla radice i diritti delle persone nella sfera professionale, economica e sociale, e sono da considerarsi come casi di discriminazione.

Articolo 3: Campo d’applicazione

L’articolo 3 definisce gli ambiti in cui è proibita la discriminazione basata sulla razza e l’origine etnica. In tutti i casi, si tratta di ambiti coperti nella misura in cui rientrano nei limiti dei poteri che il trattato conferisce alla Comunità.

1) Accesso alle attività lavorative dipendenti e autonome e condizioni di lavoro.

Le lettere da a) a c) definiscono il campo di applicazione all’ambito occupazionale e sono identici alla direttiva 76/207/CEE sulla parità di trattamento tra le donne e gli uomini.

2) Affiliazione a organizzazioni

La lettera d) tratta dell’affiliazione e della partecipazione attiva a organizzazioni di lavoratori o datori di lavoro, nonché a ogni altra organizzazione i cui membri appartengano a una particolare professione. Tale lettera dispone che non ci siano discriminazioni quanto all’affiliazione e alle prestazioni erogate da tali organismi.

3) Assistenza e previdenza sociale

Anche se la concezione e l’erogazione di protezione e sicurezza sociale rientrano chiaramente tra le responsabilità degli Stati membri, la lettera e) invita gli Stati membri ad assicurare che non si verifichi alcuna discriminazione basata sulla razza o l’origine etnica allorché essi fanno propria tale responsabilità.

4) Benefici sociali

Gli Stati membri sono già tenuti, ai sensi del regolamento (CEE) n. 1612/68 sulla libera circolazione dei lavoratori migranti, a garantire benefici sociali a prescindere dalla nazionalità. In materia, i benefici sociali sono stati definiti dalla Corte di giustizia europea come benefici di natura economica o culturale garantiti negli Stati membri dalle autorità pubbliche o da organizzazioni private. La stessa definizione si applica nella materia qui trattata. Esempi possono essere le agevolazioni sui trasporti pubblici, i prezzi ridotti per l’accesso a eventi culturali o altri, e i pasti sovvenzionati nelle scuole per i bambini provenienti da famiglie a basso reddito. La lettera f) prescrive che, laddove tali benefici sono garantiti, ciò deve avvenire senza discriminazione a causa della razza o dell’origine etnica.

5) Istruzione, comprese le borse di studio

La lettera g) prescrive agli Stati membri di assicurare che non vi sia nessuna discriminazione a causa della razza o dell’origine etnica nel campo dell’istruzione, comprese le condizioni che disciplinano l’assegnazione di borse di studio. Detta prescrizione rispetta appieno la competenza degli Stati membri quanto a contenuto dell’insegnamento e organizzazione dei sistemi educativi, nonché la loro diversità culturale e linguistica.

6) Accesso a beni e servizi e loro fornitura

La lettera h) prescrive che le decisioni in merito all’erogazione di accesso a beni o servizi o alla fornitura di beni e servizi non siano basate sulla razza o l’origine etnica.

Articolo 4: Qualificazioni professionali effettive

Basandosi su disposizioni analoghe delle legislazioni nazionali (Danimarca, Irlanda, Paesi Bassi, Regno Unito) e sulla trattativa sulla parità di trattamento del 1976, l’articolo 4 stabilisce che le differenze di trattamento fondate sulla razza o l’origine etnica connesse con una qualificazione professionale autentica non siano da considerarsi discriminazione. L’espressione "qualificazione professionale effettiva" va definito rigorosamente, in modo da trattare soltanto le qualificazioni professionali strettamente necessarie all’esecuzione delle attività richieste. Esempi di simili differenze possono verificarsi, ad esempio, qualora si cerchi una persona con una certa origine razziale o etnica per motivi di verosimiglianza in una rappresentazione, oppure quando il gestore di una certa attività fornisce a persone di un certo gruppo etnico servizi personali che ne aumentino il benessere e che per avere la migliore efficacia debbano essere fornite da operatori dello stesso gruppo etnico.

Articolo 5: Azione positiva

La parità di trattamento può non bastare di per sé a superare la gran quantità di svantaggi cumulativi che gravano sui gruppi discriminati. L’articolo 5 consente agli Stati membri di autorizzare misure legislative o amministrative eventualmente necessarie per prevenire o correggere le situazioni di ineguaglianza.

