il manifesto - 23 Luglio 2002
Morte nel mare di Valona
Muoiono un uomo e una donna. Una terza persona è dispersa. L'ennesima tragedia del mare arriva a una settimana dall'approvazione della Bossi-Fini
ANTONIO ROLLI
BARI
Il flusso è quello dei morti. Lo è stato in passato e lo sarà anche oggi. L'immigrazione (o meglio, quel tentativo da parte di migliaia di persone, provenienti dai paesi più poveri, di attraversare l'Adriatico con le astuzie della disperazione), in questo tratto di mare Adriatico, continua a lasciare ancora vittime. Ieri un gommone partito dall'Albania meridionale, a bordo del quale viaggiavano 33 persone, si è scontrato con una motovedetta della Guardia di finanza che pattugliava la zona tra l'isola di Saseno e le nostre acque territoriali. A circa quattrocento metri da Punta Linguetta, un piccolo promontorio del paese delle aquile, si è verificato quest'ennesimo incidente, il più grave degli ultimi mesi, che è costato la vita a due profughi.

Il corpo di una donna è stato immediatamente recuperato dai militari che si trovavano a bordo della motovedetta, mentre il cadavere di un uomo - il preside di una scuola media di Valona - è stato successivamente ritrovato dalla polizia albanese. Altri dieci passeggeri sono rimasti feriti gravemente, due dei quali rischiano la morte, tutti gli altri comunque sono stati trasportati all'ospedale di Valona. In queste ore si sta cercando un profugo che risulta disperso, anche se né la Guardia di finanza, né le altre forze di polizia, hanno confermato questa notizia rilasciata dalle vittime del naufragio.

Secondo le prime ricostruzioni, infatti, il gommone oceanico partito dal litorale a sud del paese, era diretto verso le coste di Brindisi. Alcune fonti della Guardia di finanza affermano che la collisione è avvenuta «durante le manovre tecniche», compiute dalla motovedetta delle Fiamme gialle per impedire che il natante «clandestino» proseguisse la sua corsa verso le coste italiane. «In queste occasioni - hanno spiegano i militari - i gommoni effettuano continui cambi di rotta e si muovono zigzagando, ed è in questa circostanza che lo scafo con a bordo i clandestini ha urtato contro la fiancata destra della motovedetta provocandole anche una falla».

Del resto non sembra avere nessun dubbio lo stesso colonnello Franco Papi, comandante del contingente delle Fiamme gialle a Durazzo. «Il comportamento della motovedetta della Guardia di finanza è stato lineare e corretto», sostiene l'ufficiale. «Il gommone con a bordo i clandestini ha virato all'improvviso, centrando la fiancata della nostra imbarcazione». A suo avviso nessun addebito può essere mosso ai finanzieri coinvolti nell'impatto in cui sono morte le due persone. Sull'episodio, tuttavia, la magistratura albanese ha aperto un'inchiesta che tenterà di far luce sulle singole responsabilità. Per il colonnello Papi si tratta di «un incidente». Anche perché, a suo dire, «le regole di ingaggio sono sempre le stesse», nonostante l'attuazione della nuova legge Bossi-Fini in materia. «Non abbiamo calcato la mano - spiega Papi - nessuno ci ha detto di usare il pugno di ferro e noi sappiamo bene che la salvaguardia della vita in mare è assoluta priorità». L'ufficiale è al comando di tre motovedette classe 5mila e di 32 uomini distribuiti tra l'isola di Saseno e la città di Durazzo. Dunque com'è stata possibile questa nuova tragedia? «La dinamica - ha risposto Papi - dovrà essere accertata nel dettaglio: ma visto che l'impatto è avvenuto a metà fiancata, una delle ipotesi è che il gommone abbia virato per tornare indietro e che, avendo calcolato male i tempi e la posizione della nostra imbarcazione, invece di schivarla l'abbia centrata». Comunque in seguito all'impatto «due clandestini sono caduti da bordo, insieme ai due scafisti - continua l'ufficiale - e i due profughi che erano caduti in acqua sono stati subito soccorsi da due finanzieri». Gli scafisti, invece, hanno raggiunto la baia guadagnandosi la fuga via terra.