il manifesto - 28 Giugno 2003
IMMIGRATI
Aiuti subordinati
Le buone intenzioni di Pisanu e le prevalenti esigenze di sicurezza
Passi indietro L'Ue si è data una Costituzione che mette la cooperazione in secondo piano rispetto alle esigenze della difesa. (Nella foto Giuseppe Pisanu)

RAFFAELE K. SALINARI*
Le dichiarazioni el ministro degli Interni Giuseppe Pisanu sulla necessità di incrementare i fondi per la cooperazione allo sviluppo al fine di tenere gli immigrati a casa loro, illustra bene la nuova concezione «securitaria» dell'aiuto pubblico allo sviluppo, oramai usato dall'Occidente come contenimento delle masse umane che premono da Sud, e non certo per facilitare il processo di redistribuzioni delle risorse. Quelle del ministro degli Interni sono inoltre dichiarazioni che cozzano con la realtà dei fatti recenti e, in particolare. con l'evidenza che vede l'obsolescenza dell'aiuto pubblico allo sviluppo, inteso come strumento di politica estera del mondo «sviluppato». La guerra in Iraq segna infatti la fine della fase multipolare iniziata alla fine della seconda guerra mondiale e proseguita, con la guerra fredda, sino alla fine del secolo scorso. Tra le vittime eccellenti di questa fase recente, caratterizzata dalla dottrina della guerra permanente totale contro il terrorismo, troviamo certamente le Nazioni unite, almeno come formale luogo di confronto planetario e condiviso sulle politiche di sicurezza e di sviluppo, ed un'Unione europea subalterna in politica estera quanto decisamente divisa al suo interno. La recente Carta costituzionale vede infatti la cooperazione allo sviluppo subordinata a quella di sicurezza e difesa , stabilendo in questo modo una chiara scala di priorità. Da questo stato di cose discende una profonda trasformazione del diritto internazionale che gli attuali «signori del mondo» vorrebbero oramai ridotto a diritto del più forte, e quindi, di conseguenza, anche l'azzeramento di quello strumento di affrancamento dei popoli più emarginati che andava sotto il nome di aiuto pubblico allo sviluppo, la variante pubblica appunto della cooperazione internazionale allo sviluppo. In realtà il declino di questa forma di politica estera, nata dopo l'ultima guerra mondiale, era da tempo in essere, documentato dal continuo calo delle percentuali che i paesi ricchi dedicavano ad essa. La guerra irachena ha accelerato ma anche ufficializzato la marginalizzazione delle politiche e quindi dei fondi per l'aiuto pubblico allo sviluppo (bisogna dirottarli per pagare i costi della guerra) perché l'Impero non ne vede assolutamente l'utilità e quindi tantomeno la vedono i suoi vassalli. Nel 2004 la spesa militare degli Stati uniti sarà pari a quella di tutti gli altri paesi del mondo messi insieme. Questo dato basta ed avanza a giustificare lo stato delle cose, tanto più che a livello internazionale sono cadute tutte le ipocrisie che ancora tenevano gli impegni in materia di cooperazione sospesi e possibili, con l'aggravante che le modalità di esecuzione di questa morte annunciata si sono dimostrate molto più violente e devastanti di quanto si potesse sperare e, ancora più grave, in tempi troppo brevi per trovare strumenti sostitutivi. Il colpo di grazia è sicuramente stato l'annullamento, da parte degli Stati uniti, di qualunque impegno multilaterale preso nelle conferenze del secolo scorso, in merito a materie od aspetti direttamente od indirettamente in relazione con la cooperazione internazionale. L'Aps quindi non esiste più da un bel pezzo anche se le associazioni che sono nate insieme ad esso, almeno per la maggior parte, non si rassegnano all'evidenza. A questo punto la strada obbligata, per chi ancora crede nella possibilità di recuperare la cooperazione come strumento di redistribuzione delle opportunità su scala planetaria è quella di ristabilire, tra soggetti realmente omogenei sulle discriminanti politiche , il campo delle alleanze chiamando nuovi attori al confronto ed alla collaborazione sul terreno di una progettualità politica e fattuale che esprima una reale autonomia dai fondi pubblici, che pure dovranno essere rivendicati, ma solo come reale complemento all' autonoma iniziativa delle associazioni di solidarietà internazionale. * Presidente Terre des Hommes