il manifesto - 31 Agosto 2002
Berlusconi: sto con Maroni
Posto «fisso» Il premier conferma: accederanno alla sanatoria solo gli immigrati con un contratto a tempo indeterminato. «Tanto si possono licenziare»
CINZIA GUBBINI
ROMA
Siccome si possono licenziare, assumeteli con contratto a tempo indeterminato. Così la maggioranza non si spacca e gli imprenditori non si preoccupano. Nessuna vergogna, ormai, sulla questione della sanatoria degli immigrati. Il governo sceglie la linea dura e sposa la proposta di Maroni: il prossimo decreto sull'emersione dei lavoratori immigrati al nero conterrà la calusola del «posto fisso». Lo ha detto il premier in persona, dopo la riunione di ieri del consiglio dei ministri. Un Berlusconi in forma, sorriso riposato dopo tanto giardinaggio, e una ricetta semplice in tasca: «Anche nelle aziende ci può essere contratto a tempo indeterminato: sappiamo che il 99,9% degli immigrati è in un'azienda piccola o piccolissima, quindi inferiore ai 15 collaboratori. Pertanto non c'è problema». Cioè: al di sotto dei 15 collaboratori lo statuto dei lavoratori non vale, e quindi il contratto è a tempo «indeterminato» per modo di dire. Giusto per far vedere che il governo, con gli immigrati, mostra i muscoli. Uno spot elettorale in piena regola, e pure ingannevole: tutti sanno che con la Bossi-Fini i «contratti di soggiorno», legati al lavoro, avranno una durata massima di due anni. Quindi il «lacciuolo» del divieto di licenziamento è stato tolto di mezzo a priori. Ma il premier ha deciso di mostrare anche la faccia più gretta: «Braccia aperte a chi viene regolarmente in Italia per contribuire all'incremento del nostro prodotto interno», ha detto. Sembrerebbe una vignetta di Altan, invece è il padrone in carne ed ossa, senza freni. Maroni non ha commentato, accettando di buon grado l'imbonimento di Berlusconi agli imprenditori, quando lui aveva giustificato la clausola del posto fisso con la necessità di «evitare abusi». D'altronde, la sua è una bella vittoria, anzi, ha vinto la guerra. Quella con i centristi, che avevano minacciato la spaccatura pur di far passare il decreto Tabacci. Ma sono bastate le code, e pure ordinate, di immigrati alle poste per ritirare il kit della regolarizzazione (ieri eravamo a quota 600 mila) per far sbottare il ministro del Welfare. L'Udc, tuttavia, non si dà per vinto, e sostiene che la partita è ancora aperta. Alla fine del vertice di ieri tra centristi e Lega c'è stata un po' di baruffa sul tema, rimandando tutto al «prossimo Consiglio». Dal canto suo, il ministro per le politiche comunitarie, e segretario dell'Udc, in un primo momento, sperava di aver capito male, chissà, la clausola si riferiva «solo alle colf, o anche a tutti gli altri?». Eppure Berlusconi era stato più che eloquente e aveva già spiegato che «i contratti nel domestico sono sempre a tempo indeterminato». Così Buttiglione ha deciso di affidarsi alle leggi celesti, per tenere duro: «L'accordo siglato è vangelo e non si tocca, per noi è definitivo. Se qualcuno vuol dare l'impressione di non rispettare gli accordi fatti... non dico che Maroni voglia fare questo... però quello che è stato deciso con l'ordine del giorno approvato alla camera non si discute».

Comunque, ieri, i centristi sembravano essere davvero gli unici a contrastare la manovra di Maroni. E il teorema berlusconiano pare abbia convinto anche Gianfranco Fini: basta assicurare la possibilità di licenziamento per convincere le aziende a ingoiare la clausola del posto fisso, e chiudere una volta per tutte lo scabroso capitolo della sanatoria. Unica voce fuori dal coro, quella di Giampaolo Landi di Chiavenna, responsabile del dipartimento sull'immigrazione di An, che ieri notava come «il limite posto da Maroni» possa di fatto rendere inefficace la regolarizzazione, proponendo invece «riduzioni fiscali e previdenziali».

Il fatto è che non solo la Lega, ma anche Forza Italia e Alleanza nazionale cominciano a preoccuparsi davvero per le ripercussioni politiche che potrebbe avere una sanatoria troppo vasta, dimostrando una volta di più che una corretta gestione del fenomeno migratorio non trova spazio nell'agenda di questo governo. La stessa Isabella Bertolini, deputata di Forza italia, relatrice alla camera della Bossi-Fini, che tutto sommato aveva agevolato il dialogo tra centristi e Lega, ieri inveiva contro la sinistra che«non ha saputo quantificare neanche approssimativamente il numero di immigrati entrati illegalmente nel paese».

Per ora, da Confindustria tutto tace. Parla soltanto Luigi Rossi Luciani, presidente degli industriali del Veneto, il quale torna a ripetere che «più saranno i vincoli più il provvedimento sarà inefficace». Le parole più dure, però, arrivano dal mondo dell'agricoltura e dell'artigianato. Per il presidente della Coldiretti di Torino, Carlo Gottero, «è importante far uscire dalla clandestinità gli immigrati, ma ciò non può trasformarsi in un cappio per le aziende». E' lo stesso responsabile nazionale della Flai Cgil, Giorgio Scirpa, a ricordare che, in agricoltura, «i contratti a tempo determinato sono 892 mila, solo 94 mila quelli a tempo indeterminato, ovvero il 10%». Sottolineando peraltro che: «in agricoltura lo statuto dei lavoratori non vale soltanto nelle aziende al di sotto dei 5 dipendenti». Anche il presidente della Cna (confedarzione nazionale dell'artigianato), Ivan Malavasi, boccia la linea di Maroni. Ed è proprio in questi settori che più si concentra la presenza di immigrati irregolari che lavorano al nero. Secondo le stime della Caritas, nel `99 il 14,3%dei lavoratori irregolari lavorava nell'agricoltura (dato in crescita), il 16,3 nell'industria (prevalentemente piccola e media), il 9,5 nelle costruzioni.