17 Agosto 2001
 
 
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Un ideogramma per guarire
Per l'antica medicina cinese, nata oltre tremila anni fa, la malattia è una disarmonia e il sintomo l'effetto di uno squilibrio più generale e complesso. LUCIO SOTTE

La medicina cinese si sta diffondendo sempre più rapidamente e capillarmente in Italia, in Europa e negli Stati Uniti. L'agopuntura è stata la testa d'ariete di questo sfondamento in Occidente e, gradualmente, anche le altre tecniche cinesi di terapia hanno iniziato a essere introdotte: massaggio, moxibustione, ginnastiche mediche, dietetica e farmacoterapia.
Molti fattori hanno contribuito a promuovere la conoscenza di questa medicina in Occidente, dopo che per millenni è stata rinchiusa all'interno dei confini cinesi.
In primo luogo, la Cina ha gradualmente aperto le sue frontiere nell'ultimo secolo. Questo fenomeno ha avuto luogo non senza difficoltà e ostacoli (la guerra sino-giapponese e la rivoluzione culturale hanno infatti interrotto per anni questo processo), tuttavia, le modifiche della politica interna cinese, le mutate condizioni internazionali e il progresso dei mezzi di comunicazione hanno, senza dubbio, avvicinato l'Estremo Oriente all'Occidente.
D'altra parte, il mondo occidentale ha forse rivolto alle varie civiltà extra-europee uno sguardo scevro da pregiudizi iniziando a scoprire e apprezzare gli apporti positivi delle altre culture.

La "crisi" che la medicina occidentale sta attraversando negli ultimi 15 anni è il terzo fattore che ha promosso la conoscenza e la diffusione della medicina cinese. Si tratta di una crisi positiva che certamente ne promuoverà un ulteriore sviluppo. Analizziamone brevemente la natura.
Per secoli, per millenni, la medicina praticata in Occidente è stata caratterizzata dal concetto ippocratico di malattia. "Lo scopo della medicina - affermava Ippocrate - è quello di estirpare la malattia". Si tratta di una definizione al negativo che non si basa sull'idea di salute, bensì su quella di evento patogeno. La stessa nosografia occidentale mostra di essere influenzata da questa impostazione quando fonda la classificazione della malattia sul concetto di "lesione organica" o di "attacco patogeno di microorganismi esterni all'uomo": cioè virus, batteri, funghi. Le recenti acquisizioni della psico-neuro-endocrino-immunologia (Pnei) hanno dimostrato che l'evento morboso non è un fenomeno localizzato, ma deve essere concepito come la conseguenza di uno squilibrio generale in cui i fattori interni ed esterni agiscono attraverso l'alterazione generale di complessi meccanismi omeostatici. La gastrite non può più essere definita soltanto in base alle lesioni organiche che colpiscono la mucosa dello stomaco così come l'ulcera duodenale non equivale alla presenza di un "viscere malato" in "un organismo sano". Ogni malattia, anche se caratterizzata da una lesione organica specifica, deve essere concepita come l'effetto locale di complessi squilibri più generali di cui l'endocrinologia, la neurofisiologia e l'immunologia fanno oggi intuire le caratteristiche. Occorre dunque modificare il vecchio concetto di salute e di malattia per poter iniziare a percorrere la nuova strada di progresso della scienza medica occidentale.

Questo è il punto di arrivo della medicina occidentale. Questo punto di arrivo è stato, tremila anni or sono, il punto di partenza della medicina cinese. Ciò giustifica la sua estrema attualità. Nel Classico di Medicina Interna dell'Imperatore Giallo, compilato in Cina in era pre-cristiana, si afferma che "bisogna curare il malato e non la malattia". L'antica concezione cinese di malattia, intesa come disarmonia, squilibrio, che si pensava arcaica e limitativa, dimostra oggi tutta la sua modernità.
Secondo la teoria medica estremo-orientale, "curare" equivale a "governare". L'ideogramma "Zhi" esprime il significato dell'atto del medico, il curare e, contemporaneamente, quello del lavoro del funzionario dello stato, il governare.
La medicina cinese è dunque approdata in Occidente per tre fondamentali motivi: l'apertura delle frontiere della Cina, l'atteggiamento di maggior interesse nei confronti degli apporti positivi delle culture extra-europee, la modernità del concetto di salute-malattia su cui l'arte medica cinese si fonda.
Si tratta di un complesso sapere medico che comprende numerose ed elaborate discipline.
In primo luogo occorre ricordarne i principi: la teoria yin-yang, quella dei cinque movimenti e quella dell'energia e del sangue. Tali principi, formulati in epoca precristiana, si mantengono intatti nel III millennio, seppur rivisitati alla luce delle più moderne teorie scientifiche.
Sulla base di questi principi si fonda l'anatomo-fisiologia che descrive le strutture-funzioni principali dell'uomo: gli organi, i visceri e i meridiani principali e secondari ad essi correlati. L'uomo è una centrale energetica in cui gli apporti esterni forniti dall'alimentazione e dalla respirazione vengono assimilati e trasformati dagli organi e visceri e trasportati e distribuiti in tutto il corpo dai vasi e dai meridiani.
L'eziopatogenesi affronta il problema delle cause di malattia che agiscono, attraverso complessi meccanismi, alterando la circolazione dell'energia e del sangue e producendo gli squilibri che provocano l'evento morboso.

