29 Settembre 2001
 
IDENTITA'
Siamo tutti afghani americani
ROBERTO SILVESTRI


Anche se il "terrorismo arabo", chiamato in causa un secondo dopo il mega-shock, ha a che fare più con il prosaico nuovo ordine mondiale, di cui Bin Laden è azionista yuppie, che con l'Islam, ha fatto bene Caracciolo, direttore di Limes, all'edicola del Tg1, a ricordare che di ciò che s'ignora (l'Islam) è meglio tacere. Cautela massima a proposito delle sue culture e civiltà (e "espressioni" varie, come jihad, così fraintesa) conflittuali proprio come le nostre. Se ne sa poco. Popoli cancellati dai media, senza mai immagini "a tutto tondo" è come se non esistessero, come fossero già estinti... I cineasti e le cineaste di maghreb e mashreq, ovest e est, lottano dal '67 contro i loro regimi per crearle e farne patrimonio critico dell'umanità. Quelle immagini, però, bossiani ante litteram le fermarono alle frontiere, sono underground.
Una volta Claudio G. Fava, critico Rai, si congratulò con se stesso per aver sì dovuto acquistare un film algerino per via di paralizzanti accordi bilaterali: ma mai ci avrebbe ammorbato le notti tv con fiction simile. Aveva torto, la legge, a proposito di film di regime, dovrebbe essere uguale per tutti. E, contemporaneamente, tesori immaginari di immensa potenza emozionale e artistica, realizzati laggiù, da Allouache e Malas, da Chahine e Mohmoud Ben Mahmoud, inondavano i palinsesti di Nord Europa, Germania, Francia. Non che Cardini, poi, abbia fatto alcunché. Dunque anche noi, parafrasando Khatami, abbiamo un approccio democratico reale, o stemperato o regressivo, e in guerra tra loro (e quello reale ha i suoi martiri: Palme, Moro, Lumumba e Sankara sono i Motahari e i Behesti "occidentali"). Semplificando troppo si finisce per dire parole "di buon senso, scontate e... errate": far gerarchie o steccati tra razze, con l'aggravante della tolleranza (l'apartheid) o classifiche generale tra culture come fossero club quotati in borsa (Berlusconi, fan di Pretoria suprematista). O per i legami profondi, mai sottolineati, tra epoca d'oro arabo-andalusa e motorino d'avviamento della tradizione più laica e progressista della nostra tecnologica "civiltà occidentale". Quel 1200, marchingegno sperimentale islamico-ebraico-cristiano nelle scienze, arti, erotismo, che prefigurò stampa e individualità democratica... Tutto ciò che proprio i regressivi e gli stemperati tra i cristiani dell'epoca, mercantilisti brutali, combattevano, crociati poi inquisitori poi neoliberisti, per bloccare ogni illuminismo altro. Dandoci della libertà un orizzonte così angusto da far vomitare l'ovest, oggi, prima ancora del derelitto sud, che abbiamo sottosviluppato con sadismo. Dai barbari contro il magnifico Saladino a Graziani contro Omar Mukhtar, eroe libico censurato dalla memoria, perché nuoceva (vero Andreotti? Vero Raffaele Costa?) allo spaccio di mine anti-uomo...
Ricordate i pupi siciliani? Tancredi che uccide dopo una notte di duello Clorinda, l'amata combattente amazzone maomettana, senza riconoscerla, perché "donna e combattente" è binomio assurdo. Strano, no? Ma il '900 arabo senza Om Kalthoun non avrebbe fisionomia... Mi colpiva, nei primi anni 90, invece che il chiusissimo Giappone apriva le porte all'immigrazione iraniana. Certo società innervate di finish machista entrambe. Però dove le donne godono (almeno dopo la vittoria elettorale del geniale estremista Kathami) di un certo rispetto e di una diversa libertà. Alle 4 di notte una donna a Teheran o a Tokyo che giri da sola ha meno probabilità di essere molestata che qui sotto, in via Tomacelli di Roma. Anche se non si gira certo ancora con identico spiritello leggiadro. Globalizzazione, facci sognare un po' di più. Tanto non bastano i crociati contro la scuola Diaz o gli aerei nazisti pieni di carne umana da scaraventare contro il simbolo stesso "della plutocrazia anglo-americana", per fermare il Seattle people. Siamo tutti afghani americani.