il manifesto - 22 Febbraio 2003
Prostitute-schiave da salvare. Sulla via di Erytros
Un'associazione di volontari si pone l'obiettivo di liberare le donne costrette a prostituirsi e trovar loro un lavoro «normale»
EMANUELE BISSATTINI
Esistono in Italia realtà di cui non si parla, come la tratta delle schiave. Esistono donne che o si prostituiscono o muoiono, di stenti o di botte. Il progetto «Città invisibile» dell'associazione Erytros dal 1995 ha dato a 240 circa di loro, una media di una trentina l'anno, una terza possibilità, l'inserimento nel mondo del lavoro. Dice Daniel Zagghay, consulente eritreo del lavoro di 36 anni, responsabile del settore assistenza dell'Erytros e del progetto Città invisibile: «Noi non facciamo prevenzione, non distribuiamo preservativi o creme. Il nostro è un progetto di fuoriuscita». Che si articola in fasi. La prima è l'approccio. Individuata una possibile vittima della tratta, i volontari dell'unità di strada dell'associazione stabiliscono con lei un contatto diretto, fingendosi clienti. «Le prostitute che riescono a rientrare nella legalità - dice Daniel - per la maggior parte non devono ringraziare forze dell'ordine o Chiesa, ma i propri clienti. I nostri volontari fanno finta di esserlo, e così stabiliscono un rapporto personale, di fiducia». Chi sceglie di affidarsi all'associazione viene portato nelle case di fuga, in cui, se vuole, rimane per una settimana. «Chiunque può andarsene dalle strutture dell'Erytros quando vuole. Noi vogliamo solamente che in questa prima settimana le persone che aiutiamo abbiano il tempo, la tranquillità e la libertà di valutare che cosa effettivamente vogliano fare, senza condizionamenti». L'indirizzo delle case di fuga viene tenuto segreto, in caso di problemi di sicurezza viene allertato il commissariato di zona. È con il passaggio alle case famiglia che inizia l'inserimento vero e proprio nel mondo del lavoro. Dice Daniel: «In questo periodo insegniamo la lingua italiana a chi ne ha bisogno, e nei limiti del possibile cerchiamo per tutti il lavoro più adatto». Dopo i 6 mesi di casa famiglia, minorenni e persone non autosufficienti vengono affidate a famiglie d'appoggio, le altre passano alle case di semi - autonomia, autogestite, «dove di fatto sono indipendenti. L'unico obbligo è fornire di quando in quando relazioni ai tutor dell'associazione. Ci si passa dai 6 mesi all'anno e mezzo, in media attorno agli 8 mesi». Alla fine c'è l'effettiva indipendenza, anche dall'associazione: «Stiamo attenti ai legami che si formano tra l'Erytros e quelli che aiuta. Il rischio sarebbe sostituire una dipendenza con un'altra». Il disegno di legge presentato il 20 dicembre scorso dal ministro forzista alle pari opportunità, Stefania Prestigiacomo, che di fatto depenalizza l'esercizio della prostituzione nelle case private, non ha influito sulle attività dell'Erytros. «Noi contiamo sulla fiducia, non facciamo che continuare in altri luoghi quello che facevamo prima. È probabile che si trovino peggio quegli enti che distribuiscono materiale informativo o sanitario, come quelli sovvenzionati dal comune». L'Erytros, invece, non gode di alcun contributo da parte delle istituzioni. È una struttura di volontari che vive di ciò che fa. Ha messo in piedi una serie di cooperative sociali - tra cui un ristorante ed una cooperativa di assistenza agli anziani, l'Iris - che servono sia ad integrare i fondi dell'associazione che a creare posti di lavoro per le sue assistite. Che, una volta indipendenti, pagano una quota minima di contributi. «Lo statuto dell'associazione stabilisce che gli operatori pagati non possono superare il 30% del totale. Cerchiamo di mantenere la filosofia, la creatività del lavoro volontario. Non accettiamo convenzioni per lo stesso motivo, vogliamo sentirci liberi. Spesso le associazioni di volontariato finiscono strozzate dai finanziamenti che accettano. L'autofinanziamento ci vincola di meno».