il manifesto - 20 Giugno 2003
Un muro alzato sul mare
Arriva il decreto del governo: alla marina controlli e abbordaggi fuori dalle acque territoriali, alla finanza il ruolo di interdizione, poi le capitanerie di porto potranno soccorrere le carrette del mare
MICAELA BONGI
ROMA
In calce al decreto «anti-sbarchi», nonostante voci di possibili rinvii, alla fine arriva anche la firma del ministro dell'economia Giulio Tremonti. Via libera al provvedimento che indica le modalità per la caccia al clandestino via mare. Mancano solo i cannoni di Bossi. Se vengono definiti i compiti della direzione centrale della polizia per l'immigrazione, il «super-coordinamento» che dovrebbe essere affidato al prefetto Alessandro Pansa non è stata però ancora istituito perché, spiega il ministro degli interni Beppe Pisanu, manca il parere dei sindacati. Il leghista Roberto Calderoli apprezza lo sforzo, «per fortuna abbiamo salito il primo gradino», con tanto di introduzione nel decreto, «del concetto di possibilità di intervenire in acque internazionali» perché la Marina potrà procedere all'inchiesta di bandiera. Ma non per questo il Carroccio si accontenta: ora c'è ancora tutta una «lunga scala», mette in guardia Calderoli, visto che il consiglio dei ministri di ieri non ha esaminato il complesso di norme attuative della Bossi-Fini: i quattro regolamenti e i 3 decreti (compreso quello sulla «cabina di regia») sono solo stati consegnati al consiglio, precisa Pisanu, e sono ancora in fase di elaborazione. Sarà per questo che il capo delle camicie verdi lascia palazzo Chigi senza dire una parola. La notizia del decreto viene data al termine del consiglio dei ministri, nonostante non fosse necessaria la ratifica in quella sede. Il ministro dei rapporti con il parlamento, Carlo Giovanardi, descrive un Bossi sorridente. Il vicepremier Gianfranco Fini, prende invece la distanza possibile dal ministro delle riforme, vista l'aria di verifica: «Non sono l'interprete più fedele del suo pensiero, la domanda rivolgetela all'interessato», risponde ai giornalisti. Lui, Bossi, se in un primo momento fa sapere attraverso il suo ufficio stampa che non intende fare commenti, a sera si concede: «Diciamo che oggi è partito il primo passettino, si è avviata la macchina per l'attuazione della Bossi Fini. Un passettino in avanti che consentirà di controllare le navi senza bandiera - si congratula il senatur - bisogna poi vedere come saranno i regolamenti che passeranno la prossima settimana», è l'implicito ultimatum. E Bossi non rinuncia a sparare: «Non è possibile aspettare un anno per vedere un decreto, siamo in una situazione di emergenza, secondo alcuni studi ci sarebbero 128 milioni di persone che dalle aree subsahariane vorrebbero riversarsi in Europa, sarebbe la fine del nostro mondo. In ogni caso la mia legge è molto semplice, entra chi ha un posto di lavoro». E nel frattempo, con le frontiere praticamente chiuse, l'emergenza aumenta e l'altra notte si è sfiorata una nuova strage. Se Bossi resta in attesa dei prossimi passi, tre senatori leghisti, il capogruppo Francesco Moro, Piergiorgio Stiffoni e Antonio Vanzo lanciano l'ultimatum Libia e tutti i paesi dell'Africa del Mediterraneo: venga tagliato «qualsiasi tipo di aiuto commerciale e umanitario» a quei paesi che non collaborano con l'Italia nel contenimento dei flussi migratori.

Il decreto approvato ieri, quelle dieci paginette che c'è voluto un anno per approvare e la quasi richiesta di dimissioni di Pisanu (è ancora Calderoli a voler fare queste puntualizzazioni) è composto da dieci articoli. Il primo stabilisce che «il raccordo degli interventi operativi in mare e i compiti di acquisizione e analisi delle informazioni connesse alle attività di vigilanza, prevenzione e contrasto dell'immigrazione clandestina via mare sono svolti dalla direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere del dipartimento di pubblica sicurezza». Nel testo sono indicati gli ambiti di intervento della Marina, che non potrà usare la forza (pattugliamento delle acque internazionali, monitoraggio e inseguimento) della Guardia di finanza (compiti investigativi nelle acque territoriali, con ruolo di coordinamento in presenza di altre forze di polizia) e della Capitaneria di porto (ricerca e salvataggio in acque italiane). Su direttive della direzione centrale, è scritto ancora nel decreto, «le unità navali procedono, ove ne ricorrano i presupposti, all'effettuazione dell'inchiesta di bandiera, alla visita a bordo, qualora sussista un'adeguata cornice di sicurezza, e al fermo delle navi sospette di essere utilizzate nel trasporto di migranti clandestini, anche al fine di un loro possibile rinvio nei porti di provenienza». E si esplicita anche che è possibile, «ove si renda necessario, l'uso della forza. L'intensità, la durata e l'estensione delle risposta devono essere proporzionate all'intensità dell'offesa, all'attualità e all'effettività della minaccia».

Per il verde Alfonso Pecoraro Scanio, il decreto anti-clandestini «è l'ennesima concessione all'isterismo propagandistico leghista. Il vero fallimento è stata la Bossi-Fini, che ha visto aumentare gli sbarchi e ha creato discriminazioni indegne». I Ds bocciano in coro il decreto, perché lo ritengono inutile. Insomma, sarebbe solo propaganda. Il coordinatore della segreteria, Vannino Chiti, liquida in decreto sostenendo che «la montagna ha partorito il topolino. L'approvazione dei regolamenti attuativi è rinviata alle calende greche, la maggioranza è spaccata e Tremonti non riesce a trovare i soldi. Per ora abbiamo il coordinamento, ma non i coordinatori, non ci sono gli accordi bilaterali, i centri di accoglienza stanno scoppiando, quello che accade in Puglia e Sicilia è vergognoso e indegno di un paese civile». E' poi un altro diessino, Guido Calvisi, a definire il decreto «solo uno strumento di propaganda: eravamo convinti che il governo avesse di fronte a sé due scelte, scrivere un decreto che smentisse le richieste di Bossi o un decreto che violasse le norme internazionali. Ci sembra sia stata scelta la prima ipotesi e che si smentisce anche l'articolo 11 della Bossi-Fini che dotava la Marina di impropri poteri di polizia. Aspettiamo la nomina dei coordinatori e l'istituzione della cabina di regia», icalza.

Il senatore della Quercia Massimo Brutti lancia invece uappelli all'Udc: le «componenti moderate e più ragionevoli della maggioranza dovrebbero avere il coraggio di smentire pubblicamente le proposte della Lega e voltare pagina rispetto alle linee che hanno ispirato la Bossi-Fini e due anni di politiche fallimentari», confrontandosi con l'Ulivo.