da "La Repubblica"

del 14 Luglio 2000

Immigrati e poeti con la passione per l'italiano.

Una nuova collana di poesia

"Il mio paese è l'Albania", scrive Ismail kadaré, "ma la mia patria è la letteratura". Come lui sono tanti i cittadini della poesia, innumerevoli gli esuli che affondano le proprie radici nel mondo delle parole. Cittadini della poesia è l'espressivo titolo di una raffinata collana di poesia dedicata agli scrittori immigrati che vivono in Italia e scrivono in italiano (edizioni Loggia de' Lanzi). Diretta da Mia Lecomte, la serie include diversi Quaderni, dedicati ciascuno ad aree diverse: mediorientale, balcanica, africana. "Per il poeta esule", spiega Lecomte, "la scelta di adottare la lingua del paese di accoglienza è sempre sofferta: significa in un certo senso tagliare definitivamente il legame con le proprie radici, tradire la lingua madre; ma l'adozione della nuova lingua permette di uscire dall'astrazione, diventa strumento di liberazione, annulla le barriere universalizzando il concetto di cittadinanza poetica". La scelta di una lingua diversa dalla propria può essere dettata da innumerevoli ragioni. Nell'intervista che apre il Quaderno Africano, il Nobel Soyinka ricorda le sue poesie in spagnolo, scritte in una cella di isolamento durante la guerra civile, composte in quella lingua per sfuggire alla censura dei carcerieri. A proposito dei suoi colleghi africani che hanno scelto l'italiano, commenta: "Sicuramente si tratta di una scelta autentica. Proprio perché si esprimono in una lingua che loro stessi hanno scelto, possono provare uno stimolo maggiore ad usarla". Hanno tante cose da dire queste voci poetiche che vengono da altri luoghi. "Ho visto molto emigranti in quanto emigrato e figlio di un emigrato", dice Pedrag Matvejevic nell'Introduzione al Quaderno Balcanico. "Esistono emigranti felici? Io non ne ho mai conosciuto, ma ne ho incontrati molti felici di poter emigrare: è uno dei paradossi dell'emigrazione".