il manifesto - 22 Agosto 2002
La farsa di San Petronio
Tutti scarcerati i cinque «terroristi» di Bologna. Per la loro visita alla basilica erano stati tirati in ballo Al Qaeda e l'associazione sovversiva. Cadono le accuse, resta solo il fermo
Al mattino le prime pagine dei giornali, le foto in ceppi tra un agente e l'altro, la certezza giudiziaria e mediatica di aver preso l'ultima cellula di Al Qaeda in Italia. Alla sera, lo stesso pubblico ministero mette tutti in libertà: i cinque turisti (quattro marocchini e un italiano, tutti residenti a Padova) arrestati lunedì con l'accusa di aver cercato di far saltare in aria la basilica di San Petronio, a Bologna, sono stati scarcerati senza nemmeno la libertà vigilata. Restano indagati, ma i reati che avevano fatto gridare all'attacco islamico e fatto correre all'Italia un brivido di terrore lungo 48 ore sono stati di fatto seppelliti dallo stesso pubblico ministero, che ieri ha modificato la richiesta di custodia cautelare in una semplice convalida del fermo. Il gip non ha neanche concesso la libertà vigilata, i «pericolosissimi terroristi» sono di nuovo in libertà. I cinque erano stati arrestati con l'accusa di associazione terroristica e attentato terroristico. Erano stati fermati mentre si trovavano nella basilica bolognese, che ospita un affresco in cui viene raffigurato Maometto in un girone infernale. I quattro marocchini erano stati accusati in seguito all'ascolto del nastro della videocamera di uno di loro: la traduzione dei commenti di fondo, in berbero - frasi su Bin Laden, su un possibile orario in cui tornare - sarebbe stata la prova determinante per formulare le accuse.

E' stato il quinto, il professore padovano di storia dell'arte in pensione, a spiegare l'equivoco: sarebbe stato lui stesso a proporre la gita a San Petronio ai quattro marocchini. A questo punto, ha concluso il pm bolognese Giovagnoli, si può escludere che la visita bolognese fosse un sopralluogo in vista di un attentato.

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