il manifesto - 25 Settembre 2002
Immigrati e piccoli imprenditori di fronte al nuovo giro di vite del governo
«Strangolati dalla Bossi-Fini»
Trovato il dodicesimo corpo senza vita nelle acque di Ragusa. Il sindaco di Vittoria: «Qui abbiamo bisogno di immigrati come il pane, questa legge uccide la nostra economia»
MASSIMO GIANNETTI
INVIATO A VITTORIA (Ragusa)
Dal mare di Scoglitti fino al primo pomeriggio arrivano «soltanto falsi allarmi». Le ricerche di altre eventuali vittime del naufragio di domenica, «come vede, continuano alacremente - dice il capitano dei carabinieri di Vittoria, Massimiliano Rocco, indicandoci le motovedette delle forze dell'ordine in alto mare - ma delle sagome segnalate da alcuni testimoni al momento non c'è traccia. Di sicuro, se si tratta davvero di corpi umani, torneranno a galla nelle prossime ore». E' quasi mezzogiorno e sulla spiaggia della tragedia, polizia, carabinieri, guardia di finanza e capitaneria di porto perlustrano il mare palmo a palmo. Sono passate da poco le 17 quando avvistano un corpo, il dodicesimo, «sui 25 anni, già in stato di decomposizione». Lo raccolgono e lo portano via, forse all'obitorio di Comiso, «perché quello di Vittoria è pieno». I militari sono gelidi nel fornire i dettagli delle operazioni, ma sono gentili, molto più gentili della legge che li spinge a raccogliere cadaveri. «Commentare la Bossi-Fini - ripetono - non è nostro compito», ma che la nuova normativa sull'immigrazione stia creando più di qualche problema all'economia agricola di questa parte di Sicilia, ricchissima di serre di prodotti ortofrutticoli, non ci vuole molto a capirlo. Te lo spiegano confusi i molti imprenditori, grandi e piccoli, che sin dalla mattina fanno la fila alla camera del lavoro di Vittoria per chiedere spiegazioni sul che fare, o per farsi aiutare a riempire i moduli per la regolarizzazione degli stranieri. E te lo spiegano preoccupati i tantissimi maghrebini che qui vivono e lavorano da anni, anche da venti, e che da qualche giorno, da quando è entrata in vigore la nuova legge, si sentono nuovamente potenziali clandestini. «Ecco vede, questo è il mio foglio di ingaggio - spiega un giovane bracciante tunisino, in Italia dal `95 - Il mio datore di lavoro mi assume per 110 giorni, scaduti questi, io sono automaticamente fuori, non mi danno più neanche un giorno di tempo per cercare un altro lavoro». E infatti, perduto il lavoro, perdono anche il diritto al permesso di soggiorno. E' così per tutti i lavoratori stranieri, ma per i braccianti, che qui come altrove solitamente lavorano con contratti a tempo determinato, il dramma si fa serio. E si fa problematico, come si diceva, anche per l'economia della zona, della cosiddetta «fascia trasformata», che oggi deve la sua ricchezza proprio alla manodopera straniera. Sono loro, infatti, i lavoratori nordafricani, quasi il dieci per cento della popolazione locale, a tenerla in vita. «Affermare che la nostra economia senza immigrati andrebbe a rotoli, forse è eccessivo - puntualizza uno dei tanti imprenditori in fila alla Cgil per regolarizzare una decina di immigrati - ma qui a Vittoria, come a Santa Croce e Scoglitti, almeno il sessanta per cento dei braccianti sono immigrati africani. Senza il loro aiuto non si va avanti». «Questa legge non ci aiuta - aggiunge un altro signore, venuto a riempire i moduli per conto di suo padre imprenditore - è fatta solo per creare problemi. Intanto, pensano a incassare centinaia di miliardi con la regolarizzazione (800 euro), poi quello che succede si vedrà». I numeri che ci forniscono le varie istituzioni che interpelliamo circa il numero degli stranieri presenti a Vittoria e dintorni, spesso non combaciano. C'è chi dice che siano 10, chi 6 mila, tra regolari e non. Ma una cosa sembra certa: qui, nel «nord est della Sicilia» - nord est economico oltre che geografico - la legge della Lega rischia di fare davvero «disastri». E non è soltanto un discorso egoistico degli imprenditori, che ovviamente preferirebbero tenere la manodopera in nero, senza contributi previdenziali. «Noi abbiamo bisogno degli immigrati come il pane - dice il sindaco diessino Francesco Aiello, che per martedì prossimo ha indetto il lutto cittadino per i morti del naufragio invitando le scuole ad una giornata di riflessione sull'immigrazione -. E' vero che abbiamo un tasso di disoccupazione altissimo, 15-20 per cento, ma è anche vero che a lavorare nelle serre i giovani di Vittoria non ci vogliono andare. E' un lavoro faticosissimo, è come andare in miniera. Ecco perché questa legge rischia di creare dei danni seri alla nostra economia. Sconvolge il nostro sistema produttivo, il governo non se ne preoccupa, come non si preoccupa della crisi che hanno subito le nostre terre a causa della siccità».

