IDENTITA' Siamo tutti afghani americani
ROBERTO SILVESTRI
Anche se il "terrorismo arabo",
chiamato in causa un secondo dopo il mega-shock, ha a che fare
più con il prosaico nuovo ordine mondiale, di cui Bin Laden è
azionista yuppie, che con l'Islam, ha fatto bene Caracciolo,
direttore di Limes, all'edicola del Tg1, a ricordare
che di ciò che s'ignora (l'Islam) è meglio tacere. Cautela
massima a proposito delle sue culture e civiltà (e
"espressioni" varie, come jihad, così fraintesa)
conflittuali proprio come le nostre. Se ne sa poco. Popoli
cancellati dai media, senza mai immagini "a tutto tondo" è
come se non esistessero, come fossero già estinti... I
cineasti e le cineaste di maghreb e mashreq, ovest e est,
lottano dal '67 contro i loro regimi per crearle e farne
patrimonio critico dell'umanità. Quelle immagini, però,
bossiani ante litteram le fermarono alle frontiere, sono
underground. Una volta Claudio G. Fava, critico Rai, si
congratulò con se stesso per aver sì dovuto acquistare un film
algerino per via di paralizzanti accordi bilaterali: ma mai ci
avrebbe ammorbato le notti tv con fiction simile. Aveva torto,
la legge, a proposito di film di regime, dovrebbe essere
uguale per tutti. E, contemporaneamente, tesori immaginari di
immensa potenza emozionale e artistica, realizzati laggiù, da
Allouache e Malas, da Chahine e Mohmoud Ben Mahmoud,
inondavano i palinsesti di Nord Europa, Germania, Francia. Non
che Cardini, poi, abbia fatto alcunché. Dunque anche noi,
parafrasando Khatami, abbiamo un approccio democratico
reale, o stemperato o regressivo, e in
guerra tra loro (e quello reale ha i suoi martiri: Palme,
Moro, Lumumba e Sankara sono i Motahari e i Behesti
"occidentali"). Semplificando troppo si finisce per dire
parole "di buon senso, scontate e... errate": far gerarchie o
steccati tra razze, con l'aggravante della tolleranza
(l'apartheid) o classifiche generale tra culture come fossero
club quotati in borsa (Berlusconi, fan di Pretoria
suprematista). O per i legami profondi, mai sottolineati, tra
epoca d'oro arabo-andalusa e motorino d'avviamento della
tradizione più laica e progressista della nostra tecnologica
"civiltà occidentale". Quel 1200, marchingegno sperimentale
islamico-ebraico-cristiano nelle scienze, arti, erotismo, che
prefigurò stampa e individualità democratica... Tutto
ciò che proprio i regressivi e gli stemperati
tra i cristiani dell'epoca, mercantilisti brutali,
combattevano, crociati poi inquisitori poi neoliberisti, per
bloccare ogni illuminismo altro. Dandoci della libertà
un orizzonte così angusto da far vomitare l'ovest, oggi, prima
ancora del derelitto sud, che abbiamo sottosviluppato
con sadismo. Dai barbari contro il magnifico Saladino a
Graziani contro Omar Mukhtar, eroe libico censurato dalla
memoria, perché nuoceva (vero Andreotti? Vero Raffaele Costa?)
allo spaccio di mine anti-uomo... Ricordate i pupi
siciliani? Tancredi che uccide dopo una notte di duello
Clorinda, l'amata combattente amazzone maomettana, senza
riconoscerla, perché "donna e combattente" è binomio assurdo.
Strano, no? Ma il '900 arabo senza Om Kalthoun non avrebbe
fisionomia... Mi colpiva, nei primi anni 90, invece che il
chiusissimo Giappone apriva le porte all'immigrazione
iraniana. Certo società innervate di finish machista
entrambe. Però dove le donne godono (almeno dopo la vittoria
elettorale del geniale estremista Kathami) di un certo
rispetto e di una diversa libertà. Alle 4 di notte una
donna a Teheran o a Tokyo che giri da sola ha meno probabilità
di essere molestata che qui sotto, in via Tomacelli di Roma.
Anche se non si gira certo ancora con identico spiritello
leggiadro. Globalizzazione, facci sognare un po' di più. Tanto
non bastano i crociati contro la scuola Diaz o gli aerei
nazisti pieni di carne umana da scaraventare contro il simbolo
stesso "della plutocrazia anglo-americana", per fermare il
Seattle people. Siamo tutti afghani americani.
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