In viaggio tra indiani e rom
Sul primo treno da Roma. Troppo tranquillo per essere vero
C.GUB. -
GENOVA
Il "treno per liberare Genova" parte da Roma alle 11.30, che poi
sono le 12.00, che poi sono le 12.53. Alla stazione Termini
neanche un poliziotto, né un controllo o qualcuno che faccia
finta di mettere ordine. Niente di niente. L'altoparlante
annuncia il "treno solo per i manifestanti diretti a Genova" sul
binario 1. E lì si concentrano studenti, immigrati, tute bianche
e "cani sciolti".
L'età media è bassa ma non mancano signore e signori muniti di
zainoni e scorte d'acqua. La vera sorpresa è il treno: bello,
pulito, moderno e con tanto di aria condizionata. C'è pure la
prima classe che va subito esaurita, molti si sposteranno "almeno
per vederla". Ci sono anche gli immigrati dell'India e del
Bangladesh dell'Associazione Duhmcadu. E quasi all'ultimo arriva
la ciliegina sulla torta: una ventina di Rom del campo romano di
Tor de Cenci. Donne, uomini e soprattutto bambini, il più piccolo
ha tre anni. Hanno portato la bandiera del popolo Rom, quella con
la ruota. "L'abbiamo cucita noi - racconta Alid -, volevamo farle
con tutti i simboli ma non c'era tempo".
Il treno parte con 530 persone. Negli scompartimenti si sta
larghi e c'è chi si stende subito a dormire: via le scarpe e il
giornale sotto la testa. Per tutto il viaggio è un via vai da un
vagone all'altro, chi per cercare un amico chi per assicurarsi
che tutto fili liscio. Tra mille sigarette accese suona qualche
rara chitarra.
Perché andate a Genova? "Le decisioni dei G8 ricadono
concretamente sulle nostre vite", riponde Francesco dei Giovani
comunisti -. Azzeramento del potere d'acquisto, svuotamento degli
organismi democratici: io vado a Genova per riappropriarmi del
mio futuro". Poi ripete tutto imitando la Bertinotti: da
premiare. C'è anche David, che ha portato con sé la bandiera
italiana "per riportare la Costituzione laddove è stata sospesa".
Sul tema ha anche scritto una lettera al presidente della
Repubblica: "La chiusura della zona rossa è una questione
gravissima", dice David, poi si scatena il dibattito sulla
blindatura di Genova.
Sono tutti un po' inquieti anche per l'estrema tranquillità del
viaggio: arrivo in perfetto orario, nessuna fermata immotivata.
Cosa si cela dietro tanta calma? "E' perché siamo il primo
treno", azzarda qualcuno. "Si faranno sentire in piazza",
commenta un altro. A un certo punto però monta la psicosi del
controllo di polizia: sul treno c'è solo qualche casco e qualche
scudo di plexiglas, però qualcuno pensa di chiudere la porta con
lo scotch. Il problema è la prima classe che ha le porte
automatiche, il capotreno - genovese, molto simpatizzante - si
impunta: "E se scoppia un incendio?". I Rom cominciano ad avere
paura: "Ci sono i bambini!", ma loro sono contentissimi. E un
ragazzino rassicura la mamma: "Il 19 è tranquillo, i problemi
semmai sono il 20".
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