il manifesto - 11 Ottobre 2003
Duello a palazzo Chigi
Berlusconi: «Sul voto agli immigrati si può ragionare, ma se cambia maggioranza si va alle elezioni». Fini non arretra e rilancia: «Andiamo avanti comunque, la proposta di legge sarà presentata venerdì»
MICAELA BONGI
ROMA
«Ma pensate sia possibile una cosa del genere, che gli italiani accetterebbero? Un cambio di maggioranza significa una sola cosa: cade il governo e si torna alle urne». Dalla sala stampa di palazzo Chigi, Silvio Berlusconi tenta di mettere in riga e allo stesso tempo di tranquillizzare l'alleato che ha deciso di fare la voce grossa come mai prima e che non dà segni di voler smettere: il suo vice Gianfranco Fini. La presenza della Lega nella coalizione non si discute; isolare il Carroccio sul voto agli immigrati è un'operazione ad alto rischio. Lo spettro delle elezioni anticipate, però, è accompagnato dalla blandizie sulla proposta del leader di An: un tema in prospettiva «ineludibile», concede ora il Cavaliere. Dunque «se ne può ragionare; nel momento in cui l'Italia si avvale di lavoratori stranieri che vengono qui e rispettano tutti i doveri dei cittadini italiani, a questi lavoratori bisognerà dare anche tutta la parte dei diritti... L'ottimismo è d'obbligo ma è un provvedimento costituzionale, i tempi non riguardano il domani o il dopodomani, ma saranno molto lunghi». Un aggiustamento del tiro rispetto a quel «non ci ho mai messo la testa» pronunciato dal premier a Yalta, ma facendo attenzione a non urtare troppo la «sensibilità» di Umberto Bossi: gli immigrati, appunto, non voteranno né domani né dopodomani... Il Cavaliere cerca insomma di destreggiarsi, apparendo in seria difficoltà. L'ottimismo è d'obbligo, per il presidente del consiglio che applica «il manuale Cencelli al contrario, quando ci sono tre posti da dare si danno agli altri tre partiti e non a Forza Italia», e che assicura «pari dignità a tutti, proprio tutti». Quindi, poiché «il governo ha come primo dovere quello di diffondere la fiducia, ho il dovere di ritenere che anche su questo problema si troverà un accordo tra tutte le parti della coalizione».

Per un momento forse Berlusconi aveva creduto di poter salvare capra e cavoli surfando tra bacchettate e concessioni, e confidando nella solita malleabilità del vicepremier. Ma Fini non raccoglie. Si irrita, anzi, per le parole del premier che lo dipingono (insieme ai centristi) come chi cerca solo poltrone e visibilità. E cadono nel vuoto anche i tentativi di mediazione di Gianni Letta. Perché il bersaglio dell'offensiva del capo di An risulta essere proprio Berlusconi.

Passa infatti qualche ora e arriva una nota del portavoce di An Mario Landolfi, concordata nelle virgole con il presidente. Il succo: grazie a Berlusconi per l'«apprezzamento» dimostrato, ma si va avanti con la proposta di far votare gli immigrati alle amministrative (con precisi paletti, sia chiaro), con o senza accordo nella maggioranza. E' poi lo stesso Fini, senza avvertire neanche Ignazio la Russa (che nel frattempo, per non perdere terreno rispetto ai padani, delira su un'ipotetica differenziazione tra gruppi, «per esempio tra quelli della Romania e gli immigrati islamici»), a rilanciare: «Se ne discutiamo e si trova la convergenza di tutta la maggioranza sono felice, in caso contrario vediamo in parlamento se c'è la possibilità di far approvare la legge». La proposta, annuncia poi perentorio Fini, sarà presentata da An venerdì. Per trovare l'accordo c'è dunque una settimana: «I temi parlamentari sono noti, ma i tempi politici non sono lunghi», detta la tabella di marcia Fini. Il leader dell'Udc, Marco Follini, non ha bisogno di aspettare per sposare la proposta, che «è anche la nostra».

In attesa di capire dove vuol arrivare il vicepremier, Umberto Bossi continua a tacere. Parlano però quattro fitte pagine della Padania . Un titolo per tutti: «Fini corri a nasconderti». Si fa avanti, poi, il capo di gabinetto del senatur, Francesco Speroni, chiamando in causa il premier: «Berlusconi è l'unico che può fermare Fini. Se il gioco è questo possiamo farlo anche noi...». Il nervosismo è alle stelle, e tocca al numero due del Carroccio, Calderoli, minacciare un cataclisma: «Il varo di una legge del genere non solo segnerebbe la fine di questa maggioranza, portando a elezioni anticipate, ma determinerebbe anche un grave vulnus nella democrazia rappresentativa del paese. Il voto è sacro e se qualcuno pensa di portare questa proposta in parlamento sappia che utilizzeremo qualsiasi strumento per fermarla».

Di fronte al muro contro muro, Berlusconi manda avanti i suoi. Il coordinatore forzista Sandro Bondi denuncia il« riemergere di particolarismi rispetto allo spirito unitario»; invita a «riflettere attentamente» al di là dell'ipotesi di lista unica per le europee; sostiene che «il tema proposto da Fini è tutto sommato una questione minore rispetto ai problemi del paese». Ma, aggiunge, «non c'è ragione per cui non se ne possa discutere», preferibilmente «in ambito europeo». Dopodiché «potremo raggiungere un accordo tra tutte le forze politiche della maggioranza, compresa la Lega». Un ottimismo che fa a pugni con gli ultimi sviluppi e dietro il quale non può che nascondersi la preoccupazione del premier per l'esito dello scontro. I prossimi appuntamenti parlamentari sono cruciali: la finanziaria e il ddl Gasparri, rispetto al quale i franchi tiratori di An già si sono esercitati, prendendo di mira anche il capofila dei berluscones, il ministro delle comunicazioni. E non c'è da stupirsi che la minaccia di elezioni anticipate non abbia fatto presa su Fini. Perché a temere un voto in queste condizioni è prima di tutto il Cavaliere. Se perdesse palazzo Chigi, Berlusconi perderebbe anche la protezione dai processi che gli garantisce il lodo Schifani.