26 Gennaio 2002
 
 
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Assaltato il centro di detenzione
I "disobbedienti" fanno irruzione a Bologna nella struttura appena costruita per gli immigrati irregolari in attesa di espulsione. Distrutte le "gabbie etniche". La polizia carica: quattro feriti. Alla protesta anche alcuni parlamentari
SARA MENAFRA - BOLOGNA

Mancavano solo i letti. Poi, da febbraio, il centro di permanenza temporanea di via Mattei a Bologna avrebbe dovuto iniziare ad ospitare gli immigrati irregolari in attesa di espulsione. Ora, però, la data di apertura dovrà essere rimandata per almeno qualche mese. S?, perché da ieri pomeriggio nella struttura allestita ai confini fra la città e la campagna emiliana, manca praticamente tutto: non ci sono più le gabbie, non ci sono più le sbarre alle finestre e nemmeno i bagni, l'impianto elettrico e quello per il riscaldamento. A smontare la ex caserma Chiarini pezzo per pezzo ci ha pensato il movimento dei disobbedienti (la nuova formazione nata da laboratorio Carlini a Genova).
Ieri mattina alle 11.30 un drappello di 50 disobbedienti, sostenuto da un sit-in di altre decine di persone all'esterno, ha scavalcato le sbarre del centro di detenzione armato di cacciaviti, chiavi inglesi e attrezzi vari. "Da qui non usciamo finche non abbiamo smontato tutto", ha subito annunciato Luca Casarini, mentre un altro gruppo di manifestanti si intrufolava in un varco aperto nella seconda recinzione che circonda la struttura. E cos?, nello spazio appena occupato e fuori, sul ciglio della strada, hanno iniziato ad accumularsi grate, sbarre, tubi di metallo e di plastica in un via vai continuo di "passa questo" e "occhio alla grata!", passamontagna e guanti da lavoro: "Vogliamo dimostrare - spiega Casarini - che tutti i cittadini possono disobbedire. Noi non ci rassegnamo a una legge che prevede la segregazione razziale. Questi posti funzionano come i lager, ci finisci dentro per la tua etnia e per nient'altro". Mentre i lavori proseguono, i manifestanti hanno il tempo per fare un giro dello spazio che potrebbe diventare il centro di permanenza temporanea per gli immigrati bolognesi: due piani di grandi stanzoni, ognuno provvisto di una guardiola per la polizia, con le finestre al primo piano quasi tutte murate e le altre protette dalle sbarre. E attorno all'edificio color rosa confetto, ma già coperto da scritte multicolori, c'è una fila di gabbie, ognuna delle quali, all'apertura del centro, ospiterà un gruppi di persone divise appunto per etnia di appartenenza. Una vera e propria galera insomma, già pronta per la legge sull'immigrazione Bossi-Fini.
Stando ai dati della commissione bilancio del Senato i centri attualmente operativi consentono una ricettività di circa 1.400 posti. Ma se la nuova legge dovesse essere approvata i cittadini stranieri trattenuti saranno "a regime" 36 mila. Tradotto in altri termini, vuol dire che, stando alle previsioni della commissione, nei prossimi anni sarà necessario "predisporre strutture che consentano una ricettività di circa 3.800 posti", anche se già nel corso del 2002 i posti a disposizione saranno in tutto 1.800.
"La cosa grave - dice la deputata di Rifondazione Comunista, presente all'iniziativa insieme a Mauro Bulgarelli e Paolo Cento dei Verdi - è che la regione Emilia Romagna si è ostina a non prendere posizione sull'argomento mentre anche all'interno dei Ds molti non condividono questa legge". Una contraddizione stridente tanto più che il presidente della regione Vasco Errani, che in patria ha approvato i lavori di costruzione di tre Cpt, il 31 gennaio sarà al forum globale di Porto Alegre dove la discussione sui diritti dei migranti sarà fra i primi punti all'ordine del giorno.
Alle 2 del pomeriggio i lavori di smontaggio all'interno del Cpt di via Mattei sono praticamente conclusi e il gruppo di disobbedienti accetta di uscire dalla struttura a volto scoperto. Ma quando la porta del cancello si apre e un cordone di persone si schiera attorno ai 50 "manovali" a mani alzate, la polizia perde la pazienza: un attacco a freddo, immotivato, che lascia con la testa sanguinante 4 ragazzi, colpisce schiene e braccia di una ventina di persone e impedisce di uscire dal cortile del centro a 16 disobbedienti, fra cui anche Luca Casarini, tutti identificati e in attesa di denuncia.
"Non si può affrontare con il manganello un movimento di disobbedienza non violenta che fa le proprie azioni a volto scoperto e mani alzate", è il commento preoccupato di Paolo Cento dei Verdi. Ma il bilancio dei disobbedienti è comunque positivo: "Abbiamo dimostrato - dice Vilma Mazza, del centro sociale Rivolta di Mestre - che si può praticare la disobbedienza in nome della civiltà".

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