il manifesto - 17 Ottobre 2003
I Ds voteranno la legge di Fini
D'Alema: «Finalmente sembra esserci una maggioranza per far votare gli immigrati». Ma Bossi non si arrende e convoca un referendum tra tutti i militanti sull'alleanza tra Carroccio e centrodestra
ANDREA COLOMBO
ROMA
IDs voteranno la proopsta di legge sul voto agli immigrati presentata ieri da An. Una posizione ufficiale della Quercia o dell'Ulivo ancora non c'è, ma il giudizio espresso ieri da Massimo D'Alema, prima ancora che la proposta di An fosse ufficializzata, non lascia dubbi. «La posizione di Fini - afferma il presidente dei Ds - fa pensare che ci sia finalmente una maggioranza per riconoscere il diritto agli immigrati di votare nelle amministrative». D'Alema ci tiene a rivendicare la primogenitura della proposta, ricorda che il ddl della Quercia, prima firmataria Livia Turco, era già stato depositato da tempo, contrastato allora anche dal capo di An. La legge presentata dalla Turco il primo agosto 2001 prevede, oltre al diritto al voto attivo e passivo nelle ammnistrative, anche quello per indire referendum nonché l'accesso alla pubblica amministrazione. Esiste anche un secondo progetto presentato da una forza ulivista, quello avanzato per la Margherita da Maccanico e Mantini. Mira ad abbassare da 10 a 8 anni il lasso di tempo necessario per ottenere la cittadinanza italiana, e quindi il diritto pieno al voto, previo un esame di consocenza della lingua italiana e il giuramento di fedeltà alla Costituzione.

La novità, insomma, non è la presentazione di una legge, ma che Fini abbia «cambiato idea». D'Alema lo sottolinea a volontà. Detto questo, però, non lesina riconoscimenti al leader nazionalalleato. Gli attribuisce il merito di «aver riportato questo tema al centro della discussione», e butta là, a metà strada tra la battuta e il segnale politico, un'ipotesi vertiginosa: «Si potrebbe arrivare a un testo unico Turco-Fini. In questo non c'è nulla di scandaloso».

Il segnale politico è serio, la proposta concreta assai di meno. An, ovviamente, non poteva che respingerla con la massima fermezza. «Una legge Turco-Fini - ribatte il coordinatore La Russa - non potrà mai esserci perché la legge Turco-Napolitano e la Bossi-Fini sono opposte. La nostra si basa sul principio di un'accoglienza vera». Ma soprattutto An insiste perché la legge sia approvata con il sì di tutta la destra. «Non saremo noi a chiedere un vincolo di maggioranza - aggiunge infatti il coordinatore di An - ma auspichiamo che anche senza questo vincolo la proopsta passi col voto determinante della Cdl».

E' una speranza vana, e La Russa lo sa benissimo. L'«auspicio»fa parte della schermaglia tra il partito di Fini e quello di Bossi che prosegue anche dopo la resa imposta al senatur da Berlusconi. Una duello nel quale, alla richiesta di An, si contrappone quella, esattamente opposta, della Lega. «Bossi - afferma infatti il capogruppo Cé - è stato saggio e responsabile. Ora sono Fini e l'Udc a dover fare un passo indietro». In concreto, a dover rifiutare l'ipotesi di approvare la legge con una maggioranza diversa dal centrodestra. Appelli, entrambi, lanciati non per ricompattare la Cdl, ma per far cadere sui rispettivi avversari la responsabilità di aver spaccato nella maniera più palese e clamorosa la maggioranza.

La guerriglia leghista però non si ferma qui. Il numero due del Carroccio Calderoli ha presentato ieri una proposta di legge per istituire un «test di naturalizzazione» al quale dovrebbero sottoporsi gli immigrati che richiedono la cittadinanza italiana. Prevederebbe un esame per dimostrare la conoscenza della lingua italiana, ma anche del dialetto della regione di residenza. Il leader dell'Udc Follini ha immediatamente respinto l'assurda proposta, come ovviamente l'intera opposizione. La Russa la ha liquidata con uno sprezzante: «Simpatica proposta. Vederemo se passerà in parlamento». Definitivo.

Meno goliardica la controffensiva del ministro della giustizia Castelli. Il guardasigilli leghista conferma il no alla proposta di An, contropropone «la via maestra per il voto, che è la cittadinanza italiana dopo 10 anni permanenza». Ma soprattutto Castelli denuncia il vero limite della legge di Fini. «E' una legge costituzionale palesemente incostituzionale», afferma riferendosi alla «necessità di un reddito sufficiente al sostentamento» prevista nel ddl di An. «Sarebbe come tornare al 17 marzo '48, con la legge elettorale del regno di Sardegna che richiedeva un censo di 40 lire per poter votare». Difficile, per una volta, dargli torto.

La somma degli attacchi leghisti, in realtà, è significativa solo perché dimostra che il Carroccio, costretto per ora alla ritirata, non ha ancora accettato la sconfitta. Bossi ha dato il via a una consultazione generale della sua base, ha indetto ovunque le assemblee provinciali per il 25 e 26 ottobre, in vista di un'assemblea federale che si terrà il 9 novembre. Il primo e principale punto sul quale tutti i militanti dovranno esprimersi è l'«alleanza politica della Lega nella Cdl, in particolare sul vincolo di maggioranza per le riforme istituzionali. Riforme che secondo An e Udc potrebbero essere fatte contro la Lega, votando insieme alla sinistra». Se si aggiunge all'elenco l'appello rinnovato da Cé a Berlusconi perché «batta un colpo», è facile dedurre che Bossi si prepara alla controffensiva.

Gode delle simpatie conclamate e del dichiarato appoggio dei neonazisti di Forza Nuova, che ieri hanno organizzato un sit-in di protesta di fronte alla direzione di An a Roma. Ci sono stati parecchi fermi, incluso quello del leader Fiore, non prima però che Ignazio La Russa dovesse difendersi qualche spintone. Il coordinatore di An ha minimizzato e lo si può capire. Mai protesta è stata così utile e certamente apprezzata dai leader dell'ex Msi.