il manifesto - 16 Ottobre 2003
La prima vittoria di Fini
Berlusconi si piega allo strappo di An e da Bruxelles dà il via libera alla legge sul diritto di voto per gli immigrati. E Bossi, che aveva minacciato le dimissioni, si deve accontentare del riconoscimento della «priorità» della riforma federalista
GIOVANNA PAJETTA
Gianfranco Fini l'ha spuntata. Dopo una giornata tumultuosa, Silvio Berlusconi ha passato la mano e ha ammesso che la partita aperta da Gianfranco Fini è più che legittima. «Per la proposta sull'immigrazione non esiste vincolo di maggioranza - dice infatti in serata il premier da Bruxelles - Basti pensare che vi sono stati altri voti, come quello sull'indulto, su cui si è votato in maniera diversa». Un via libera in piena regola, insomma, visto che l'esempio citatom era stato da subito il cavallo di battaglia di An per giustificare il suo strappo. Per addolcire la pillola, Berlusconi si precipita a chiarire che che «la priorità del governo sono le riforme istituzionali e quella federalista, fiore all'occhiello della Lega». Aggiungendo che su queste certo non sarà tollerata nessuna defezione da parte degli altri inquilini della Casa delle libertà. Ma certo è un po' poco per chi, come Umberto Bossi, aveva aperto la giornata minacciando nientemeno che le dimissioni. Innervosito dallo show di Fini a Porta a porta, il leader del Carroccio aveva passato una notte decisamente agitata. Telefonate a destra e a manca, poi all'alba Bossi tira giù dal letto Roberto Calderoli e lo manda all'attacco. «Se oggi verrà presentato il disegno di legge di An, è evidente che Berlusconi deve fare una verifica di maggioranza - dettava pronto alle agenzie il vicepresidente del senato - E se la posizione del governo dovesse essere anche solo neutrale vedo possibili le dimissioni di Bossi». Anzi, a parere di Calderoli il senatur avrebbe dovuto muoversi subito, convocando «le assemblee provinciali del movimento e poi quella federale per decidere in tempi stretti il da farsi». Mobilitazione generale, dunque. Peccato che, passate due ore, Calderoli è costretto a toccare con mano quanto la «sua» uscita abbia innervosito non Fini, ma proprio Berlusconi. «Mi devi spiegare», gli sibila nell'orecchio il premier, alla cerimonia di saluto per i soldati italiani di ritorno dall'Afghanistan. Segue colloquio (che Calderoli si affretterà a definire «cordiale e sereno») di mezzora. E il primo risultato, mentre Alessandro Cè e Enrico Speroni dicono che le dimissioni del capo sono «plausibili», è un silenzio di tomba di Umberto Bossi.

Alleanza nazionale del resto aveva risposto a muso duro alla provocazione leghista. «Per noi non cambia nulla» dichiarava il capogruppo Anedda, «non siamo disponibili a subire ricatti» rincarava Alemanno. Poi Fini annunciava felice la presentazione per oggi della legge dello scandalo. Un messaggio diretto, prima ancora che alla Lega, a Silvio Berlusconi. E arrivato prontamente a segno, come dice il mesto comunicato che, alle tre e mezzo del pomeriggio, Umberto Bossi fa diffondere a Montecitorio. «In relazione alle ultime dichiarazioni di questa mattina (ieri per chi legge, ndr), direi che è opportuno lasciar perdere. Basta con le polemiche e ognuno pensi al suo lavoro».

Il rospo non è facile da digerire, soprattutto per chi era stato costretto a esporsi. Così Calderoli ritenta, chiede a Berlusconi «di convocare un vertice per verificare se siamo di fronte a un governo tecnico e assembleare o politico». Ma non c'è niente da fare. Quando finalmente Silvio Berlusconi interviene, come era stato richiesto a gran voce proprio dai dirigenti leghisti, se non è una doccia fredda poco ci manca. «Il chiarimento c'è stato e non c'è nessun bisogno di verifica» risponde infatti il premier da Bruxelles.

Non è stata una mossa facile, nemmeno per il cavaliere. Nè tantomeno una scelta di rottura con il suo alleato più fedele, il fastidio del cavaliere per le manovre di Alleanza nazionale e dei centristi è più che noto. Ma, come probabilmente ha spiegato allo stesso Bossi, era l'unica mossa possibile per salvare ciò che resta della coalizione. O magari solo per allungargli un poco una vita che si annuncia sempre più terremotata. Con le sue parole di ieri infatti Silvio Berlusconi non si è limitato a dare il via libera alla legge sull'immigrazione. D'ora in avanti ciascuno degli inquilini della Casa delle libertà avrà infatti il diritto di trasformare il parlamento in un campo di battaglia. Come già annuncia del resto proprio il pacifico e moderato Rocco Buttiglione. «Fare opposizione dura alla proposta di legge sul voto per i cittadini extracomunitari è un diritto della Lega - dice infatti il presidente dell'Udc - Vorrà dire che anche noi faremo opposizione dura su provvedimenti a cui il Carroccio tiene particolarmente». Magari a cominciare dalla legge finanziaria.