Articolo 6: Requisiti minimi

Si tratta di una disposizione standard di "non regressione", che interessa gli Stati membri i quali dispongano o desiderino dotarsi di norme che istituiscono un livello di protezione più elevato di quello garantito dalla direttiva quadro. Questo articolo stabilisce che non vi deve essere un abbassamento del livello di protezione contro la discriminazione già garantito dagli Stati membri al momento di porre in atto la direttiva comunitaria.

 

Capo II: Mezzi di ricorso ed esecuzione

Questo capo affronta le due principali condizioni per assicurare una legislazione efficace contro la discriminazione: il diritto delle vittime a una via personale di ricorso per ottenere riparazione dalla persona o dall’ente che ha commesso la discriminazione, e l’esistenza di un appropriato meccanismo in ciascuno Stato membro per assicurare un adeguato livello di esecuzione della direttiva.

Articolo 7: Mezzi di ricorso

L’articolo 7 concerne le procedure di esecuzione (accesso alla giustizia) atte a far rispettare gli obblighi derivanti da questa direttiva. In particolare esso conferisce alle persone che ritengono di essere state vittime di discriminazione la possibilità di far valere le loro ragioni tramite una procedura amministrativa e/o giudiziaria, in modo da far rispettare il loro diritto alla parità di trattamento. I limiti di tempo nazionali per avviare un’azione non sono mutati da questo articolo.

Il diritto alla protezione legale è inoltre rafforzato dalla possibilità di consentire a organizzazioni di esercitare tali diritti per conto di una vittima.

Articolo 8: Onere della prova

Di norma l’onere legale della prova ricade sulla parte attrice. Tuttavia, ottenere prove in casi di discriminazione, laddove le informazioni pertinenti sono spesso detenute dalla parte convenuta, può essere estremamente problematico. La Commissione propone quindi di spostare in certe circostanze l’onere della prova facendolo ricadere sulla parte convenuta come si è già fatto nel caso della discriminazione basata sul sesso. La formulazione dell’articolo 7 si ispira a quella degli articoli 3 e 4 della direttiva del Consiglio 97/80/CE.

La Commissione propone che l’onere della prova passi alla parte convenuta una volta che il querelante ha fornito prove effettive di un trattamento meno favorevole dovuto a una presunta discriminazione.

Articolo 9: Vittimizzazione

Un’efficace protezione legale deve comprendere la protezione contro rappresaglie. Le vittime possono essere scoraggiate dall’esercitare i loro diritti per timore di rappresaglie. Poiché il timore del licenziamento, ad esempio, in generale è uno dei principali ostacoli a un’azione individuale occorre proteggere le persone dal licenziamento o da altre forme di penalizzazione (ad esempio retrocessione nella carriera o altre misure coercitive facenti seguito a tale azione).

 

Articolo 10: Diffusione delle informazioni

L’articolo 10 prevede un’adeguata divulgazione delle informazioni sui diritti alla parità di opportunità e di trattamento. Quanto più efficace sarà il sistema di informazione del pubblico e di prevenzione, meno bisogno vi sarà di azioni individuali di riparazione.

Articolo 11: Dialogo sociale

Il ruolo delle parti sociali nella lotta contro la discriminazione si è concretato per la prima volta a livello europeo con la Dichiarazione congiunta delle parti sociali sul razzismo e la xenofobia sul posto di lavoro, adottata a Firenze nel 1995. Le parti sociali a livello nazionale in alcuni Stati membri (Belgio, Francia) hanno anche adottato accordi quadro per combattere la discriminazione razziale ed etnica nelle imprese, mentre in altri Stati membri (Regno Unito, Paesi Bassi) sono stati adottati codici di comportamento a livello nazionale e locale. Diversi di questi strumenti comprendono disposizioni per risolvere le controversie in materia di discriminazione tramite, ad esempio, sportelli per presentare reclami o la designazione di mediatori nelle imprese, soluzioni che possono avere un effetto positivo per l’eliminazione della discriminazione.

La Commissione è impegnata a rafforzare il ruolo delle parti sociali. La proposta di direttiva riconosce quindi che le parti sociali possono contribuire alla sua attuazione adottando accordi antidiscriminazione e sorvegliando l’applicazione della parità di trattamento sul posto di lavoro. Essa inoltre chiede agli Stati membri di incoraggiare le parti sociali a stipulare accordi in questo settore.

