il manifesto - 25 Agosto 2002
L'amarezza di Paolini: «La città è cieca»
L'attore ai marocchini: «Perché non potete vivere dove volete?»
MI. SA.
TREVISO
E' sceso dall'auto con uno scatolone di stuoie colorate da campeggio. Così si è presentato ieri mattina al duomo di Treviso Marco Paolini. L'attore, di origine bellunese ma trevigiano d'adozione, è testimone puntuale delle contraddizioni della sua città tanto ricca, quanto poco accogliente verso gli stranieri. «E' una dato di fatto che in questo periodo ogni volta che un musulmano si avvicina a una chiesa fa notizia», dice alludendo ai marocchini arrestati e poi rilasciati a San Petronio a Bologna. «Questi marocchini di Treviso chiedono solo asilo. In questa città la gente si chiama fuori. Pensa che il problema degli immigrati non la riguardi direttamente, così si sommano una serie di risposte mancate». Paolini, che solo qualche mese fa, in uno spettacolo nel Trevigiano, aveva invitato gli spettatori a imprimere di propria iniziativa l'impronta digitale sulla carta d'identità, per protestare contro le proposte di Bossi, non risparmia aspre critiche sulla poco lungimiranza della politica leghista del comune di Treviso. «Si è voluta una città bianca- dice-, è una scelta politica. Il comune di Treviso si rifiuta di ospitare immigrati che lavorano nei comuni limitrofi? Eppure anche noi, locali, scegliamo il comune dove vivere e ci spostiamo a seconda delle esigenze. Perché allora impedire di fare la stessa cosa ai lavoratori stranieri?». Il problema dell'accoglienza ai lavoratori immigrati a Treviso è lasciato volutamente irrisolto da troppo tempo. Perché meravigliarsi delle conseguenze? Paolini sta seduto un po' ai piedi di una colonna. Guarda i bambini giocare con le stuoie colorate. I discorsi contano poco, di fronte a una situazione che sembra aver imboccato un vicolo cieco. (m.s.)