il manifesto - 31 Agosto 2002
Il racconto della colf: «In regola a nostre spese»
Laureata in economia a Leopoli, badante a Brescia. «I "nonni" trattengono dallo stipendio i contributi»
M. CA.
BRESCIA
Il cellulare di Natascia - bella signora ucraina di 48 anni, laureata in economia e commercio a Leopoli, "badante" a Brescia - squilla in continuazione e racconta l'altra faccia della sanatoria. Sono le sue amiche che incontra ai giardini pubblici di via dei Mille, ribattezzati dai bresciani "Ucrainski park". «Piangono e si disperano», chiedono consiglio a lei che il permesso di soggiorno l'ha ottenuto lo scorso gennaio, grazie allo "sponsor", cancellato dalla Bossi-Fini. Piangono perché il "nonno" o la "nonna" che assistono, il "figlio" o la "nuora" che tengono i cordoni della borsa non vogliono "dichiararle". E se accettano di firmare la domanda per la sanatoria, non vogliono pagare di tasca loro i 300 euro di forfait e i successivi contributi. «Questa sanatoria ruba ai poveri», dice Natascia, «noi dobbiamo mandare i soldi a casa altrimenti vecchi e bambini non mangiano, dobbiamo pagare i debiti fatti per venire in Italia, non possiamo ridurci di un terzo uno stipendio già misero». Incontriamo Natascia alla Camera del lavoro di Brescia, nell'ufficio del segretario Dino Greco. Alla Cgil Natascia si è rivolta lo scorso aprile per trovare una casa. I mesi passano e lei con la figlia continua a stare "dai pakistani". Tre camere, in una ci stanno i pakistani che "affittano" le altre due alle ucraine. Che pagano cinque euro a notte per dormire in sette o otto per stanza. Ogni mattina bisticci e strepiti in coda per il bagno, di notte Nastascia chiude gli occhi pensando che sarebbe meglio «non aprirli più». «Voi dormite nei vostri letti, non potete capire», dice con una durezza altera che poco dopo si gira in lacrime.

Per Natascia la vita è andata così. «Il comunismo aveva i suoi difetti, però quando c'era io non ho mai pensato d'emigrare per mangiare. Finita l'Unione sovietica, ho diretto un'agenzia commerciale in cui avevo messo tutti i miei soldi. Ci lavoravano un centinaio di persone. Con il libero mercato e tre svalutazioni ho perso tutto, avevo una figlia e un figlio all'università e non potevo neppure comprare il pane. Nel `98 ho deciso di partire. Volevo andare negli Stati Uniti ma non mi hanno dato il visto. L'idea dell'Italia è venuta a una mia amica che mi ha mandato avanti. Dell'Italia non conoscevo niente, solo Adriano Celentano, Gianni Morandi e Toto Cotugno. Sono andata in un'agenzia turistica che fa il business sugli emigrati. Ho pagato 2 mila dollari presi a prestito da amici. Sono partita l'11 dicembre 1998, lasciando mia figlia con 2 dollari e mandando mio figlio in campagna dalla nonna. Il viaggio l'abbiamo fatto in pullman, 42 donne con il visto turistico. Le moldave stanno peggio di noi, passano il confine di notte a piedi sulle montagne. Ci hanno portate a Napoli dove un'ucraina dell'agenzia voleva altri 300 dollari per trovarci un lavoro. Molte volte è una bugia, una truffa organizzata da queste agenzie che sono delle mafie. Ti mandano da una nonna e dopo una settimana il lavoro finisce. Io non ho dato i soldi. Allora quella dell'agenzia ha detto che un signore cercava una donna giovane e bella "per fare tutto quello che voleva lui". Sul pullman di giovani non ce n'erano. Ci hanno messe in fila come i soldati e hanno scelto me. Ho rifiutato. Dio mi ha aiutata, ho trovato una nonna. Quattro mesi senza uscire, neppure sul balcone mi lasciava andare, 800 mila lire al mese. Imparato un po' d'italiano sul libro, non dalla nonna che parlava solo in napoletano, mi sono fatta valere con i figli e mi hanno dato mezza giornata libera alla domenica. Ho resistito altri cinque mesi e, facendo altri debiti, ho fatto venire in Italia i ragazzi. Andavano a mangiare alla Caritas e dormivano dove capitava, la nonna non voleva che entrassero in casa neppure di giorno. Una notte pioveva, faceva freddo, ho sentito mio figlio che mi chiamava fuori dalla finestra. L'ho fatto dormire di nascosto su una poltrona. Sono venuta a Brescia con la promessa che ci sarebbe stato un lavoro per me. Di nuovo la brutta sorpresa. L'intermediatrice voleva un milione e il passaporto. Io non glieli ho dati. Il 90% delle colf e delle badanti ucraine compra il lavoro e quando smette lo vende a un'altra per rifarsi delle spese. Questo è brutto, ma succede. Un'amica mi ha indicato una famiglia difficile che scartava tutte quelle che si presentavano. Mi hanno preso subito e sono rimasta un anno e mezzo con una nonna cattiva e una figlia ancor peggio. Gli altri figli, invece, stavano dalla mia parte. Minestra, sempre e solo minestra e se non mi piaceva, pazienza. Mi davano un milione e mezzo al mese. Mio figlio intanto era rimasto a Napoli con un professore molto bravo, se ne trova uno su un milione come lui. Gli compra le sigarette perché io devo risparmiare, lo lascia telefonare, si è informato sulla sanatoria, è disposto a metterlo in regola anche se è lui che bada come un padre a mio figlio, non viceversa. L'anno scorso ho lasciato la nonna perché non mi voleva mettere in regola. Lei piangeva. Io le ho detto: "I tuoi figli vanno in ferie, anch'io voglio vivere". Ho trovato una bellissima professoressa che mi ha fatto da sponsor. Sono tornata in Ucraina, ho pagato i debiti e il 10 ottobre del 2001 sono rientrata a Brescia. Il permesso di soggiorno l'ho avuto il 7 gennaio di quest'anno. Per averlo ho dovuto andare sette volte in Questura. Sempre in coda al gelo perché noi siamo considerati animali. Ora il lavoro è buono, il padrone è bravo e gentile, paga i contributi. Assisto quattro ore al giorno sua madre che sta in una casa di riposo. Ma anche questo lavoro può finire e io sono stanca di lavorare con gli anziani. Devo farlo per vivere onestamente però vorrei qualcosa di diverso. Ho girato a piedi tutte le agenzie di lavoro interinale di Brescia. Quando vedono l'età, dicono: "ci dispiace, è troppo vecchia". Ho seguito il corso per diventare assistente anziani, tra qualche settimana faccio l'esame, ma dopo ci sarà qualcuno che mi assume? Più che per il lavoro io sono arrabbiata per la casa. Possibile che non ce ne sia una per me? Di certo io non vado a letto con il padrone per convincerlo a farmi il contratto».