il manifesto - 04 Febbraio 2003
Le voci sommerse della prostituzione
Dal bordello alla strada, dai club privé alle hot-line. «Veneri di strada», un libro-inchiesta edito da DeriveApprodi
MAURO TROTTA
In un momento in cui il governo Berlusconi si appresta a riaprire le case chiuse, rinfocolando antiche polemiche e contrapposizioni, può forse essere utile lanciare uno sguardo sul mondo della prostituzione senza teorie preconcette o moralismi di alcun genere. È quanto consente di fare Veneri di strada. Sessant'anni di prostituzione in Italia dalle voci delle protagoniste di Claudio Bernieri (DeriveApprodi, pp. 208, € 14), sorta di romanzo-reportage costruito montando insieme le voci e le testimonianze, raccolte al registratore, di prostitute e transessuali, protettori e clienti. L'effetto è straniante: tranches de vie raccontate in prima persona dai e soprattutto dalle protagoniste che spesso si intrecciano tra loro, rimandando alle stesse situazioni, riferendosi ai medesimi personaggi, fino a comporre una specie di affresco corale da cui emegono figure come Guty, Rejana, Mistero, Lingua di Velluto. Si attraversano così oltre sessant'anni di vita italiana, dai bordelli alla strada, agli alberghi a ore, i club privé, i telefoni erotici. Anzi, in realtà, più che attraversarli, il libro questi sessant'anni li squaderna, li espone quasi sincronicamente. Proprio come in una composizione pittorica, bidimensionale, in cui non è presente la quarta dimensione, cioè il tempo; per cui si inizia con le extracomunitarie dei nostri tempi, si passa poi alle «signorine» dei casini, per poi esporre il punto di vista di clienti e papponi e poi, ancora, il lavoro nelle saune o ai telefoni erotici. Tutto senza seguire alcun ordine cronologico, appunto, ma impastando tra loro vite ed esperienze in maniera quasi caotica, estremamente efficace, però, per offrire una visione, una sensazione complessiva e far risaltare, al contempo, le voci narranti, le loro storie, il loro punto di vista.

È possibile parlare quasi di «grado zero» della prostituzione, di esposizione di materiali grezzi e vivi senza nessun tentativo di incasellamento all'interno di categorie morali, sociologiche o storiche.

In questo modo, però, emergono le vite, messe a nudo, con il loro portato di drammi e dolori, di feste e gioie, di meschineria e razzismo - delle italiane nei confronti delle extracomunitarie, ad esempio - ma anche di dignità e quasi di eroismo, come nel caso della prostituta che entra nella Resistenza. Un libro, quindi, che non strizza mai l'occhio alla pruderie, né al moralismo, due aspetti della stessa medaglia, il modo cioè con cui si è spesso guardato e parlato di prostituzione. La parola in diretta, la narrazione della propria vita di prostituta o di prostituto è svolta e riannodata per ricostruire il percorso e il contesto in cui si esplica il «mestiere più vecchio del mondo». Un affresco, dunque, che si compone di mille punti di osservazione, ma che, tutti, coralmente, cercano di offrire una visione di insieme su un mondo di cui tanti parlano, senza mai prendersi la briga di cercane di capirlo nelle relazioni al suo interno e tra quelle che si instaurano tra il cliente e la prostituta. O il prostituto.

Il libro è scorrevole e si legge tutto d'un fiato: si seguono dunque le storie, le amicizie e le inimicizie tra le protagoniste, i loro amori, i drammi. E, quasi senza accorgersene, ci si rende conto degli stravolgimenti che in sessant'anni hanno stravolto e modificato il mondo semi sommerso del mercato del piacere.