Assaltato
il centro
di detenzione
I "disobbedienti" fanno irruzione a Bologna nella
struttura
appena costruita per gli immigrati irregolari in attesa di
espulsione. Distrutte le "gabbie etniche". La polizia carica:
quattro feriti. Alla protesta anche alcuni parlamentari
SARA MENAFRA -
BOLOGNA
Mancavano solo i letti. Poi, da febbraio, il centro di
permanenza temporanea di via Mattei a Bologna avrebbe dovuto
iniziare ad ospitare gli immigrati irregolari in attesa di
espulsione. Ora, però, la data di apertura dovrà essere rimandata
per almeno qualche mese. S?, perché da ieri pomeriggio nella
struttura allestita ai confini fra la città e la campagna
emiliana, manca praticamente tutto: non ci sono più le gabbie,
non ci sono più le sbarre alle finestre e nemmeno i bagni,
l'impianto elettrico e quello per il riscaldamento. A smontare la
ex caserma Chiarini pezzo per pezzo ci ha pensato il movimento
dei disobbedienti (la nuova formazione nata da
laboratorio Carlini a Genova).
Ieri mattina alle 11.30 un drappello di 50 disobbedienti,
sostenuto da un sit-in di altre decine di persone all'esterno, ha
scavalcato le sbarre del centro di detenzione armato di
cacciaviti, chiavi inglesi e attrezzi vari. "Da qui non usciamo
finche non abbiamo smontato tutto", ha subito annunciato Luca
Casarini, mentre un altro gruppo di manifestanti si intrufolava
in un varco aperto nella seconda recinzione che circonda la
struttura. E cos?, nello spazio appena occupato e fuori, sul
ciglio della strada, hanno iniziato ad accumularsi grate, sbarre,
tubi di metallo e di plastica in un via vai continuo di "passa
questo" e "occhio alla grata!", passamontagna e guanti da lavoro:
"Vogliamo dimostrare - spiega Casarini - che tutti i cittadini
possono disobbedire. Noi non ci rassegnamo a una legge che
prevede la segregazione razziale. Questi posti funzionano come i
lager, ci finisci dentro per la tua etnia e per nient'altro".
Mentre i lavori proseguono, i manifestanti hanno il tempo per
fare un giro dello spazio che potrebbe diventare il centro di
permanenza temporanea per gli immigrati bolognesi: due piani di
grandi stanzoni, ognuno provvisto di una guardiola per la
polizia, con le finestre al primo piano quasi tutte murate e le
altre protette dalle sbarre. E attorno all'edificio color rosa
confetto, ma già coperto da scritte multicolori, c'è una fila di
gabbie, ognuna delle quali, all'apertura del centro, ospiterà un
gruppi di persone divise appunto per etnia di appartenenza. Una
vera e propria galera insomma, già pronta per la legge
sull'immigrazione Bossi-Fini.
Stando ai dati della commissione bilancio del Senato i centri
attualmente operativi consentono una ricettività di circa 1.400
posti. Ma se la nuova legge dovesse essere approvata i cittadini
stranieri trattenuti saranno "a regime" 36 mila. Tradotto in
altri termini, vuol dire che, stando alle previsioni della
commissione, nei prossimi anni sarà necessario "predisporre
strutture che consentano una ricettività di circa 3.800 posti",
anche se già nel corso del 2002 i posti a disposizione saranno in
tutto 1.800.
"La cosa grave - dice la deputata di Rifondazione Comunista,
presente all'iniziativa insieme a Mauro Bulgarelli e Paolo Cento
dei Verdi - è che la regione Emilia Romagna si è ostina a non
prendere posizione sull'argomento mentre anche all'interno dei Ds
molti non condividono questa legge". Una contraddizione stridente
tanto più che il presidente della regione Vasco Errani, che in
patria ha approvato i lavori di costruzione di tre Cpt, il 31
gennaio sarà al forum globale di Porto Alegre dove la discussione
sui diritti dei migranti sarà fra i primi punti all'ordine del
giorno.
Alle 2 del pomeriggio i lavori di smontaggio all'interno del Cpt
di via Mattei sono praticamente conclusi e il gruppo di
disobbedienti accetta di uscire dalla struttura a volto scoperto.
Ma quando la porta del cancello si apre e un cordone di persone
si schiera attorno ai 50 "manovali" a mani alzate, la polizia
perde la pazienza: un attacco a freddo, immotivato, che lascia
con la testa sanguinante 4 ragazzi, colpisce schiene e braccia di
una ventina di persone e impedisce di uscire dal cortile del
centro a 16 disobbedienti, fra cui anche Luca Casarini,
tutti identificati e in attesa di denuncia.
"Non si può affrontare con il manganello un movimento di
disobbedienza non violenta che fa le proprie azioni a volto
scoperto e mani alzate", è il commento preoccupato di Paolo Cento
dei Verdi. Ma il bilancio dei disobbedienti è comunque positivo:
"Abbiamo dimostrato - dice Vilma Mazza, del centro sociale
Rivolta di Mestre - che si può praticare la disobbedienza in nome
della civiltà".
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