19 Ottobre 2001
 
 
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Le voci dell'Islam sotto casa
INTERVISTA La maggioranza dei "nostri" musulmani non condivide posizioni radicali. Che pure ci sono
LUCA FAZIO

Stefano Allievi, studioso dell'Islam e autore di libri sull'argomento (l'ultimo uscirà per Carocci e ha per titolo I musulmani d'occidente) negli ultimi due anni ha lavorato per conto della Comunità europea a un rapporto su Islam e Europa. E' docente di sociologia all'Università di Padova.Premesso che le inchieste sulle cellule di bin Laden non hanno ancora portato a nulla, non pensa che l'imam di Torino interpreti l'inconfessabile pensiero di molti musulmani?

L'Islam mondiale è diviso rispetto a quello che è successo. Torino è un caso emblematico: da un lato c'è chi non vuole appiattirsi sulle posizioni di Bouchta, dall'altro è presente un giustificazionismo che si nasconde dietro discorsi del tipo "Osama è un buon musulmano e dunque...". E' come quando si diceva che un comunista non poteva avere ucciso un operaio, e poi le Br hanno ammazzato Guido Rossa. Comunque è positivo che le posizioni più radicali vengano espresse, il mondo musulmano italiano è giovane e le leadership non sono mai state contestate. Le crisi profonde sono sempre servite a rimettersi seriamente in discussione.

Ci si sarebbe aspettati maggiore prudenza da parte di alcuni capi religiosi, invece è stato quasi il contrario...

Intanto, non tutte le leadership hanno reagito così e poi, proprio grazie all'emergere delle posizioni più radicali, adesso ha voce anche chi non è d'accordo. E' una scossa salutare. Va detto che le opinioni più radicali non sono condivise dalla maggioranza. Per certi leader non è più possibile parlare senza che dall'interno ci siano reazioni.

Però in alcune città ci sono moschee che esprimono posizioni più ambigue rispetto al fondamentalismo.

Non farei una mappatura per città. Il presidente della moschea milanese di viale Jenner, per esempio, è un moderato. Certo che nel mondo islamico c'è un'ambiguità di fondo: come quando di alcuni si diceva "sono compagni che sbagliano"...E' raro sentire un musulmano che sia contro i bombardamenti perché uccidono i civili e nello stesso tempo sia capace di criticare i talebani. L'ambiguità attraversa non solo comunità locali, ma anche singole moschee.

Se non prevalesse l'ipocrisia, anche molti presunti pacifisti ammetterebbero che gli americani se la sono cercata, perché dunque scandalizzarsi se un musulmano vede con occhi diversi quanto successo l'11 settembre?

Non mi scandalizzo. Bisogna saper leggere i problemi di fondo. Primo. Prevale ancora l'atteggiamento di chi pensa, parafrasando il right or wrong is my country, "giusto o sbagliato, sono musulmani". Secondo. Credo che i non musulmani non riescano a capire cosa significhi il dramma palestinese e quanto sia seducente l'appello di bin Laden. Terzo. Tra i musulmani c'è difficoltà a distinguere mondo politico e religioso, è ancora diffusa l'opinione che dietro all'attacco alle Twin Towers ci siano gli ebrei: e di questa assurdità è giusto che i non musulmani chiedano conto.

In Italia stanno diventando un pericolo quelli che Voltaire chiamava fanatici a sangue freddo, quelli che condannano chi si limita a pensarla diversamente. Non si rischia di spingere i musulmani verso posizioni radicali?

Il problema è grave, ma riguarda noi. Il dibattito intellettuale si sta impoverendo e regredisce verso un imbarbarimento umorale pericoloso. E' come se i giornalisti andassero nelle parrocchie pretendendo che la gente prenda le distanze dall'Ira o dagli antiabortisti che negli Usa fanno attentati. Se crediamo che lo scontro tra civiltà sia vero, allora succederà: è la profezia che si autorealizza.

Cosa sta succedendo nelle comunità islamiche d'Europa?

Elementi di ambiguità ci sono stati anche in altri paesi. Stanno succedendo però cose interessanti, per noi delle autentiche lezioni. In Inghilterra la comunità pakistana è forte e molto coinvolta da questa guerra. Ha condannato con forza i bombardamenti, ma nello stesso tempo ha espresso solidarietà, vera, alle vittime americane. Inizialmente la comunità ha ricevuto e-mail di insulti, ma è bastato che lo rendesse noto per ricevere migliaia di attestati di solidarietà. Inoltre, si sono organizzati incontri con gli imam, e le moschee hanno scritto lettere ai residenti. Quello che succede oggi in Italia, in Inghilterra è storia di qualche anno fa: è stato il caso Rushdie, quando i musulmani bruciarono i libri. Da quel momento di massimo scontro si riuscì a costruire un nuovo equilibrio, in Francia invece il catalizzatore fu il caso del foulard.

Però, oggi, pesa l'incognita di questa guerra...

In ogni caso, anche tra i musulmani d'Italia la resa dei conti è cominciata. Questa che stiamo vivendo, credo che anche da noi possa diventare una crisi di crescita.

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