il manifesto - 05 Settembre 2002
Immigrati, Udc e Lega a confronto
Domani si discute il decreto Maroni sull'emersione degli operai stranieri. Ma l'accordo ancora non c'è
Palla al centro Maroni insiste sulla clausola del contratto a tempo indeterminato. Buttiglione: «La camera appoggia l'emendamento Tabacci»

CINZIA GUBBINI
ROMA
Echi di temporale annunciano il Consiglio dei ministri di domani, dove - è ufficiale - il ministro del Welfare Maroni presenterà l'attesissimo decreto sull'emersione dei lavoratori stranieri al nero. Il pezzo che manca, cioè, per completare la sanatoria, già avviata con la distribuzione dei moduli per colf e badanti. Ma i nodi da sciogliere sono ancora tutti lì, a partire dalla clausola del contratto di soggiorno a tempo indeterminato, per arrivare a quella del lavoro continuativo nei tre mesi antecedenti alla promulgazione della legge. Perché sono proprio le clausole imposte dalla Lega che rischiano di far saltare il tavolo dell'accordo. A dover tirar su le barricate, tocca ancora all'Udc, protagonista unico della spallata alla regolarizzazione «per le famiglie» con il famoso emendamento Tabacci. Ieri, per evitare il peggio, si è svolta una riunione tecnica al ministero per discutere del decreto. Alla fine il capitolo più scottante, cioè quello del contratto a tempo indeterminato, è rimasto in sospeso. Insomma, non è pace fatta, anche se i centristi stanno mettendo sul piatto della bilancia tutto il loro peso, gonfiato dal successo delle amminstrative, per evitare lo snaturamento del «loro» emendamento. C'è chi è pronto a giurare che ieri Buttiglione ha lanciato un avvertimento inequivocabile: «Alla fine si devono ricordare che alla camera c'è una maggioranza che appoggia l'emendamento Tabacci». Ma per «tenere fede agli accordi presi», come insiste il ministro delle politiche comunitarie, Maroni dovrebbe rimangiarsi ciò che annunciò alla stampa e all'insaputa di tutti i suoi alleati: per «evitare abusi» quell'emendamento necessitava di uno sbarramento. Il giorno dopo, in seguito alle proteste di molti imprenditori, fu Berlusconi in persona a dare la linea: la proposta di Maroni altro non era che un "naturale" allineamento del nuovo decreto a quello per le colf e le badanti, visto che il lavoro domestico è l'unico comparto sfuggito alla flessibilità imperante. Ma i centristi non l'hanno bevuta, e ancora ieri era lo stesso Bruno Tabacci a voler tenere bassi i toni dello scontro, limitandosi a dire: «spero che si trovi un accordo». Di certo l'Udc può contare sull'appoggio di una parte di Alleanza nazionale. Giampaolo Landi di Chiavenna, responsabile del partito per le politiche dell'immigrazione, ripete che «la proposta di Maroni non tiene conto della flessibilità del mercato» che, anzi «bisognerebbe studiare agevolazioni contributive per chi assume un immigrato».

Sull'obbligo di regolarizzare soltanto chi ha effettivamente lavorato, e continuativamente, nei tre mesi precedenti alla sanatoria presso il datore di lavoro che firmerà il modulo, i problemi sembrano superati. D'altronde, visto che gli immigrati che emergeranno non hanno mai avuto un contratto prima, è un obbligo ben difficile da dimostrare «a meno che non utilizziamo tutta la polizia presente in Italia», dice Landi di Chiavenna, assicurando, comunque, che «il Viminale sta studiando un modo per evitare che qualcuno se ne approfitti». Mentre Tabacci dice di confidare «nell'onestà degli imprenditori».

Fatto sta che questa ulteriore «chiusura» ricadrà sulle spalle degli immigrati, che oltre agli 800 euro di spesa per essere regolarizzati, dovranno contrattare con il datore del lavoro anche la dichiarazione sulla presenza «continuativa» in fabbrica da tre mesi. Anche per questo manifesteranno venerdì mattina alle 10 di fronte alla sede del ministero del Welfare (via Flavia) diverse organizzazioni, come Senzaconfine, Cgil, Cisl e Uil immigrati di Roma, Acli-Colf, e le federazioni romane di Ds, Prc e Verdi. Al ministro Maroni sarà consegnato un kit per «regolarizzarsi nell'Europa dei diritti».