il manifesto - 18 Giugno 2003
Una strage nel Canale di Sicilia
Ennesimo naufragio al largo di Lampedusa. Sette i corpi recuperati, ma all'appello mancano ancora sessanta persone, probabilmente maghrebine. Tre i sopravvissuti. La barca sulla quale viaggiavano sarebbe affondata lunedì. Il centro di accoglienza dell'isola intanto scoppia, ma gli arrivi non si fermano. Ieri sono sbarcati altri duecento immigrati
ALFREDO PECORARO
PALERMO
Ancora un viaggio della speranza finito in tragedia. Ancora una volta sono le acque del Canale di Sicilia a inghiottire uomini, donne e bambini in fuga da paesi in guerra e affamati. Si cercano sessanta persone, immigrati che erano a bordo di una imbarcazione di 15 metri, naufragata, secondo i tre testimoni recuperati in mare, nella notte di lunedì scorso a 32 miglia sud-sud-ovest da Lampedusa. Tre i corpi finora recuperati dalla motovedette tunisine e dalle due motovedette della Capitaneria di Porto di Palermo, che operano in collaborazione con la polizia di Lampedusa, la Guardia di Finanza, per pattugliare la zona del naufragio con l'aiuto, dall'alto, di un Atr 47 Manta 1001 della Guardia Costiera e con il supporto della nave della marina Militare italiana Perseo. Il naufragio sarebbe avvenuto in una zona di mare soggetta, per le ricerche e il soccorso, alla competenza di Malta, ma in acque più prossime all'isola di Lampedusa, dove vi è il dispositivo operativo italiano.

Le prime notizie della tragedia sono state raccolte, quasi casualmente, quando una motovedetta della Guardia Costiera di Palermo, con a bordo 26 clandestini di un'altra carretta, imbarcati durante le operazioni di pattugliamento del Canale di Sicilia, ha affiancato il peschereccio tunisino «Almahdia» con a bordo tre magrebini che avevano detto al comandante di essere rimasti vittime di un naufragio.

I tre tunisini hanno raccontato che il naufragio sarebbe avvenuto due giorni prima che il peschereccio li caricasse a bordo, recuperandoli in quel tratto di mare. Ma da Kelibia, riferiscono le autorità marittime italiane, hanno fatto sapere che il barcone di legno sarebbe partito sabato scorso dalla Tunisia e il naufragio sarebbe avvenuto, per cause ancora da accertare, poco prima del ritrovamento dei tre naufraghi, apparsi in buone condizioni. Secondo questa versione, dunque, i tre immigrati avrebbero trascorso in acqua, aggrappati a un copertone, poco meno di un'ora. L'Arci nazionale e quella siciliana sospettano, però, che l'imbarcazione potrebbe essere la stessa respinta il 10 giugno scorso dalle autorità italiane al largo di Lampedusa. L'associazione chiederà al Parlamento di aprire un'inchiesta per accertare la verità.

Per le isole siciliane ieri è stata una giornata difficile. Sono sbarcati, dalla notte scorsa dopo una giornata di tregua, circa 360 immigrati a Lampedusa, 9 a Pantelleria. Guardia costiera e guardia di Finanza non fanno in tempo a scrivere sui loro brogliacci le cifre degli sbarchi che devono subito aggiornarle. Nella mattinata di ieri la Finanza ha intercettato un barcone con 146 immigrati. Nel pomeriggio un altro barcone è giunto con 153 persone, tra cui una donna e due bambini. Sono di diversa nazionalità ma tutti sembrano essere africani. Vi sarebbero anche pakistani e iracheni. Mentre militari, marittimi, carabinieri e finanzieri, cercano di dare assistenza, gli Atr della guardia costiera segnalano altre imbarcazioni cariche di immigrati clandestini con rotta su Lampedusa. E il centro di prima accoglienza dell'isola trabocca di uomini e donne con lo sguardo triste, stanchi, che hanno affrontato spese, paura, fatica per finire stipati in stanze che possono accogliere fino a 190 persone e dove invece se ne trovano poco meno di cinquecento. E intorno a loro mura e reticolato.

Con cadenza fissa (l'ultimo recupero è di un paio di settimane fa) le reti dei pescatori che rastrellano il canale portano a galla corpi ormai decomposti, porzioni di cadaveri, poveri resti di uomini e donne che rischiano la vita su carrette del mare per fuggire dalla miseria e dall'assenza di speranza. Il naufragio più grave e anche il più misterioso è avvenuto il 25 dicembre '96 quando centinaia di clandestini (forse trecento) muoiono nella porzione di mare tra Malta e la Sicilia nello scontro tra il cargo libanese «Friendship» e la motonave «Yohan». Nesun corpo è stato recuperato. Nel marzo dell'anno scorso è naufragata nel canale di Sicilia un'imbarcazione con 65 clandestini a bordo fra cui dieci donne. Dodici immigrati sono stati salvati dal motopesca di Mazara «Elide» ma le cifre, in questi casi sono sempre approssimative. Nel settembre 2002 un altro naufragio avviene di fronte le coste di Porto Empedocle. Sono stati recuperati 12 cadaveri (tra cui una ragazza di 15 anni, mentre 92 persone sono state salvate. Reazioni e polemiche ha suscitato la notizia di un cadavere senza testa galleggiante tra Malta e Lampedusa che nessuno voleva recuperare, lo scorso aprile. Il corpo era sballotato dalle onde, avvistato da numerosi pescherecci e mai recuperato. Alcuni pescatori tunisini avevano poi legato il cadavere ad un galleggiante affinché una motovedetta lo recuperasse. Nell'aprile '97 un tunisino denunciò che nel Natale precedente un peschereccio era partito dal porto di Mahdia (Tunisia) con 41 clandestini a bordo ed era affondato nel canale di Sicilia. E ancora nell'agosto del '97 tre clandestini erano morti nel naufragio di un barcone della speranza che trasportava una trentina di immigrati, a Pantelleria.