il manifesto - 18 Gennaio 2003
DA NORDEST
Gentilini & Smith
GIANFRANCO BETTIN
Adesso ci vorrebbe un bel match tra Adel Smith e Giancarlo Gentilini, il sindaco di Treviso. Le tv locali del Nordest, che dopo i noti fattacci hanno avuto qualche nanosecondo di ripensamento e messo un po' la sordina all'Adel Smith show martellato per settimane ad usum audience, si può star sicuri che farebbero a gara per assicurarselo. Una bella rissa tra l'Adel Smith della Padania, cioè lo sceriffo trevigiano, e il Gentilini dell'islam italico, farebbe schizzare a mille gli indici d'ascolto. Quando i peggiori scendono in campo non c'è partita, palla in tribuna, fallacci, colpi bassi, insulti, cazzate in quantità e gran successo di pubblico. Non è calcio, è catch, oppure è comica, ma il successo è garantito. Questa è stata la chiave del successo di Smith sulle reti locali, anche se va ricordato che il vero inventore dell'improbabile «capo dei musulmani italiani» (così lo ha ripetutamente presentato un tg Rai in questi giorni) è stato Bruno Vespa con «Porta a Porta». Smith tornava buono per tanti motivi. Corrrisponde allo stereotipo del musulmano cattivo e temibile costruito in anni di duro (e sporco) lavoro dagli «imprenditori politici della xenofobia e del razzismo» (come li chiamò Luigi Manconi all'alba di questo lungo giorno infame nei rapporti tra immigrazione e politica, ma anche tra immigrazione e informazione in Italia). Se aizzato e lasciato andare si comporta e dice cose che sono esattamente quelle che i più prevenuti si attendono. Gran successo, insomma, che trascina al successo - si fa per dire - chi lo ospita.

Che tutto questo imbarbarisca il clima, è apparso del tutto secondario finora. Dopo la doppia sbarellata in diretta, soprattutto dopo l'irruzione di Forza Nuova negli studi veronesi, c'è stato qualche mutamento di condotta, ma non c'è da sperare che duri. Il modello è consolidato, nelle modalità pubbliche e nelle motivazioni implicite: tornerà a far danni qaunto prima. Si tratta, in sostanza, del modello inaugurato da Biscardi a suo tempo e felicemente da lui riprodotto da più di vent'anni. Litigare, fino alla rissa, e spararle grosse (le «bombe di Mosca»). Questo modello ha fatto scuola ed è dilagato su ogni rete, applicato a ogni questione, cazzata o tragedia che sia. Questo sulle grandi reti, con fior di professionisti profumatamente pagati che si applicano.

Immaginarsi cosa accade sulle reti locali, specie quelle che lisciano il pelo agli umori più fetidi del pubblico. Immaginarsi cosa accade, cosa si dice, cosa si semina soprattutto, sul tema dell'immigrazione e, sotto-tema, dei rapporti con l'islam, specie dopo l'11 settembre. Per questo Adel Smith è non solo la diretta trasposizione in tv dei pregiudizi di tanti, ma anche l'incarnazione del sogno di troppi conduttori rotti a tutto. Egli è una figura organica all'humus culturale del nordest e non la sua negazione, come molti credono (anche lui stesso, forse). Per questo la figura che più gli somiglia è proprio quella di Giancarlo Gentilini, le cui cazzate e le cui infamie contro gli «altri» sono del tutto paragonabili a quelle di Smith. E' strano, piuttosto, che in questi giorni non lo si sia ricordato abbastanza. Forse per non ricordarsi che Smith è solo il capo di una fantomatica ed esigua associazione, mentre il suo gemello padano è stato eletto sindaco a furor di popolo. Questo lo rende più autorevole e legittimo quando parla, ma rende anche tutta questa storia molto più inquietante.