Babele di voci
contro il razzismo
In attesa dell'apertura ufficiale di oggi della conferenza
dell'Onu, centinaia di organizzazioni non governative di tutto il
mondo e 7000 persone dibattono a Durban sull'infinita gamma delle
discriminazioni. L'irrisolto nodo "sionismo-razzismo" provoca
tensione fra i delegati e sostenitori palestinesi e quelli di
Israele. Polemiche le ong statunitensi con l'amministrazione
Bush
MARINA FORTI -
INVIATA A DURBAN
Forse la torre di Babele assomigliava al Kingsmead Stadium
di Durban, lo stadio di cricket che da due giorni ospita il Forum
delle organizzazioni non governative contro il razzismo - anche
se una babele accogliente, in cui ciascuno alla fine sembra
capire di cosa parlano gli altri. Circa 7000 persone sono venute
in questa città del Sudafrica per sostenere una causa - e per
rivolgersi ai rappresentanti di circa 180 governi alla Conferenza
delle Nazioni unite "contro il razzismo, la discriminazione
razziale, la xenofobia e le relative intolleranze", che si aprirà
qui questa mattina.
Ci sono le organizzazioni per i diritti dei migranti e rifugiati,
quelle dei popoli indigeni, quelle dei Rom e Sinti, gli zingari.
Ci sono decine di rappresentanti venuti dall'India: i loro
cartelli e striscioni sono tra i più visibili. Certo, non molti
sapranno chi è quel signore in abito scuro occidentale e occhiali
spessi ritratto sui loro cartelli: ma il Dottor Ambedkar è stato
tra i primi Dalit (fuoricasta, "intoccabili") a esprimere una
rivolta contro il sistema delle caste in India, più di mezzo
secolo fa, ed è ormai un simbolo per le organizzazioni dei Dalit
- come quelle venute qui a chiedere che la casta sia riconosciuta
come una discriminazione che colpisce oltre 250 milioni di
persone al mondo.
Appese a un tendone, foto scioccanti sono esposte dal
Caucus arabo, l'insieme delle organizzazioni non
governative venute da paesi arabi: sono immagini di quotidiana
violenza nei territori palestinesi occupati da Irsaele, bambini
feriti, ragazzetti che lanciano sassi ai carri armati, corpi
insanguinati. Ci sono cartelli con la stella di Davide accanto a
una svastica, un poster dice: "Occupazione uguale colonialismo
uguale una nuova forma di apartheid". L'Unione degli
avvocati arabi distribuisce un opuscolo in arabo, francese e
inglese per argomentare perché il sionismo è una forma di
razzismo. "Il progetto sionista è un progetto su base religiosa,
solo per gli ebrei. Ne discende che esclude tutti gli altri, i
non ebrei, gli inferiori", spiega Imam Gad, ricercatore in
scienze politiche, egiziano. La questione del sionismo è tra
quelle che hanno acceso i riflettori su questa conferenza, fin
dai primi incontri preparatori. Nel linguaggio ufficiale
l'equazione tra sionismo e razzismo è fuori questione e la
commissaria dell'Onu per i diritti umani, Mary Robinson, si è
adoperata (finora invano) per cercare formule di compromesso:
accenni alle "politiche discriminatorie" verso la popolazione
palestinese, accenni alla sofferenza dei palestinesi. "Non basta,
è il progetto politico sionista che bisogna condannare", dice
Gad.
Dentro allo stadio una serie di tendoni ospita le sale di
riunione. Otto commissioni di lavoro discutono emendamenti a una
"piattaforma" che oggi le ong presenteranno alla conferenza
ufficiale. Con puntiglio e pazienza, decine di persone annotano
frasi, discutono definizioni: "La discriminazione sulla base
della casta, della discendenza e dell'occupazione ... restano una
forma insidiosa e profonda di discriminazione... dalle
conseguenze devastanti", legge un signore in anglo-indiano. Nel
tendone accanto si discute del "diritto dei popoli indigeni a
vivere come comunità diversa ed egualmente sovrana negli stati
membri dell'Onu", con il corollario di diritto a usare la propria
lingua e mantenere un'identità culturale. Si parla di rifugiati:
"La discriminazione contro migranti, rifugiati, richiedenti
asilo, sfollati e persone senza documenti è una forma distinta di
razzismo... basata sull'essere stranieri". Altre riunioni
discutono di "risarcimenti": risarcire secoli di schiavismo e
colonialismo, affrontare gli effetti della segregazione. Decine
di cartelli indicano seminari e dibattiti che si svolgono più o
meno contemporanei in questa o quella tenda, o nel municipio di
Durban, all'università (tre giorni di seminari organizzati
dall'African National Congress: ieri il tema era "genere
e razzismo"). Decine di cartelli o volantini annunciano eventi
culturali, una piece di teatro, la proiezione di un video
sulle lotte del Kwa-Zulu (la regione in cui ci troviamo: unisce
la vecchia homeland nera del Kwa-Zulu e la ex provincia
per soli bianchi del Natal). Ci sono giornali quotidiani che
seguono e commentano i lavori, come il Human Right
Features. Alcuni giovani giapponesi distribuiscono un
volantino: "Non fatevi ingannare dal governo giapponese", è
titolato; "il razzismo è rampante nella seconda economia
mondiale" - discrimina i migranti e gli stranieri in genere, e
poi ha i suoi "intoccabili", i barakumin. La babele
ostenta un alto livello di concordia e rispetto reciproco,
ciascuno parla della propria causa e tutti stanno ad ascoltare
tutti.
Ma poi ieri pomeriggio un banchetto è comparso di fronte alla
tenda del Caucus arabo, addobbato con i colori della
bandiera israeliana: i ragazzi e ragazze dell'Unione mondiale
degli studenti ebrei espone una cartina in cui Israele è
circondata da stati arabi armati fino ai denti: dicono che "la
conferenza contro il razzismo è stata deviata a fini politici
dalle delegazioni arabe". Poco più in là un gruppo di signori con
le palandrane nere e i boccoli degli ebrei ortodossi espone
cartelli con un messaggio contrario: "La fine del sionismo sarà
la pace", "Israele non rappresenta tutti gli ebrei". Circolano
donne con un distintivo ben visibile sul petto: "Le
organizzazioni non governative Usa sono qui, il governo Usa non
c'è. Perché?".
A poche centinaia di metri dalla concordia ostentata del Forum
non governativo, nel modernissimo Convention centre
adiacente al grattacielo dell'Hilton, questa mattina comincia la
Conferenza ufficiale. La polizia sudafricana ha disposto un
servizio di sicurezza strettissimo, sono attesi trenta capi di
stato. E' già arrivato il segretario dell'Onu Kofi Annan, è
atteso il leader palestinese Arafat. Sono attese manifestazioni
del Durban Social Forum, che riunisce organizzazioni come
quella dei senza-terra sudafricani. Resta da vedere se e quanto
la conferenza dei governi ascolterà il Forum dei movimenti...
|