il manifesto - 17 Settembre 2002
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Londra, santuario del jihad
GIULIANA SGRENA
Le «prove» per lanciare la guerra preventiva contro Saddam non riguardano più solo la possibilità di costruire armi nucleari o l'esistenza di impianti per la produzione di armi chimiche o biologiche (grazie al supporto Usa durante la guerra contro l'Iran), ma anche legami con i terroristi di al Qaeda. Nel rapporto che il premier britannico Blair pubblicherà il 24 settembre, prima della sessione del parlamento dedicata alla guerra all'Iraq, si sostiene che due luogotenenti di Osama bin Laden, Abu Zubair e Rafir Fatah, furono addestrati in Iraq. Lo ha rivelato domenica il Sunday telegraph. Non è invece una rivelazione che Osama bin Laden è stato addestrato dalla Cia. Acqua del passato. Premesso che riteniamo che nessuna accusa provata possa essere un buon motivo per scatenare una qualsiasi guerra, non si possono nascondere le enormi responsabilità di molti degli attuali fustigatori nell'aver dato ospitalità, asilo, legittimità politica ai fautori di quel jihad che ha assunto le forme più aberranti con il terrorismo di Osama bin Laden. Se al primo posto si trovano gli Usa, in Europa il santuario degli islamisti si trova nella capitale di Blair, ribattezzata Londonistan. Perché a Londra si è riprodotto, come sostiene Gilles Kepel, quel «piccolo mondo di Peshawar degli anni 80», retroguardia del jihad afghano. Con la fine della «guerra santa» contro il comunismo, nel 1992, molti mujahidin che avevano combattuto in Afghanistan e che non potevano ritornare nei rispettivi paesi perché sulle loro teste pendevano pesanti condanne, chiedevano asilo in Europa. A Copenaghen si installava la Gama'a islamiyya egiziana, a Stoccolma gli algerini del Gia, ma è soprattutto a Londra che trovavano asilo i militanti della nebulosa islamista più radicale provenienti da diversi paesi (Pakistan, Egitto, Arabia saudita, etc.). Non a caso, a differenza della Francia, la Gran bretagna non è stata finora toccata dal terrorismo islamista.

L'apprezzabile tradizione di accoglienza e tolleranza ha permesso una trasformazione multietnica della società britannica, senza tuttavia prevenire l'esplosione di conflitti etnico-religiosi, ma il relativismo culturale ha portato le autorità britanniche ad essere più condiscendenti con gli estremisti - perché perseguitati dai loro regimi - che con i democratici - perseguitati dagli islamisti. E così da Londra, dove si trovano gli ideologi del jihad algerino sono stati rivendicati i peggiori massacri del Gia. Uno dei centri di formazione ideologica e reclutamento più noti è quello di un veterano dell'Afghanistan (dove per una esplosione ha perso le mani e un occhio), Abu Hamza al-Masri. 43 anni, egiziano di origine, è l'imam della moschea di Finsbury park (ereditata dal palestinese Abu Qatada, considerato l'ambasciatore di al Qaeda in Europa), frequentata da migliaia di islamisti radicali, tra i quali Zakariya Musawi, il «ventesimo dirottatore», e Richard Reid, l'aspirante dirottatore che aveva nascosto l'esplosivo nelle scarpe. Ma la moschea, da dove l'imam continua ad infiammare i fedeli con focosi discorsi, serve anche per raccogliere i fondi per finanziare il jihad. Almeno fino allo scorso aprile quando i depositi bancari sono stati bloccati per «legami con i terroristi». Che Abu Hamza nega: «non sono un burattino di Osama bin Laden, ma questo non vuol dire che non condivida alcune sue opinioni ... ». L'egiziano, che rivendica invece il suo legame con i taleban, è stato anche accusato di far parte dell'Esercito islamico di Aden, il gruppo che ha rivendicato l'attentato alla nave americana Uss Cole, attaccata nel porto di Aden il 12 ottobre del 2000 e in cui morirono 17 marine. La richiesta di estradizione per Abu Hamza è stata respinta da Londra. E' stato invece arrestato (la nuova legge di emergenza consente l'arresto senza mandato per i non britannici con il semplice sospetto di terrorismo) Abu Dawha, l'algerino ritenuto l'ideatore del piano per l'attentato all'ambasciata Usa a Roma, considerato uno dei reclutatore di al Qaeda in Europa. Si tratta di sospetti, come quelli che pendono sui terroristi iracheni. E' del resto il ministero degli interni a stimare che negli ultimi dieci anni almeno 3.000 britannici abbiano frequentato i campi di al Qaeda.