il manifesto - 17 Settembre 2002
Liberia-Sicilia. E ritorno
Quindici morti. E' il tragico bilancio del naufragio di sabato notte nel mare di Porto Empedocle. I novantadue superstiti, tutti liberiani, sono stati trasferiti in un centro di accoglienza di Siracusa. In base alla legge Bossi-Fini dovrebbero essere rimpatriati, ma i profughi chiedono asilo politico
TERESA CAMPAGNA
PALERMO
Una prua a strisce rosse e bianche e quindici morti. Questo il gravissimo bilancio del naufragio della carretta del mare che si è rovesciata per un violento nubifragio nella notte fra sabato e domenica scorsi al largo di Capo Rossello, di fronte Porto Empedocle. I superstiti sono novantadue, tutti provenienti dalla Liberia, per i quali si profila la procedura dell'espulsione, come previsto dalla legge Bossi - Fini, e del rientro in patria, anche se una trentina di loro ha già chiesto asilo politico in Italia ed è molto probabile che la stessa richiesta di accoglienza all'Italia sarà avanzata da tutti i sopravvissuti al naufragio. Concluse le procedure per l'identificazione degli immigrati, si darà, quindi, il via all'iter amministrativo, più complesso e articolato, relativo alla richiesta di asilo. Subito dopo la tragedia, alcuni profughi sono stati trasportati all'ospedale San Giovanni di Dio ad Agrigento, dove il personale medico ha constatato che le loro condizioni non destavano particolare preoccupazione. Dimessi dall'ospedale sono stati trasferiti con gli altri all'ostello della gioventù di Belvedere di Siracusa. E' stato trattenuto soltanto un piccolo gruppo di liberiani, quello che aveva denunciato alle forze dell'ordine la scomparsa di alcuni famigliari o di conoscenti, che è stato impegnato nel triste rito del riconoscimento delle quindici vittime della sciagura. I corpi sono stati composti nelle celle frigorifere delle camere mortuarie di cinque comuni dell'agrigentino in attesa dell'autopsia, che sarà effettuata questa mattina, e degli accertamenti disposti dalla magistratura.

Le motovedette della guardia costiera di Porto Empedocle e della Guardia di Finanza di Palermo, che hanno anche impiegato dei sommozzatori, da domenica cercano in mare altre eventuali vittime del naufragio. Anche oggi continueranno a perlustrare il tratto di mare antistante Capo Rossella, anche se la barca che trasportava gli immigrati ieri pomeriggio è stata trainata in secca e ispezionata. All'interno non è stato trovato nessun altro cadavere. Dei quindici corpi recuperati, uno è stato trovato legato. Due le ipotesi: non sapeva nuotare e viste le pessime condizioni del tempo si era legato all'imbarcazione o ancora stava cercando di aiutare un compagno caduto in mare per riportarlo a bordo della carretta. Quest'ultima ipotesi sembra essere accreditata dal fatto che sono state trovate numerose cime nella parte sommersa dello scafo. Probabile che fosse in corso un'operazione di salvataggio.

Secondo le testimonianze di alcuni dei superstiti e le dichiarazioni di uno degli scafisti arrestati, i profughi sarebbero partiti due settimane fa da un porto della Liberia a bordo di un grosso mercantile. Successivamente il carico umano sarebbe stato fatto trasbordare su tre piccole imbarcazioni, due dei quali avrebbero fatto rotta per Lampedusa. Anche il natante che ha fatto naufragio avrebbe dovuto raggiungere l'isola, ma il comandante, un egiziano, avrebbe sbagliato la rotta e a poche miglia dal litorale siciliano, con la salvezza a portata di mano, le pessime condizioni del tempo hanno causato l'ennesima tragedia.

Una nave madre alla partenza e diverse piccole carrette del mare guidate da delinquenti assoldati al momento. Questo il copione che si ripeterebbe in queste ultime settimane e questa è anche la tesi al momento più accreditata per i tanti sbarchi di clandestini in Sicilia e nel meridione d'Italia. Secondo il sostituto procuratore di Agrigento, Giulia Labia, a gestire il traffico sarebbe un'organizzazione con base in Egitto e ramificazioni in vari Stati africani. Sempre più forte è, inoltre, il sospetto che organizzatori del trasporto dei clandestini e scafisti si appoggino ad organizzazioni legate a cosche criminali. Lo scafista egiziano indagato per l'introduzione nel territorio italiano dei naufragati, è arrestato insieme a un presunto complice, un cittadino liberiano, ha deciso di collaborare con le forze dell'ordine e avrebbe ammesso specifiche responsabilità. Per lui la procura di Agrigento sta valutando l'ipotesi di applicare una norma della legge Bossi - Fini che garantisce sconti di pena per chi collabora e, successivamente, il permesso di soggiorno. Entrambi gli arrestati si trovano in isolamento nel carcere agrigentino.

Il Viminale, già domenica, ha inviato in Sicilia tre funzionari con il compito di controllare le strutture logistiche che ospitano gli immigrati. Tra le direttive quella di evitare la congestione nelle strutture di prima accoglienza, come quello di Lampedusa, per il quale è stato ordinato lo sgombero. Il centro, infatti, predisposto per ottanta persone, ne ospitava ben quattrocentocinquanta. Per tutta la giornata di ieri gli aliscafi affittati dalla prefettura hanno fatto la spola da Lampedusa ad Agrigento per trasferire gli immigrati in altri centri di accoglienza. Scortati da polizia e carabinieri gli immigrati a bordo di pullman sono stati trasferiti a Siracusa, Caltanissetta, Lecce, Lamezia Terme e Crotone.

E mentre si contano ancora i morti, non si arresta il flusso di immigrati sulle coste siciliane. Nel pomeriggio di ieri è stata intercettata un'imbarcazione di dodici metri con quarantacinque clandestini a bordo al largo di Lampedusa. La barca, raggiunta dalle motovedette della guardia costiera, è stata scortata al porto dell'isola.

Intanto, Capo Rossella è diventato meta di pellegrinaggio spontaneo. Pescatori, bagnanti ma anche turisti hanno seguito per l'intera giornata le operazioni di recupero delle motovedette. Il sentimento comune è quello della compassione per l'ennesima tragedia di immigrati.