il manifesto - 15 Agosto 2002
Le carceri scoppiano. E aumentano i suicidi
Dall'inizio dell'anno, 40 persone si sono tolte la vita. Per il sovraffollamento e il non lavoro
MARIELLA PARMENDOLA
ROMA
C'è chi non ce la fa, non regge alla lentezza del trascorrere inutile delle ore, alle giornate passate con tredici estranei in una sola, piccola cella. Chi non ce la fa si toglie la vita. Sono quaranta i detenuti che si sono suicidati dall'inizio di quest'anno, sessantanove quelli che hanno scelto la stessa via di uscita nel 2001. E' il periodo estivo il più difficile, quando il confronto con la vita degli altri diventa maggiormente inaccettabile. Una situazione di estremo disagio che rende ancora più evidente la lunga serie di problemi causati dalla mancanza di personale nelle carceri. Assolutamente insufficiente è il numero di addetti all'interno degli istituti penitenziari in grado di prestare aiuto a chi è in difficoltà. Sui 1630 assistenti sociali che dovrebbero girare per le 205 carceri italiane solo 1235 sono presenti, mentre mancano in organico 395 addetti con questa figura professionale. E le cose vanno ancora peggio se si passa agli psicologi, che praticamente nessun detenuto riuscirà mai ad incontrare, considerato che dei 95 previsti ne risultano assunti dal dipartimento di amministrazione penitenziaria solo quattro. Abbandonati e costretti a combattere da soli la terribile malattia sono perciò i 169 ammalati di Aids conclamato e i 1421 detenuti risultati sieropositivi. I sindacati di polizia penitenziaria traducono questa realtà in dati: «L'incremento dei suicidi in cella è del 10% in più rispetto all'estate scorsa, senza dimenticare il numero enorme di tentativi, dai tre ai dieci al mese, che gli agenti riescono a sventare». Sono i più deboli, quasi sempre persone al primo ingresso in un carcere, accusati di furto o spaccio di stupefacenti. Incapaci di adattarsi a una vita piena di vuoto, perché sono in pochissimi ad ottenere la possibilità di lavorare. Solo un detenuto su quattro riesce a svolgere qualche attività lavorativa, tradotto in cifre assolute si tratta di 13.704 persone, il 24,7% della popolazione carceraria. Una percentuale quasi dimezzata in dodici anni, che indica come la politica penitenziaria, invece di avanzare verso forme di reintegro dei detenuti nella società, arretri determinando condizioni di imbarbarimento della vita nei penitenziari. Tanto più che ben l'85% di questi detenuti svolge attività di pulizia e servizio mensa rigorosamente all'interno delle mura carcerarie. Mura che contengono un numero sempre più alto di detenuti. Perché se è vero che il dato sul sovraffollamento degli istituti penitenziari non è certo nuovo, va aggiunto come fatto allarmante che, però, è in costante incremento: quattordicimila detenuti in più rispetto a quanti le carceri italiane potrebbero accoglierne in condizioni di normalità.

Al 31 luglio di quest'anno su una popolazione carceraria di 56 mila persone si supera del 25% il limite che il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria definirebbe «regolare». Una percentuale molto simile a quella che descrive il dato dei tossicodipendenti in cella per reati legati alla droga: si tratta, infatti, del 28% della popolazione carceraria. E nella classifica delle carceri sovraffollate, accanto agli istituti penitenziari più grandi, quasi delle cittadelle carcerarie come il napoletano Poggioreale che ospita 2346 detenuti, compaiono strutture piccole, ma incredibilmente zeppe. Difficile immaginare come si possa sopravvivere nelle celle del carcere di Massa Carrara, costruito per soli 34 detenuti e destinato ad ospitarne 122. Un quarto dell'intera popolazione carceraria è comunque detenuta in soli dieci dei 205 istituti di pena esistenti in Italia. Una concentrazione in grandi strutture che rende più difficili i controlli e inumana la convivenza.

In condizione di regime duro e isolamento sono 645 tra imputati e condannati per mafia. Un isolamento previsto per evitare che i boss riescano a controllare traffici e territori. Ma questo regime, che viene prorogato di sei mesi in sei mesi, è ora oggetto di critiche e attacchi da parte della Casa delle libertà, mentre i radicali ne chiedono l'abolizione in quanto sostengono violi i diritti umani.