Capo III: Organismi indipendenti per la promozione della parità di trattamento

Articolo 12: Organismi indipendenti

L’articolo 12 della direttiva stabilisce un quadro applicabile agli organismi indipendenti a livello nazionale che contribuiranno al principio della parità di trattamento.

Uno Stato membro può anche decidere l’istituzione di tali organismi a livello regionale o locale, a condizione che l’intero territorio di quello Stato membro sia dotato di opportune strutture.

La proposta di direttiva stabilisce una serie di requisiti minimi per tali organismi indipendenti negli Stati membri. Gli Stati membri sono liberi di decidere in merito alla struttura e al funzionamento di tali organismi conformemente alle loro tradizioni giuridiche e scelte politiche. Gli organismi indipendenti possono essere agenzie specializzate o costituire parte di più ampi organismi che si occupano dei diritti umani, preesistenti o di recente creazione.

Capo IV: Disposizioni varie

Le disposizioni contenute nel Capo IV sono essenzialmente disposizioni standard che compaiono nella maggior parte delle direttive comunitarie in ambito sociale.

Articolo 13: Ottemperanza alla Direttiva

L’articolo 13 riguarda l’ottemperanza alla direttiva da parte degli Stati membri. La parità di trattamento comporta l’eliminazione delle discriminazioni derivanti da disposizioni legali o amministrative, nonché da accordi collettivi o contratti di lavoro individuali. Senza mettere in causa la generale libertà delle parti sociali di negoziare contratti, è chiaro che tutte le disposizioni di un contratto o di un accordo contrarie al principio della parità di trattamento devono essere dichiarate nulle.

Articolo 14: Sanzioni

Articolo 15: Attuazione

Articolo 16: Relazione

Articolo 17: Entrata in vigore

Articolo 18: Destinatari

Si tratta di disposizioni normalmente presenti nelle direttive e non richiedono commenti.

VI. Applicazione allo Spazio economico europeo

Si tratta di un testo rilevante per lo Spazio economico europeo e la direttiva sarà applicabile agli Stati, non membri dell’UE, che aderiscono allo Spazio economico europeo, previa decisione del Comitato misto SEE.

Proposta di

DIRETTIVA DEL CONSIGLIO

che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica

(Testo rilevante ai fini del SEE)

IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 13,

vista la proposta della Commissione,

visto il parere del Parlamento europeo,

visto il parere del Comitato economico e sociale,

visto il parere del Comitato delle Regioni,

IN CONSIDERAZIONE DI QUANTO SEGUE:

