il manifesto - 17 Ottobre 2003
Diritto al voto con troppi veti
Gli imigrati alle urne solo con un reddito sufficiente e nessun problema con la giustizia
CINZIA GUBBINI
ROMA
Tutto il partito di An al completo, compresi Gustavo Selva e Publio Fiori, che però non apre bocca. Tocca al coordinatore nazionale Ignazio La Russa, nella sala del gruppo parlamentare di An intitolata a Tatarella, presentare la proposta di legge dello scandalo, quella che dovrebbe modificare l'articolo 48 della carta costituzionale e concedere il diritto di voto amministrativo agli immigrati. Manca il «padre» della proposta, e cioè il vicepremier Gianfranco Fini, che non compare neanche tra i firmatari della legge, visto che la sua firma avrebbe promosso il testo a proposta governativa. Sarebbe stato inopportuno. Comunque An ha tirato dritto, e ora si può finalmente entrare nel merito. Sostanzialmente tutte le indiscrezioni della vigilia vengono confermate: voterà, e potrà essere votato - con la limitazione per la carica di sindaco e di vicesindaco - l'immigrato che risiede in Italia «stabilmente e regolarmente» da sei anni. Dovrà certificare di avere un reddito sufficiente per sostentare sé e i propri familiari, non dovrà contare nel proprio curriculum neanche un rinvio a giudizio per i reati che prevedono l'arresto obbligatorio o facoltativo (per esempio furto, truffa, ma anche resistenza a pubblico ufficiale). E fin qui siamo alla famosa «carta di soggiorno». Ma c'è di più: il diritto al voto sarà riconosciuto a coloro che ne fanno richiesta e che «si impegnano contestualmente a rispettare i principi fondamentali della costituzione italiana». Una dizione molto più sfumata rispetto alle promesse dei giorni scorsi, quando si prometteva un elenco di una serie di «valori» da rispettare. Ma salta agli occhi il paradosso di fondo, e cioè che la proposta nazionalalleata di principi della Carta ne scavalca qualcuno. Dall'articolo 3, secondo cui spetta alla repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono ai cittadini e ai lavoratori l'effettiva partecipazione all'organizzazione politica, economica e sociale del paese (altro che certificazione del reddito), fino all'articolo 27 secondo cui «l'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva». E visto che in base al famoso articolo 3 «tutti sono uguali di fronte alla legge»...

A scavare nei meandri dell'articolo di An, così pieno di paletti, ce ne sarebbero di contraddizioni da rilevare. Certo l'articolo non è in contraddizione con il substrato culturale del partito, come spiega anche La Russa che dice: «Discriminazioni? Chiamatele come volete. E' una precisa scelta di Alleanza nazionale». Fra poco usciranno anche i manifesti per pubblicizzare l'iniziativa: «Via i clandestini. Diritti a chi lavora». A chi li accusa di aver aperto l'Italia «al partito di Allah», La Russa e il presidente del gruppo al senato, Nania, rispondono in modo eloquente. Il primo: «Le porte le hanno aperte quelli che hanno fatto una politica buonista». Il secondo: «E' sbagliato pensare che l'immigrato è fatto solo di neri: Ci sono tanti filippini, cinesi, rumeni...».

Ora bisognerà aspettare «i tempi della poltica», spiega La Russa, per approvare la proposta «speriamo con i voti del centrodestra, che ci sono, e con le migliorie che vorrà apportare la Lega. Se convergeranno i voti della sinstra, non è certo uno scandalo».

Molto scettiche le associazioni. L'Arci ha inviato una lettera a tutti i parlamentari, sottolineando - tra l'altro - che la storia del reddito sufficiente «per sé e per i propri familiari» rischia di fatto di favorire i «single» rispetto a chi opta per i ricongiungimenti familiari. «La cosa è molto buona in sé perché ha abbattutto un tabù ideologico su una questione tanto importante - nota Ali Baba Faye, coordinatore della camopagna dei Ds «Fratelli d'Italia» nata proprio intorno alla proposta del diritto al voto - il punto negativo sono i requisiti. Che significa? Che un povero non può votare, oppure che l'arresto sospende il diritto al voto?». «Quella di An è una proposta palesemente strumentale - commenta Aboubakar Soumahoro, coordinatore per il Comitato immigrati in Italia della Commissione cittadinanza - prima hanno fatto una campagna elettorale feroce sulla pelle degli immigrati, hanno varato una regolarizzazione costringendo la gente a comprarsi il permesso di soggiorno, e adesso se ne escono con una proposta del genere, che assicura il diritto al voto all'immigrato di serie A - continua - sia per la questione del reddito, che per la questione del rinvio a giudizio. Noi ci battiamo per una cittadinanza, italiana e europea, basata sulla residenza. Siamo completamente contrari a questo tipo di filosofia. Ma ora che si è aperto il dibattito, comincia il lavoro vero».