il manifesto - 06 Ottobre 2002
Lecce, sciopero della fame albanese muore in carcere
ANTONIO ROLLI
LECCE
Nonostante fosse morto da ore, era piantonato ugualmente dagli agenti di polizia penitenziaria. Forse credevano che fosse un éscamotage per tentare la fuga. Ma comunque, sembravano dire, meglio non fidarsi degli albanesi, neanche da morti. Sotaj Satoj, 40 anni, è deceduto nel reparto rianimazione dell'ospedale «Fazzi» di Lecce dopo uno sciopero della fame di circa tre mesi. Era sbarcato sulla costa brindisina la notte del 7 giugno scorso insieme ad una trentina di immigrati. L'arrivo della guardia di finanza aveva messo in fuga i clandestini e gli scafisti. Quella notte i militari riuscirono ad arrestare solo sette albanesi, tra cui Sotaj Satoj, ma recuperarono dal mare molta droga: 5 chili di eroina e più di 900 di marijuana. Per gli agenti non c'erano dubbi: i sette arrestati facevano parte di «un'organizzazione dedita al traffico dell'illecito in genere».

Traffici ai quali Satoj, fin dal momento dell'arresto, si era detto estraneo, affermando che su quel gommone erano in più di cinquanta, che lui per chiedere quel «passaggio» aveva pagato circa duemila dollari e che veniva in Italia solo per lavorare. Ma i militari non gli avevano creduto. Così, dallo scorso luglio, aveva deciso di adottare l'unica forma di protesta per ribadire la sua innocenza: lo sciopero della fame.

«Sono turbata e amareggiata - ha detto il suo difensore, l'avvocato D'Amuri - perché la magistratura non si è resa conto della gravità della situazione. Avevo chiesto da tempo una perizia medica. Quell'uomo, colpevole o innocente si è consumato come una candela, arrivando a perdere tutte le difese immunitarie. E' una morte assurda. Certo aveva scelto lui lo sciopero della fame, ma qualcuno mi spieghi perché Marco Pannella non muore mai. Qualcuno avrebbe dovuto impedire che arrivasse a quel punto. Mi resta il dubbio amaro che se fosse stato italiano la storia di Sotaj non sarebbe finita così».