  1. Il trattato sull’Unione europea segna una nuova tappa nel processo di creazione di un’unione ancora più stretta tra i popoli d’Europa.
  2. L’Unione europea è fondata sui principi della libertà, della democrazia, del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali e dello Stato di diritto, principi comuni a tutti gli Stati membri. Conformemente all’articolo 6, paragrafo 2 del trattato sull’Unione europea, l’Unione rispetta i diritti fondamentali garantiti dalla Convezione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali quali principi generali del diritto comunitario.
  3. Il diritto all’uguaglianza dinanzi alla legge e alla protezione di tutte le persone contro le discriminazioni costituisce un diritto universale riconosciuto dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, dalla Convenzione delle Nazioni Unite sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione delle donne, dalla Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, dalle Convenzioni delle Nazioni Unite sui diritti civili e politici e sui diritti economici, sociali e culturali, di cui tutti gli Stati membri sono firmatari.
  4. L’articolo 13 del trattato che istituisce la Comunità europea conferisce al Consiglio il potere di adottare provvedimenti per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali.
  5. Il Consiglio europeo straordinario riunitosi a Tampere il 15 e 16 ottobre 1999 ha invitato la Commissione a presentare il più presto possibile proposte di attuazione dell’articolo 13 del trattato per quanto riguarda la lotta contro il razzismo e la xenofobia.
  6. Gli Orientamenti in materia di occupazione per il 1999, approvati dal Consiglio europeo di Vienna dell’11 dicembre 1998, ribadiscono la necessità di promuovere le condizioni per una partecipazione più attiva sul mercato del lavoro, formulando un insieme coerente di politiche volte a combattere la discriminazione nei confronti di gruppi quali le minoranze etniche.
  7. La discriminazione basata sulla razza o sull’origine etnica può pregiudicare il conseguimento degli obiettivi del trattato, in particolare il raggiungimento di un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale e la solidarietà. Essa può anche compromettere l’obiettivo di sviluppare l’Unione europea in direzione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia.
  8. Nel dicembre del 1995 la Commissione ha presentato una comunicazione contro il razzismo, la xenofobia e l’antisemitismo.
  9. Per assicurare lo sviluppo di società democratiche tolleranti che consentono la partecipazione di tutte le persone a prescindere dalla razza o dall’origine etnica, le azioni specifiche nel campo della lotta contro la discriminazione basata sulla razza o l’origine etnica dovrebbero andare al di là dell’accesso all’occupazione dipendente e al lavoro autonomo e coprire ambiti quali l’istruzione, la protezione sociale e la sicurezza sociale, le prestazioni sociali, l’accesso e la disponibilità di beni e servizi.
  10. Qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su razza o origine etnica nei settori in cui si applica la presente direttiva deve pertanto essere proibita in tutta la Comunità. Tale divieto di discriminazione deve applicarsi anche ai cittadini dei paesi terzi. Il divieto non deve applicarsi alle differenze di trattamento basate sulla nazionalità.
  11. Le molestie a motivo di razza o origine etnica contro una persona o un gruppo di persone tali da produrre un clima intimidatorio, ostile, offensivo o sgradevole devono essere considerate alla stregua di una discriminazione.
  12. Il divieto di discriminazione non deve pregiudicare il mantenimento o l’adozione di misure volte a prevenire o compensare gli svantaggi incontrati da un gruppo di persone di una determinata razza o origine etnica.
  13. Una differenza di trattamento può essere giustificata quando una caratteristica collegata all’origine razziale o etnica costituisce una effettiva qualificazione professionale.
  14. Le vittime di discriminazione a causa della razza e dell’origine etnica devono disporre di mezzi adeguati di protezione legale. Al fine di assicurare un livello più efficace di protezione, anche alle associazioni o alle persone giuridiche deve essere conferito il potere di esercitare il diritto di difesa per conto delle vittime.
  15. L’efficace attuazione del principio di parità richiede un’adeguata protezione giuridica nelle cause civili contro la vittimizzazione e un adeguamento delle regole generali in materia di onere della prova.
  16. Gli Stati membri devono fornire adeguate informazioni sulle disposizioni adottate in virtù della presente direttiva.
  17. Gli Stati membri devono adottare i provvedimenti necessari per assicurare che leggi, regolamenti, disposizioni amministrative, accordi collettivi, regolamenti aziendali interni o regolamenti a disciplina del lavoro autonomo, delle professioni o delle organizzazioni di categoria, eventualmente contrastanti col principio della parità di trattamento, siano dichiarati nulli e privi di effetto o modificati.
  18. Gli Stati membri devono promuovere il dialogo tra le parti sociali per affrontare e combattere diverse forme di discriminazione sul luogo di lavoro.
  19. La protezione contro la discriminazione basata sulla razza o l’origine etnica sarà di per sé rafforzata dall’esistenza in ciascuno Stato membro di un organismo indipendente incaricato di analizzare i problemi in questione, studiare possibili soluzioni e fornire assistenza concreta alle vittime.
  20. La presente direttiva fissa requisiti minimi, lasciando liberi gli Stati membri di introdurre o mantenere disposizioni più favorevoli. L’attuazione della presente direttiva non deve servire da giustificazione per un regresso rispetto alla situazione preesistente in ciascuno Stato membro.
  21. Gli Stati membri devono prevedere sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive applicabili in caso di violazione degli obblighi stabiliti dalla presente direttiva.
  22. In base ai principî di sussidiarietà e proporzionalità enunciati all’articolo 5 del trattato che istituisce la Comunità europea, lo scopo della presente direttiva, volta a garantire un elevato livello di protezione contro la discriminazione in tutti gli Stati membri dell’Unione europea, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa delle dimensioni e dell’impatto dell’azione proposta, essere meglio realizzato a livello comunitario. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale scopo,

 

HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:

CAPO I - DISPOSIZIONI GENERALI

Articolo 1

Oggetto

La presente direttiva mira a rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento fra le persone, a prescindere dalla razza o dall’origine etnica.

