il manifesto - 17 Ottobre 2002
ZURIGO
Rimpatri chirurgici
Con precisione svizzera la Confederazione respinge in Romania i rom entrati clandestinamente
SERENA TINARI
ZURIGO
111, poi 95 e ancora 78. Come promesso, la Svizzera sta risolvendo con rigore elvetico e precisione chirurgica il «problema rom»: in pochi giorni sono state rispedite in Romania 324 delle 415 persone giunte clandestinamente nel paese (il manifesto 2.10.02). A sentire le autorità «la maggior parte lasciano la Confederazione volontariamente» in seguito al respingimento della richiesta d'asilo, benchè a bordo di aerei federali con scorta di polizia. Sui giornali se ne parla poco: appena un bollettino numerico e quotidiano di poche righe. Il movimento dei sans papiers svizzeri esprime solidarietà ai Rom per «un'azione che dimostra ancora una volta il cinismo, la violenza e l'ipocrisia della politica in materia di immigrazione». La questione sarebbe stata risolta in tempo record grazie all'applicazione della norma che lascia ai richiedenti asilo solo 24 ore di tempo per fare ricorso contro l'espulsione: una vera missione impossibile, se sei un migrante clandestino in terra straniera e non hai diritto neanche ad un avvocato d'ufficio. Il volo di ritorno viene pagato dalla Svizzera e dalla Francia, paese da cui sarebbero passati i rom, mentre la Confederazione ha consegnato 500 franchi (330 euro) ad ogni famiglia «per facilitarne il reinserimento». Secondo i sans papiers: «La Svizzera non vuole romeni in casa, perché li sfrutta volentieri in patria: secondo il rapporto pubblicato nel giugno scorso dall'Ufficio federale per l'economia, la Confederazione è il quinto paese al mondo nella graduatoria degli investitori. La Romania é un buon affare per le imprese svizzere, che possono godere di manodopera abbondante, asservita e a basso costo, in un mercato che non conosce diritti sindacali».

Ma il benservito ai Rom diventa acqua fresca, in confronto a cosa sta accadendo nei cantoni e nei palazzi federali. Dopo Ginevra, anche Zurigo ha annunciato la creazione nel centro storico di una zona «chiusa allo spaccio», che per un prodigio semantico e politico si legge «chiusa ai richiedenti asilo africani». Venerdi scorso la ministra per gli Interni Ruth Metzler, in vacanza sul Mar Rosso, ha anticipato alle agenzie di stampa che d'ora in poi «le richieste di asilo di africani occidentali saranno trattate con priorità». Il portavoce della ministra democristiana ha chiarito che si tratta «di coloro che vengono in Svizzera per vendere droga e che non bisogna certo generalizzare, né lasciarsi andare a derive razziste».

Ma sui richiedenti asilo la partita si è fatta decisamente politica. Il 24 novembre sarà referendum federale su proposta dell'Udc, la destra cattolica: l'iniziativa «Contro l'abuso del diritto d'asilo» propone di rispedire senza condizioni i richiedenti che siano transitati per un paese considerato `sicuro' (stimati dall'Ufficio federale per i rifugiati nel 98 per per cento, essendo la Svizzera al centro dell'Europa); sanzioni contro le compagnie aeree che li hanno trasportati; restrizione delle prestazioni sociali accordate loro finora. Il governo federale ha cercato di parare il colpo presentando una proposta di revisione in chiave restrittiva della legge attuale, ma da più parti si chiede alla ministra «di fare di più». Intanto domenica, dalle colonne del settimanale NZZ am Sonntag, il direttore dell'Ufficio federale per i Rifugiati Jean-Daniel Gerber ha riconosciuto che «l'aiuto ai richiedenti asilo deve essere ridotto al minimo assoluto». Si tratta attualmente di circa 1100 franchi al mese, una cifra irrisoria in Svizzera dove il reddito minimo garantito per cui lottano i sindacati ammonta a 3000 franchi.