27 Settembre 2001
Il feroce paladino
ANDREA COLOMBO - ROMA

Altro che guerra al terrorismo. Per Silvio Berlusconi quello che si sta preparando è esattamente quel che tutti i leader occidentali si affannano a negare: un conflitto tra civiltà. Meglio: tra la superiore civiltà dell'occidente e quella inferiore dell'islam. A Berlino, fresco di incontro con il presidente russo Putin, prima di affrontare il colloquio con il cancelliere Schröder, Berlusconi si lascia andare a una chiacchierata con i giornalisti. E per una volta dice forte e chiaro cosa gli passa per la mente.
Quel che il capo del governo pensa è che "dobbiamo essere consapevoli della superiorità della nostra civiltà. Una civiltà che ha dato luogo a un largo benessere nelle popolazioni dei paesi dove la si pratica. Una civiltà che garantisce il rispetto dei diritti umani, religosi e politici. Rispetto che certamente non esiste nei paesi islamici". Tanta superiorità non è destinata a crogiolarsi di sé: "L'occidente è destinato a occidentalizzare e a conquistare i popoli. L'ha fatto con il mondo comuista e l'ha fatto con una parte del mondo islamico. Ma c'è un'altra parte di questo mondo che è ferma a 1.400 anni fa".
Dagli islamici rimasti indietro di oltre un millennio al movimento no-global, il passo è breve. Si vede che la spina di Genova continua a pungere il premier. Del resto, non aveva forse definito i manifestanti di Genova, pochi minuti prima che Carlo Giuliani fosse ucciso, "nemici dell'occidente?". Quale occasione migliore per riprendere l'argomento? Della propria "superiorità culturale e supremazia", l'occidente dovrebbe avere piena coscienza. Purtroppo, invece, "proprio all'interno dell'occidente si sono mosse critiche al modo di vivere e pensare dello stesso occidente, si è cercato e si cerca di colpevolizzarlo, come se fosse colpa sua e della sua economia la povertà di cui soffre tanta parte del mondo". La conclusione non sarebbe dispiciuta a Giuseppe Stalin per il tasso di paranoia e di sospetto: "C'è una singolare coincidenza tra queste azioni (quelle dei fondamentalisti islamici n.d.r.) e il movimento antiglobalizzazione che si è sviluppato da un anno a questa parte".
E' probabile che, come spesso gli capita, il cavalier Berlusconi non si rendesse conto di cosa andava dicendo. Certamente non era consapevole di impersonare esattamente il modello di mentalità occidentale utile alla propaganda taleban. Nelle conferenze stampa seguite ai due incontri di ieri a Berlino, aveva usato ben altri toni. Aveva ribadito che rispondere agli attentati è "un dovere, una necessità e un diritto", ma aveva anche sottolineato che si tratterà di "un attacco ponderato, chirurgicamente mirato per non fare vittime tra la popolazione civile". Aveva ripetuto, con Bush, che "il conflitto non sarà né facile né breve" e che, se pure si prevede un'azione armata, "tutti siamo consapevoli che il terrorismo sarà sconfitto con altri tipi di azione". Aveva invocato una rapida soluzione del conflitto israelo-palestinese e, in coppia con Schröder, ripetuto che l'Italia, come la Germania, "farà quel che franno i suoi alleati in seguito a decisioni comuni". (Da Washington il ministro degli esteri Ruggiero conferma: "Siamo pronti a prendere parte anche a misure di carattere militare, che però non ci verranno necessariamente richieste").
In definitiva, Berlusconi aveva usato i toni ragionevoli stabiliti direttamente da Washington: parole spesso identiche a quelle di Bush, che il premier italiano si appresta a incontrare nei tempi determinati dai "reciproci impegni". Ma il suo pensiero più vero lo ha espresso in altra sede. E di ragionevole c'è ben poco.