Articolo 2

Nozione di discriminazione

1. Ai fini della presente direttiva, il principio della parità di trattamento comporta che non sia praticata alcuna discriminazione diretta o indiretta a causa della razza o dell’origine etnica.

2. Ai fini del paragrafo 1:

a) una discriminazione diretta si dà quando una persona è trattata meno favorevolmente di quanto un’altra è, è stata o sarebbe trattata a causa della sua razza od origine etnica;

b) una discriminazione indiretta si dà quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono ripercuotersi negativamente su una persona o su un gruppo di persone di una determinata razza o origine etnica, a meno che tale disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima non legata alla razza o origine etnica di una persona o di un gruppo di persone e i mezzi impiegati per conseguire tale finalità siano appropriati e necessari.

3. Le molestie contro una persona o un gruppo di persone a causa della razza o dell’origine etnica, aventi lo scopo o l’effetto di creare un clima intimidatorio, ostile, offensivo o sgradevole in uno dei settori di cui all’articolo 3 costituiscono una discriminazione ai sensi del paragrafo 1.

 

Articolo 3

Campo di applicazione

Nei limiti dei poteri conferiti alla Comunità, la presente direttiva si applica:

a) alle condizioni di accesso all’impiego, al lavoro autonomo e all’occupazione, compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione, indipendentemente dal settore o ramo d’attività e a tutti i livelli della gerarchia professionale, nonché alla promozione;

b) all’accesso a tutti i tipi e a tutti i livelli di orientamento professionale, formazione professionale, formazione professionale avanzata e riqualificazione;

c) all’occupazione e alle condizioni di lavoro, comprese la fine del rapporto e le retribuzioni;

d) all’affiliazione e alla partecipazione attiva a un’organizzazione di lavoratori o di datori di lavoro o a qualsiasi altra organizzazione i cui membri esercitino una particolare professione, nonché alle prestazioni erogate da tali organizzazioni;

e) all’assistenza e alla previdenza sociale;

f) ai benefici sociali;

g) all’istruzione, comprese le borse di studio, nel pieno rispetto della competenza degli Stati membri quanto al contenuto dell’insegnamento, all’organizzazione dei sistemi educativi, nonché per quanto riguarda la loro diversità culturale e linguistica;

h) all’accesso e alla fornitura di beni e servizi.

Articolo 4

Qualificazioni professionali effettive

In deroga all’articolo 2, paragrafi 1 e 2, gli Stati membri possono stabilire che una differenza di trattamento basata su una caratteristica correlata alla razza o all’origine etnica non costituisca discriminazione laddove, per la natura delle particolari attività lavorative o per il contesto nel quale esse vengono espletate, tale caratteristica costituisca una qualificazione professionale effettiva.

 

Articolo 5

Azione positiva

La presente direttiva fa salvo il diritto degli Stati membri di mantenere o adottare misure intese a prevenire o compensare gli svantaggi che subisca un gruppo di persone di una determinata razza o origine etnica.

Articolo 6

Requisiti minimi

1. Gli Stati membri possono introdurre o mantenere disposizioni più favorevoli ai fini di garantire la parità di trattamento, di quelle fissate nella presente direttiva.

2. L’attuazione della presente direttiva non può in alcun caso costituire giustificato motivo per una riduzione del livello di protezione contro la discriminazione già predisposto dagli Stati membri nei settori di applicazione della presente direttiva.

CAPO II - MEZZO DI RICORSO ED ESECUZIONE

Articolo 7

Mezzi di ricorso

1. Gli Stati membri riconoscono a tutte le persone che si ritengono lese, in seguito alla mancata applicazione nei loro confronti del principio della parità di trattamento, anche dopo la cessazione del rapporto che si lamenta affetto da discriminazione, il diritto di ricorrere, in via giurisdizionale o amministrativa, per l’esecuzione degli obblighi derivanti dalla presente direttiva.

2. Gli Stati membri riconoscono alle associazioni, organizzazioni e altre persone giuridiche il diritto di richiedere in via giurisdizionale o amministrativa, per conto della persona che si ritiene lesa e con il suo consenso, l’esecuzione degli obblighi derivanti dalla presente direttiva.

Articolo 8

Onere della prova

1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie, conformemente ai loro sistemi giudiziari nazionali, per assicurare che, allorché persone che si ritengono lese dalla mancata applicazione nei loro riguardi del principio della parità di trattamento espongono, dinanzi a un tribunale o a un’altra autorità competente, fatti dai quali si può presumere che vi sia stata una discriminazione diretta o indiretta, incomba alla parte convenuta provare che non vi è stata violazione del principio della parità di trattamento.