La semeiologia e la diagnostica ci forniscono i mezzi per interpretare segni e sintomi di malattia: occorre ricordare l'importanza di due complesse metodiche diagnostiche fornite dall'osservazione della lingua: la glossoscopia e dalla palpazione dei polsi: la sfigmologia.
Unendo segni e sintomi di malattia e interpretandoli, si arriva alla clinica, in cui i quadri di riferimento di sindromi specifiche differiscono notevolmente da quelli in uso in Occidente. La diversità nasce dall'approccio funzionale e globale della medicina cinese che si oppone a quello organico e settoriale di quella occidentale. Si potrebbe dire che la medicina cinese fotografi la realtà dell'uomo con un grand'angolo mentre quella occidentale la osserva con il teleobiettivo. Il primo ha un'ottica allargata che tiene conto della totalità del malato ed ha il limite di non cogliere i particolari, il secondo mette a fuoco con profondità di campo gli elementi più specifici dell'evento morboso con il difetto di perdere di vista l'uomo nella sua integrità. Da questa diversità nasce l'integrabilità delle due medicine che si completano a vicenda proprio sulla base della differenza del loro metodo di osservazione e analisi dell'uomo.
Va sottolineato che le due medicine osservano l'uomo differentemente perché utilizzano due differenti sistemi di descrizione del reale che possiamo in parte identificare con i due diversi metodi di scrittura: grafemico e fonemico per l'Occidente e pittografico e ideografico per la Cina.
Non è un caso che l'Occidente abbia usato l'alfabeto formato da segni (grafemi) che corrispondono a dei suoni (fonemi) per de-scrivere la realtà: ciò è in linea con il suo modello di pensiero che si fonda sul metodo analitico e deduttivo. Si cerca di scomporre il reale nei suoi elementi di base (atomo, cioè a-tomo: ciò che non può essere ulteriormente diviso), di dedurre le leggi che reggono il rapporto tra questi elementi e di dimostrare con il metodo sperimentale l'applicabilità di queste leggi. Questo metodo è applicato alla fisica così come alla medicina e la nostra scienza medica è figlia di questo criterio di osservazione sempre concentrato sull'analisi del particolare.
Non è un caso che l'Oriente abbia usato gli ideogrammi che sono dei disegni o pittogrammi che esprimono e descrivono degli oggetti e dei concetti ad essi associati: ciò è in linea con il modello cinese di pensiero che si fonda sull'analogia e sul simbolismo. Il reale viene conosciuto attraverso simboli (ideogrammi) che suggeriscono per analogia dei concetti. Questo metodo di conoscenza è applicato nella filosofia come nella medicina e rende la scienza medica cinese attenta all'idea che la salute dell'uomo sia non solo l'esito di un buon equilibrio interno all'uomo, ma anche di una buona combinazione e sintonizzazione del microcosmo umano con il macrocosmo.
A livello di terapia, la medicina cinese offre un ampio ventaglio di possibilità utilizzate sempre in questa ottica di riequilibrio: tecniche esterne, tecniche interne e ginnastiche mediche. Tra le tecniche interne rientrano l'agopuntura, la moxibustione, la coppettazione, il massaggio e le metodiche più moderne di stimolazione dei punti di agopuntura: l'elettroagopuntura, la magnetopuntura, la laseragopuntura e la chemioagopuntura. La farmacologia e la dietetica rappresentano invece, le terapie interne che in Cina si utilizzano nel 65-70% dei casi, cioè in un'alta percentuale di pazienti.

L'uso dei farmaci iniziò nel periodo degli albori della civiltà cinese, anche se, come è accaduto per i principi della medicina cinese e per l'agopuntura, la farmacologia fu sistematizzata soltanto nel primo millennio a.C., durante il regno degli Stati Combattenti e della dinastia Han. Si tratta perciò di una tradizione antichissima che si è perpetuata intatta fino a noi. La maggior parte delle ricette cinesi ha una storia di secoli o di millenni che garantisce la loro sperimentazione clinica ed il fatto che siano state modificate nella maniera ottimale per aumentarne l'efficacia e smorzarne i possibili effetti collaterali.
Si tratta di una farmacologia ben diversa da quella occidentale in cui la stragrande maggioranza dei rimedi è di origine recente e supera raramente i 40-50 anni di vita.
Altri due fattori determinano la differenza tra i nostri farmaci e quelli cinesi: il principio di terapia utilizzato per formulare la prescrizione e l'origine chimica o naturale dei rimedi.
Per poter impostare una prescrizione occorre aver preventivamente stabilito la diagnosi di malattia. Abbiamo già affermato che le sindromi della medicina cinese non si sovrappongono a quelli occidentali. La logica conseguenza di questo fatto è che non è possibile fare diagnosi utilizzando i criteri occidentali e impostare la terapia con i farmaci cinesi. Ma in cosa consiste questa differenza?

