il manifesto - 22 Agosto 2002
«Io ho rispettato le regole»
Il comandante del peschereccio: «Le autorità mi hanno autorizzato a rientrare»
CI. GU.
E' cresciuto a «pane e mare», Corrado Scala, 45 anni, il comandante del peschereccio «Chico», indagato per «concorrenza in favoreggiamento dell'immigrazione clandestina». Con i suoi due fratelli, è propietario di due pescherecci, e si guadagna la vita pescando «come facevano mio padre e mio nonno». Il suo è un atto di difesa accalorato, ma anche molto dettagliato: «Io ho rispettato le regole».

Signor Scala, è stato il tenete colonnello Leopoldo Manna, della capitaneria di porto di Roma, ad autorizzarla a rientrare in Italia?

Certamente, io stavo andando a Malta, come mi aveva detto il tenete da Roma via radio. A un certo punto si è sentita male una mamma, sembrava morta, gli occhi rigirati e i denti chiusi. Noi abbiamo fatto quello che potevamo, il massaggio cardiaco come abbiamo visto fare in televisione, un po' di acqua e zucchero. Quando si è rimessa, mio fratello, per tranquillizzarli, ha detto «quando saremo a Malta avrete tutti i soccorsi necessari». Non l'avesse mai fatto, hanno, subito capito la parola "Malta", ed è scoppiato il finimondo. Le donne hanno stretto i figli, hanno minacciato di buttarsi a mare, dicevano "Malta morire", e pure gli uomini che stavano a rimorchio nella barca gridavano "Italia, Italia". Io non sapevo che fare e ho chiamato il comandante, che ci ha detto «Che succede lì?», io gli ho descritto la situazione, e lui ha detto: «certo se questa è la situazione, va bene, rientri in Italia. Accoglieremo anche questi cento profughi».

E' stata la barca a chiedervi aiuto?

No, noi stavamo calando i nostri ami, ci vogliono 3-4 ore, quando abbiamo notato a prua una barchetta, che stava ferma. Piano piano ci avvicinavamo, e io a un certo punto ho preso il binocolo, e ho visto che c'era gente, e che soprattutto questa nave non si mouoveva, era completamente in balia delle onde. Non è piacevole vedere in mezzo al mare una barchetta senza motore. Allora ci siamo avvicinati di più, e mi sono messo le mani nei capelli, erano tantissimi, donne e bambini. Appena ci hanno visto si sono rianimati, ma non parlavano una parola di italiano, allora gli abbiamo fatto vedere la bandiera italiana, loro hanno applaudito.

E poi?

Poi ho chiamato subito radio Augusta, che mi ha messo in contatto con il tenente Manna, che mi ha detto che la competenza era di Malta e di aspettare. Io ho aspettato, erano le 17, alle 19,30 ancora non si erano fatti sentire, e imbruniva. Ho pensato: se qui cade qualcuno in mare sarà ancora più difficile recuperarli. Quindi ho chiamato Roma, mi hanno detto di far salire donne e bambini. Il resto lo sa.

Quando siete arrivati a Pozzallo?

Alle 11,30. Ci hanno portato via i carabinieri con la macchina «per una dichiarazione». Io pensavo che fosse questione di qualche minuto. Invece ci hanno tenuto lì dalle 12 fino a mezzanotte. Senza mangiare, sporchi, e soprattutto stanchi. Quando il procuratore è arrivato mi ha detto «Le serve un avvocato». Io sono rimasto di sasso

Cosa pensa ora?

Che non capisco cosa mi vuole dire lo stato, che non devo salvare una barca in mezzo al mare che è senza motore? Io questo capisco. E' ovvio, da uomo religioso e da uomo di mare, se mi capitasse un'altra volta lo rifarei con voglia. Io lo so che cosa vuol dire perdere una vita in mare, che non hai neanche un corpo su cui piangere. Non augurerei a nessuno di trovarsi in una situazione così, i bambini hanno pianto sui miei piedi, non su quelli del procuratore.