il manifesto - 03 Ottobre 2002
In manette la mafia internazionale delle prostitute
Centinaia di ragazze dell'est costrette a vendersi in Europa. Ottanta le persone arrestate, ci sarebbe anche il figlio di Leo Valiani
CINZIA GUBBINI
Ottanta arresti, trentanove avvisi di garanzia, smantellata una rete internazionale che trafficava esseri umani, e in particolare donne da avviare alla prostituzione. Sono i risultati dell'operazione Girasole 2, condotta dal sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Perugia, Antonella Duchini, e dal Reparto operativo speciale (Ros) dei carabinieri. Sarebbero numeri pazzeschi, quelli delle persone che finivano nella rete criminale: i carabinieri parlano di centinaia di partenze al giorno dai paesi dell'est europeo. Ma l'operazione farà parlare di sé soprattutto per i nomi eccellenti che stanno spuntando. Tra le persone arrestate, infatti, ci sarebbe anche Rolando Valiani - figlio del senatore a vita Leo Valiani - responsabile del settore fiscale della scuola di Management della Luiss, illustre economista e collaboratore di Confindustria e della Presidenza del consiglio dei ministri. Altro nome eccellente, nel panorama umbro, è quello di Leonello Mosca, ex editore del Corriere dell'Umbria e attualmente residente all'estero, dove gestisce un'azienda che tra l'altro fabbrica casse da morto.

Un'organizzazione che si occupava di tutto, dalla partenza, al soggiorno, al lavoro delle persone ridotte in schiavitù. I I reati contestati sono sfruttamento della prostituzione, favoreggiamento aggravato dell'immigrazione clandestina, riduzione in schiavitù, ma anche associazione mafiosa. E' quest'ultima un'ipotesi di reato «ereditata» dall'operazione Girasole 1, condotta nel 2001, che portò all'arresto di 105 persone e alla chiusura di numerosi night club in Umbria e nel Lazio. «Ma è la prima volta - spiega il generale Giampaolo Ganz, vicecomandante dei Ros del Lazio - che l'associazione mafiosa viene contestata su un piano internazionale. Da questo punto di vista, è innovativa la modalità dell'indagine, che ha visto il coordinamento delle polizie dell'area Schengen e l'appoggio delle polizie dell'Ucrania, della Bielorussia e della Federazione russa». Cervello dell'organizzazione sarebbe la mafia russa che avrebbe contatti stretti con la nostra camorra; l'operazione Girasole 1 aveva portato all'arresto di Vincenzo e Luici Caiazzo, ex affiliati del clan di Cutolo poi transitati nella struttura dei Casalesi. La dinamica è quella collaudata nell'est europeo: finte agenzie di viaggio procurano falsi visti di ingresso attraverso funzionari compiacenti nelle ambasciate e albergatori corrotti, per far entrare legalmente le persone nei paesi Schengen.

Gli investigatori si sono avvalsi dell'aiuto di alcune delle ragazze sfruttate. Per molte di loro, purtroppo, il destino è stato in seguito il «rimpatrio assitito»; altre sono riuscite a strappare la protezione sociale, assicurata dall'articolo 18 della legge Turco-Napolitano, non modificato dalla Bossi-Fini. Un articolo di legge che dovrebbe permettere alle persone sfruttate da organismi criminali di ottenere un permesso di soggiorno. In realtà la scrittura ambigua, ha portato alla consuetudine di introdurre alla protezione sociale solo le persone che collaborano attivamente alle indagini. Anche a Perugia, dove vivevano molte delle ragazze che hanno aiutato l'operazione Girasole, esiste un piano di protezione sociale. Patrizia Costantini, responsabile del progetto Cabiria, studiato per l'assistenza alle ragazze che lavorano in strada, racconta: «C'è molta discrezionalità da parte delle questure nel decidere chi deve essere ammesso alla protezione sociale e chi no. E se non denunci, ti rimandano a casa, quello è sicuro. Il problema è che, per queste ragazze, è molto difficile decidere di collaborare - continua - perché hanno paura di ciò che potrà capitare ai loro familiari. Senza contare che la protezione sociale è un percorso duro, bisogna rinunciare a tutti i legami, vieni mandata in un'altra città, sei completamente isolata. Ci vorrebbe maggiore attenzione». Soluzione? «Chi si occupa di questi progetti dovrebbe stare nelle questure, ci dovrebbe essere formazione congiunta tra operatori sociali e funzionari di polizia».