2. Il paragrafo 1 si applica fatto salvo il diritto degli Stati membri di prevedere disposizioni in materia di prova più favorevoli alle parti attrici.

3. Il paragrafo 1 non si applica ai provvedimenti penali, salvo diversa disposizione degli Stati membri.

4. I paragrafi 1, 2 e 3 si applicano altresì alle azioni legali promosse ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2.

Articolo 9

Vittimizzazione

Gli Stati membri introducono nei rispettivi ordinamenti giuridici le disposizioni necessarie per proteggere le persone dal licenziamento o da altro trattamento sfavorevole da parte del datore di lavoro quale reazione a un reclamo o a un’azione legale di qualsiasi genere volta a ottenere l’esecuzione del principio della parità di trattamento.

Articolo 10

Diffusione delle informazioni

1. Gli Stati membri assicurano che informazioni adeguate sulle disposizioni adottate in virtù della presente direttiva siano fornite su tutto il loro territorio e in particolare presso gli organi preposti all’istruzione e alla formazione professionale, nonché nei luoghi di lavoro.

2. Gli Stati membri assicurano che le competenti autorità pubbliche siano informate, coi mezzi appropriati, di tutte le misure nazionali adottate in virtù della presente direttiva.

Articolo 11

Dialogo sociale

1. Gli Stati membri prendono le misure adeguate per incoraggiare il dialogo tra le parti sociali al fine di promuovere il principio della parità di trattamento, compreso il monitoraggio delle prassi nei luoghi di lavoro, dei contratti collettivi, dei codici di comportamento, delle ricerche o scambi di esperienze e di buone pratiche.

2. Gli Stati membri incoraggiano le parti sociali a concludere a livello appropriato, compreso a livello d’impresa, accordi che fissino regole antidiscriminatorie nei settori di cui all’articolo 3 che rientrano nella sfera della contrattazione collettiva. Tali accordi rispettano i requisiti minimi fissati dalla presente direttiva e dalle relative misure nazionali di attuazione.

CAPO III - ORGANISMI INDIPENDENTI PER LA PROMOZIONE DELLA PARITÀ DI TRATTAMENTO

Articolo 12

Organismi indipendenti

1. Gli Stati membri prevedono la costituzione di uno o più organismi indipendenti per la promozione della parità di trattamento tra persone di razza o origine etnica diversa. Tali organismi fanno eventualmente parte di agenzie indipendenti incaricate, a livello nazionale, della difesa dei diritti umani o della salvaguardia dei diritti individuali.

2. Gli Stati membri assicurano che tali organismi indipendenti abbiano, tra le loro funzioni, quella di ricevere e dare seguito alle denunce inoltrate da singoli in materia di discriminazione a causa della razza o dell’origine etnica, di avviare inchieste o indagini sulla discriminazione basata sulla razza o l’origine etnica e di pubblicare relazioni e formulare raccomandazioni su questioni collegate a tale tipo di discriminazione.

CAPO IV - DISPOSIZIONI FINALI

Articolo 13

Ottemperanza alla direttiva

Gli Stati membri prendono le misure necessarie per assicurare che:

a) tutte le leggi, i regolamenti e le disposizioni amministrative contrari ai principi della parità di trattamento siano abrogati;

b) tutte le disposizioni contrarie al principio della parità di trattamento contenute nei contratti collettivi, nei contratti di lavoro individuali, nei regolamenti interni delle aziende o nelle regole che disciplinano le associazioni con o senza fini di lucro e nelle norme che disciplinano le professioni autonome e le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro siano dichiarate nulle e prive di effetto oppure siano modificate.

 

Articolo 14

Sanzioni

Gli Stati membri determinano le sanzioni da irrogare in caso di violazione delle norme nazionali di attuazione della presente direttiva e prendono tutti i provvedimenti necessari per la loro applicazione. Le sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano le relative disposizioni alla Commissione entro la data di cui all’articolo 15 e provvedono poi a notificare immediatamente le eventuali modificazioni.

Articolo 15

Attuazione

Gli Stati membri adottano le leggi, i regolamenti e le disposizioni amministrative necessari per ottemperare alla presente direttiva entro il 31 dicembre 2002 e ne informano immediatamente la Commissione.

Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.

Articolo 16

Relazione

Entro due anni dalla data di cui all’articolo 15 gli Stati membri trasmettono tutte le informazioni necessarie per consentire alla Commissione di redigere una relazione destinata al Parlamento europeo e al Consiglio sull’applicazione della presente direttiva.

Articolo 17

Entrata in vigore

La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo a quello di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.

 

Articolo 18

Destinatari

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

Fatto a Bruxelles, il

Per il Consiglio

Il Presidente

SCHEDA DI VALUTAZIONE DELL’IMPATTO

IMPATTO DELLA PROPOSTA SULLE IMPRESE, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE (PMI)

 

Denominazione della proposta:

Proposta di direttiva del Consiglio che attua il principio della parità di trattamento in considerazione della razza o dell’origine etnica.

Numero di riferimento del Documento: 99010

La proposta

1. In considerazione del principio di sussidiarietà, esporre i motivi per i quali è necessaria una normativa comunitaria in questo settore, nonché gli obiettivi principali

L’Unione europea si fonda sui principi dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Il suo impegno in questo campo è stato rafforzato dal trattato di Amsterdam, in particolare mediante modifiche agli articoli 6 e 7 del trattato sull’Unione europea e tramite l’introduzione dell’articolo 13 del trattato CE, il quale conferisce un potere specifico per intraprendere azioni volte a combattere la discriminazione basata, tra l’altro, sulla razza e l’origine etnica.

La responsabilità primaria di combattere il razzismo compete agli Stati membri. Come si è osservato nella relazione, la maggior parte degli Stati membri hanno incluso nel loro ordinamento costituzionale e/o giuridico disposizioni che disciplinano il diritto alla non discriminazione per motivi di razza o di origine etnica. Tuttavia, la portata e l’esecutività di tali disposizioni - e la facilità di accesso a una riparazione - variano notevolmente da uno Stato membro all’altro. La normativa europea deve assicurare un livello minimo comune di protezione legale, compresi i diritti a ottenere riparazione, per quanto concerne il diritto fondamentale a non essere discriminati a causa della razza o dell’origine etnica.

La normativa europea deve ovviamente rispettare i limiti dei poteri conferiti alla Comunità dal trattato. La direttiva proposta fissa perciò principi generali che prevedono un livello minimo comune di protezione entro i limiti delle competenze comunitarie lasciando agli Stati membri la facoltà di mantenere uno standard più elevato di protezione conformemente alle loro scelte e tradizioni politiche e storiche.

La scelta di una direttiva concilia la necessità di un intervento europeo e la necessità di rispettare le diversità tra le Costituzioni, gli ordinamenti giuridici e le procedure legali vigenti negli Stati membri. Essa fissa obiettivi comuni da perseguire, lasciando agli Stati membri la necessaria flessibilità per raggiungerli. L’intervento legislativo è quindi limitato a una serie di principi generali che non vanno al di là di un livello minimo di protezione.

I principali obiettivi per la proposta sono:

  • fornire una definizione a livello di comunità della discriminazione basata sulla razza e l’origine etnica a partire dalla quale sia possibile assicurare la parità di trattamento
  • definire un numero minimo di ambiti, entro i limiti fissati dal trattato, in cui deve essere assicurato il principio della parità di trattamento
  • fornire un livello minimo di protezione e diritti a ottenere riparazione per le persone si ritengono vittime di discriminazione
  • assicurare appropriati dispositivi per il monitoraggio della discriminazione nelle imprese e nella società in generale

L’impatto sulle imprese

2. Denominare l’incidenza della proposta

Tutte le imprese saranno assoggettate alla legislazione nazionale che recepirà la direttiva.

3. Precisare gli obblighi imposti alle imprese per conformarsi alla proposta

Le imprese dovranno assicurare che le decisioni in materia di assunzione, promozione, accesso alla formazione, condizioni di lavoro, compresi gli aspetti dei licenziamenti e delle retribuzioni e l’affiliazione alle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro, nonché alle associazioni di categoria, vengano prese conformemente al principio della parità di trattamento per motivi di razza e origine etnica. In linea di principio, ciò avviene già in tutti gli Stati membri. La direttiva rafforzerà quindi prescrizioni esistenti piuttosto che introdurre disposizioni affatto nuove.

