il manifesto - 13 Febbraio 2003
DA NORDEST
Bandiere e bombe alle chiese
Contraddizioni. Nella regione si alternano xenofobia, attentati alle chiese e iniziative per la pace
GIANFRANCO BETTIN
Le bandiere della pace su mille balconi, e sui portali di chiese, scuole e municipi di tutto il Nordest. La destra e la Lega scatenate contro chi le espone, coerenti e servili interpreti del mandato di Berlusconi, a sua volta mandato da Bush («I pacifisti fanno il gioco di Saddam», Papa compreso). Reazioni che tradiscono la percezione di quanto diffusi e radicati siano il sentimento e il ragionamento contro la guerra espressi in quei colori dell'arcobaleno esposti ed esibiti. Due bombe misteriose, cupe, a devastare la notte della provincia veneta, a violare due chiese tranquille, capaci di convivere con gli immigrati, capaci di esprimere speranze di pace anche in questa vigilia di guerra. E subito, Forza Nuova che si propone a presidiarle. E subito, Borghezio che aizza all'odio antiislamico e, in generale, all'allarme verso gli stranieri. Perché questo corto circuito nel Nordest? Perché, nella regione che, insieme, esprime l'orrore di un sindaco come Gentilini e, ad esempio, un padre Alex Zanotelli, proprio l'inventore della «campagna delle bandiere», col suo concreto percorso di lotta, di pace e di speranza (esattamente le cose di cui hanno bisogno gli oppressi e i diseredati del mondo, e di cui abbiamo bisogno tutti, anche qui, per avere un futuro: lotta, pace, speranza; pace e conflitto, perché vi sia cambiamento, trasformazione senza la violenza distruttiva della guerra; speranza perché vi sia orizzonte, nuova sponda, nuove strade, l'opposto della guerra, che annienta le lotte e annichilisce il futuro). Il Nordest che ha assistito sconcertato al tentativo di trasformarlo in pubblico di tifosi durante lo «scontro» tra il fanatico Adel Smith e gli ultrà dell'arroganza occidentale e che, per fortuna, si è infine sottratto a questo destino, di fatto imponendo agli organizzatori dello spettacolo di cambiare copione almeno per il momento (ma non c'è da illudersi, il tam tam belluino ha già ripreso a battere il messaggio dell'allarme e della paura e a connetterlo, va da sé, agli immigrati). Bandiere arcobaleno e bombe, dunque, e demagogia e xenofobia scodellate a pranzo e a cena e fino a notte fonda mentre, viceversa, si organizzano treni e pullman e convogli infiniti per invadere Roma sabato 15 febbraio. Regione di contrasti. Regione crocevia di traffici fra i più creativi e fecondi, da sempre, ma anche, da molto tempo, dei traffici più loschi. Restando alle bombe, è difficile non vedere come queste due bombe, e anche altre recenti, scoppiate nelle stesse zone, assomiglino per dinamica e tecnica e «ratio» politica a quelle che segnarono la primissima fase della strategia della tensione, proprio in questi territori - più o meno un secolo fa (o era un mese fa? E' mai finita davvero quella stagione infame e tenebrosa della nostra democrazia?). La storia si ripete? Più spesso di quanto non si creda, in realtà. Ma quelle bandiere che non sono poi bandiere, bensì gesti parole segni, l'altra volta non c'erano.