«Gli sbarchi clandestini - aggiunge il primo cittadino - ci sono sempre stati, però quest'anno in Sicilia si sono moltiplicati, sono stati sei volte di più. Furono 2000 gli immigrati irregolari sbarcati l'anno scorso, sono stati già 12 mila dall'inizio di quest'anno ad oggi. E' normale che sia così. Questo governo ha bloccato i flussi regolari, ha interrotto d'autorità gli accordi bilaterali che esistevano con la Tunisia, paese con il quale abbiamo ormai un consolidato rapporto di amicizia e collaborazione. E il risultato di questa politica sciagurata è davanti agli occhi di tutti: gli immigrati per venire a lavorare in Italia, ma anche per ricongiungersi con i propri familiari, si affidano agli scafisti, diventano vittime consapevoli della tratta degli schiavi, unica possibilità che hanno per realizzare il loro sogno». Ma a far aumentare gli sbarchi - obiettiamo - potrebbe aver contribuito molto anche l'annuncio della sanatoria. «Non c'è dubbio - replica il sindaco - sono stati anche tutti questi mesi di scontri dentro al governo, di annunci fatti e smentiti, sanatoria sì, sanatoria no, che hanno generato molta confusione. Ma chi ne ha approfittato sono stati quelli che fanno affari con l'immigrazione, quelli che non hanno alcun rispetto della vita umana».

Il sindaco di Augusta è durissimo contro la Bossi-Fini. Ha appena ricevuto il vice console tunisino, «venuto da Palermo per ringraziare il comune» che si era detto disponibile a far seppellire i morti del naufragio nel cimitero di Vittoria. Ma i corpi dei naufraghi, tutti tunisini, saranno riportati nella loro terra, ha comunicato il diplomatico del paese africano.

Fino a ieri sera le vittime ufficiali erano dodici, ma il dirigente della polizia di Vittoria, Marcello Guglielmino, continuava a dire che «in mare, in base alle segnalazioni e alle stesse testimonianze dei superstiti, potrebbero esserci ancora quattro o cinque persone». All'appello però ne mancherebbero molte di più. Sulla barca della morte sarebbero stati infatti stipati una sessantina di immigrati, quasi certamente partiti venerdì scorso da un porto tunisino. Sedici, dopo essere stati costretti a gettarsi nel mare in tempesta dagli scafisti - uno è stato arrestato con l'accusa di strage - in qualche modo sono stati tratti in salvo dai soccorritori. Un ragazzo è ancora ricoverato in gravi condizioni all'ospedale di Catania, mentre gli altri ultimi due feriti sono stati dimessi ieri dall'ospedale di Vittoria. Per tutti è già pronto il foglio di via. Da ieri sono trattenuti nel centro di permanenza temporanea di Caltanissetta, dove rimarranno al massimo sessanta giorni. Dopodiché, accertata la loro identità e provenienza, se il magistrato che indaga sul disastro non deciderà diversamente, saranno rimpatriati. La stessa sorte, se saranno individuati, toccherà anche agli altri sopravvissuti, forse una ventina, che sono riusciti a dileguarsi nella campagne del ragusano.