La si può definire partendo da un antico concetto: quello della "cima" e della "radice". La cima è il sintomo della malattia che spinge il paziente a consultare il medico, la radice è lo squilibrio generale che determina la comparsa del sintomo. La cima è la malattia che il paziente ci racconta, la radice è il paziente stesso, il malato. In questo senso la medicina cinese è prevalentemente costituzionale e solo raramente sintomatica, al contrario di quella occidentale che tende più frequentemente ad affrontare il sintomo, tralasciando talora l'aspetto diatesico della patologia. Rifacendoci all'esempio citato in precedenza, potremmo affermare che lo scopo della terapia della gastrite non è quello di curare lo stomaco malato di un paziente che per il resto è sano, bensì quello di trattare lo squilibrio generale che si concentra, si localizza e si evidenzia a livello gastrico.
Per ottenere questo scopo è necessario indagare profondamente, facendo riferimento ai principi generali dello yin e dello yang, dell'energia e del sangue.
La terapia cinese è prevalentemente costituzionale; il suo scopo non è soltanto curativo, ma, soprattutto ed eminentemente, preventivo. Curare le patologie costituzionali equivale a riequilibrare, a prevenire la malattia. L'aspetto preventivo della farmacoterapia cinese è un ulteriore fattore che la distingue da quella occidentale e, contemporaneamnete, la rende ad essa complementare. Un antibiotico è in grado di trattare efficacemente un' infezione batterica, ma è incapace di prevenire la recidiva; il farmaco cinese può integrarlo per ottenere questo secondo scopo.
I rimedi cinesi provengono tutti dalla natura. Prevalentemente vegetali e solo in piccola quota di origine minerale e animale, i farmaci cinesi conservano queste loro caratteristiche naturali anche nella modalità con cui vengono preparati e somministrati. Il decotto rappresenta tutt'ora la più efficace e più utilizzata forma di assunzione dei farmaci perchè ne esalta la solubilità, l'assimilabilità, la digeribilità e l'efficacia. Esistono molte altre presentazioni tradizionali dei rimedi: pillole, tavolette, estratti alcoolici, tinture e pomate. Anche in queste ultime, tuttavia, i farmaci non vengono manipolati chimicamente, ma con metodi naturali. E' questa un'ulteriore differenza tra la farmacologia cinese e quella occidentale che, soprattutto negli ultimi decenni, si avvale quasi esclusivamente di prodotti di sintesi. L'Ephedra Sinica, un'erba utilizzata da millenni in Cina per il trattamento delle patologie respiratorie, contiene un importante principio attivo, l'efedrina, un farmaco antiasmatico usato in Occidente. L'uso dell'erba intera differisce da quello del suo principale componente attivo per svariati aspetti. Il solo principio attivo è più efficace nel trattamento dei fenomeni acuti, tuttavia la pianta intera garantisce una maggiore biodisponibilità e la diminuzione degli effetti tossici e collaterali; contiene infatti moltissime sostanze che tamponano e talora smorzano i principi attivi più potenti per una sorta di armonia interna del vegetale.
Ricordiamo inoltre che, di norma, una ricetta cinese contiene dai 5 ai 10 componenti e solo raramente si scende al di sotto di questo numero. L'uso di più sostanze è utile per trattare i vari aspetti della malattia, per potenziare gli effetti di molti farmaci, sfruttando il loro sinergismo d'azione, per eliminare o smorzare al massimo gli effetti collaterali e tossici e per promuovere l'assimilazione e la digestione del preparato.

L'ultima determinante differenza tra i farmaci cinesi e quelli occidentali consiste nella diversa analisi delle loro caratteristiche e modalità d'azione. In Occidente la farmacologia si fonda sullo studio biochimico, molecolare, farmacodinamico e farmacocinetico di ogni rimedio. Tremila anni or sono, quando fu compilato il Classico di Materia Medica dell'Imperatore Shen Nong, non esistevano le conoscenze biochimiche, fisiche e le indagini strumentali necessarie a garantire queste ricerche moderne. I farmaci furono comunque analizzati approfonditamente secondo criteri più naturali che muovono dalla verifica degli effetti energetici che ogni sostanza induce nel nostro organismo. Alla base di tali criteri ci sono alcune proprietà tipiche di ogni farmaco: il sapore, la natura, il tropismo etc.
Siamo medici occidentali e viviamo nel XX secolo, perciò è doveroso promuovere tutte le più moderne ricerche clinico-sperimentali sui rimedi classici cinesi; tutto ciò, tuttavia, non deve e non può cancellare tre millenni di storia medica.
La mia esperienza nel settore della medicina cinese applicata in Occidente mi suggerisce che sia possibile un'integrazione con la biomedicina anche perché, partendo da modelli di pensiero differenti, questedue scienze mediche non solo non si escludono a vicenda, ma anzi spesso tendono ad integrarsi. Tale integrazione che inizia nel settore medico è un solo un primo passo verso un'integrazione di culture e di sistemi di pensiero che sfortunatamente fino ad ora si sono generalmente scontrati e solo nelle migliori occasioni si sono ignorati a vicenda.

(3/continua)

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