il manifesto - 01 Luglio 2003
«I rom, problema d'Europa»
Allarme della Banca mondiale sulle loro condizioni di povertà ed emarginazione
GIOVANNA BOURSIER
«La minoranza rom è da secoli vittima di discriminazioni». Per una volta a dirlo non siamo noi ma il presidente della Banca mondiale in persona, James Wolfensohn, che ha anche aggiunto: «La povertà di queste popolazioni è uno dei problemi centrali che i paesi candidati a entrare nell'Unione europea devono ancora affrontare prima del loro ingresso». Tutto questo l'altroieri a Budapest, in una conferenza organizzata dalla Banca mondiale e dall'Open Society Institute del finanziere americano George Soros, il quale ha poi invitato governi, ong e organizzazioni rom dei vari paesi a dotarsi di strumenti per avviare progetti di inclusione delle minoranze rom entro il 2005. Perché, ha specificato, bisogna prepararsi al futuro e lavorare sul lungo periodo. Forse anche per questo negli ultimi anni la Banca mondiale (in particolare proprio a partire dalla presidenza Wolfensohn nel 1995) ha avviato studi e ricerche che mostrano indiscutibilmente come gli oltre sei milioni di rom dell'Europa centrale vivano una vita indegna, con livelli di povertà durissimi, tassi di disoccupazione enormi e crescenti e problemi sanitari devastanti. Le ricerche dicono che in Romania, dov'è la minoranza rom più consistente di quell'area - circa due milioni e mezzo di persone - l'aspettativa di vita di un rom è di 15/20 anni inferiore a quella della popolazione maggioritaria, che la metà dei rom è analfabeta e che un quarto di loro è senza lavoro e senza prospettive. In Ungheria il quaranta per cento degli abitanti rom - che sono circa mezzo milione - vive sotto la soglia minima di povertà con meno di quattro dollari al giorno.

In Europa esiste quindi un'area compatta densamente popolata di rom, dove, come ha infine chiarito Anna Diamantopoulou - commissario per gli affari sociali dell'Unione europea - i problemi delle minoranze rom sono evidenti e, «con l'ingresso di questi paesi nell'Unione, li vedremo moltiplicati su larga scala». Anche perché, come aggiungono ancora i risultati statistici dell'istituto, ci sono aree, per esempio in Slovacchia, dove quella che è oggi una minoranza disoccupata e emarginata di poco meno di mezzo milione di persone, potrebbe diventare, nel giro di una sessantina d'anni, maggioranza della popolazione.

Se per chi si occupa della realtà e delle condizioni di vita dei rom europei niente di tutto questo rappresenta una novità, è vero anche il fatto che adesso appelli e raccomandazioni a favore di un popolo da sempre perseguitato arrivano dall'alta finanza americana. Il che, se da una parte può stupire, deve insieme far riflettere. In realtà per le organizzazioni e associazioni di rom nei paesi dell'est non è una novità che George Soros da qualche tempo si interessi di loro. La novità è, per noi, che lo dica, e perdipiù in una sede tanto istituzionale. Oltre all'evidenza dell'interesse americano nell'ex impero sovietico può essere importante ragionare sul fatto che oggi, per chi vuole governare e dominare il mondo, le politiche di controllo - e quindi di assimilazione - possono apparire più efficaci di quelle discriminatorie.

Il che - senza illusioni - potrebbe almeno far ragionare un paese come il nostro. Dove, invece, rom e sinti ormai stanziali da decenni continuano a vivere segregati nei campi nomadi, accatastati nei ghetti della civiltà contemporanea, dove vengono catapultati anche quelli che arrivano disperati da guerre e persecuzioni. Quelli di cui parlano Wolfensohn e Soros. Ormai sono migliaia e migliaia, senza diritti e ignorati dalle politiche nazionali. Sembrano interessare solo chi continua a volerli invisibili e altrove e può continuare a scatenare, impunito, beceri istinti di razzismo e violenza. Come è accaduto, solo tre giorni fa, a Saviano.