il manifesto - 03 Settembre 2002
COMMENTO
L'ipocrisia di chi teme l'immigrazione
IMMANUEL WALLERSTEIN
Gli immigranti non sono molto popolari di questi tempi, specialmente nei paesi ricchi. In Nordamerica, Europa occidentale e Oceania i residenti locali tendono a pensare tre cose riguardo agli immigranti: 1) che sono arrivati principalmente per migliorare la loro situazione economica,

2) che riducono i livelli salariali dei locali lavorando in impieghi poco remunerati e ottenendo i benefici dei programmi di assistenza dello Stato e

3) che rappresentano un "problema" sociale, sia perché sono un peso per la società o perché sono più propensi al crimine o perché insistono nel conservare i loro costumi e non riescono ad "assimilarsi" ai paesi ospitanti. Naturalmente, tutto questo è vero. E' vero che la principale motivazione degli immigranti è quella di migliorare la propria situazione economica. E' vero che sono disposti ad accettare lavori con bassi salari, specialmente quando sono appena arrivati. E, visto che come risultato di tutto ciò sono più poveri nell'insieme degli abitanti del paese in cui si installano, cercano vari tipi di assistenza pubblica e privata ed effettivamente pongono "problemi" ai paesi di accoglienza. La domanda che realmente dobbiamo porci è: e allora? Innanzitutto gli immigranti non possono entrare in un paese in modo legale o illegale senza un certo grado di connivenza da parte di quelli che vi vivono. Di conseguenza, devono assolvere a qualche funzione per loro. Sono disposti a prendere lavori che gli abitanti locali rifiutano di considerare: ciò nonostante, sono necessari al funzionamento dell'economia. Non si tratta esclusivamente di impieghi sgradevoli che richiedono poca qualificazione; si tratta anche di lavori da professionisti.

Attualmente, ad esempio, le strutture mediche dei paesi più ricchi sarebbero in seri problemi se decidessero di eliminare il personale medico immigrante (non solo infermiere, ma anche dottori). Inoltre, dato che la maggioranza dei paesi ricchi ha tassi di crescita demografica discendenti (la percentuale di persone di più di 65 anni continua ad aumentare), i locali non potranno beneficiare delle pensioni di cui godono attualmente se non fosse per gli immigranti (fra i 18 e i 65 anni di età) che allargano la base di contributi che permette di finanziarle.

Sappiamo che nei prossimi 25 anni, se il numero attuale degli immigranti non quadruplica, ci saranno drastici tagli di bilancio verso il 2025. Per quanto riguarda i "problemi" che questo genererà, dipenderanno da come si definiscano. Tuttavia, è comune che i movimenti populisti di destra sfruttino costantemente la paura nei confronti degli immigranti. Questi movimenti sono "estremisti" e non raggiungono più del 20 per cento dei voti (ma non è una percentuale già molto alta?), però il fatto che politici situati al centro dello spettro politico ricorrano a questo tipo di demagogia contribuisce a favorire la destra su questi temi. Così, abbiamo di fronte un curioso rompicapo politico che evolve continuamente: i paesi ricchi impongono barriere all'entrata (legale e illegale), mentre gli immigranti continuano ad arrivare, attratti da trafficanti e imprese che vogliono impiegarli a basso costo. Al margine, troviamo alcuni gruppi relativamente piccoli che cercano di attenuare il trattamento ingiusto e spesso crudele che riceve la popolazione immigrante. Il risultato netto è più immigrazione e più proteste contro l'immigrazione.

In pochi temi c'è tanta ipocrisia come in quello migratorio. I fautori dell'economia di mercato non la estendono quasi mai al libero movimento della forza lavorativa per due ragioni:

1) sarebbe politicamente impopolare nelle regioni più ricche, e

2) minerebbe il sistema mondiale differenziale dei costi del lavoro, fondamentale per massimizzare i livelli mondiali del profitto. Il risultato è che quando l'Unione sovietica non permetteva ai suoi abitanti di emigrare liberamente veniva accusata con indignazione di violare i diritti umani, ma da quando i regimi postcomunisti permettono alla gente di emigrare senza restrizioni, inmediatamente i paesi più ricchi hanno posto ostacoli alla loro entrata. Che succederebbe se lasciassimo che l'acqua raggiungesse il suo livello? Che succederebbe se eliminassimo tutte le barriere al movimento di entrata e uscita in tutto il mondo? Tutta l'India emigrerebbe verso gli Stati uniti, tutto il Bangladesh in Inghilterra, tutta la Cina in Giappone? Evidentemente no. Non più di quanto, all'interno degli Stati uniti, gli abitanti del Mississippi emigrano in Connecticut, o non più di quanto quelli del Northumberland, in Gran Bretagna, si trasferiscono in Sussex. La maggioranza della gente tende a preferire il luogo in cui è cresciuta, perché condivide la sua cultura, conosce la sua storia, ha legami familiari lì. Forse tutte le culture si convertirebbero in ibridi? Ma se lo sono già tutte! Basta prendere qualunque zona dell'Europa o dell'Asia per constatare che ondate di comunità che hanno attraversato quelle terre negli ultimi mille anni hanno lasciato, al loro passaggio, residui delle loro lingue, religioni, abitudini alimentari, modi di vedere il mondo. Dobbiamo abituarci al fatto che esistono movimenti di persone. Di fatto, questa è l'area in cui il laissez faire può realmente funzionare; bisogna ricordare che lo slogan originale era laissez faire, laissez passer. All'interno dei paesi questi movimenti si sono sempre dati. Tutti i paesi si caratterizzano per la loro diversità, e questa è una virtù, non un difetto. Un poco più di spezie nella casseruola darebbe più sapore alle cose. Evidentemente gli immigranti (specialmente i loro figli) cercheranno di convivere con i loro vicini. Lo facciamo tutti. E i vicini possono anche tentare di convivere con gli ultimi arrivati. Questo è apprendere, adattarsi. Chiaro, questa è una di quelle idee che funzioneranno realmente solo se tutto il mondo le accettasse e applicasse. Se un paese accettasse la libera immigrazione senza che gli altri facessero lo stesso, verrebbe sommerso. Ma se tutto il mondo lo facesse, credo che i flussi migratori non aumenterebbero di molto rispetto al presente, sarebbero più razionali e meno pericolosi e provocherebbero meno opposizione.

* (da La Jornada del 17/6/2002)