31 Agosto 2001
 
 
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Babele di voci contro il razzismo
In attesa dell'apertura ufficiale di oggi della conferenza dell'Onu, centinaia di organizzazioni non governative di tutto il mondo e 7000 persone dibattono a Durban sull'infinita gamma delle discriminazioni. L'irrisolto nodo "sionismo-razzismo" provoca tensione fra i delegati e sostenitori palestinesi e quelli di Israele. Polemiche le ong statunitensi con l'amministrazione Bush MARINA FORTI - INVIATA A DURBAN

Forse la torre di Babele assomigliava al Kingsmead Stadium di Durban, lo stadio di cricket che da due giorni ospita il Forum delle organizzazioni non governative contro il razzismo - anche se una babele accogliente, in cui ciascuno alla fine sembra capire di cosa parlano gli altri. Circa 7000 persone sono venute in questa città del Sudafrica per sostenere una causa - e per rivolgersi ai rappresentanti di circa 180 governi alla Conferenza delle Nazioni unite "contro il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e le relative intolleranze", che si aprirà qui questa mattina.
Ci sono le organizzazioni per i diritti dei migranti e rifugiati, quelle dei popoli indigeni, quelle dei Rom e Sinti, gli zingari. Ci sono decine di rappresentanti venuti dall'India: i loro cartelli e striscioni sono tra i più visibili. Certo, non molti sapranno chi è quel signore in abito scuro occidentale e occhiali spessi ritratto sui loro cartelli: ma il Dottor Ambedkar è stato tra i primi Dalit (fuoricasta, "intoccabili") a esprimere una rivolta contro il sistema delle caste in India, più di mezzo secolo fa, ed è ormai un simbolo per le organizzazioni dei Dalit - come quelle venute qui a chiedere che la casta sia riconosciuta come una discriminazione che colpisce oltre 250 milioni di persone al mondo.
Appese a un tendone, foto scioccanti sono esposte dal Caucus arabo, l'insieme delle organizzazioni non governative venute da paesi arabi: sono immagini di quotidiana violenza nei territori palestinesi occupati da Irsaele, bambini feriti, ragazzetti che lanciano sassi ai carri armati, corpi insanguinati. Ci sono cartelli con la stella di Davide accanto a una svastica, un poster dice: "Occupazione uguale colonialismo uguale una nuova forma di apartheid". L'Unione degli avvocati arabi distribuisce un opuscolo in arabo, francese e inglese per argomentare perché il sionismo è una forma di razzismo. "Il progetto sionista è un progetto su base religiosa, solo per gli ebrei. Ne discende che esclude tutti gli altri, i non ebrei, gli inferiori", spiega Imam Gad, ricercatore in scienze politiche, egiziano. La questione del sionismo è tra quelle che hanno acceso i riflettori su questa conferenza, fin dai primi incontri preparatori. Nel linguaggio ufficiale l'equazione tra sionismo e razzismo è fuori questione e la commissaria dell'Onu per i diritti umani, Mary Robinson, si è adoperata (finora invano) per cercare formule di compromesso: accenni alle "politiche discriminatorie" verso la popolazione palestinese, accenni alla sofferenza dei palestinesi. "Non basta, è il progetto politico sionista che bisogna condannare", dice Gad.
Dentro allo stadio una serie di tendoni ospita le sale di riunione. Otto commissioni di lavoro discutono emendamenti a una "piattaforma" che oggi le ong presenteranno alla conferenza ufficiale. Con puntiglio e pazienza, decine di persone annotano frasi, discutono definizioni: "La discriminazione sulla base della casta, della discendenza e dell'occupazione ... restano una forma insidiosa e profonda di discriminazione... dalle conseguenze devastanti", legge un signore in anglo-indiano. Nel tendone accanto si discute del "diritto dei popoli indigeni a vivere come comunità diversa ed egualmente sovrana negli stati membri dell'Onu", con il corollario di diritto a usare la propria lingua e mantenere un'identità culturale. Si parla di rifugiati: "La discriminazione contro migranti, rifugiati, richiedenti asilo, sfollati e persone senza documenti è una forma distinta di razzismo... basata sull'essere stranieri". Altre riunioni discutono di "risarcimenti": risarcire secoli di schiavismo e colonialismo, affrontare gli effetti della segregazione. Decine di cartelli indicano seminari e dibattiti che si svolgono più o meno contemporanei in questa o quella tenda, o nel municipio di Durban, all'università (tre giorni di seminari organizzati dall'African National Congress: ieri il tema era "genere e razzismo"). Decine di cartelli o volantini annunciano eventi culturali, una piece di teatro, la proiezione di un video sulle lotte del Kwa-Zulu (la regione in cui ci troviamo: unisce la vecchia homeland nera del Kwa-Zulu e la ex provincia per soli bianchi del Natal). Ci sono giornali quotidiani che seguono e commentano i lavori, come il Human Right Features. Alcuni giovani giapponesi distribuiscono un volantino: "Non fatevi ingannare dal governo giapponese", è titolato; "il razzismo è rampante nella seconda economia mondiale" - discrimina i migranti e gli stranieri in genere, e poi ha i suoi "intoccabili", i barakumin. La babele ostenta un alto livello di concordia e rispetto reciproco, ciascuno parla della propria causa e tutti stanno ad ascoltare tutti.
Ma poi ieri pomeriggio un banchetto è comparso di fronte alla tenda del Caucus arabo, addobbato con i colori della bandiera israeliana: i ragazzi e ragazze dell'Unione mondiale degli studenti ebrei espone una cartina in cui Israele è circondata da stati arabi armati fino ai denti: dicono che "la conferenza contro il razzismo è stata deviata a fini politici dalle delegazioni arabe". Poco più in là un gruppo di signori con le palandrane nere e i boccoli degli ebrei ortodossi espone cartelli con un messaggio contrario: "La fine del sionismo sarà la pace", "Israele non rappresenta tutti gli ebrei". Circolano donne con un distintivo ben visibile sul petto: "Le organizzazioni non governative Usa sono qui, il governo Usa non c'è. Perché?".
A poche centinaia di metri dalla concordia ostentata del Forum non governativo, nel modernissimo Convention centre adiacente al grattacielo dell'Hilton, questa mattina comincia la Conferenza ufficiale. La polizia sudafricana ha disposto un servizio di sicurezza strettissimo, sono attesi trenta capi di stato. E' già arrivato il segretario dell'Onu Kofi Annan, è atteso il leader palestinese Arafat. Sono attese manifestazioni del Durban Social Forum, che riunisce organizzazioni come quella dei senza-terra sudafricani. Resta da vedere se e quanto la conferenza dei governi ascolterà il Forum dei movimenti...

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