il manifesto - 21 Giugno 2003
SICILIA
Lampedusa, tragedia evitata
Erano alla deriva da due giorni: salvati cento immigrati
CINZIA GUBBINI
LAMPEDUSA
Erano alla deriva da due giorni, tra di loro tre donne incinte di cui una quasi al nono mese. Ieri mattina sono stati recuperati da due motovedette della guardia costiera. Nella nottata di venerdì erano stati avvistati da un elicottero della marina militare. Sono cento persone, venti in tutto le donne, hanno rischiato di affogare, anche loro come altre centinaia di migranti che a bordo di battelli arrangiati percorrono miglia di mare per raggiungere la Sicilia, avamposto dell'Europa. Due navi della marina militare, Driade e Danade, accorse sul posto, sono riuscite a creare una zona di ridosso e, nonostante il mare grosso, è stato possibile far salire tutte le persone a bordo delle motovedette, bagnate e spaventate, e di trasferirle a Lampedusa, dove sono giunte intorno alle sette di ieri sera. La maggior parte di loro ha continuato il viaggio verso le coste siciliane, mentre due donne in stato interessante si sono fermate a Lampedusa: non erano in condizione di continuare la navigazione. Per gli altri, invece, non c'era posto nel centro di permanenza lampedusano, in continuo stato di emergenza. E' partita anche la donna in stato avanzato di gravidanza, per assicurarle un parto il più possibile tranquillo. L'ennesimo miracolo, quindi, mentre da Roma arrivano le strali della Lega che invoca la mano ferma. Rumori politici che vengono spazzati via dal vento forte che soffia nel molo di Lampedusa, dove si lavora a pieno ritmo e ogni salvataggio è rischioso: l'imprevisto è sempre dietro l'angolo. Gli uomini della guardia di finanza e della guardia costiera, che vivono nel porto e dormono sulle navi, aspettano segnalazioni e ogni giorno pattugliano il mare. E' proprio sul piccolo molo che iniziano brevi interrogatori, quando lo stato dei migranti lo permette, per cercare di carpire informazioni sulle rotte e sulle modalità di viaggio. Difficile, ormai, individuare i famosi «scafisti», che dopo essere diventati pasto dei media, sono come scomparsi. Ormai chi guida le imbarcazioni è quasi sempre uno dei migranti, qualcuno che abbia un minimo di rudimento sulla navigazione: viene «arruolato» sull'istante, e magari paga qualche dollaro in meno per il viaggio. Le organizzazioni criminali non si assumono neanche più il rischio di comandare l'imbarcazione. Sempre più spesso, durante gli interrogatori, l'intero gruppo dei passeggeri dice di essersi alternato alla guida. Questo a volte può essere vero, o più spesso è una bugia per coprire uno dei compagni di viaggio. E se lo scafista c'e', anche lui si fa coprire in questo modo. Certo, i migranti non possono ribellarsi: se verranno espulsi dall'Italia, dovranno rimettersi in contatto con la rete criminale per provare a ripetere il viaggio.

Passano gli anni, e a ogni tentativo di arginare il fenomeno degli sbarchi, cambia il modo di condurre il business dell'immigrazione clandestina. Ovviamente sempre sulla pelle dei migranti. Quello che non cambia è il prezzo del viaggio: dai 1.500 ai 2.000 dollari. Il viaggio clandestino in mare è una storia difficile, che mette in moto livelli di potere complessi e mette in gioco l'interesse degli stati sul sottosulo marino, che non è soltanto la tomba di molte persone, ma è anche una fonte di ricchezza che fa gola. Respingimenti? Per nulla facile, almeno in base al diritto internazionale sancito dalla Montego Bay. Le autorità italiane non hanno alcun diritto di respingere una nave che viaggia in acque internazionali, per questo motivo i battelli carichi di migranti in genere vengono «ombreggiati», cioè vengono seguiti a vista dalla guardia di finanza fino al limitar delle acque nazionali (12 miglia dalla costa). E quando la carretta del mare è arrivata fin lì, cosa si fa? Gli si chiede di tornare indietro? Impensabile: i viaggi verso le coste siciliane, partiti dall'Africa, sono cosa ben diversa dai viaggi verso la Puglia di qualche anno fa, quelli a bordo di gommoni potenti salpati dall'Albania. Nessuno ripercorrerebbe a ritroso 150 miglia di mare, questi mezzi non ne hanno neanche la capacità tecnica. La gente potrebbe decidere di buttarsi a mare, aumentando le tragedie e non risolvendo la situazione. Lo capirà, questo, la direzione centrale che, dal ministero degli interni, dovrà coordinare le operazioni di contrasto in base al nuovo decreto voluto dal governo? Forse è questa la parte del decreto più preoccupante, nonostante appaia la meno rilevante. In situazioni di rischio - e quando c'e' gente in mare a bordo di mezzi fatiscenti il rischio c'e' sempre - chi comanda ha un ruolo essenziale e delicato. Ogni mossa, ogni parola, ogni sguardo può causare una tragedia. E cosa è meglio fare, può, saperlo solo chi conosce molto bene il mare, chi ha fatto questo mestiere, chi si è trovato a contatto con situazioni di questo tipo. Potrebbe essere questa la storia dei prossimi mesi.