il manifesto - 14 Febbraio 2003
Il signor K. e il funerale
SANATORIA 700mila «prigionieri» senza diritti
AUGUSTO BOSCHI
GENOVA
F.K. ha 29 anni, è albanese, vive a Genova dove lavora regolarmente e come tanti altri ha seguito l'iter per la regolarizzazione della Bossi-Fini. Ma la prefettura non è in grado di smaltire tutto il lavoro e il padre del signor K., già avanti con gli anni, muore prima che il cedolino che lui ha in tasca si trasformi in un permesso di soggiorno. Vorrebbe tornare in Albania per il funerale, e per questo chiede un permesso di soggiorno valido una settimana: senza, se lascia il paese, non potrà più rientravi. Due settimane dopo, il signor K. aspetta ancora una risposta. E' solo un caso, dei tanti che illustrano la condizione di «prigionieri» di 700mila immigrati che a causa delle lungaggini della pubblica amministrazione o della malafede dei datori di lavoro vivono in una specie di limbo senza diritti elementari quali quello all'unità familiare o quello al lavoro. Contro simili orrori Cgil, Cisl e Uil hanno iniziato ieri una campagna davanti alle prefetture a Torino, Roma, Firenze e Genova, città cui oggi si aggiungerà Bologna dove i sindacati stimano in 13mila gli immigrati ancora in attesa di regolarizzazione a fronte di un centinaio di domande evase. Ma dicevamo della negazione del diritto al lavoro: «Il nodo cruciale è quello dei licenziamenti» - spiega Marco Roverano della Cgil genovese. «Siamo in presenza di centinaia di casi, solo a Genova, di lavoratori che sono stati licenziati dopo il 10 novembre. In attesa di essere regolarizzati, con il solo cedolino delle poste non possono cercarsi un altro lavoro né ovviamente tornare in patria in attesa della regolarizzazione. Come fanno a campare? Eppure non sta scritto da nessuna parte che se perdi il lavoro non puoi trovartene un altro». Che questo stato di cose sia contrario a ogni sentimento di umanità nonché al buon senso se ne sono accorte alcune prefetture: a Bergamo e Trento si è fatta strada l'idea che cambiare datore di lavoro sia possibile, dandone notizia a prefetto, questore, Inail e Inps. Ma la situazione resta quella che è.

Il signor K. aspetta ancora una risposta. Quasi certamente non verrà, ma la sua vicenda potrebbe essere il grimaldello per togliere dal limbo i 700mila signor K. creati dalla sanatoria. Gli avvocati che ne seguono il caso hanno deciso di dare battaglia e far ricorso al Tar della Liguria: «Non è colpa sua se la prefettura non ha rispettato i tempi e la colpa dell'amministrazione non può incidere sul diritto fondamentale all'unità familiare - spiega l'avvocato Ballerini -tutelato dalla Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo».