il manifesto
20 Luglio 2008
vai a
 
CULTURA & VISIONI

taglio medio
DIRITTI NEGATI
Ricette di antidoti alla deriva xenofoba della società civile
Dino Greco

Dobbiamo essere grati a Virginio Giovanni Bertini, sindacalista di lungo corso, dalle lotte alla Fiat Mirafiori di Torino alla Cgil nella sua Lucca, a Donatella Francesconi e Giulio Sensi per avere raccontato, da protagonisti, la storia di una piccola eppur grande lotta di giustizia e di libertà. Lo hanno fatto in un libro, Il corpo e l'anima, cronache di diritti negati e lotte originali (ETS, pp. 116, euro 10) che ricostruisce le vicende dell'autentica persecuzione istituzionale subita da Salah Chfouka, da sua moglie Latifa e dalle loro figlie Hind e Ymane. Una storia di diritti spudoratamente negati, ma anche della risposta corale e appassionata di una comunità prima sospettosa, ma via via sempre più coinvolta e partecipe, capace di pensare e di ingaggiarsi in una battaglia radicale, condivisa nel senso forte del termine. E, alla fine, vittoriosa, fatto che la rende ancor più carica di messaggi positivi, in un tempo così oscuro e minaccioso.
Difficile sintetizzare qui l'autentica odissea, l'inaudito groviglio di pretesti burocratici che hanno formato la tessitura proditoriamente persecutoria messa in atto dai pubblici poteri per cacciare dall'Italia un uomo, un migrante perfettamente inseritosi nella realtà lucchese, promotore di iniziative interculturali, di solidarietà, di affermazione convinta e tenace dei diritti dei migranti in un ambiente forse proprio per questo divenuto a lui ostile. Una persecuzione che si è scatenata senza riguardo alcuno neppure per la sua famiglia, per le sue splendide figlie, studentesse dall'eccezionale rendimento, liceale l'una, universitaria l'altra. L'espulsione - decretata prima e confermata poi con ineffabile arroganza dalla questura di Lucca, indifferente persino ad una sentenza contraria del tribunale dei minori di Firenze - si scontrerà con l'opposizione strenua di un grumo di società che si stringe intorno alla famiglia di Salah, coniugando forme di mobilitazione tradizionali con altre inedite, almeno per la cultura sindacale, come lo sciopero della fame. La violenza e persino la stupidità di un potere incurante di ogni ragione e refrattario ad ogni senso umanitario, l'abulica impotenza della politica finiranno per infrangersi contro una mobilitazione che contrappone un diverso paradigma etico-politico, che si sottrae al campo di gioco dell'avversario e, per una volta, gli dà scacco. Questa volta hanno vinto i protagonisti di una cittadinanza plurale, coloro che non elevano, ma abbattono steccati, che si ribellano alle strategie di sfinimento connaturate alla vigente legislazione xenofoba, causa e conseguenza insieme di quella rovinosa paranoia sociale che trova nel più debole il capro espiatorio di insicurezze e paure che hanno altrove la propria origine. A Lucca hanno vinto quanti hanno indicato e perseguito una strada diversa da quella imposta da chi finisce sempre per trovare qualcuno a cui appiccicare la stella di Davide.
Clandestino, scrive Bertini, «è una formula che nessun legislatore per pudore ha mai utilizzato». Forse perché ha prevalso la convinzione che si tratti non già di una condizione oggettiva, bensì di un prodotto ideologico, di un giudizio, di uno stigma, di una sentenza. Fino a oggi. Perché, con l'introduzione del reato di immigrazione clandestina un altro colpo rischia di essere inferto dal Parlamento italiano all'impianto antirazzista della Costituzione. In effetti, quello che leggerete nelle pagine vibranti di questo libro è una pratica attiva di difesa della Costituzione repubblicana, agita -direttamente- nel sociale, con la passione e la ragione. Valgono le efficaci parole usate da Lanfranco Binni a commento della vicenda: «la libertà è terapeutica e terapeutiche sono le pratiche di lotta per conquistare spazi di libertà». Niente di più vero.

 
Pubblicità