4. Definire la prevedibile incidenza economica della proposta

Nel campo dell’occupazione, la legislazione che tutela gli individui dalla discriminazione per motivi arbitrari ha tre effetti principali. In primo luogo, essa contribuisce ad assicurare la partecipazione sociale e a evitare l’emarginazione, assicurando che le persone abbiano l’opportunità di realizzare le loro potenzialità in termini economici e siano così in grado di provvedere a sé stesse e alle persone a loro carico nel miglior modo e a ridurre la loro dipendenza dallo Stato. In secondo luogo essa assicura che le imprese abbiano a disposizione lavoratori qualificati al meglio, contribuendo così alla competitività e al rafforzamento dell’impresa e all’economia in senso lato. In terzo luogo, essa impone ai datori di lavoro di giustificare le loro decisioni in materia, ad esempio, di assunzioni, promozioni, accesso alla formazione e altre condizioni lavorative.

Da dati provenienti dagli Stati membri risulta che la disoccupazione tra le comunità di razza e di origine etnica diversa varia secondo un fattore di 2 - 3 volte rispetto alla media del mercato del lavoro nel suo complesso.

La discriminazione basata sulla razza o l’origine etnica - in particolare laddove si tratta di una discriminazione cumulativa - può determinare un circolo vizioso di svantaggio che spesso viene tramandato da una generazione all’altra. Ad esempio, se le strutture educative, gli alloggi, i servizi sanitari, le condizioni ambientali e le opportunità lavorative di un gruppo particolare sono tutti carenti, la generazione successiva crescerà meno preparata per affrontare le difficoltà che la attendono e si vedrà costretta a lavori sottoqualificati, alloggi carenti e condizioni sanitarie insoddisfacenti.

La presente proposta, scoraggiando la discriminazione, determinerà una maggiore partecipazione socioeconomica e una riduzione dell’emarginazione sociale. Ciò produrrà benefici diretti sulla crescita economica, riducendo la spesa pubblica per la sicurezza sociale e l’assistenza, migliorando il potere d’acquisto dei singoli nuclei familiari e promuovendo la competitività delle imprese grazie al fatto che esse sono così in grado di fare il miglior uso delle risorse disponibili sul mercato del lavoro.

a) Quale sarà l’impatto

- sull’occupazione?

La direttiva contribuirà alla promozione dell’occupabilità dei lavoratori di qualsiasi razza o origine etnica, come richiesto dalla Strategia europea per l’occupazione. Di conseguenza, essa contribuirà al miglioramento della qualità dell’occupazione e, nel medio termine, potrebbe determinare un aumento dei livelli occupazionali dovuto alla maggiore competitività delle imprese.

- sugli investimenti e sulla costituzione di nuove imprese?

La direttiva alleggerirà le condizioni per la creazione di imprese da parte delle persone di diversa razza e/o origine etnica;

- sulla competitività delle imprese?

Come si è visto precedentemente, la direttiva rafforzerà la competitività delle imprese europee, assicurando che esse abbiano a loro disposizione un bacino più ampio di abilità e di risorse rispetto a quello attuale e che si faccia uso di tali abilità senza distinzione di razza o origine etnica.

b) Si dovranno porre in atto nuove procedure amministrative?

Le imprese dovranno essere in grado di giustificare le decisioni in materia di assunzioni, promozioni, accesso alla formazione e altre condizioni lavorative, in modo da dimostrare che esse non sono state prese sulla base della razza o dell’origine etnica. Questo è già una realtà in circa la metà degli Stati membri. È nell’interesse delle imprese assicurare in una certa misura la rendicontazione di tali decisioni, ove ciò non sia già prassi corrente.

c) Costi e benefici in termini quantitativi e/o qualitativi

Le imprese si troveranno a dover sostenere nel breve termine dei costi limitati sia per assicurare la formazione dei decisori all’interno delle imprese sull’attuazione del principio della parità di trattamento, laddove ciò non sia già stato fatto, sia per contestare i reclami in materia di discriminazione. Negli Stati membri in cui non esistono ancora disposizioni equivalenti per combattere la discriminazione razziale ed etnica, l’adattamento alle nuove disposizioni sarà agevolato dalla familiarità che le imprese hanno col quadro comunitario per le pari opportunità tra le donne e gli uomini che è in vigore da più di vent’anni.