il manifesto - 06 Agosto 2002

La vergogna australiana
Una commissione Onu condanna il governo di Camberra per la gestione dei centri di detenzione degli immigrati e denuncia violazioni di diritti umani e sopraffazioni nei confronti dei bambini figli di quanti chiedono asilo
FRANCESCA CIVILI MASSIMILIANO CIVILI HEIDI GLEDHILL


E venne il giorno in cui un rapporto di un giudice indiano in pensione sulla condizione degli asylum seekers in Australia fece arrabbiare Canberra. L'antefatto: lo scorso maggio una commissione investigativa delle nazioni unite fu inviata in Australia dall'uscente alto commissario per i diritti umani Mary Robinson. Si trattava di mantenere fede a una vecchia promessa: la Robinson, sin dai tempi della conferenza mondiale contro il razzismo di Durban, svoltasi proprio mentre si consumava la triste vicenda dei clandestini della Tampa, aveva minacciato il governo Howard, da più parti definito come assolutamente irrispettoso dei trattati internazionali sui diritti umani, di mandare un'ispezione Onu che verificasse le condizioni di vita nei centri di detenzione. Poi all'inizio di quest'anno, una petizione firmata da piu' di seicento rifugiati detenuti in Australia fu recapitata al Palazzo di Vetro di New York. Mary Robinson, fatta fuori qualche giorno fa in favore del più malleabile (e controllabile) brasiliano Sergio Vieira de Mello in seguito alle forti pressioni non solo degli Stati uniti ma di altri paesi intimamente addentellati con l'amministrazione Bush, fra i quali anche l'Australia, mantenne la sua promessa: un paio di mesi fa autorizzò l'ex-giudice Prafullachandra Baghwati e una commissione di esperti di diritti umani a visitare per conto delle nazioni unite i centri di detenzione degli stati del Victoria, New South Wales e South Australia. La scorsa settimana è stato pubblicato il rapporto relativo a quella visita: la commissione non ha esitato a definire la detenzione obbligatoria dei clandestini come una «grande tragedia umana». L'ex-giudice Baghwati ha denunciato di aver provato «un devastante senso d'angoscia davanti al trattamento inumano e degradante riservato ai detenuti» e in particolare ha sottolineato «l'assoluta necessità di intervenire a difesa della salute psichica dei bambini, privati di un ambiente che favorisca un dignitoso sviluppo intellettivo e in molti casidell'affetto di uno dei genitori». Piu' in generale nella relazione della commissione sono state evidenziate:- l'eccessiva lunghezza dei periodi detentivi (in molti casi non meno due anni) e l'uso della separazione dei nuclei familiari come deterrente percoloro che avessero intenzione di espatriare «irregolarmente» in Australia; - l'impossibilità di ricorrere a un riesame giudiziale, quando sia negato asilo politico sulla base di valutazioni errate o approssimative;- la mancanza di trasparenza nelle procedure d'assegnazione dei visti e l'impossibilità di individuare gli uffici responsabili delle decisionisull'accoglimento o meno delle richieste d'asilo.- la consuetudine di non informare i detenuti dei loro diritti legali. La reazione del governo australiano non si è fatta attendere: il ministro dell'immigrazione Ruddock ha definito il rapporto di Baghwati «soggettivo e dettato unicamente dall'emotività» e ha negato che il sistema detentivo in vigore infranga qualsiasi trattato internazionale sui diritti umani. Ruddock ha, anzi, accusato le nazioni unite di essere ormai un organismo poco credibile. E riguardo alla prospettiva di lasciare liberi almeno i bambini e le rispettive famiglie in attesa dell'accertamento del loro status di rifugiati ha aggiunto: «Se le loro richieste d'asilo fossero respinte sarebbe poi troppo dispendioso riuscire a rintracciarli e rimpatriarli e alla fine saremmo invasi da clandestini e migliaia di presunti figli». Il premier Howard invece ha preferito sottolineare per l'ennesima volta la bontà della «pacific solution»: da circa un anno i clandestini del Tampa e delle altre imbarcazioni transitate dall'Indonesia sono reclusi sulle isolette del Pacifico di Manus e Nauru. Non una parola da parte del premier sulla vergognosa vicenda dei «children overboard»: la commissione senatoriale incaricata di indagare sulle menzogne del governo (che per denigrare ulteriormente i clandestini dichiarò che essi gettarono i propri bambini in acqua per costringere la marina a salvarli e forzare il loroaccesso in Australia) ha concluso con un «big fat nothing». Zero. Con la benedizione dell'opposizione laburista che non ha alzato un dito affinché le indagini proseguissero. Intanto non accennano a fermarsi i disordini nel centro di Woomera, dove il più piccolo dei Bakhtiari, uno dei bambini afgani fuggiti e riacciuffati, ha subito dei maltrattamenti da parte di un agente di custodia.