il manifesto - 16 Gennaio 2003
La casa delle lucciole
Pronto il testo di legge che vieta la prostituzione nelle strade e impone i controlli sanitari
IAIA VANTAGGIATO
Pare imminente l'approdo al parlamento del disegno di legge sulla prostituzione che - dopo 45 anni - potrebbe modificare la legge Merlin. Cinque articoli semplici semplici ma sufficienti a «ripulire» le strade, riasfaltare i marciapiedi e restituire un po' di vita a condomìni sonnolenti. Il testo della legge - che reca le firme del rispettabile trio «Fini-Bossi-Prestigiacomo» - vieta, infatti, l'esercizo della prostituzione nei luoghi pubblici o aperti al pubblico ma lo consente all'interno di appartamenti privati. Per i locatari non è previsto nessun reato di favoreggiamento a meno che - s'intende - non ne traggano profitto.

Che vuoi di più? Un lavoro decoroso e al riparo dalle intemperie, accoglienti e calde garçonnière e magari pure dei vicini premurosi. Non fosse che - recita senza tema di smentirsi sempre l'articolo 1 - «i condomini che abbiano subito turbativa del proprio possesso dall'esercizio dell'attività di prostituzione, possono agire nei termini e con le forme dell'articolo 1170 del codice civile». Ovvero possono opporsi, appellarsi alla legge e buttar fuori dal proprio stabile lucciole moleste o semplicemente un po' troppo appariscenti. I legislatori in provetta hanno, per fortuna nostra, dimenticato che - dietro la porta di casa - ognuno è libero di fare ciò che più gli aggrada. Parola del presidente della Confedilizia che - divertito da tanta approssimazione - ha pure cercato di spiegarlo alla ministra per le pari opportunità Stefania Prestigiacomo nel corso di una trasmissione di Porta a porta. Inascoltato, anche questa volta per fortuna nostra.

Ma l'articolo 1 non si ferma qui: esperta di contabilità, la maggioranza si avventura con disinvoltura sul terreno dei numeri e si chiede: quante prostitute possono stare in un appartamento? Semplice all'apparenza, il problemino è - in realtà - di difficile soluzione. Il provvedimento, infatti, non afferma esplicitamente che due prostitute possano esercitare insieme ma ammette che possano assistersi reciprocamente. Anche qui - s'intende - senza scopo di lucro. In fondo, basta poco a fugare il fantasma delle case chiuse.

Sempre per restare ai numeri - e all'articolo 1 - pesanti le sanzioni amministrative e penali previste: per le prostitute scatterà, alla prima infrazione, una sanzione amministrativa dai 200 ai 3mila euro; in caso di reiterazione scatta l'arresto (da 5 a 15 giorni) e il pagamento di un'ammenda da 200 a mille euro: è definitiva - come è evidente - la condanna alla clandestinità. Non è punito chi è «indotto a prostituirsi mediante violenza o minaccia». Nel caso in cui a violare la legge sia il cliente, le sanzioni vanno dai 200 a 3mila euro al primo accertamento, da 2mila a 4mila euro al secondo. Il sesso a pagamento con minorenni è punito - in base all'articolo 3 - con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e con multe non inferiori a 6mila euro (la pena è ridotta di un terzo se l'autore è un minore). Vengano, invece, aumentate di due terzi, le pene previste per coloro che promuovono, costituiscono o organizzano l'associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione. Non sarebbe bastato consentire la creazione di cooperative autogestite dalle stesse lucciole come il comitato per i diritti civili delle prostitute ha sempre proposto?

Ma senz'altro tra gli articoli del disegno di legge, il più discutibile è quello che stabilisce l'obbligatorietà di controlli sanitari periodici per le prostitute. Controlli che hanno tutta l'aria di vere e proprie schedature anche perché verrà considerato reato penale la trasmissione di malattie trasmesse sessualmente da prostituta a cliente. Nell'Italia di Peyton Place, naturalmente, non si prevede che portatore di malattie possa essere il cliente stesso. Ed è veramente grottesca - come ha commentato Luana Zanella dei Verdi - «l'idea di un mondo di clienti in buona salute». Così come è paradossale l'aumento degli stanziamenti destinati a interventi di protezione sociale (5.580.000 euro l'anno per il 2003, 2004, 2005) previsto dall'articolo 5: a che servono - si chiede ancora Zanella - quando poi viene di fatto impedito ai servizi sociali un lavoro diretto sul territorio?

Poco male, i servizi sociali non rimarranno senza lavoro: a loro le questure avranno l'obbligo di segnalare gli stranieri «indirizzati all'esercizio della prostituzione». Lungi dall'essere recupero o prevenzione, il nobile fine si chiama espulsione.

Unica consolazione: al parlamento il disegno di legge ancora non l'ha visto nessuno.