martedì 08 giugno 2010
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i circoli del manifesto
Maggio 2010

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03 CONTROPIANO
06.06.2010
  • APERTURA   |   di Cinzia Gubbini
    La cacciata a Sud
    Ponticelli, Rosarno, Castel Volturno, Lampedusa L'Italia dei respingimenti nel libro di Laura Boldrini
    «Si può essere d'accordo con tutto questo?». È la frase che dà la spinta a Laura Boldrini per scrivere Tutti indietro (Rizzoli, 216 pagine, 18 euro. I proventi saranno destinati a borse di studio in Italia per ragazzi afghani senza genitori). Boldrini è la portavoce in Italia dell'Alto Commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati. Una funzionaria dell'Onu che da vent'anni aiuta la stampa italiana e estera a districarsi nel complicato mondo dei flussi dei profughi verso l'Italia: da sempre si batte per spiegare la differenza tra la migrazione economica e la fuga delle persone che scappano dalla guerra. Senza mai dimenticare di dire che i primi non meritano di essere buttati a mare solo perché non rientrano nel canone che le convenzioni internazionali hanno studiato per proteggere chi rischia la vita nel proprio paese. Particolare che già dice molto sull'autrice, spesso bersaglio di pesanti attacchi da parte del governo. Qualche parziale soddisfazione l'ha ricevuta (Famiglia Cristiana nel 2009 la nominò «italiana dell'anno»). Ma forse la ricompensa più importante viene dall'appoggio che le è sempre stato riconosciuto dalla sua agenzia, tanto da avergli permesso - non era scontato - di mettere nero su bianco le sue esperienze e i suoi pensieri. Ai quali si accompagnano, come cifra di stile, anche le sue emozioni e i suoi ricordi personali. D'altronde Boldrini è senza dubbio una funzionaria sui generis: non oltrepassa mai le regole del protocollo, ma non dimentica che del suo lavoro fa parte prima di tutto il non tacere, il non essere consenzienti col potere.
    Lo dimostra il libro da poco uscito nelle librerie: Tutti indietro è una presa di posizione senza possibilità di fraintendimenti. Come l'autrice spiega nella premessa, l'idea di scrivere la prima pagina è nata nell'estate del 2009, quando il governo italiano ha deciso di inaugurare la pratica dei respingimenti in mare. Quando, come scrive Boldrini, «da questa parte del Mediterraneo» hanno iniziato a non contare più i distinguo. Tutti indietro verso la Libia, e poi - molto spesso - verso sud. Tutti: donne e bambini, chi scappa da guerre e persecuzioni. Tutti, ma anche noi. Perché respingendo quelle persone l'Italia ha anche respinto uno dei capisaldi degli stati di diritto: il riconoscimento dei diritti fondamentali della persona umana, al di là della carta di identità.
    Il libro non è un pamphlet, non c'è da aspettarsi un'invettiva contro i nostri governanti. Tutt'altro. Perché tutt'altro è l'atteggiamento che contraddistingue chi è abituato a lavorare in ambienti che non indulgono nella facile retorica della politica, ma si sforzano di applicare e far rispettare le regole, come di norma avviene negli organismi internazionali quali l'Unhcr (che per qualcuno «non conta un fico secco», Ignazio La Russa dixit). Con una prosa molto semplice, divulgativa, l'autrice racconta chi sono i profughi. Li fa parlare perché ne ha incontrati parecchi nella sua vita. Boldrini è stata sul fronte di tutte le principali emergenze umanitarie degli ultimi anni. Il suo è uno sguardo interessante. Perché se oggi è al porto di Ancona e da un container appena scaricato vede uscire cinque ragazzini afghani, intirizziti dal freddo e spaventati, ieri era a Bamiyan, 230 chilometri da Kabul, in missione per l'Onu. E poi Tirana, il Kossovo. Ma i racconti più numerosi riguardano questo «lato» delle emergenze umanitarie. Visto che anche in Italia ce ne sono, e non da poco.
    Il libro, per la quasi totalità, copre un arco di tempo di un paio di anni: 2008-2009. Ventiquattro mesi che hanno cambiato profondamente le politiche italiane in materia di immigrazione e asilo.
    Ponticelli, Rosarno, la strage di Castel Volturno e poi - ovviamente - Lampedusa. Laura Boldrini ha sempre difeso, e lo fa con piglio anche in questo libro, il «modello Lampedusa» che si era creato con l'apertura sull'isola del nuovo centro di primo soccorso e che - come scrive - è «andato in fumo» con il centro stesso, distrutto da un incendio - prologo simbolico a tutto quello che sarebbe seguito di lì a poco con l'inizio dei respingimenti verso la Libia. Sull'efficacia di quel modello, che sostanzialmente aveva sdoganato l'esistenza di un centro chiuso nell'isola lampedusana, si può essere più o meno d'accordo. Ma di certo quel presidio (e Praesidum si chiamava non a caso il progetto lampedusano) rappresentava in ogni caso un tentativo di mantenere il rispetto delle leggi internazionali. Affondate in quel tratto di mare che, ora, è calmo. Boldrini la definisce una «calma apparente». Che non riesce a spegnere l'eco delle storie di uomini e donne incontrate sulle coste dell'Italia meridionale.
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  • Un paradiso contro i bavagli
    Una proposta in discussione nel parlamento islandese potrebbe trasformare l’isola artica nella terra promessa della libertà di stampa: un luogo dove editori e giornalisti vorrebbero trasferirsi per sfuggire alla censura: l’isola che non c’è ma potrebbe esserci è lontana (in particolare dall’Italia), piena di vulcani e, soprattutto, senza bavagli che limitino il desiderio di informare di giornalisti e blogger.
    8 giugno 2010
  • B&B, Byd e Buffet in Germania
    Byd, il costruttore cinese di auto che più corre, stabilirà il suo quartier generale europeo in Germania entro l’anno. “E il paese preferito”, ha detto a Bloomberg in una intervista telefonica Henry Li, direttore generale diBydI concorrenti dovrebbero preoccuparsi. Il costruttore di Shenzen venderà entro il 2010 un’auto completamente elettrica negli Stati Uniti, chiamata e6, arrivando per primo in quel mercato...
    7 giugno 2010
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    di luca celada - 04.06.2010 20:06
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