il manifesto - 25 Agosto 2002
CAMPAGNA ANTI-ARABA
Florida in prima linea
La vicenda di due professori palestinesi
FRANCO PANTARELLI
NEW YORK
La vicenda di due professori palestinesi, fra loro cognati, uno deportato dopo sette anni di battaglia e un altro in procinto di essere cacciato, unita alla storia di un pediatra americano arrestato con l'accusa di avere progettato la distruzione di un centro culturale islamico e una mezza dozzina di moschee, hanno messo ieri la Florida in prima linea, sul fronte del terrorismo o supposto tale. Sullo sfondo c'è il suo governatore Jeb Bush che contava su una spettacolare visita di Ariel Sharon per perorare la causa della sua rielezione a novembre e poi ha dovuto farne a meno. Sullo sfondo più vasto c'è l'altro Bush, quello che sta alla Casa Bianca, costretto a guardare tristemente il consenso «oceanico» regalatogli dall'attacco dell'11 settembre assottigliarsi a vista d'occhio. Gli ultimi sondaggi indicano la sua popolarità al punto più basso dal giorno dell'attentato mentre l'eventuale attacco all'Iraq è approvato soltanto dalla metà degli americani. Bush può consolarsi solo con l'allentantarsi della tensione con l'alleata Arabia Saudita. La prossima settimana riceverà l'ambasciatore saudita per discutere dei rapporti tra i deu paesi. Riyadh da parte sua conferma la partecipazione alla «lotta al terrorismo» e ha anche annunciato l'arresto di un cittadino saudita Abdel Aziz Al-Rashid, 21 anni, sospettato di aver avuto legami con i dirottatori arabi responsabili degli attentati dell'11 settembre e ricercato dal Fbi.

Il professore deportato si chiama Mazen Al-Najjar e fino al suo arresto, nel 1995, aveva insegnato arabo all'Università del South Florida. L'accusa che lo aveva portato in prigione era quella di avere contatti con organizzazioni terroristiche, ma nessuno sa se è vero o no perché le prove su cui quell'accusa si basa a tutt'oggi non si conoscono. Sono segrete. Questo non ha impedito a Al-Najjar di passare anni in prigione, mentre i suoi avvocati cercavano disperatamente una«linea di difesa» senza sapere che cosa veniva contestato al loro cliente. All'inizio del 2000 riuscirono a farlo scarcerare, ma nel novembre dello stesso anno fu arrestato di nuovo ed è rimasto in prigione fino all'altro ieri, quando è stato messo su un aereo diretto in un paese arabo assieme al mistero di che cosa avesse fatto.

Suo cognato Sami Al-Arian fa anche lui il professore, scienza dei computer, all'Università del South Florida. Nato in Kuwait, è arrivato negli Stati Uniti 25 anni fa e qui ha fatto la sua carriera di docente. Nel dicembre scorso, sull'onda della «caccia all'arabo» scatenata dall'attentato alle Torri Gemelle, il Consiglio dell'università ha deciso di cacciarlo, ma lui ha fatto ricorso sostenendo che non c'erano ragioni per quel licenziamento, a meno che non si volesse considerare una ragione il fatto che lui non mai nascosto il proprio sostegno politico alla causa palestinese. Il Consiglio allora ha sostenuto che Al-Arian ha fatto una raccolta di fondi per la Jihad. «Non hanno modo di provare una cosa del genere», ha detto lui ieri. «Il problema è: ho i miei diritti o no? A quanto pare c'è una maggioranza che risponde: no, non hai i tuoi diritti perché non la pensi come noi». Ora la cosa è in mano al tribunale. Ma Al-Arian si fa scarse illusioni. «Sono arabo, sono palestinese, sono musulmano - dice - e tutto questo non è molto popolare di questi tempi».

Quanto al pediatra che voleva far saltare le moschee della Florida, il suo nome è Robert Goldstein e la polizia dice di avere messo insieme una montagna di prove. A parte la grande quantità di esplosivo trovata nel suo appartamento di Tampa («se fosse scoppiato avrebbe distrutto l'intero palazzo», ha detto un agente), gli investigatori hanno anche rinvenuto una specie di pro-memoria in undici punti che Goldstein aveva meticolosamente preparato per quando fosse giunto il momento di «passare all'azione».