Yarl's Wood, l'incubo degli
esiliati Viaggio nel centro di detenzione per richiedenti asilo
di Bedford, Inghilterra, semidistrutto giovedì scorso da un
incendio. All'appello mancano ancora venticinque stranieri
ORSOLA CASAGRANDE - BEDFORD
Il treno privato da Londra a Bedford è
affollatissimo. Sono i commuters, i pendolari che ogni giorno
percorrono la settantina di chilometri tra Bedford e la
capitale per recarsi al lavoro. Al rientro pochi hanno voglia
di parlare. C'è chi legge l'edizione serale di qualche
giornale e chi sonnecchia. C'è un giovane pachistano che
invece ha voglia di raccontare. Lui, dice, il permesso di
soggiorno permanente finalmente l'ha ottenuto. Anche se ha
dovuto aspettare cinque anni prima che l'Home Office, il
ministero degli interni, riconoscesse il suo diritto a vivere
in Gran Bretagna. Adesso, dice, le cose sono diverse. Questi
centri di detenzione dove rinchiudono gli asylum
seekers, i richiedenti asilo, sono delle vere e proprie
prigioni. Ma per "cittadini di serie B", aggiunge, che possono
anche correre il rischio di bruciare vivi, com'è accaduto a
Yarl's Wood, la settimana scorsa: "Dicono che ci sono
venticinque persone 'disperse' - conclude - dicono che sono
quasi certamente evase, ma dopo l'11 settembre, a New York,
tutti quelli che risultavano `dispersi' sono stati considerati
morti". Il tempo, chiacchierando, passa veloce. La stazione
di Bedford è piccola ma attrezzata. La cittadina è pulita, le
case del secolo scorso molto ben tenute, la facciata dipinta
di nuovo. Bedford ha un passato di città industriale,
soprattutto legato al tessile, ma oggi per lavorare si va a
Londra. Ci sono molti stranieri, alcuni ben integrati. Ma ci
sono problemi di scontri tra razze. Liti, soprattutto tra
gente di colore e kosovari, che sono numerosi e spesso
clandestini, come spiega il cameriere del bar della
stazione. Yarl's Wood? Quella è un'altra storia. Qui
proprio non lo volevano i cittadini. O almeno la maggioranza
degli abitanti che più volte ha protestato contro l'apertura
del centro. Che pure è fuori dal centro abitato. Infatti più
si esce dalla città, più sembra di essere nella terra
desolata cantata dal poeta T.S. Eliot, americano
naturalizzato inglese. Una strada asfaltata non molto ampia
corre diritta verso Yarl's Wood: da una parte campi,
dall'altra quel che rimane di ciò che una volta era un bosco e
che oggi è ridotto a fazzoletti di alberi, sempre più piccoli
per lasciare spazio al cemento, agli insediamenti. La giornata
è piacevole: c'è addirittura un po' di sole, troppo timido
però per scaldare un pomeriggio piuttosto rigido e ventoso. La
strada si fa sempre più desolata. Improvvisamente, si intuisce
che sta per finire, e infatti di fronte c'è un alto e lungo
cancello pieno di cartelli che intimano l'alt e ricordano che
quella è zona di proprietà del governo. Dietro al cancello
sulla sinistra si staglia un edificio di cemento, la parte del
centro di detenzione rimasta intoccata dalle fiamme. Sulla
destra invece ci sono le rovine dei blocchi letteralmente
inghiottiti dall'incendio di giovedì notte. Il vento è molto
forte, il freddo tagliente. Sembra di stare sulla brughiera
scozzese, più che nella campagna (normalmente) placida
inglese. Difficile non pensare al gelo che devono aver provato
le centinaia di donne e uomini evacuati dal centro durante
l'incendio: indossavano soltanto un pigiama o una tuta.
L'attivista del gruppo di solidarietà con gli asylum
seekers di Yarl's Wood conferma che "svolgere
manifestazioni qui davanti è un incubo". Il freddo è davvero
insopportabile, di quello che penetra le ossa e quasi
paralizza il corpo. Un'occhiata al paesaggio, le spalle
rivolte al centro, fa intuire che è davvero difficile che
venticinque persone siano riuscite a fuggire inosservate
(c'erano già decine di poliziotti nella zona quando è
scoppiato l'incendio), in quella landa desolata e in quel
gelo. E anche se ce l'avessero fatta, dove avrebbero potuto
trovare rifugio? Perché le prime case sono a diversi
chilometri di distanza e gente che passeggiava o correva per
il centro di Bedford in pigiama nelle prime ore del mattino
non sarebbe certo passata inosservata. Il timore che qualcuno
sia davvero morto in quell'incendio pesa come un macigno. E
poi ci sono i ritardi del sopralluogo (macerie troppo calde,
strutture pericolanti) e le accuse dei vigili del fuoco che,
sostenuti dal sindacato, hanno dichiarato di essere stati
ostacolati nelle operazioni di soccorso dalla polizia e dai
vigilantes di Group 4 (la compagnia privata che ha in gestione
il centro da 100 milioni di sterline, ma che non ha trovato i
soldi per installare il sistema automatico
antincendio). Impossibile entrare nel centro: per visitare
i detenuti bisogna infatti fare richiesta a Group 4 con 24 ore
di anticipo. Una volta ottenuto il permesso si può varcare il
cancello e quindi comincia la trafila dei controlli:
perquisizioni molto accurate, foto segnaletiche di chi entra,
controllo e sequestro di tutti gli oggetti personali: penne e
matite proibite, si possono portare dentro solo monete per il
telefono. Una volta dentro, ci si può sedere, con la sedia ad
angolo retto, di fronte al detenuto: un tavolino in
mezzo e normalmente a distanza prestabilita dalle guardie, o
meglio dalle loro orecchie. Dopo l'incendio alcuni
asylum seekers sono stati messi in isolamento. Anzi, la
formula recita: "rimossi dalla socializzazione", a tutti gli
effetti isolati, rinchiusi in celle singole senza la
possibilità di vedere nessuno. Alcuni, forse tredici, sono
ancora in stato di fermo. Decine sono gli asylum
seekers rimossi da Yarl's Wood e trasferiti in altri
centri di detenzione. I vigili del fuoco hanno chiesto al
governo di liberare tutti i detenuti ancora rinchiusi nel
centro: è a rischio la loro incolumità. Finalmente i
parlamentari locali hanno aperto bocca. Il deputato laburista
ha anche chiesto che venga aperta un'inchiesta pubblica e
indipendente su quanto accaduto. Nel frattempo, ha detto, si
dovrebbe pensare all'ipotesi di chiusura di Yarl's Wood.
Quanto alle responsabilità di Group 4, che in quanto manager
del centro avrebbe dovuto provvedere all'installazione del
sistema automatico antincendio, il comitato per la difesa
degli asylum seekers chiede che il ruolo della
compagnia privata venga riconsiderato. Il governo Blair per il
momento tace.
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